Sentenza 4037/2021 della Commissione Tributaria Regionale Per Il Lazio Sezione 03

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Commissione Tributaria Regionale per il XXX Sezione 03 con la seguente composizione collegiale:
giu1, Presidente giu2, Relatore giu3, Giudice

in data DD/MM/2021 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sull'appello n. 3030/2020 depositato il DD/MM/2020
proposto da
Bar RS di RG

Difeso da
MP
Rappresentato da GR
ed elettivamente domiciliato presso XXX
contro
Ag. Entrate Direzione Provinciale Di XXX

elettivamente domiciliato presso XXX
Avente ad oggetto l'impugnazione di:
- pronuncia sentenza n. 404 /2019 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale XXX sez. 1 e pubblicata il DD/MM/2019 Atti impositivi:
- AVVISO DI ACCERTAMENTO n. TKL021301724 IVA-OPERAZIONI ESENTI 2013

a seguito di discussione in pubblica udienza
Richieste delle parti:
Ricorrente/Appellante:“in via principale la riforma della sentenza impugnata e l'accoglimento del presente
appello
con vittoria delle spese processuali relative a questo ed al precedente grado di giudizio;
- in primo subordine il riconoscimento della indetraibilita dell’IVA soltanto sui costi direttamente imputabili all’attività accessoria di video giochi come l’energia elettrica necessaria al loro funzionamento; in secondo subordine la riduzione delle spese di giudizio a cui siamo stati condannati.in primo grado (€ 2000) che come sopra
descritto appaiono eccessive (pari alla metà) rispetto alla materia del contendere € 4112 iva da pro rata”.
Resistente/Appellato:” 1) il rigetto dell'appello e la condanna del ricorrente alle spese di giudizio”,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di appello depositato il DD.MM.2020, RG nella qualità di legale rappresentante di Bar RS di RG impugnava la sentenza n. 404 , depositata in data DD.MM.2019, con la quale la
Commissione tributaria provinciale di XXX aveva respinto il ricorso proposto in primo grado, con condanna
al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 2.000,00, proposto nei confronti di Agenzia delle Entrate-
Direzione Provinciale di XXX, avverso l'avviso di accertamento n. TKL021301724 concernente Iva ed Irap
2013.
In particolare, a fondamento dell’impugnazione, allegava:
Che “avviso di acc.to n.tkl021301724/2017 relativo a iva/irap anno 2013 e notificato in data 20/12/2017,
l'agenzia delle entrate direzione prov.le di XXX provvedeva ad accertare una maggiore iva/irap per l’anno
2013”;
Che “l’Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di XXX - accertava a carico della società sopra
rappresentata, per l'anno d'imposta 2013, una maggiore imposta sul valore aggiunto di € 9.572,00
rideterminato-in autotutela con provvedimento n.19983 del DD/MM/2018 in € 8.512,00 (oltre a sanzioni
pecuniarie e interessi) e una maggior IRAP di € 964,00 (oltre a sanzioni pecuniarie e interessi), a seguito di
una verifica sulla posizione fiscale della società stessa, effettuata sulla base della dichiarazione Iva presentata
per l’anno d'imposta 2013”;
Che “dall'esame di tale dichiarazione, emergerebbe che la società, che svolge attività di bar, avrebbe
effettuato sia operazioni imponibili per € 136.752,00 sia operazioni esenti per € 43.417,00 e pertanto, nel
calcolo dell'ammontare dell'Iva detraibile, avrebbe dovuto applicare il meccanismo del pro-rata, ai sensi
dell' art. 19, cc. 5 e 19-bis D.P.R. 633/1972 ”;
Che l'Ufficio ha contestato “1) la deducibilità per carenza documentale e del requisito di certezza e oggettiva
inabilità di un costo sostenuto di € 20.000 oltre iva di € 4.400 per al quale la società non si oppone
avendo già il socio accettato l'adesione a quanto richiesto dall'agenzia delle entrate” e che “che, dai dati indicati nel modello Studi di settore, risulterebbe che la societa detiene videogiochi di proprieta di terzi e per
cui sarebbe evidente che la stessa svolgerebbe l’attività di sala giochi in modo non occasionale, considerata
la sua abitualità e visto il volume d’affari realizzato”;
Che “In via preliminare si fa rilevare all’On.le Commissione come l'Agenzia delle Entrate sia incorsa in un
evidente errore di valutazione in ordine all’inquadramento della corretta attività esercitata dalla società”;
Che “Dalla visura effettuata presso il Registro Imprese risulta chiaramente quale “attività esercitata nella
sede legale” esclusivamente quella di “bar con somministrazione al pubblico di alimenti e bevande”. Anche
il codice ATECO della società riguardante l’unica attività esercitata è il 56300 (Bar e altri esercizi simili...).
Dall'esame delle fatture di acquisto e dai registri contabili l'Agenzia delle Entrate, avendoli esaminati, avrebbe
potuto riscontrare che solo tale attività viene esercitata dalla società ricorrente”;
Che “Un’attenta verifica della contabilità societaria con analisi delle fatture, dei registri contabili e soprattutto
un accesso in azienda avrebbero certamente aiutato l'Agenzia delle Entrate a capire che la società svolge
unicamente attività di bar e che la detenzione dei videogiochi è soltanto accessoria e strumentale per il
raggiungimento dell'oggetto sociale”;
Che “la società al rigo VF53 della dichiarazione Iva aveva correttamente barrato la casella che indica come
le operazioni esenti siano “occasionali o riferite esclusivamente alle operazioni di cui ai numeri da 1 a 9
dell'art. 10 non rientranti nell’attività propria dell’impresa.o accessorie ad operazioni imponibili”;
Che “La società non ha nemmeno la proprietà dei videogiochi.e non utilizza personale addetto a quel tipo
di attività”;
Che “La società infatti si è limitata a dichiarare tra i ricavi l’aggio riconosciuto dal gestore nonché proprietario
dei videogiochi”.
Concludeva, chiedendo “in via principale la riforma della sentenza impugnata e l'accoglimento del presente appello con vittoria delle spese processuali relative a questo ed al precedente grado di giudizio;
- in primo subordine il riconoscimento della indetraibilita dell'IVA soltanto sui costi direttamente imputabili all'attività
accessoria di video giochi come l’energia elettrica necessaria al loro funzionamento;
in secondo subordine la riduzione delle spese di giudizio a cui siamo stati condannati in primo grado (€ 2000) che come sopra
descritto appaiono eccessive (pari alla metà) rispetto alla materia del contendere € 4112 iva da pro rata”.
Si costituiva l'Agenzia delle Entrate — Direzione Provinciale di XXX depositando controdeduzioni con le
quali allegava:
1. Che “L'Ufficio, dall'esame della dichiarazione IVA e dai riscontri contabili effettuati sui registri ha potuto
acclarare che la società, pur avendo evidenziato le operazioni esenti di cui sopra, non ha provveduto
all'applicazione del calcolo della detraibilità pro-rata per attività esenti ex art. 19 bis del DPR 633/72 il quale
prescrive che “la percentuale di detrazione di cui all’art. 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra
l'ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione effettuate nell’anno e lo stesso ammontare
aumentato delle operazioni esenti effettuate nell'anno medesimo...” e, in difformità da quanto
normativamente previsto, ha detratto integralmente l’IVA relativa agli acquisti imponibili effettuati”;

2. Che “Il suddetto comportamento risulta censurabile in base al fatto che la norma in esame prescrive che non si da luogo all’applicazione del pro-rata solo nel caso in cui l'effettuazione di operazioni esenti sia del tutto occasionale rispetto all’attività principale svolta essenzialmente in regime IVA, casistica nella quale le operazioni imponibili derivanti dalla gestione di apparecchi che distribuiscono vincite in denaro non rientrano;
3. Che “Alla luce di tali principi deve rilevarsi che il giro d’affari dei videogiochi installati nel locale del bar
costituiva per l’anno 2013 oltre il 24% degli affari della società e che la ricorrente non affermava mai che
l'installazione di tali apparecchiature fosse provvisoria. Si deve pertanto affermare che i videogiochi
costituivano, per la dimensione economica dell'attività e la non provvisorietà dell’installazione delle relative
apparecchiature, un'attività effettivamente svolta dalla società. Questa esercitava sia attività di bar, che dava
luogo ad operazioni che conferivano il diritto alla detrazione, sia attività di videogiochi che davano luogo ad
operazioni esenti ai sensi dell' art. 10 del D.P.R. n. 633/1972 ”;
4. Che “AI riguardo nell’atto di appello la parte chiede in subordine di riconoscere l’indetraibilità dell’Iva
soltanto sui costi direttamente imputabili all’attività di videogiochi. Tale richiesta non può essere accettata
in quanto il comma 5 dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che, se il contribuente svolge sia un'attività
che dà luogo ad operazioni soggette ad IVA o a queste assimilate, sia un'attività che dà luogo ad operazioni
esenti da imposta, la detrazione deve essere operata in base ad una percentuale, determinata con i criteri
dettati dal successivo art. 19-bis dello stesso D.P.R. n. 633/1972 , da applicare a tutta l'imposta “a monte” e
non soltanto a quella relativa a beni e servizi ad uso promiscuo”.
Concludeva chiedendo ”1) il rigetto dell'appello e la condanna del ricorrente alle spese di giudizio”.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Tanto premesso, l'appello appare infondato e, pertanto, deve essere respinto. Richiamando i criteri interpretativi dettati dalla Suprema Corte non si ravvisano i presupposti per il riconoscimento dell’occasionalità dell'attività oggetto di accertamento poichè “in tema di IVA, costituiscono proventi di un'attività strumentale ed accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità dell'IVA "pro rata", quelli derivanti da un'attività assolutamente episodica e, quindi, estranea a quella propria dell'impresa contribuente, dovendosi accertare detta occasionalità in concreto e non in base alle mere previsioni statuarie, avuto riguardo all'attività svolta in via prevalente dall'impresa, con particolare riferimento all'ammontare complessivo dei ricavi derivanti dall'una rispetto a quelli provenienti dall'altra attività. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermatola natura accessoria dell'attività di gestione di "slot machine" svolta negli stessi locali adibiti ad attività principale di bar senza accertare in concreto come essa contribuisse alla generazione dei ricavi)” (vds. Cass. n. 12689/2020 ). In particolare la sentenza censurata ha rilevato che “nella specie si tratta di operazioni che incidono per oltre il 24% del fatturato che, per tale circostanza, non sono certamente occasionali”. A parte la rilevanza della percentuale rispetto al totale della attività svolta, che esclude l’occasionalità richiesta dalla normativa in argomento (“Nel calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma precedente non si tiene, invece, conto delle operazioni di cui all'art. 19 -bis, comma 2, d.P.R. cit., tra le quali vi sono le operazioni «accessorie alle operazioni imponibili», il cui ammontare viene sterilizzato (e non computato) ai fini del calcolo della suddetta percentuale”), l’appellante si è limitato ad allegazioni generiche e non provate inidonee a confutare quanto accertato con l'avviso impugnato. Non vengono, infatti, in alcun modo provati i rapporti con il proprietario dei giochi posti all’interno dell’esercizio commerciale per cui le pur generiche allegazioni non trovano il minimo riscontro. Peraltro, l'onere della prova da parte dell'Ufficio risulta assolto avendo provato, secondo i dettami indicati dalla Suprema Corte, la percentuale rilevante per la non riconducibilità dell'attività considerata nell’ambito
dell’attività occasionale.
In ultimo, la pronuncia della Suprema Corte sopra citata è riferita proprio ad una fattispecie analoga disponendo che “La sentenza impugnata, nella parte in cui ha affermato la natura accessoria dell'attività di gestione di slot machine ai fini dell'esclusione dalla percentuale di detraibilità senza procedere all'accertamento in concreto di come tale attività contribuisca alla generazione dei ricavi e, quindi, senza tenere conto dell'ammontare complessivo degli stessi, si è sottratta a tali principi e va, pertanto, cassata”.
Pertanto, l'appello deve essere respinto con la condanna al pagamento delle spese processuali, liquidate
come da dispositivo, in virtù del principio di soccombenza.
P.Q.M.
1) respinge l'appello;

2) condanna l’appellante al pagamento delle spese. processuali, liquidate in € 3.000,00 oltre accessori di legge se dovuti.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.

Così deciso in XXX , DD.MM.2021.
giu2 giu1