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avente ad oggetto: Marchio
Tali marchi “deboli”, caratterizzati da minore originalità, sono dunque tutelabili soltanto se riprodotti integralmente o imitati in modo molto prossimo. Invero, la funzione distintiva del marchio, a cui corrisponde un diritto di esclusiva in capo al titolare del segno, comporta che la tutela del marchio operi principalmente quando l’adozione di esso, o di un segno ad esso simile, da parte di un terzo, possa provocare un rischio di confusione o associazione per il pubblico, che produca appunto un pregiudizio per la sua funzione distintiva. Priva di pregio, stante quanto fin qui esposto, deve ritenersi la doglianza relativa al ritenuto erroneo rigetto da parte del giudice di prime cure della domanda di accertamento di concorrenza sleale.
Violazione marchio; nullità, decadenza marchio
Infatti, si tratta di un marchio complesso. [...] La denominazione contratta “tuma d’fè” acquisisce, pertanto, valore originale e distintivo e, anche se in certe valli è usata spesso in alternativa a “tuma feja” per identificare il formaggio di pecora, tuttavia non costituisce specificamente un termine dialettale, ma una variante originale dello stesso, la cui tutela esclusiva e registrazione come marchio non impediscono agli altri produttori di poter identificare il formaggio in questione con il termine dialettale comune (oltre che, in ogni caso, con il termine italiano generale). [...] A pena di decadenza il marchio deve formare oggetto di uso effettivo da parte del titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, entro cinque anni dalla registrazione, e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo legittimo... 3. Salvo il caso di diritti acquistati sul marchio da terzi con il deposito o con l'uso, la decadenza non può essere fatta valere qualora fra la scadenza del quinquennio di non uso e la proposizione della domanda o dell'eccezione di decadenza sia iniziato o ripreso l'uso effettivo del marchio. Tuttavia se il titolare effettua i preparativi per l'inizio o per la ripresa dell'uso del marchio solo dopo aver saputo che sta per essere proposta la domanda o eccezione di decadenza, tale inizio o ripresa non vengono presi in considerazione se non effettuati almeno tre mesi prima della proposizione della domanda o eccezione di decadenza; tale periodo assume peraltro rilievo solo se decorso successivamente alla scadenza del quinquennio di mancato uso”; -art. 121 CPI: “1. L'onere di provare la nullità o la decadenza del titolo di proprietà industriale incombe in ogni caso a chi impugna il titolo. [...] La prova della decadenza del marchio per non uso può essere fornita con qualsiasi mezzo comprese le presunzioni semplici”. [...] Da tali elementi probatori è desumibile l’assenza di uso effettivo dei marchi in esame. [...] Pertanto, va dichiarata la decadenza per non uso dei citati marchi.[...]
Oggetto: brevetto per invenzione.
La trasmissione di tali diffide a clienti della società attrice integra l’illecito concorrenziale di cui all’art. 2598 n. 3 c. c. , tenuto conto che la titolare del brevetto, provvedendo alla spontanea rinuncia del suo titolo brevettuale, ha di fatto confermato l’intrinseca debolezza della sua privativa. Le contestazioni svolte in maniera diretta e pressante nei confronti della cliente – minacciata anche di iniziative cautelari – si sono mosse con evidenza al di fuori di una presunta buona fede che V s. p. a. avrebbe potuto vantare quanto alla validità della sua privativa, posto che SIEP s. r. l. aveva già risposto alla diffida ad essa rivolta contestando la presenza di anteriorità distruttive del titolo stesso. Trattasi di liquidazione del danno non patrimoniale che necessariamente deve essere eseguito in via equitativa, sulla base di quanto emergente dagli atti di causa circa la rilevanza della contestazione e della necessità per la società attrice di svolgere le sue difese per conservare il rapporto con detta cliente.
azione di rivendica, nella qualità di co-inventore o inventore, di un brevetto per invenzione industriale, domanda di risarcimento del danno.
L’invenzione è brevettabile in quanto sia atta ad avere un’applicazione pratica industriale ovvero, come rammentato in dottrina, sia idonea a realizzarsi concretamente “in cose materiali” o “con mezzi materiali specifici”, requisiti che si esplicano nella c. d. “industrialità”. Appare allora evidente che quella dell’attore descrive una mera idea alquanto rudimentale che non consente di comprendere se essa sia idonea a realizzarsi concretamente nel mondo della tecnica, conseguendo un determinato risultato attraverso determinati mezzi; ciò che rivendica l’attore non gode di tali requisiti;C E evidente allora la distanza tra l’idea rudimentale dell’attore ed il brevetto sopra descritto. Il sistema brevettato da AB non si basa su uno scambio continuo e costante tra il sistema di molle, che costituirebbe il nucleo dell’idea inventiva dell’attore. Nel trovato dei convenuti le molle invero non si caricano e scaricano a vicenda ma vengono caricate dalla rotazione di un albero e rilasciano l’energia accumulata a favore del medesimo albero di rotazione. Ritiene quindi il Collegio che la conoscenza approssimativa di alcune parti del brevetto avversario da parte del Q sia del tutto omogenea alla ricostruzione della vicenda operata dai convenuti, ossia dall’osservazione esterna del prototipo predisposto da AA. Del resto, i video depositati dall’attore giocano un ruolo assolutamente neutro rispetto alla sua tesi, non essendo riscontrabili argomenti di prova che consentano di ricondurre l’invenzione all’attore.
risarcimento del danno, pubblicazione della sentenza, contraffazione, marchio registrato, titolare del marchio, marchio simile, carattere distintivo, registrazione del marchio, mancato guadagno, inibitoria
Ciò in considerazione del fatto che non è stata fornita alcuna prova in ordine all’esistenza di una determinata tipologia di borsa, con specifiche e comuni caratteristiche, dato che la parola “postina” è idonea a descrivere solo il mestiere del postino svolto da una donna, ma minimamente è riferito ad un determinato e, tanto meno, univoco prodotto. [...] Ha, quindi, escluso la ricorrenza di alcun danno ex artt. 1223 e 2600 c.c., dal momento che manca un qualsivoglia documento di carattere contabile idoneo a dimostrare il danno lamentato dall’appellante. [...] Occorre premettere che la liquidazione equitativa del danno ai sensi dell’ art. 1226 c.c. presuppone che il pregiudizio economico reclamato sia certo nella sua esistenza storica ( v. Cass. civ. n. 3794/08 ). La S.C. ha osservato che “la liquidazione equitativa del danno patrimoniale, ai sensi degli artt. 2056 e 1226 cod. civ. , richiede comunque la prova, anche presuntiva, circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale. Occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece - anche semplicemente in considerazione dell'"id quod plerumque accidit" - connesso all'illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità, pur non essendo eventualmente suscettibile di prova del quantum” ( v. Cass. civ. n. 17677/09 ). Trasfondendo tali condivisibili arresti nel caso in esame, è di tutta evidenza come la difesa dell’appellante non abbia minimamente provveduto ad una necessaria attività di allegazione e, tanto meno, di prova. Non è in atti alcun documento contabile dimostrativo del danno emergente e del mancato guadagno sofferti dal titolare del diritto; né è in atti alcuna allegazione in punto di ragionevole royalty che il contraffattore avrebbe pagato se avesse ottenuto regolare licenza per commercializzare il prodotto; né soccorrono, infine, eventuali stime circa il profitto conseguito dal contraffattore o emergono altri fatti materiali idonei a dimostrare flessioni di fatturato ragionevolmente riconducibili all’attività di disturbo da parte dell’appellata. Per tali motivi, non è da riconoscere alcuna somma a titolo di risarcimento del danno, che non può essere ritenuto in re ipsa, in difetto, quanto meno, dell’allegazione circa l’impossibilità relativa di fornire adeguata prova dello stesso. [...] Alla luce delle sopra esposte considerazioni, pertanto, in riforma della sentenza di prime cure, la Corte accerta che la condotta posta in essere dall’odierna appellata costituisce violazione dei diritti esclusivi di proprietà industriale facenti capo al GZ. [...] L’esito del gravame comporta l’assorbimento dell’ulteriore questione relativa alla volgarizzazione del marchio. 22.[...]
avente ad oggetto: diritto all’equo premio ex art. 64 C.p.i.
Le circostanze suddette sono altresì idonee a provare che i diritti sorti in capo all’odierna appellante, società italiana del gruppo, siano stati ceduti alla società statunitense che ha poi chiesto e ottenuto il brevetto. L’obbligo dell’odierna appellante di corrispondere l’equo premio in quanto datrice di lavoro dell’inventore, nonostante l’invenzione risulti brevettata da un avente causa, può essere affermato anche in relazione all’art. 23 cit. (che, a differenza dell’art. 64 c. p. i. , non contiene l’espresso riferimento agli “aventi causa”), poiché risulta coerente con la “ratio” della norma, che vuole riconoscere un concreto profitto al lavoratore ponendolo a carico del soggetto a cui favore è stabilita la deroga al principio che il titolare dei diritti sull’invenzione è l’inventore. L’art. 23 co. 1 r. d. cit. , che prevede le invenzioni di servizio alle quali l’appellante vorrebbe ricondurre l’invenzione per cui è causa, riguarda le invenzioni industriali fatte nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, in cui “l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita”, invenzioni per le quali, a differenza delle invenzioni di azienda di cui al secondo comma della norma, non spetta alcun premio, proprio perché è prevista “ex ante” una retribuzione che remunera l’attività inventiva. Spetta al giudice del merito - con accertamento"ex ante" e non"ex post", senza che assuma rilievo la maggiore o minore probabilità che dall'attività lavorativa possa scaturire l'invenzione - valutare se le parti abbiano voluto pattuire una retribuzione quale corrispettivo dell'obbligo del dipendente di svolgere una attività inventiva” (Cass. 6367/11). Applicando il principio alla presente fattispecie risulta condivisibile la valutazione del Tribunale che ha escluso trattarsi di invenzione di servizio.
marchio anteriore, inosservanza, risarcimento del danno, concorrenza sleale, pubblicità, marchio registrato, titolare del marchio, contraffazione, inibitoria
Ciò detto resta tuttavia da esaminare la ulteriore questione della sussistenza di un illecito concorrenziale per imitazione servile in capo alla convenuta. Va pertanto senz’altro ordinata la pubblicazione del dispositivo della sentenza sulla medesima rivista sulla quale è apparso il messaggio pubblicitario di cui sopra come richiesto.
contraffazione, concorrenza sleale, marchio registrato, inibitoria, danno morale, inosservanza, pubblicazione della sentenza, Marchi, risarcimento del danno, registrazione del marchio, preuso, diritto di vietare ai terzi, identità o somiglianza, rischio di confusione, rischio di associazione
Infine, viene rilevata la genericità e l’indeterminatezza, oltre che l’infondatezza della domanda risarcitoria. Ai sensi dell’art.20 lettera b) c. p. i. , il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. Nel caso di specie, il giudizio sulla confondibilità tra i due segni non può prescindere dalla considerazione che il tipo di consumatore destinatario della pubblicizzazione del marchio è il medesimo, essendo entrambi rivolti al settore sposi e matrimonio nella medesima provincia di Como. Riguardo a tale produzione, nessuna contestazione ha sollevato la convenuta, così come nulla ha eccepito in relazione alla produzione documentale della controparte (docc.28- 30) che dimostra che la polizia locale di XXX ha elevato una contravvenzione per affissione abusiva di cartelloni pubblicitari, inviando, per errore, a T s. r. l. la relativa sanzione a causa della confusione del marchio “COMO SPOSI” con il marchio “VIVA GLI SPOSI”. Per tutte le considerazioni che precedono, la lamentata contraffazione del marchio dell’attrice deve pertanto ritenersi provata. Anche in ipotesi concorrenziali, ove si suole dire che il danno sarebbe “in re ipsa” e da valutare equitativamente ex art. 1226 c. c. , la parte che invoca il risarcimento è comunque onerata di svolgere quelle deduzioni che possono conferire concretezza alla specifica pretesa di quantificazione, fornendo al giudice una base sulla quale esprimere la propria valutazione (cfr. Cass. 18748/10).
identità o somiglianza, rischio di confusione, uso precedente del segno, notorietà, carattere distintivo, marchio registrato, rischio di associazione, registrazione del marchio, rinuncia al marchio, preuso, Marchi, pubblicità, domanda in mala fede
La norma dispone che “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni che alla data del deposito della domanda…siano identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità fra i prodotto i o servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico…”, tenendo conto che “l’uso precedente del segno, quando non importi notorietà di esso, o importi notorietà puramente locale, non toglie la novità…”. Il marchio HOEPLITEST registrato dal convenuto è simile al marchio HOEPLI usato dall’attrice, e a causa della somiglianza fra i segni e dell’identità fra i prodotti e servizi può determinarsi un rischio di confusione per il pubblico. Il marchio di fatto usato dall’attrice ha un forte carattere distintivo, non essendo la parola HOEPLI - denominazione sociale derivante dal cognome del fondatore- attinente al prodotto e ai servizi che contraddistingue, ovvero libri e servizi dell’editoria; e l’aggiunta della parola TEST non vale a differenziare il marchio registrato dal convenuto dal marchio di fatto dell’attrice in misura idonea ad evitare il rischio di confusione per il pubblico, rilevato che si tratta di termine che può essere considerato come meramente descrittivo di una collana editoriale dedicata alla preparazione dei test di ammissione universitari e che il nucleo caratterizzante del marchio è rappresentato dalla parola HOEPLI. La somiglianza tra i segni e l’identità dei prodotti possono determinare un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione dei segni. Essendo la nullità stata allegata e ravvisata con riferimento al precedente marchio di fatto HOEPLI, è irrilevante che la registrazione del marchio HOEPLI da parte dell’attrice sia avvenuta solo nel 2015.
diritto di marchio
Invero il marchio di fatto assume rilevanza nei rapporti commerciali e tra imprenditori solo dal momento in cui esso risulta effettivamente utilizzato per contraddistinguere un determinato prodotto o servizio e solo da tale momento esso può assumere un valore apprezzabile quale segno distintivo che può consentire l’attribuzione al soggetto che ne fa uso del potere di interdire i terzi dall’uso del medesimo segno ove esso abbia raggiunti idonei livelli di conoscenza e diffusione sul mercato. Nel caso di specie la fase meramente ideativa di esso – con particolare riferimento alla caratterizzazione grafica del segno, posto che i documenti prodotti al più si riferiscono alla ricerca di una stile grafico particolare ma nulla dicono quanto al soggetto che aveva ideato la parte denominativa del segno – non può avere dunque alcun rilievo al fine di riconoscere o meno in capo alla convenuta la titolarità di detto segno di fatto, sulla base del quale essa ha proceduto alla formale registrazione del medesimo sia in sede nazionale che in sede comunitaria. L’accoglimento delle domande di trasferimento del marchio nazionale e di nullità del marchio dell’Unione Europea risulta del tutto assorbente quanto alle ulteriori domande di decadenza svolte dalle parti attrici. Né sussistono altresì i presupposti per procedere alla quantificazione di un risarcimento del danno in relazione alle violazioni innanzi accertate, posto che nessun concreto elemento di valutazione appare rinvenibile negli atti del procedimento.
decorso del termine, registrazione del marchio, marchio posteriore, buona fede, titolare del marchio, decadenza, contraffazione, marchi, rischio di confusione, concorrenza sleale, uso del segno, marchio registrato, pubblicazione della sentenza, pubblicità, progettazione, notorietà, inibitoria, convalidazione, mala fede, marchio anteriore, preuso
Per giurisprudenza comunitaria e nazionale, il dies a quo decorre, infatti, dalla data di registrazione del marchio e non può incominciare a decorrere a partire dal mero uso di un marchio posteriore, anche qualora il suo titolare abbia provveduto e ottenuto in seguito la registrazione, essendo quattro le condizioni necessarie per la integrazione della fattispecie: - la registrazione del marchio posteriore nello stato membro interessato; il deposito in buona fede del marchio posteriore; l’uso del marchio posteriore da parte del titolare nello stato membro in cui è stato registrato; la conoscenza da parte del titolare del marchio anteriore della registrazione e dell’uso dopo la sua registrazione. In altre parole, pur restando fermo che la produzione degli effetti ricollegati alla notificazione è condizionata al perfezionamento del procedimento nei confronti del destinatario, la notifica si considera perfezionata per il notificante in un momento diverso e anteriore, ponendolo al riparo da ogni decadenza che possa nel frattempo maturare. Sarebbe palesamente irragionevole e lesivo del diritto di difesa del notificante che un effetto di decadenza potesse discendere dal ritardo nel compimento di attività non riferibili al notificante, ma a soggetti diversi - ufficiale giudiziario e agente postale- del tutto estranee alla sua disponibilità. Ciò verificato in fatto, va osservato in diritto che, per il riconoscimento del marchio di fatto, non può ritenersi prova sufficiente l’uso occasionale o sporadico di un segno. La presenza di una “serie” di marchi costituisce, è vero, un fattore rilevante, ma non certamente l’unico di cui tenere conto ai fini della valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione. La mera qualificazione dei marchi invocati come ricollegati a una “serie” o a una “famiglia” non è sufficiente a fondare tale rischio. L’esistenza di tale rischio di confusione per il pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti per verificare in concreto se esisteva un rischio che il pubblico di riferimento potesse credere che il marchio G, di cui è stata chiesta la registrazione per primo, facesse parte della serie di marchi invocata dalle convenute.
contraffazione, brevetto europeo, concorrenza sleale, inibitoria, distributore, risarcimento dei danni, brevetto per invenzione, giudizio di merito, corrispondenza contabile, compenso, protezione del brevetto, pubblicità, singole parti, concessione del brevetto
La limitazione così apportata al testo del brevetto, secondo il CTU, supererebbe i rilievi di carenza di novità già svolti rispetto al testo originario del brevetto non rilevandosi nei documenti anteriori depositati alcuna identica descrizione. 4. L’esame di validità si è dunque concentrato sulla sussistenza di altezza inventiva del trovato. [...] IL CTU ha ritenuto che, seppure tale caratteristica richiami la valutazione di un parametro inevitabilmente soggettivo difficilmente quantificabile o rilevabile con esattezza, la descrizione del brevetto sia sufficientemente chiara nella prospettazione del concetto, laddove afferma che il termine “sapore pulito" significa che quando il composto oggetto dell’invenzione è addizionato ad un alimento o mangime in quantità adatte, “qualsiasi particolare sapore e/o nota, tipica del microrganismo da cui la composizione è ottenuta, e qualsiasi sapore o nota tipo brodo, minestra o simile, proveniente dal microrganismo, è minima o assente in detto cibo o mangime" (par. 0040). [...] Tuttavia ha ritenuto il CTU che tali indicazioni – nel loro contesto originario - non fossero sufficienti per il tecnico del ramo per comprendere chiaramente il problema alla base della soluzione rivendicata nella forma limitata del brevetto proposta, al fine di orientarlo specificamente verso tale soluzione, che nel testo originario era inserita tra le tante alternative possibili. [...] Il CTU ha altresì verificato se qualche indicazione sulla soluzione rivendicata in sede di limitazione fosse offerta dagli esempi del brevetto in causa, così come sostenuto dalle parti attrici. [...] La sola circostanza che, trattandosi di rivendicazione di processo, essa descriva un procedimento connotato da maggiore semplicità non appare invero sufficiente al fine di poter ritenere valida detta rivendicazione, posto che l’ottenimento del sapore pulito sarebbe comunque caratteristica necessaria – in quanto esplicitamente presente nella rivendicazione – per confermare l’altezza inventiva della soluzione, a prescindere da ogni ulteriore valutazione delle anteriorità che potrebbero investire la stessa sequenza del procedimento (brevetto statunitense 4 623 723; brevetto statunitense 17 8. [...] Le osservazioni critiche svolte dalle parti attrici rispetto alle valutazioni svolte dal CTU non risultano tali da poter pregiudicare la coerenza e l’aderenza alla documentazione in atti delle conclusioni raggiunte. [...] In buona sostanza dette osservazioni risultano inidonee ad incrinare il chiaro contenuto dei rilievi del CTU, essendo di fatto limitate a contestare con affermazioni contrarie e con l’evidenziazione di singole parti del testo brevettuale i rilievi che investono nel suo complesso detto testo. L’insistenza sulla menzione della forma di attuazione descritta nella originaria riv. 1 e poi enucleata nella forma modificata della stessa rivendicazione come già prevista come “più preferita" appare invero del tutto insensibile alle articolate valutazioni del CTU che hanno evidenziato plurimi profili di contraddittorietà e quindi di obbiettiva incertezza che caratterizzano il trovato stesso oltre a non considerare la sostanziale arbitrarietà – in quanto non associata all’indicazione di uno specifico ed ulteriore effetto tecnico atto a differenziare lo specifico intervallo individuato da quelli contestualmente proposti nella originaria riv. 3 – della scelta limitativa operata, in un contesto che aveva già visto il CTU valutare negativamente l’originaria formulazione sia in quanto anticipata sia in quanto inidonea ad indicare effettive alternative brevettuale o fornire eventuali conferme rispetto ad aspetti non contenuti nel titolo stesso. [...] Quanto all’illecito concorrenziale relativo all’autoattribuzione da parte di PROSOL s.p.a. della qualità di unica società occidentale specializzata nella produzione e lavorazione di derivati dell’RNA che risulterebbe presente sul video diffuso su You Tube (doc. 25 fasc. attr. ), deve rilevarsi che il tenore delle affermazioni ivi rilevabili non pare eccedere l’ambito di normale liceità del messaggio pubblicitario, posto che non appare contestato che esse sono accompagnate da ulteriori affermazioni che pongono la stessa PROSOL s.p.a. in un contesto in cui più soggetti nel mondo provvedono alla produzione e lavorazione dell’RNA. In tale contesto l’elevata specializzazione dei soggetti cui detti messaggi sono rivolti non pare poter indurre la convinzione effettiva ed ingannevole dell’unicità della P s.p.a. nello specifico e specialistico campo di attività legato alla produzione e lavorazione dell’RNA. [...] Alla soccombenza del tutto prevalente segue la condanna delle parti attrici alla rifusione delle spese processuali in favore della convenuta nei limiti stabiliti in dispositivo nonché delle spese di consulenza tecnica nella misura già liquidata in corso di causa e dei consulenti di parte della società convenuta nei limiti di quanto liquidato in favore del CTU.[...]
Oggetto:azione di rivendica brevettuale ex art. 118 Cpi.
Sotto il primo profilo, deve essere evidenziata la genericità dell’affermazione secondo cui la convenuta, nell’esecuzione dei contratti di licenza, avrebbe avuto accesso “non soltanto ai documenti brevettuali, bensì anche ad altri documenti tecnici”, i quali non sono stati analiticamente indicati. [...] L’esistenza di tale brevetto esclude quindi in radice il carattere segreto delle relative informazioni. In conclusione, va affermato che l’EC Sa non ha allegato e provato elementi idonei a dimostrare che i brevetti della convenuta si ricolleghino alla violazione di propri segreti industriali, con conseguente rigetto di tutte le domande attoree. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 Cpc e, tenuto conto dei caratteri della controversia e delle questioni trattate, si liquidano in € 13.430, 00 per compenso, con rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%.[...]
contraffazione, concorrenza sleale, pubblicità, inosservanza, inibitoria, pubblicazione della sentenza, compenso, decadenza, risarcimento dei danni, ordine di ritiro dal commercio, uso di segno, rischio di confusione, divieto, principi della correttezza professionale
Certamente si tratta di un segno connotato da una rilevante espressività, che se non indica esclusivamente il prodotto in sè, ne è strettamente collegato, indicandone anche caratteristiche “celestiali”. Tuttavia la crasi tra “vino” e “divino” mantiene una sua qualche originalità che consente al termine in questione di acquisire una sufficiente distintività ai fini della sua registrazione. [...] Ci si trova invero di fronte all’ipotesi, di cui all’art. 20 lett. a) CPI, di uso di segno identico al marchio per un servizio identico a quello per cui è stato registrato, che garantisce al titolare una tutela assoluta, a prescindere dal rischio di confusione. [...] Ovviamente, per il principio di unitarietà dei segni distintivi di cui all’art. 22 CPI, il divieto di utilizzazione si estende anche all’uso come denominazione sociale (essendo evidente, anche per quello che si dirà in seguito) il rischio di confusione per il pubblico. [...] Innanzitutto va ricordato come le informazioni in relazione a nome, fatturato ed esigenze (anche di modalità di contatto) della clientela, anche se non abbiano tutte le caratteristiche di cui agli artt. 98 e 99 CPI, rappresentano un importante patrimonio aziendale, la cui apprensione attribuisce al collaboratore infedele, che attui la sottrazione, un vantaggio concorrenziale assolutamente indebito, consentendogli innanzitutto di risparmiare gli enormi costi di acquisizione. [...] Siffatta illecita operazione è stata evidentemente favorita, oltre che dalla scelta della denominazione sociale, dal alcuni accorgimenti di per sé non rilevanti quali ricorrere al medesimo trasportatore, (v. dep. C) onde favorire -al di là della confusione cui potevano essere indotti i clienti- una sensazione di continuità aziendale, che attribuisce indebitamente alla nuova società concorrente quelle caratteristiche di affidabilità ed aspettative (di servizio e vantaggi) necessarie a recidere qual rapporto di fidelizzazione su cui si fonda la redditività di imprese di vendite telefoniche o porta a porta, quale le due odierne contendenti. [...] L’accertamento compiuto comporta altresì la responsabilità risarcitoria in capo alla convenuta, per la contraffazione del marchio e soprattutto per l’attività di acquisizione in blocco di risorse della concorrente e del conseguente tentativo di “storno” della clientela, finalizzata a coprire parassitariamente una fetta di mercato già acquisita dalla società attrice ed in esclusivo danno della stessa, in violazione del precetto di cui all’ art. 2598 c.c. [...] Manca tuttavia la rigorosa prova di un nesso causale tra siffatta diminuzione di fatturato e gli illeciti compiuti da OS ai danni dell’attrice, ben potendo essere stato determinato da elementi esogeni, quali certamente la notoria crisi economica, che ha comportato la riduzione di spese, soprattutto voluttuarie, da parte delle famiglie. [...] Pertanto il danno eziologicamente ricollegabile agli illeciti concorrenziali subiti da COP non può coincidere con un importo pari al fatturato perso all’esito della fuoriuscita, che può dipendere come detto da una molteplicità di fattori. Tuttavia un’organizzazione che subisca una condotta di ex dipendenti, con modalità così intenzionalmente dirette alla sottrazione di clientela si trova di fronte ad una situazione eccezionale, che richiede uno sforzo aggiuntivo, che le impone di utilizzare risorse non per la normale attività di acquisizione della clientela ed esecuzione dell’incarico, ma per rimediare ai danni causati dall’attività di disturbo nelle relazioni contrattuali ormai consolidate e per riacquistare l’accreditamento sul mercato. Per quanto non confermato testimonialmente avanti al giudice, pare presumibile quanto risulta da alcune lettere inviate dai venditori a COP, con richiesta di autorizzazione ad una campagna offerte e promozioni finalizzata alla riacquisizione o fidelizzazione della clientela (v. doc. 17). Siffatte emergenze di disagio imprenditoriale, assai superiore a quello di chi debba esclusivamente sostituire un dipendente-venditore che ha scelto di “mettersi in proprio”, rappresentano una “voce di danno” non facilmente dimostrabile (e tantomeno quantificabile matematicamente, neppure con l’ aiuto di un CTU) per la quale appare giustificato il ricorso alla valutazione equitativa ex art. 1226 c.c.[...]
MARCHI. Contraffazione. Nullità.
Il marchio in questione era collegato ad un omonimo prodotto assicurativo proposto agli Sci Club, CAI e Associazioni Sportive, al fine di tutelare i loro associati da sinistri occorsi durante l’attività sciistica. [...] I detti segni, registrati ed utilizzati per la stessa classe di servizi, sono estremamente simili, distinguendosi, dal punto di vista fonetico, solo per la mancanza nel segno della convenuta di una vocale. [...] La prova assunta nel giudizio di contestazione del preuso è altresì in contrasto con la prova assunta dalla parte prima dell’instaurazione del giudizio allorché negava non il preuso ma la diffusione limitata a suo dire alle regioni Lombardia e Piemomte (doc. 7 attore). [...] L’accertamento del preuso da parte della convenuta del marchio sci sicuro determina il diritto da parte della convenuta Assilife alla prosecuzione della sua utilizzazione all’interno del territorio in cui è stato diffuso e quindi la liceità del suo uso. L’uso precedente del segno, anche qualora non importasse notorietà o rappresentasse una notorietà puramente locale ( ma così non è nel caso di specie), conferirebbe al preutente il diritto di continuare l’uso, nei limiti in cui se ne è valso ( cfr art 12 CPI e art. 2751 c.c. ). 9. [...] Il preuso è distruttivo della novità del segno quando è notorio ai consumatori come segno utilizzato per prodotti o servizi dello stesso genere. A tale fine non è necessaria una notorietà diffusa a tutto il territorio nazionale, ma è sufficiente che non sia meramente locale. [...] La nullità del marchio ScioSICURO, per difetto di novità, rende superfluo l’esame dell’invocata fattispecie della nullità per malafede, nonché l’eccezione di decadenza formulata dalla convenuta. [...] Ai sensi dell’art. 28 CPI, il titolare di un diritto di preuso che importi notorietà non puramente locale, il quale abbia, durante cinque anni consecutivi, tollerato, essendone a conoscenza, l'uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile, non può domandare la dichiarazione di nullità del marchio posteriore né opporsi all'uso dello stesso, salvo il caso in cui il marchio posteriore sia stato domandato in mala fede. [...] Per consolidato orientamento giurisprudenziale, la pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l'accertamento della concreta esistenza dello stesso riservato al giudice della liquidazione, che potrebbe eventualmente anche negare la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato formatosi sull'"an" ( Cass. n 15595/2014; 24002/11; 15335/12 ).[...]
Marchi. Nullità
Il preuso dell’identico segno da parte dell’attrice non è, però, circostanza sufficiente per togliere la novità, quando non vi sia la prova della sua notorietà, cioè della sua conoscenza presso i consumatori. L’uso precedente del segno, in caso di mancanza di notorietà o di notorietà locale, è idoneo a determinare semmai il diritto in capo al preutente di continuare nell’uso del segno, anche ai fini pubblicitari, nei limiti della diffusione, nonostante la registrazione del marchio da parte di altri soggetti ( ex multis, Cass 4405/2006 ). Nel caso di specie, però, non è in discussione il diritto dell’attrice a continuare l’utilizzazione del segno registrato dal convenuto, poiché l’attrice non ha proposto l’azione di accertamento negativo di contraffazione, ma ha esercitato l’azione di nullità del segno registrato dal convenuto, per difetto di novità. L’attrice deve, quindi, fornire, a tale fine, non solo la prova del preuso, ma anche quella di un preuso qualificato dalla notorietà non puramente locale, con effetti distruttivi della novità. Il mero uso, scisso dalla notorietà, non è in grado, invece, di togliere la novità del segno di cui alla domanda di registrazione (cfr. Cass 14342/2003; Cass 22350/2015 ). [...] Gli estratti di pagine internet prodotti, oltre a non provare la divulgazione del segno alla data della registrazione, giacché non hanno data anteriore alla registrazione, sono altresì inidonei a dimostrare la conoscenza da parte del pubblico della provenienza del segno “Amaricana” dall’attrice. [...] La brevissima distanza temporale tra le date indicate è dunque anch’essa rivelatrice della malafede del sig. G. La norma sulla malafede si applica in tutte le ipotesi in cui, per una qualsiasi ragione, un soggetto possa vantare su un segno delle legittime aspettative che tuttavia non si siano ancora “consolidate” in un diritto opponibile a terzi ed in cui un altro soggetto, essendo a conoscenza di tali aspettative, anticipi il primo nella registrazione. [...] La sola registrazione del segno non è sufficiente a integrare la prova dell’uso da parte del convenuto che, rimanendo contumace, non ha ammesso, neppure implicitamente, alcuna circostanza rilevante al fine del decidere e, per quanto qui rileva, quella dell’uso del segno. La contumacia nel diritto vigente non è equiparata alla ficta confessio e non determina alcuna inversione dell’onere della prova che, viceversa, continua a incombere sull’attore. 7. In conseguenza dell’ accertata nullità del marchio registrato, va trasmessa, ex art. 122 CPI, all’Ufficio italiano brevetti e marchi copia della sentenza.[...]
concorrenza sleale, risarcimento dei danni, frutto, inibitoria, clientela, sequestro conservativo
Resta, quindi, da valutare la sussistenza del fondamento della domanda di risarcimento dei danni per i fatti allegati, che, a ben vedere, proprio per come allegati non costituiscono neppure atti di sviamento di clientela frutto della confusione artatamente creata mediante l’uso di un nome dell’impresa simile a quello delle attrici, bensì atti di indebita fatturazione di commesse in tesi ricevute e portate a termine dalle attrici. In ogni caso il tema risulta irrilevante – così come superflua appare l’istruttoria svolta in proposito - alla luce dell’accordo transattivo prodotto in atti. 2. [...] Esso riguarda tutti gli aspetti che in quel momento contrapponevano EM e le società del GA. [...] Del tutto tardiva ed inammissibile è, invece, l’eccezione di inefficacia dell’accordo in quanto non ratificato dall’Assemblea della società GA s.p.a., sollevata solo in sede di difese conclusionali.[...]
Marchi
L’inadempimento contrattuale e l’accertamento della risoluzione del contratto. [...] Inoltre, e soprattutto, lo stato di salute del sig. R non è causa che possa essere invocata per la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, in quanto attinente a persona fisica e non alla persona giuridica, quale il contraente è. La persona giuridica non è condizionata dallo stato personale/soggettivo del suo amministratore. Nell’ambito della sua organizzazione, l’impresa non può fare ricadere sui terzi le proprie disfunzioni organizzative (mancata sostituzione dell’amministratore per problemi di salute) in quanto impedimenti soggettivi e non assoluti. Il contratto, infatti, non richiedeva la prestazione della persona fisica e il sig. R ben avrebbe potuto essere sostituito da qualsiasi altro soggetto nella gestione della società e dei rapporti facenti capo a questa. [...] Ritiene il giudicante che l’importo richiesto, a titolo risarcitorio, non sia congruo, tenuto conto che è stato calcolato sulla base della scadenza naturale del contratto (2017) e, quindi, con decorrenza di ulteriori tre anni rispetto alla data di risoluzione del rapporto contrattuale, comprendendovi tutti i contributi pubblicitari, che hanno la finalità di rimborsare il licenziante delle spese effettuate, a titolo pubblicitario, per la salvaguardia e la promozione del marchio.[...]
azione di nullità di brevetto italiano per invenzione industriale, riformulazione ex art. 79 comma 3 c.p.i. in corso di causa
Scopo del trovato è quindi quello di proporre una porta di forno i cui componenti risultino sostanzialmente agevoli da realizzare ed assemblare, con conseguente riduzione del rischio di danneggiamento e dei costi. [...] Tale modifica, tuttavia, a giudizio del CTU ha comportato una estensione del brevetto oltre il contenuto della domanda originaria, introducendo cioè insegnamenti prima non presenti e determinandone pertanto la nullità ai sensi dell’ art 76, comma 1 lettera c), c.p. i.. [...] Tale operazione introduce tuttavia informazioni nuove, non originariamente descritte. Infatti, nessun punto della descrizione giustifica “l’isolamento della caratteristica “piegata” dal contesto in cui viene descritto il processo di produzione che prevede la piegatura a freddo di una lamiera metallica rivestita” (cfr. pag. 40 della CTU). [...] Per completezza, la rivendicazione n. 1 non risolve il problema tecnico che l’invenzione si premurava di risolvere, ossia quello di evitare danno ai singoli componenti in fase di assemblaggio, stoccaggio e trasporto. La nullità della rivendicazione n. 1 travolge infine tutte le rivendicazioni dipendenti, ciascuna delle quali introduce caratteristiche di mero dettaglio che non risolvono il problema tecnico oggetto del brevetto e non sono dotate, ognuna considerata, di alcuna altezza inventiva per le dettagliate considerazioni indicate nella CTU e qui integralmente richiamate. 4. [...] Il termine “piegata” introdotto in sede di concessione amministrativa è stato cioè sostituito dalla locuzione “ottenuti mediante piegatura a freddo di una lamina metallica protetta da un film di copertura in materia plastica”. [...] Si tratterebbe cioè di un c.d. “product by process”, valido solo ove esso presenti i requisiti di brevettabilità e non sia rinvenibile alcuna altra informazione nella domanda di brevetto che possa consentire al richiedente di definire in maniera soddisfacente il prodotto. [...] Nel primo caso, il prodotto finale non è distinto dall’arte nota, perché il film protettivo può essere rimosso. [...] Nel secondo caso, la riformulazione -pur dotata di novità estrinseca, non esistendo alcuna anteriorità che mostri una porta di forno con montanti e/o traversi ricoperti di film plastico- manca tuttavia di contenuto inventivo, costituendo la mera sommatoria di soluzioni già note. [...] La combinazione delle due anteriorità in essa operata si concreta infatti in una sostanziale sommatoria degli effetti delle soluzioni già singolarmente attuate, senza che qui si possa ravvisare il necessario salto inventivo ai fini della validità. 5. Il comando giudiziale Va dunque dichiarata la nullità integrale del brevetto P, sia nella versione originaria sia nella versione riformulata nel corso del giudizio.[...]
marchi, contraffazione, marchio registrato, risarcimento dei danni, inibitoria, pubblicità, titolare del marchio, uso del segno, pubblicazione della sentenza, notorietà, divieto, rischio di associazione, commerciante, preutente, concorrenza sleale, vendita diretta, mala fede
Pertanto, di per sé siffatta dicitura non può costituire il cuore di un segno, in quanto, se non accompagnata da elementi di differenziazione, incontrerebbe ab origine il divieto di registrabilità di cui all’art. 13 CPI, consistendo esclusivamente dall’indicazione descrittiva della funzione e destinazione del prodotto, perfettamente percepibile dal consumatore medio, anche di scarsa formazione culturale. [...] In altri termini, la finalità della norma (una delle prime definizioni del punto di equilibrio necessario tra le contrapposte esigenze dei monopoli legittimi e della libertà di concorrenza) è quella di impedire che si crei un diritto di esclusiva su parole, figure o segni che nel linguaggio comune sono collegate o collegabili al tipo merceologico, che debbono rimanere patrimonio comune onde evitare ogni ingiustificato ostacolo ai concorrenti, mediante la trasformazione dell’esclusiva sul segno in monopolio di fabbricazione. Se i segni di titolarità delle contendenti appaiono entrambi connotati da una rilevante espressività, che se non descrive il prodotto in sè, si riferisce direttamente al suo uso per il trattamento dell’ipoacusia, ne consegue che l’elemento su cui si concentra l’attitudine individualizzante, in grado di far svolgere ai marchi qui contrapposti la loro funzione di indicatore di provenienza da una precisa realtà imprenditoriale, va individuato nei suffissi che accompagnano “audi”, che sono di mera fantasia (non essendo corrispondente al vero che “audium” abbia di per sé un significato nella lingua latina). Si tratta quindi di segni indubbiamente “deboli”, caratteristica di cui deve tenersi conto nel raffronto tra loro, sia in astratto che globalmente, con riguardo anche all’ uso concreto, ai fini di considerare la loro confondibilità nel giudizio del pubblico. [...] A fronte di tali caratteristiche differenzianti, esaminate globalmente, in astratto ed in concreto, pare possa escludersi il rischio di una effettiva confondibilità per il pubblico ex art. 12 lett. b) CPI ed ex art. 20 lett. b) CPI, anche sotto il profilo del rischio di associazione. [...] La dedotta rinomanza del marchio attoreo non risulta tempestivamente allegata nell’atto introduttivo e comunque non sarebbe comprovata dalla documentazione prodotta, che evidenzia le tipiche pubblicità cui ricorre un commerciante presente al livello locale (sia pure nella più grande ed importante città del paese): cartellonistica stradale, inserzioni sulle pagine locali di quotidiani e sulle “Pagine Gialle”. [...] Concorrenza sleale Le conclusioni cui si è pervenuti in tema di non interferenza dei marchi delle convenute rispetto a quello attoreo, escludono che il loro uso possa essere considerato illecito ex art. 2598 n. 1 c.c. [...] Come è noto, “ai fini dell’ identificazione della causa petendi posta alla base della domanda non rilevano tanto le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l’ insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta, sicchè è compito precipuo del giudice la corretta identificazione degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa” ( Cass. 4598/07 ). Più specificamente, appartenendo quelli risarcitori alla categoria dei diritti c.d. eteroindividuati, la relativa fonte deve essere compiutamente definita. [...] In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti che richiedono, quale indispensabile elemento di valutazione, l’ allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si fondano”(secondo il sempre imprescindibile insegnamento di Cass. 4712/96 ). Quindi ogni mutamento ed inserimento di nuovi fatti determina un radicale mutamento della causa petendi, che non è ammissibile in corso di causa. [...] Avendo l’attrice allegato l’illiceità concorrenziale sotto il profilo della fattispecie confusoria ex art. 2598 n. 1 (“atti idonei a creare confusione con i prodotti e le attività di un concorrente”), sarebbe stato necessario che l’attrice dimostrasse l’efficacia in qualche modo “individualizzante” e diversificatrice delle condotte asseritamente imitate rispetto ad altre simili.[...]