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omesso versamento di IVA, fatture da emettere, autorizzazione allo svolgimento dell'indagine finanziaria, obbligo di motivazione, soci finanziamento infruttifero
Infondato è il primo motivo con il quale l’appellante denuncia la nullità dell'avviso di accertamento per mancanza dell’autorizzazione delle indagini finanziaria nonché per mancanza di motivazione dell'eventuale autorizzazione delle indagini finanziaria. Infondato è anche il secondo. motivo con il quale l’appellante lamenta la mancata ricostruzione dell'effettivo incasso delle fatture da emettere su prestazioni eseguite ma mai incassate. Va qui osservato che, come già ha affermato la CTP di Roma con la sentenza impugnata che va confermata: il conto"fatture da emettere" poteva essere ridotto solo con l'emissione di fatture attive ai sensi dell'art. 6 del d. P. R. 633/1972, relative a ricavi che in base al principio della competenza economica hanno avuto manifestazione in esercizi precedenti. Così come il conto"soci finanziamento infruttifero" accreditato dell'importo di €. 45.000, 00 poteva essere addebitato solo per copertura perdite di esercizio o per parziale restituzione ai SOCI.
stoccaggio, reato, acquisto, sentenza penale assolutoria, Amministrazione finanziaria, prove acquisite in sede penale, scrittura privata di acquisto, verbale di vendita immobiliare, strumenti tracciabili, assegni bancari
Al riguardo, occorre premettere che l’orientamento giurisprudenziale è nel senso che nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali 1’ Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare. Questo principio risulta più volte riproposto anche nelle sentenze di merito, nella consapevolezza che il giudice non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ. ), deve comunque procedere ad un apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova, acquisiti nel giudizio. Quanto ai pagamenti delle operazioni asseritamente inesistenti, basta rilevare che gli stessi sono stati effettuati tutti con strumenti tracciabili (assegni bancari) e che i relativi prospetti, prodotti dalla ricorrente in prime cure, non risultano oggetto di alcuna contestazione da parte dell’Ufficio.
contribuente, enti non commerciali, associazioni sportive dilettantistiche, regimi fiscali, pagamento di corrispettivi specifici, scrittura privata autenticata o registrata, associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina
Sicché, la prevalenza della natura dell'intrattenimento dei ragazzi - sia pure sotto forme di gioco, di riposo, di pranzo e di svago- fa venir meno la natura prettamente"sportiva istituzionale" propria della società ricorrente, che proprio nel periodo in cui sono chiuse le scuole, offre questo servizio in concorrenza con altre strutture similari presenti sul mercato». [...] L’adesione ai regimi fiscali sanciti dal TUIR in materia di enti non commerciali impone ai soggetti destinatari il rispetto di determinati requisiti nonché il rispetto di ben precisi obblighi, al venir meno dei quali cessano le previste agevolazioni fiscali. Inoltre, il regime di esenzione di tassazione delle attività esercitate nei confronti degli associati/soci che rientrano tra i fini istituzionali perseguiti delle associazioni/società, si applica solo quando l’ente non abbia effettivamente per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale. Le società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali, ancorché non perseguano il fine di lucro, mantengono, dal punto di vista fiscale, la natura commerciale e sono riconducibili, in quanto società di capitali, nell'ambito dell’art. 73, comma I, lett. a), del TUIR. [...] La disposizione citata stabilisce, in sostanza, la non rilevanza fiscale di corrispettivi specifici versati dagli associati e dagli altri soggetti ivi menzionati, compresi i “tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”, in favore di enti associativi con particolari finalita. Per beneficiare di detta norma agevolativa le societa sportive dilettantistiche, al pari delle associazioni sportive dilettantistiche, devono integrare le clausole statutarie di cui al citato art. 90 della legge n. 289 del 2002, con quelle previste dal comma 8 dell’articolo 148 del TUIR. Ai fini IRES, l’attività posta in essere dagli enti associativi va opportunamente differenziata in attività esterna (nei confronti di terzi, la quale rimane al di fuori della sfera applicativa dell’ art. 148 del TUIR ed assume generalmente qualificazione commerciale) e attività interna (nei confronti degli associati, che se svolta in conformità alle finalità istituzionali è qualificabile come non rilevante ai fini IRES a meno che, a fronte di essa, non siano percepiti corrispettivi specifici che danno diritto a prestazioni ulteriori rispetto a quelle correlate al pagamento della quota associativa). In ogni caso, nei confronti delle associazioni e società sportive dilettantistiche trova applicazione l’ulteriore agevolazione prevista dal comma 3 dello stesso art. 148 (una disposizione analoga ai fini IVA è contenuta nell’art. 4, comma 4, del DPR 633/72) secondo cui non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti di soci, associati, partecipanti, iscritti o nei confronti di altre associazioni che svolgono identica attività ed appartenenti alla medesima organizzazione locale o nazionale. Per poter usufruire di questa ulteriore agevolazione è però necessario che le associazioni/società sportive dilettantistiche accolgano nei propri statuti, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, i seguenti contenuti obbligatori ai sensi dell’ art. 90 L. 289/2002: 1) assenza di fini di lucro; 2) rispetto dei principi di democrazia interna; 3) organizzazione di attività sportive dilettantistiche compresa l’attività didattica e per l’avvio, l'aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive; 4) disciplina del divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina; 5) gratuità degli incarichi degli amministratori; 6) devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni; 7) obbligo di conformarsi alle norme e alle direttive del CONI, nonché agli statuti e ai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali del CONI o alle discipline sportive associate o a uno degli enti di promozione sportive riconosciuti dal CONI, anche su base regionale.[...]
documentazione prodotta dal contribuente, motiva dell’avviso di accertamento, per relationem, tributi armonizzati, competenza dell’Unione Europea, prova di resistenza, lesione del diritto di difesa
Al proposito infatti la Cortedi Cassazione ha proposto la distinzione tra i tributi armonizzati (in particolare l'IVA), la cui disciplina è riservata alla competenza dell’Unione Europea, e i tributi non armonizzati, la cui disciplina è invece ‘nazionale. Distinzione per cui solo per i tributi armonizzati sussiste l'obbligo di previa instaurazione del contraddittorio, la cui violazione verrebbe ad incidere sulla validità dell'atto; invalidità seppur sottoposta alla condizione che il contribuente enunci concretamente le ragioni che avrebbe fatto valere nell’omesso contraddittorio. E’ la c. d. prova di resistenza, in forza della quale la illegittimità dell’atto impositivo risulterebbe condizionata alla dimostrazione, fornita dal contribuente, che sisia davvero verificata in suo danno una lesione del diritto di difesa (in tal senso Cass. 24823/2015).
regime del margine, natura dei beni, esenzione, riparazione, oggetti d'arte, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, territorio dello Stato, rivendita
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto, soggiace alla procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del D. P. R. n. 633 del 1972 (il cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta dunque essere obbligatoria. In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del- «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e destinazione dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente. La destinazione del prezioso al processo di lavorazione; da parte del cessionario è dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D. P. R. n. 633/1972, al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di reverse charge alle cessioni di oro, usato - si deve aver riguardo alla destinazione finale dell'oggetto venduto...nonché vall’attività del soggetto cessionario, che deve essere o esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato. Laddove è dimostrato che l’attività consiste nell'acquisto’ di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di cessione ai sensi e per gli effetti del citato art. 17.
operazioni esenti, imposta sul valore aggiunto, sanzioni pecuniarie, dichiarazione IVA, operazioni imponibili, sede legale, contabilità, attività propria dell’impresa, percentuale di detrazione, diritto a detrazione, diritto alla detrazione, ammontare complessivo
Richiamando i criteri interpretativi dettati dalla Suprema Corte non si ravvisano i presupposti per il riconoscimento dell’occasionalità dell'attività oggetto di accertamento poichè “in tema di IVA, costituiscono proventi di un'attività strumentale ed accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità dell'IVA"pro rata", quelli derivanti da un'attività assolutamente episodica e, quindi, estranea a quella propria dell'impresa contribuente, dovendosi accertare detta occasionalità in concreto e non in base alle mere previsioni statuarie, avuto riguardo all'attività svolta in via prevalente dall'impresa, con particolare riferimento all'ammontare complessivo dei ricavi derivanti dall'una rispetto a quelli provenienti dall'altra attività. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermatola natura accessoria dell'attività di gestione di"slot machine" svolta negli stessi locali adibiti ad attività principale di bar senza accertare in concreto come essa contribuisse alla generazione dei ricavi)” (vds. Cass. n. 12689/2020 ). [...] A parte la rilevanza della percentuale rispetto al totale della attività svolta, che esclude l’occasionalità richiesta dalla normativa in argomento (“Nel calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma precedente non si tiene, invece, conto delle operazioni di cui all'art. 19 -bis, comma 2, d.P.R. cit. , tra le quali vi sono le operazioni «accessorie alle operazioni imponibili», il cui ammontare viene sterilizzato (e non computato) ai fini del calcolo della suddetta percentuale”), l’appellante si è limitato ad allegazioni generiche e non provate inidonee a confutare quanto accertato con l'avviso impugnato. Non vengono, infatti, in alcun modo provati i rapporti con il proprietario dei giochi posti all’interno dell’esercizio commerciale per cui le pur generiche allegazioni non trovano il minimo riscontro. Peraltro, l'onere della prova da parte dell'Ufficio risulta assolto avendo provato, secondo i dettami indicati dalla Suprema Corte, la percentuale rilevante per la non riconducibilità dell'attività considerata nell’ambito dell’attività occasionale.[...]
ristorante, gestione, metodologia analitico induttiva, vendita, vino, acquisto, settore enoteca, percentuale di ricarico ponderata, meccanismo di evasione
Prive di pregio appaiono le reiterate eccezioni circa l'illegittimità dell'atto, in ragione dell'avvenuto annullamento, in autotutela, di un precedente accertamento avente identica ricostruzione induttiva dei ricavi. Orbene, la ricostruzione operata dall'Ufficio muove da dati contabili certi e dall'analisi di elementi collaterali di riscontro, non disattesi dalla parte, rimasta inerte a fornire chiarimenti in merito, così come richiesti con apposito questionario. In presenza di fatture generiche e di omessa documentazione sui prezzi praticati, e dunque, nell'impossibilità di quantificare una percentuale di ricarico ponderata, l'Ufficio ha fatto riferimento alla media dei ricarichi minimi previsti dagli studi di settore, presentati dal contribuente per gli anni d'imposta dal 2000 al 2003, risultando congrui i ricavi in essi dichiarati. Il procedimento utilizzato poggia, pertanto, su indiscussi elementi probatori e sulla verificata incongruenza dei ricavi, ricostruiti attingendo alla sottostante documentazione fiscale e, per quanto non prodotto, ai dati contabili e strutturali dichiarati dallo stesso contribuente, il quale, come ben rilevato dai giudici di prime cure, si è limitato a sollevare meri"dubbi" sull'accertamento ma non ha provato, pur essendovi tenuto, "a dimostrare l'erroneità degli elementi contabili indicati nell'avviso ed utilizzati per il calcolo”. L'evoluzione dei fatti e i vari passaggi in cui si è articolata la ricostruzione dei maggiori ricavi, nonché gli elementi probatori posti alla base della maggiore pretesa impositiva manifestata dall'Ufficio finanziario appare idonea a rilevare, in modo puntuale, il meccanismo di evasione posto in essere dall'impresa verificata che non ha fornito contrari e adeguati elementi probatori.
beni mobili, rivendita, acquisto, ammortamento, onere di provare, recupero di IRES ed IRAP, contratto, fornitura di servizi, entità economica
Pertanto, il presente giudizio verte semplicemente sulla seconda parte dell'atto di accertamento relativa al recupero di IRES ed IRAP. Ora, dagli atti di causa risulta con chiarezza che. i beni acquistati dalla società G SDA srl non siano idonei a rappresentare la cessione di un ramo di azienda. Per quanto riguarda invece i beni mobili, erano state ceduti esclusivamente le scaffalature e non prodotti destinati alla rivendita. Inoltre, dalle cessioni erano stati esclusi i debiti ed i crediti rimasti, insieme ai contratti di fornitura e somministrazione, in capo alle venditrici.
liquidazione automatica, riconoscere il credito iva, prova della esistenza del credito, atti di primo grado