Rinvio pregiudiziale, Proprietà intellettuale, Marchi, Regolamento (CE) n. 207/2009, Articolo 9, paragrafo 1, Direttiva 2008/95/CE, Articolo 5, paragrafi 1 e 2, Diritti conferiti dal marchio, Marchio individuale costituito da un sigillo di test eseguito.
Rinvio pregiudiziale, Diritto dei marchi, Direttiva 2008/95/CE, Articolo 14, Constatazione a posteriori della nullità o della decadenza di un marchio di impresa, Data in cui devono sussistere le condizioni della decadenza o della nullità, Regolamento (CE) n. 207/2009, Marchio dell’Unione europea, Articolo 34, paragrafo 2, Rivendicazione della preesistenza di un marchio nazionale anteriore, Effetti di tale rivendicazione sul marchio nazionale anteriore.
Causa C-148/17 Peek & Cloppenburg KG, Hamburg contro Peek & Cloppenburg KG, Düsseldorf (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof) «Rinvio pregiudiziale – Diritto dei marchi – Direttiva 2008/95/CE – Articolo 14 – Constatazione a posteriori della nullità o della decadenza di un marchio di impresa – Data in cui devono sussistere le condizioni della decadenza o della nullità – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Marchio dell’Unione europea – Articolo 34, paragrafo 2 – Rivendicazione della preesistenza di un marchio nazionale anteriore – Effetti di tale rivendicazione sul marchio nazionale anteriore» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 19 aprile 2018 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Constatazione a posteriori della nullità o della decadenza di un marchio di impresa – Determinazione della data in cui sono soddisfatte le condizioni per la decadenza o la nullità di un marchio nazionale anteriore – Rivendicazione della preesistenza del marchio nazionale anteriore per il marchio dell’Unione europea – Effetti di tale preesistenza dopo la cancellazione del marchio nazionale anteriore (Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 34, § 2; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 14) L’articolo 14 della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, in combinato disposto con l’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio [dell’Unione europea], dev’essere interpretato nel senso che esso osta a un’interpretazione della normativa nazionale secondo cui la nullità o la decadenza di un marchio nazionale anteriore, la cui preesistenza sia rivendicata per un marchio dell’Unione europea, può essere accertata a posteriori solo qualora le condizioni ai fini della nullità o della decadenza sussistessero non soltanto nel momento in cui tale marchio nazionale anteriore sia stato oggetto di rinuncia o di estinzione, bensì parimenti al momento della declaratoria giurisdizionale di nullità o decadenza. Sebbene l’articolo 14 della direttiva 2008/95 non precisi la data cui occorre far riferimento ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni della nullità o della decadenza, dai termini e dall’oggetto di tale disposizione risulta tuttavia che tale verifica è diretta a determinare retrospettivamente se tali condizioni fossero soddisfatte alla data di rinuncia o di estinzione del marchio nazionale anteriore. Ne consegue che il requisito secondo cui le condizioni della nullità o della decadenza del marchio nazionale anteriore devono parimenti sussistere alla data in cui viene statuito sulla domanda diretta alla constatazione a posteriori della nullità o decadenza non è conforme alla suddetta disposizione. Infatti, occorre anzitutto rilevare che la possibilità di utilizzare un marchio nazionale che sia stato oggetto di rinuncia non è affatto prevista dalla direttiva 2008/95. Inoltre, dal considerando 5 e dall’articolo 1 di quest’ultima risulta che essa si applica unicamente ai marchi che siano stati oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione, cosicché un marchio cancellato non esiste più alla luce della direttiva stessa. Dall’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/95 risulta, poi, che l’uso del marchio è preso in considerazione solamente fino alla data di presentazione della domanda di decadenza, eventualmente anticipata di tre mesi nell’ipotesi prevista al terzo comma della disposizione medesima. Non sarebbe quindi coerente con detta disposizione tener conto, nell’ambito di un procedimento diretto all’accertamento a posteriori della decadenza dei diritti del titolare di un marchio, di un uso successivo alla data in cui il titolare abbia esso stesso dichiarato di rinunciare a tale marchio o abbia lasciato che questo si estinguesse. Infine, dall’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 emerge che l’unico effetto della preesistenza di un marchio nazionale anteriore rivendicata per un marchio dell’Unione europea è che il titolare di tale marchio nazionale anteriore, che vi abbia rinunciato o che abbia lasciato che si estingua, continua a beneficiare, nello Stato membro nel quale o per il quale era registrato, degli stessi diritti che avrebbe avuto qualora tale marchio avesse continuato ad esservi registrato. Tale disposizione opera quindi una fictio volta a consentire al titolare del marchio dell’Unione europea di continuare a beneficiare, in tale Stato membro, della tutela di cui beneficiava il marchio nazionale anteriore cancellato, e non a consentire a quest’ultimo di continuare ad esistere in quanto tale. Ne consegue, in particolare, che un eventuale uso del segno di cui trattasi successivamente alla cancellazione dev’essere considerato, in un caso del genere, quale uso del marchio dell’Unione europea e non del marchio nazionale anteriore cancellato. (v. punti 26, 28-30 e dispositivo)
Impugnazione, Marchio dell’Unione europea, Regolamento (CE) n. 207/2009, Marchio figurativo contenente gli elementi denominativi “CACTUS OF PEACE CACTUS DE LA PAZ”, Opposizione del titolare dei marchi denominativo e figurativo dell’Unione europea contenenti l’elemento denominativo “Cactus”, Classificazione di Nizza, Articolo 28, Articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), Uso effettivo del marchio in forma abbreviata.
Causa C-501/15 P Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) contro Cactus SA «Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Marchio figurativo contenente gli elementi denominativi “CACTUS OF PEACE CACTUS DE LA PAZ” – Opposizione del titolare dei marchi denominativo e figurativo dell’Unione europea contenenti l’elemento denominativo “Cactus” – Classificazione di Nizza – Articolo 28 – Articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a) – Uso effettivo del marchio in forma abbreviata» Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) dell’11 ottobre 2017 Ravvicinamento delle legislazioni–Marchi–Direttiva 2008/95–Identificazione dei prodotti o dei servizi contrassegnati dal marchio–Utilizzo delle indicazioni generali di cui ai titoli delle classi della classificazione di Nizza–Portata della protezione che ne risulta–Obbligo del richiedente di precisare i prodotti o i servizi oggetto della sua domanda
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Ravvicinamento delle legislazioni–Marchi–Direttiva 2008/95–Marchi di servizi Nozione di «servizi»–Vendita al dettaglio di prodotti–Inclusione–Presupposti per la registrazione
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Impugnazione–Motivi d’impugnazione–Erronea valutazione dei fatti e degli elementi probatori–Irricevibilità–Sindacato della Corte sulla valutazione dei fatti e degli elementi probatori–Esclusione, salvo il caso di snaturamento
(Art. 256, § 1, comma 2, TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, comma 1)
Marchio dell’Unione europea–Osservazioni dei terzi e opposizione–Esame dell’opposizione–Prova dell’uso del marchio anteriore–Uso effettivo–Uso del marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non ne alterano il carattere distintivo–Scopo e ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009–Esame dell’alterazione del carattere distintivo
[Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 15, § 1, comma 2, a)] Per quanto riguarda, in primo luogo, la portata della sentenza IP Translator, C-307/10, occorre ricordare che la Corte, al punto 61 della sentenza in parola, ha dichiarato che, al fine di rispettare i requisiti di chiarezza e precisione, colui che richiede un marchio utilizzando tutte le indicazioni generali di cui al titolo di una classe specifica della classificazione di Nizza per identificare i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio deve precisare se la sua domanda di registrazione verte su tutti i prodotti o i servizi repertoriati nell’elenco alfabetico della classe specifica di cui trattasi o solo su taluni di tali prodotti o servizi. Laddove la domanda verta unicamente su taluni di tali prodotti o servizi, il richiedente ha l’obbligo di precisare quali prodotti o servizi rientranti in detta classe sono presi in considerazione.
La Corte ha indicato, ai punti 29 e 30 della sentenza Brandconcern, C-577/14 P, che la sentenza IP Translator ha precisato solo i requisiti relativi alle nuove domande di registrazione come marchi dell’Unione europea, e non riguarda, quindi, i marchi già registrati alla data di pronuncia di quest’ultima sentenza. La Corte ne ha dedotto, al punto 31 della sentenza Brandconcern, che non si può quindi considerare che la Corte, mediante la sentenza IP Translator, abbia inteso rimettere in discussione l’approccio seguito nella comunicazione n. 4/03 per quanto riguarda i marchi registrati prima della pronuncia di quest’ultima sentenza.
La comunicazione n. 2/12 del presidente dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale non può rimettere in discussione la giurisprudenza in esame e, quindi, condurre a limitare la portata della protezione dei marchi registrati prima della pronuncia della sentenza IP Translator per prodotti o servizi contraddistinti dalle indicazioni generali di cui ai titoli di una classe, ai sensi dell’Accordo di Nizza, ai soli prodotti o servizi contemplati nell’elenco alfabetico di detta classe e a negare che quest’ultima si estenda, conformemente alla comunicazione n. 4/03, a tutti i prodotti o servizi rientranti in tale classe.
Infatti, la portata della protezione conferita dai marchi registrati non può essere alterata sulla base di una comunicazione non vincolante che mira soltanto a spiegare ai richiedenti le prassi dell’Ufficio.
(v. punti 37-40)
Per quanto riguarda la portata della sentenza Praktiker Bau, C-418/02, è necessario ricordare che la Corte, ai punti 39 e 50 di tale sentenza, ha dichiarato che, sebbene l’attività del commercio al dettaglio di prodotti costituisca un servizio rientrante nella classe 35, ai sensi dell’Accordo di Nizza, il richiedente deve ciononostante precisare, ai fini della registrazione di un marchio, i prodotti o i tipi di prodotti interessati dall’attività del commercio al dettaglio.
Orbene, la giurisprudenza derivante dalla sentenza Praktiker Bau, così come la sentenza IP Translator C-307/10, verte soltanto sulle domande di registrazione in quanto marchi dell’Unione europea e non concerne la portata della protezione conferita dai marchi registrati prima della pronuncia di detta sentenza.
Siffatta soluzione è peraltro conforme ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.
(v. punti 44-47)
V. il testo della decisione.
(v. punto 60)
La Corte ha già precisato che si evince direttamente dalla formulazione dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009, sul marchio dell’Unione europea, che l’uso del marchio in una forma che si differenzia da quella in cui esso è stato registrato è considerato come uso ai sensi del primo comma del medesimo articolo, purché non sia alterato il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato.
Occorre rilevare che l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), di tale regolamento, non imponendo una stretta conformità tra la forma utilizzata in commercio e quella in cui il marchio è stato registrato, è diretto a consentire al titolare di quest’ultimo di apportare al segno, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di adattarlo meglio alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi relativi.
Ne consegue che il requisito dell’«uso effettivo» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del medesimo regolamento è soddisfatto anche se è utilizzato soltanto l’elemento figurativo di un marchio complesso, purché il carattere distintivo di detto marchio, così come registrato, non sia alterato.
(v. punti 65-67)
Impugnazione, Marchio dell’Unione europea, Regolamento (CE) n. 207/2009, Articolo 51, paragrafo 2, Marchio denominativo LAMBRETTA, Uso effettivo del marchio, Domanda di decadenza, Dichiarazione parziale di decadenza, Comunicazione n. 2/12 del presidente dell’EUIPO, Limitazione nel tempo di una sentenza della Corte.
Causa C-577/14 P Brandconcern BV contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)eScooters India Ltd «Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 51, paragrafo 2 – Marchio denominativo LAMBRETTA – Uso effettivo del marchio – Domanda di decadenza – Dichiarazione parziale di decadenza – Comunicazione n. 2/12 del presidente dell’EUIPO – Limitazione nel tempo di una sentenza della Corte» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 16 febbraio 2017 Ravvicinamento delle legislazioni–Marchi–Direttiva 2008/95–Identificazione dei prodotti o dei servizi contrassegnati dal marchio–Utilizzo delle indicazioni generali di cui ai titoli delle classi della classificazione di Nizza–Portata della protezione che ne risulta–Obbligo del richiedente di precisare i prodotti o i servizi oggetto della sua domanda–Obbligo previsto da una sentenza della Corte–Effetti–Limitazione temporale
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Impugnazione–Motivi d’impugnazione–Assenza di critica precisa di un punto del ragionamento del Tribunale–Omessa indicazione dei punti criticati della sentenza impugnata
[Art. 256, § 1, comma 2, TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, comma 1; regolamento di procedura della Corte, artt. 168, § 1, d), e 169, § 2 Al punto 61 della sentenza del 19 giugno 2012, Chartered Institute of Patent Attorneys (C-307/10, EU:C:2012:361), la Corte ha dichiarato che, al fine di rispettare i requisiti di chiarezza e di precisione imposti dalla direttiva 2008/95/CE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, colui che richiede un marchio nazionale utilizzando tutte le indicazioni generali di cui al titolo di una classe specifica della classificazione di Nizza per identificare i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio deve precisare se la sua domanda di registrazione verta su tutti i prodotti o tutti i servizi repertoriati nell’elenco alfabetico della classe specifica di cui trattasi o solo su alcuni di essi. Laddove la domanda verta unicamente su alcuni di tali prodotti o servizi, il richiedente ha l’obbligo di precisare quali prodotti o servizi rientranti in detta classe sono presi in considerazione.
Tuttavia, in primo luogo, il punto 61 di tale sentenza non riguarda i titolari di un marchio già registrato, bensì unicamente i richiedenti di marchi.
In secondo luogo, a detto punto 61 della sentenza del 19 giugno 2012, Chartered Institute of Patent Attorneys, la Corte si è limitata a precisare i requisiti ai quali sono soggetti i nuovi richiedenti di marchi nazionali, che utilizzano le indicazioni generali del titolo di una classe al fine di identificare i prodotti e i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio. Simili requisiti permettono di prevenire la situazione in cui non sia possibile determinare con certezza la portata della protezione derivante da un marchio, qualora un richiedente utilizzi tutte le indicazioni figuranti nel titolo di una classe.
Non si può quindi affermare che la Corte, mediante la sentenza del 19 giugno 2012, Chartered Institute of Patent Attorneys, abbia inteso rimettere in discussione l’approccio seguito nella comunicazione n. 4/03 del presidente dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (marchi, disegni e modelli), del 16 giugno 2003, relativa all’utilizzazione dei titoli delle classi negli elenchi di prodotti e servizi per le domande e le registrazioni di marchi comunitari, secondo la quale l’uso di tutte le indicazioni generali elencate nel titolo di una determinata classe costituisce una rivendicazione per tutti i prodotti o servizi rientranti in tale classe. Di conseguenza, la regola enunciata al punto 61 di detta sentenza non è applicabile alla registrazione di un marchio avvenuta prima della pronuncia della suddetta sentenza.
(v. punti 28-31)
V. il testo della decisione.
(v. punto 37)
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 2008/95/CE, Articolo 5, paragrafo 1, Annunci riguardanti un terzo accessibili su Internet, Uso non autorizzato del marchio, Annunci messi in rete all’insaputa e senza il consenso di detto terzo o conservati in rete nonostante l’opposizione di quest’ultimo, Azione del titolare del marchio nei confronti di detto terzo.
Causa C-179/15 Daimler AG contro Együd Garage Gépjárműjavító és Értékesítő Kft. (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 2008/95/CE — Articolo 5, paragrafo 1 — Annunci riguardanti un terzo accessibili su Internet — Uso non autorizzato del marchio — Annunci messi in rete all’insaputa e senza il consenso di detto terzo o conservati in rete nonostante l’opposizione di quest’ultimo — Azione del titolare del marchio nei confronti di detto terzo» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 3 marzo 2016 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Comunicazione al pubblico proveniente da un’impresa terza relativa alla riparazione e alla manutenzione di prodotti recanti il marchio – Inclusione
[Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, artt. 5, §§ 1 e 3, d), 6 e 7]
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Imputazione all’inserzionista di atti o omissioni di prestatori di servizi di annunci o di gestori di siti Internet di ricerca di imprese – Esclusione
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 5, § 1) L’uso di un marchio di impresa da parte di un terzo, senza l’autorizzazione del titolare, effettuato al fine di comunicare al pubblico che detto terzo effettua la riparazione e la manutenzione di prodotti recanti detto marchio o che esso è specializzato o specialista di tali prodotti costituisce, in determinate circostanze, un uso del marchio di impresa ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, il quale può essere vietato dal titolare del marchio a meno che non si applichino l’articolo 6, relativo alla limitazione degli effetti del marchio di impresa, o l’articolo 7, relativo all’esaurimento del diritto conferito da quest’ultimo.
Commissionando, nel contesto delle proprie attività commerciali, a un prestatore di servizio, un annuncio pubblicitario affinché sia messo in rete su un sito Internet, l’inserzionista «usa» il marchio «nel commercio» e «per prodotti e servizi» che egli offre ai propri clienti; un tale utilizzo a fini pubblicitari è peraltro espressamente previsto dall’articolo 5, paragrafo 3, lettera d), della direttiva 2008/95. Un tale uso, ove avvenga senza il consenso del titolare del marchio di impresa, è idoneo a pregiudicare la funzione di indicazione di origine del marchio, dal momento che l’annuncio suggerisce l’esistenza di un collegamento economico tra tale inserzionista e il titolare.
(v. punti 28-30)
L’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che un terzo, indicato in un annuncio pubblicato su un sito Internet che contiene un segno identico o simile a un marchio di impresa tale da dare l’impressione che sussista un rapporto commerciale tra quest’ultimo e il titolare del marchio, non fa un uso di tale segno che può essere vietato da detto titolare in forza della citata disposizione qualora la pubblicazione di tale annuncio non sia stata eseguita o commissionata da tale terzo, o anche nel caso in cui la pubblicazione dell’annuncio sia stata eseguita o commissionata da tale terzo con il consenso del titolare, qualora detto terzo abbia espressamente preteso dal gestore di tale sito Internet, al quale aveva commissionato l’annuncio, di cancellare quest’ultimo o la dicitura del marchio che vi figura.
Infatti, se la messa in rete, su un sito Internet di ricerca, di un annuncio pubblicitario che menziona un marchio altrui è imputabile all’inserzionista che ha commissionato tale annuncio e su istruzione del quale il gestore di tale sito, in qualità di prestatore di servizio, ha agito, non si possono, invece, imputare a tale inserzionista atti o omissioni di un tale prestatore che, deliberatamente o per negligenza, non tiene conto delle istruzioni espressamente fornite da detto inserzionista volte, precisamente, a evitare tale uso del marchio. Pertanto, qualora detto prestatore si astenga dal dar seguito alla richiesta dell’inserzionista di cancellare l’annuncio in questione o la dicitura del marchio che vi figura, la comparsa di tale dicitura sul sito Internet di ricerca non può più essere considerata un uso del marchio da parte dell’inserzionista.
Non possono nemmeno essere imputati a un inserzionista atti autonomi di altri operatori economici, quali quelli di gestori di siti Internet di ricerca con cui l’inserzionista non intrattiene nessun rapporto diretto o indiretto e che agiscono non su commissione e per conto di tale inserzionista, ma di loro propria iniziativa e in nome proprio.
In tali due ipotesi, il titolare del marchio non ha diritto, in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) o b), della direttiva 2008/95, ad agire nei confronti dell’inserzionista al fine di vietargli la messa in rete dell’annuncio che contiene l’indicazione del suo marchio.
(v. punti 34, 36, 37, 44 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Registrazione di un marchio nazionale identico o simile a un marchio comunitario anteriore, Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione europea, Portata geografica della notorietà.
Causa C-125/14 Iron & Smith kft contro Unilever NV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Registrazione di un marchio nazionale identico o simile a un marchio comunitario anteriore — Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione europea — Portata geografica della notorietà» Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 3 settembre 2015 Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione — Nozione — Portata geografica della notorietà — Pertinenza dei criteri relativi all’uso effettivo del marchio comunitario al fine di determinare la sussistenza della notorietà — Insussistenza
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 4, § 3)
Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Marchio comunitario che gode di notorietà in una parte sostanziale del territorio dell’Unione, ma non presso il pubblico di riferimento dello Stato membro interessato da una domanda di registrazione di un marchio nazionale posteriore — Presupposti della tutela estesa introdotta dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 4, § 3) L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 sui marchi deve essere interpretato nel senso che, laddove sia accertata la notorietà di un marchio comunitario anteriore su una parte sostanziale del territorio dell’Unione europea, che può eventualmente coincidere con il territorio di un solo Stato membro, il quale non deve necessariamente essere quello in cui è stata depositata una domanda di registrazione di marchio nazionale posteriore, si deve ritenere che tale marchio goda di notorietà nell’Unione. I criteri che sono stati enucleati dalla giurisprudenza riguardo all’uso effettivo del marchio comunitario non sono, di per sé, rilevanti al fine di determinare la sussistenza di una «notorietà» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della suddetta direttiva.
(v. punto 25, dispositivo 1)
Nel caso in cui il marchio comunitario anteriore abbia già acquisito una notorietà in una parte sostanziale del territorio dell’Unione europea, ma non presso il pubblico pertinente dello Stato membro in cui è stata richiesta la registrazione del marchio nazionale posteriore oggetto dell’opposizione, il titolare del marchio comunitario può beneficiare della tutela introdotta dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 sui marchi, laddove risulti che una parte non irrilevante dal punto di vista commerciale di detto pubblico conosce il suddetto marchio e stabilisce un nesso tra questo e il marchio nazionale posteriore, e laddove sussista, tenuto conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, o una violazione effettiva e attuale del marchio comunitario ai sensi di tale disposizione, o, in mancanza, un rischio serio che una simile violazione si produca in futuro.
(v. punto 34, dispositivo 2) Causa C-125/14 Iron & Smith kft contro Unilever NV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Registrazione di un marchio nazionale identico o simile a un marchio comunitario anteriore — Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione europea — Portata geografica della notorietà» Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 3 settembre 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione – Nozione – Portata geografica della notorietà – Pertinenza dei criteri relativi all’uso effettivo del marchio comunitario al fine di determinare la sussistenza della notorietà – Insussistenza (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 4, § 3) Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchio comunitario che gode di notorietà in una parte sostanziale del territorio dell’Unione, ma non presso il pubblico di riferimento dello Stato membro interessato da una domanda di registrazione di un marchio nazionale posteriore – Presupposti della tutela estesa introdotta dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 4, § 3) L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 sui marchi deve essere interpretato nel senso che, laddove sia accertata la notorietà di un marchio comunitario anteriore su una parte sostanziale del territorio dell’Unione europea, che può eventualmente coincidere con il territorio di un solo Stato membro, il quale non deve necessariamente essere quello in cui è stata depositata una domanda di registrazione di marchio nazionale posteriore, si deve ritenere che tale marchio goda di notorietà nell’Unione. I criteri che sono stati enucleati dalla giurisprudenza riguardo all’uso effettivo del marchio comunitario non sono, di per sé, rilevanti al fine di determinare la sussistenza di una «notorietà» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della suddetta direttiva. (v. punto 25, dispositivo 1) Nel caso in cui il marchio comunitario anteriore abbia già acquisito una notorietà in una parte sostanziale del territorio dell’Unione europea, ma non presso il pubblico pertinente dello Stato membro in cui è stata richiesta la registrazione del marchio nazionale posteriore oggetto dell’opposizione, il titolare del marchio comunitario può beneficiare della tutela introdotta dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 sui marchi, laddove risulti che una parte non irrilevante dal punto di vista commerciale di detto pubblico conosce il suddetto marchio e stabilisce un nesso tra questo e il marchio nazionale posteriore, e laddove sussista, tenuto conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, o una violazione effettiva e attuale del marchio comunitario ai sensi di tale disposizione, o, in mancanza, un rischio serio che una simile violazione si produca in futuro. (v. punto 34, dispositivo 2)
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Articolo 5, Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio, Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento, Nozione di “uso in commercio”.
Causa C-379/14 TOP Logistics BV e Van Caem International BV contro Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd e Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd contro TOP Logistics BV e Van Caem International BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof Den Haag) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 5 — Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio — Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento — Nozione di “uso in commercio”» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 luglio 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Consegna a un depositario da parte di un operatore non titolare di un marchio, al fine della loro immissione in commercio, di merci recanti tale marchio – Inclusione
[Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)]
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio registrato di opporsi all’uso illecito del suo marchio – Segno identico o simile al marchio – Uso nel commercio – Nozione – Uso al momento dell’importazione e del deposito di prodotti da parte di un operatore economico dedito al commercio parallelo – Inclusione
[Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)]
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritti conferiti dal marchio – Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’assoggettamento al regime di sospensione dei diritti di accisa, senza il suo consenso, di prodotti immessi in libera pratica e recanti il marchio
(Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, §§ 1 e 3) Ricorre uso di un segno identico a un marchio, ai sensi dell’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, quando l’operatore economico interessato utilizza tale segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Ciò accade, ad esempio, allorché un operatore economico importa o consegna a un depositario, al fine della loro immissione in commercio, talune merci recanti un marchio di cui egli non è titolare.
(v. punti 41, 42)
Per quanto concerne l’espressione «nel commercio» di cui all’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, l’uso di un segno identico a un marchio ha luogo nel commercio se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato. Ciò avviene allorché un operatore economico che si occupa di commercio parallelo di prodotti contrassegnati da un marchio importa e deposita siffatti prodotti.
(v. punti 43, 44)
L’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato in uno o più Stati membri può opporsi a che un terzo assoggetti al regime di sospensione dei diritti di accisa alcune merci recanti tale marchio dopo averle importate nello Spazio economico europeo (SEE) e averle immesse in libera pratica, senza il consenso di detto titolare.
In effetti, l’importazione di prodotti senza il consenso del titolare del marchio interessato e la detenzione in deposito fiscale di tali prodotti in attesa della loro immissione in consumo nell’Unione hanno l’effetto di privare il titolare di detto marchio della possibilità di controllare le modalità della prima immissione in commercio nel SEE di prodotti recanti il suo marchio. Siffatti atti pregiudicano, in tal modo, la funzione del marchio consistente nell’identificare l’impresa da cui provengono i prodotti e sotto il cui controllo è organizzata la prima immissione in commercio. Tale analisi non è inficiata dalla circostanza che talune merci importate e assoggettate al regime di sospensione dei diritti di accisa possano, poi, essere esportate in uno Stato terzo e, in tal modo, non essere mai immesse in consumo in uno Stato membro. Tale possibilità non osta all’applicazione delle regole in materia di marchi alle merci importate nell’Unione. Inoltre, la stessa esportazione costituisce del pari un atto di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 89/104.
(v. punti 48-50 e dispositivo) Causa C-379/14 TOP Logistics BV e Van Caem International BV contro Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd e Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd contro TOP Logistics BV e Van Caem International BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof Den Haag) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 5 — Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio — Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento — Nozione di “uso in commercio”» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 luglio 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Consegna a un depositario da parte di un operatore non titolare di un marchio, al fine della loro immissione in commercio, di merci recanti tale marchio – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio registrato di opporsi all’uso illecito del suo marchio – Segno identico o simile al marchio – Uso nel commercio – Nozione – Uso al momento dell’importazione e del deposito di prodotti da parte di un operatore economico dedito al commercio parallelo – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritti conferiti dal marchio – Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’assoggettamento al regime di sospensione dei diritti di accisa, senza il suo consenso, di prodotti immessi in libera pratica e recanti il marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, §§ 1 e 3) Ricorre uso di un segno identico a un marchio, ai sensi dell’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, quando l’operatore economico interessato utilizza tale segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Ciò accade, ad esempio, allorché un operatore economico importa o consegna a un depositario, al fine della loro immissione in commercio, talune merci recanti un marchio di cui egli non è titolare. (v. punti 41, 42) Per quanto concerne l’espressione «nel commercio» di cui all’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, l’uso di un segno identico a un marchio ha luogo nel commercio se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato. Ciò avviene allorché un operatore economico che si occupa di commercio parallelo di prodotti contrassegnati da un marchio importa e deposita siffatti prodotti. (v. punti 43, 44) L’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato in uno o più Stati membri può opporsi a che un terzo assoggetti al regime di sospensione dei diritti di accisa alcune merci recanti tale marchio dopo averle importate nello Spazio economico europeo (SEE) e averle immesse in libera pratica, senza il consenso di detto titolare. In effetti, l’importazione di prodotti senza il consenso del titolare del marchio interessato e la detenzione in deposito fiscale di tali prodotti in attesa della loro immissione in consumo nell’Unione hanno l’effetto di privare il titolare di detto marchio della possibilità di controllare le modalità della prima immissione in commercio nel SEE di prodotti recanti il suo marchio. Siffatti atti pregiudicano, in tal modo, la funzione del marchio consistente nell’identificare l’impresa da cui provengono i prodotti e sotto il cui controllo è organizzata la prima immissione in commercio. Tale analisi non è inficiata dalla circostanza che talune merci importate e assoggettate al regime di sospensione dei diritti di accisa possano, poi, essere esportate in uno Stato terzo e, in tal modo, non essere mai immesse in consumo in uno Stato membro. Tale possibilità non osta all’applicazione delle regole in materia di marchi alle merci importate nell’Unione. Inoltre, la stessa esportazione costituisce del pari un atto di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 89/104. (v. punti 48-50 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale – Direttiva 98/44/CE – Articolo 6, paragrafo 2, lettera c) – Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche – Attivazione partenogenetica di ovociti – Produzione di cellule staminali embrionali umane –- Brevettabilità – Esclusione delle “utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali” – Nozioni di “embrione umano” e di “organismo tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano”.
Causa C-364/13 International Stem Cell Corporation contro Comptroller General of Patents, Designs and Trade Marks [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division)] «Rinvio pregiudiziale — Direttiva 98/44/CE — Articolo 6, paragrafo 2, lettera c) — Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche — Attivazione partenogenetica di ovociti — Produzione di cellule staminali embrionali umane — - Brevettabilità — Esclusione delle “utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali” — Nozioni di “embrione umano” e di “organismo tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano”» Massime – Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 18 dicembre 2014 Ravvicinamento delle legislazioni – Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche – Direttiva 98/44 – Nozione di embrione umano – Ovulo umano non fecondato – Inclusione – Presupposto – Capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano – Verifica incombente al giudice nazionale [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 98/44, art. 6, n. 2, c)]) L’articolo 6, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 98/44, sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, deve essere interpretato nel senso che un ovulo umano non fecondato il quale, attraverso la partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi, non costituisce un «embrione umano», ai sensi della suddetta disposizione, qualora, alla luce delle conoscenze sufficientemente comprovate e convalidate dalla scienza medica internazionale, esso non abbia, in quanto tale, la capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punti 36, 38 e dispositivo) Causa C-364/13 International Stem Cell Corporation contro Comptroller General of Patents, Designs and Trade Marks [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division)] «Rinvio pregiudiziale — Direttiva 98/44/CE — Articolo 6, paragrafo 2, lettera c) — Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche — Attivazione partenogenetica di ovociti — Produzione di cellule staminali embrionali umane — - Brevettabilità — Esclusione delle “utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali” — Nozioni di “embrione umano” e di “organismo tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano”» Massime – Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 18 dicembre 2014 Ravvicinamento delle legislazioni — Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche — Direttiva 98/44 — Nozione di embrione umano — Ovulo umano non fecondato — Inclusione — Presupposto — Capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano — Verifica incombente al giudice nazionale [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 98/44, art. 6, n. 2, c)]) L’articolo 6, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 98/44, sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, deve essere interpretato nel senso che un ovulo umano non fecondato il quale, attraverso la partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi, non costituisce un «embrione umano», ai sensi della suddetta disposizione, qualora, alla luce delle conoscenze sufficientemente comprovate e convalidate dalla scienza medica internazionale, esso non abbia, in quanto tale, la capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punti 36, 38 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 2008/95/CE, Identificazione dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la tutela conferita dal marchio, Requisiti di chiarezza e di precisione, Classificazione di Nizza, Commercio al minuto, Raggruppamento di servizi.
Parole chiave
Massima
Parole chiave
1. Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchi di servizi – Nozione di «servizi» – Nozione comunitaria – Interpretazione uniforme
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
2. Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchi di servizi – Nozione di «servizi» – Prestazioni di raggruppamento dei servizi – Inclusione
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 2)
3. Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio – Requisiti di chiarezza e di precisione – Servizio di raggruppamento di servizi
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
4. Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Questioni di carattere generale o ipotetico – Questione che presenta un carattere astratto e meramente ipotetico in relazione all’oggetto del procedimento principale – Irricevibilità
(Art. 267 TFUE)
Massima
1. V. il testo della decisione.
(v. punto 32)
2. Le prestazioni di un operatore economico consistenti nel raggruppare servizi, affinché il consumatore possa comodamente compararli e acquistarli, possono rientrare nella nozione di «servizi» di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/95 sui marchi.
(v. punto 40, dispositivo 1)
3. Ai fini della direttiva 2008/95 sui marchi, una domanda di registrazione di un marchio per un servizio di raggruppamento di servizi deve essere formulata con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli altri operatori economici di sapere quali servizi il richiedente intenda raggruppare.
(v. punto 53, dispositivo 2)
4. Una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale deve essere respinta qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto del procedimento principale.
(v. punto 55) Causa C-420/13 Netto Marken-Discount AG & Co. KG contro Deutsches Patent- und Markenamt (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundespatentgericht) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 2008/95/CE — Identificazione dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la tutela conferita dal marchio — Requisiti di chiarezza e di precisione — Classificazione di Nizza — Commercio al minuto — Raggruppamento di servizi» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 10 luglio 2014 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchi di servizi – Nozione di «servizi» – Nozione comunitaria – Interpretazione uniforme
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchi di servizi – Nozione di «servizi» – Prestazioni di raggruppamento dei servizi – Inclusione
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 2)
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio – Requisiti di chiarezza e di precisione – Servizio di raggruppamento di servizi
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Questioni di carattere generale o ipotetico – Questione che presenta un carattere astratto e meramente ipotetico in relazione all’oggetto del procedimento principale – Irricevibilità
(Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione.
(v. punto 32)
Le prestazioni di un operatore economico consistenti nel raggruppare servizi, affinché il consumatore possa comodamente compararli e acquistarli, possono rientrare nella nozione di «servizi» di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/95 sui marchi.
(v. punto 40, dispositivo 1)
Ai fini della direttiva 2008/95 sui marchi, una domanda di registrazione di un marchio per un servizio di raggruppamento di servizi deve essere formulata con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli altri operatori economici di sapere quali servizi il richiedente intenda raggruppare.
(v. punto 53, dispositivo 2)
Una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale deve essere respinta qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto del procedimento principale.
(v. punto 55)
Marchi, Direttiva 2008/95/CE, Articolo 12, paragrafo 2, lettera a), Decadenza, Marchio divenuto, per il fatto dell’attività o inattività del suo titolare, la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per il quale è registrato, Percezione del segno denominativo “KORNSPITZ” da parte dei venditori, da un lato, e degli utilizzatori finali, dall’altro, Perdita del carattere distintivo dal punto di vista dei soli utilizzatori finali.
Causa C-409/12 Backaldrin Österreich The Kornspitz Company GmbH contro Pfahnl Backmittel GmbH (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Patent- und Markensenat) «Marchi — Direttiva 2008/95/CE — Articolo 12, paragrafo 2, lettera a) — Decadenza — Marchio divenuto, per il fatto dell’attività o inattività del suo titolare, la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per il quale è registrato — Percezione del segno denominativo “KORNSPITZ” da parte dei venditori, da un lato, e degli utilizzatori finali, dall’altro — Perdita del carattere distintivo dal punto di vista dei soli utilizzatori finali» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 marzo 2014 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Motivi di decadenza del marchio – Marchio divenuto una generica denominazione commerciale – Perdita del carattere distintivo a causa dell’attività o inattività del titolare del marchio – Valutazione alla luce della percezione del segno da parte dei soli utilizzatori finali. [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 12, § 2, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Motivi di decadenza del marchio – Marchio divenuto una generica denominazione commerciale – Perdita del carattere distintivo a causa dell’attività o inattività del titolare del marchio – Nozione di inattività [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 12, § 2, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Motivi di decadenza del marchio – Marchio divenuto una generica denominazione commerciale – Obbligo di accertare, prima della pronuncia della decadenza, l’eventuale esistenza di altre designazioni per il prodotto o servizio di cui trattasi – Insussistenza [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 12, § 2, a)] Fra le diverse funzioni del marchio, la funzione di indicazione d’origine ricopre un ruolo fondamentale. Essa consente di identificare il prodotto o il servizio designato dal marchio come proveniente da una determinata impresa e quindi di distinguere tale prodotto o servizio da quelli delle altre imprese. Detta impresa è quella sotto il cui controllo il prodotto o servizio viene commercializzato. Il legislatore dell’Unione europea ha sancito tale funzione essenziale del marchio disponendo, all’articolo 2 della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, che i segni riproducibili graficamente possono costituire un marchio a condizione ch’essi siano adatti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Da tale condizione vengono poi tratte talune conclusioni, in particolare agli articoli 3 e 12 della citata direttiva. Mentre il suo articolo 3 elenca i casi in cui il marchio non è idoneo, ab initio, a svolgere la funzione di indicazione di origine, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della medesima direttiva riguarda la situazione in cui il marchio è divenuto la generica denominazione ed ha pertanto perso il suo carattere distintivo, sicché non adempie più tale funzione. Il titolare di tale marchio può allora perdere i diritti conferitigli dall’articolo 5 della direttiva 2008/95. Vero è che chiarire se un marchio sia divenuto la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per cui è registrato è una questione che deve essere valutata non solo alla luce della percezione dei consumatori o degli utilizzatori finali, bensì anche – in funzione delle caratteristiche del mercato in questione – alla luce della percezione dei professionisti, come, ad esempio, i venditori. Tuttavia, in generale la percezione dei consumatori o degli utilizzatori finali ha un ruolo determinante. La circostanza che i venditori siano consapevoli dell’esistenza del citato marchio e dell’origine che esso indica non può, di per sé, escludere tale decadenza. Pertanto, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio si espone al rischio di decadenza di tale marchio relativamente ad un prodotto per cui esso è registrato quando, per il fatto dell’attività o inattività di tale titolare, il citato marchio è divenuto la generica denominazione di detto prodotto dal punto di vista dei soli utilizzatori finali dello stesso. (v. punti 20-22, 28-30, dispositivo 1) Il legislatore dell’Unione, procedendo al contemperamento degli interessi del titolare di un marchio e di quelli dei suoi concorrenti connessi alla disponibilità dei segni, ha ritenuto, nell’adottare l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a) della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, che la perdita del carattere distintivo del suddetto marchio possa essere opposta al titolare di quest’ultimo solo se essa è dovuta alla sua attività o inattività. A tal proposito, può ricadere nella nozione di «inattività» l’omesso ricorso in tempo utile, da parte del titolare di un marchio, al suo diritto esclusivo sancito all’articolo 5 di tale direttiva, al fine di chiedere all’autorità competente di vietare ai terzi interessati di usare il segno per cui sussiste un rischio di confusione con codesto marchio, poiché siffatte domande mirano a preservare il carattere distintivo del suddetto marchio. Tuttavia, a meno che non si voglia rinunciare alla ricerca dell’equilibrio descritto, detta nozione non è affatto circoscritta a questo tipo di omissione, bensì comprende tutte quelle con cui il titolare di un marchio si dimostri insufficientemente vigilante sulla preservazione del suo carattere distintivo. Quindi, in una situazione in cui i venditori del prodotto ottenuto dal preparato fornito dal titolare del marchio non informano, di norma, i loro clienti che il segno utilizzato per designare il prodotto in questione è stato registrato come marchio e contribuiscono quindi al mutamento di quest’ultimo in generica denominazione, la carenza di questo titolare, il quale non assume alcuna iniziativa diretta ad incitare questi venditori ad utilizzare maggiormente tale marchio, può essere qualificata alla stregua di inattività nell’accezione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95. Pertanto, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che è possibile qualificare alla stregua di «inattività» ai sensi di tale disposizione la circostanza che il titolare di un marchio si astenga dall’incitare i venditori ad utilizzare maggiormente detto marchio per commercializzare un prodotto per cui il citato marchio è registrato. (v. punti 32-34, 36, dispositivo 2) L’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che la pronuncia della decadenza di un marchio non presuppone che si accerti se, per un prodotto di cui detto marchio è divenuto la generica denominazione commerciale, esistano altre designazioni. Infatti, l’eventuale esistenza di designazioni alternative per il prodotto o servizio in oggetto è irrilevante poiché non può incidere sulla constatazione della perdita del carattere distintivo di tale marchio come conseguenza della trasformazione di quest’ultimo in generica denominazione commerciale. (v. punti 39, 40, dispositivo 3) Causa C-409/12 Backaldrin Österreich The Kornspitz Company GmbH contro Pfahnl Backmittel GmbH (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Patent- und Markensenat) «Marchi — Direttiva 2008/95/CE — Articolo 12, paragrafo 2, lettera a) — Decadenza — Marchio divenuto, per il fatto dell’attività o inattività del suo titolare, la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per il quale è registrato — Percezione del segno denominativo “KORNSPITZ” da parte dei venditori, da un lato, e degli utilizzatori finali, dall’altro — Perdita del carattere distintivo dal punto di vista dei soli utilizzatori finali» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 marzo 2014 Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Motivi di decadenza del marchio — Marchio divenuto una generica denominazione commerciale — Perdita del carattere distintivo a causa dell’attività o inattività del titolare del marchio — Valutazione alla luce della percezione del segno da parte dei soli utilizzatori finali.
[Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 12, § 2, a)]
Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Motivi di decadenza del marchio — Marchio divenuto una generica denominazione commerciale — Perdita del carattere distintivo a causa dell’attività o inattività del titolare del marchio — Nozione di inattività
[Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 12, § 2, a)]
Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Motivi di decadenza del marchio — Marchio divenuto una generica denominazione commerciale — Obbligo di accertare, prima della pronuncia della decadenza, l’eventuale esistenza di altre designazioni per il prodotto o servizio di cui trattasi — Insussistenza
[Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 12, § 2, a)] Fra le diverse funzioni del marchio, la funzione di indicazione d’origine ricopre un ruolo fondamentale. Essa consente di identificare il prodotto o il servizio designato dal marchio come proveniente da una determinata impresa e quindi di distinguere tale prodotto o servizio da quelli delle altre imprese. Detta impresa è quella sotto il cui controllo il prodotto o servizio viene commercializzato.
Il legislatore dell’Unione europea ha sancito tale funzione essenziale del marchio disponendo, all’articolo 2 della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, che i segni riproducibili graficamente possono costituire un marchio a condizione ch’essi siano adatti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Da tale condizione vengono poi tratte talune conclusioni, in particolare agli articoli 3 e 12 della citata direttiva. Mentre il suo articolo 3 elenca i casi in cui il marchio non è idoneo, ab initio, a svolgere la funzione di indicazione di origine, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della medesima direttiva riguarda la situazione in cui il marchio è divenuto la generica denominazione ed ha pertanto perso il suo carattere distintivo, sicché non adempie più tale funzione. Il titolare di tale marchio può allora perdere i diritti conferitigli dall’articolo 5 della direttiva 2008/95.
Vero è che chiarire se un marchio sia divenuto la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per cui è registrato è una questione che deve essere valutata non solo alla luce della percezione dei consumatori o degli utilizzatori finali, bensì anche – in funzione delle caratteristiche del mercato in questione – alla luce della percezione dei professionisti, come, ad esempio, i venditori. Tuttavia, in generale la percezione dei consumatori o degli utilizzatori finali ha un ruolo determinante. La circostanza che i venditori siano consapevoli dell’esistenza del citato marchio e dell’origine che esso indica non può, di per sé, escludere tale decadenza.
Pertanto, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio si espone al rischio di decadenza di tale marchio relativamente ad un prodotto per cui esso è registrato quando, per il fatto dell’attività o inattività di tale titolare, il citato marchio è divenuto la generica denominazione di detto prodotto dal punto di vista dei soli utilizzatori finali dello stesso.
(v. punti 20-22, 28-30, dispositivo 1)
Il legislatore dell’Unione, procedendo al contemperamento degli interessi del titolare di un marchio e di quelli dei suoi concorrenti connessi alla disponibilità dei segni, ha ritenuto, nell’adottare l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a) della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, che la perdita del carattere distintivo del suddetto marchio possa essere opposta al titolare di quest’ultimo solo se essa è dovuta alla sua attività o inattività.
A tal proposito, può ricadere nella nozione di «inattività» l’omesso ricorso in tempo utile, da parte del titolare di un marchio, al suo diritto esclusivo sancito all’articolo 5 di tale direttiva, al fine di chiedere all’autorità competente di vietare ai terzi interessati di usare il segno per cui sussiste un rischio di confusione con codesto marchio, poiché siffatte domande mirano a preservare il carattere distintivo del suddetto marchio.
Tuttavia, a meno che non si voglia rinunciare alla ricerca dell’equilibrio descritto, detta nozione non è affatto circoscritta a questo tipo di omissione, bensì comprende tutte quelle con cui il titolare di un marchio si dimostri insufficientemente vigilante sulla preservazione del suo carattere distintivo. Quindi, in una situazione in cui i venditori del prodotto ottenuto dal preparato fornito dal titolare del marchio non informano, di norma, i loro clienti che il segno utilizzato per designare il prodotto in questione è stato registrato come marchio e contribuiscono quindi al mutamento di quest’ultimo in generica denominazione, la carenza di questo titolare, il quale non assume alcuna iniziativa diretta ad incitare questi venditori ad utilizzare maggiormente tale marchio, può essere qualificata alla stregua di inattività nell’accezione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95.
Pertanto, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che è possibile qualificare alla stregua di «inattività» ai sensi di tale disposizione la circostanza che il titolare di un marchio si astenga dall’incitare i venditori ad utilizzare maggiormente detto marchio per commercializzare un prodotto per cui il citato marchio è registrato.
(v. punti 32-34, 36, dispositivo 2)
L’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che la pronuncia della decadenza di un marchio non presuppone che si accerti se, per un prodotto di cui detto marchio è divenuto la generica denominazione commerciale, esistano altre designazioni. Infatti, l’eventuale esistenza di designazioni alternative per il prodotto o servizio in oggetto è irrilevante poiché non può incidere sulla constatazione della perdita del carattere distintivo di tale marchio come conseguenza della trasformazione di quest’ultimo in generica denominazione commerciale.
(v. punti 39, 40, dispositivo 3)