Sentenza 6075/2021 della Commissione Tributaria Regionale Di Sicilia Sezione 2
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONE 2
ha emesso la seguente
- sull'appello n. 5305/2014
depositato il DD/MM/2014
- avverso la pronuncia
Tributaria Provinciale di XXX
FR
S XXX
difeso da:
AS
VIA XXX
AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE XXX
AVVISO DI ACCERTAMENTO n° TYX01A600118/2012 IRPEF-ADD.REG. 2007
IN FATTO E IN DIRITTO
I verificatori rilevavano, altresì, l’indeducibilità di componenti negativi di reddito per € 60.541,81, onde ridimensionare l’entità dei costi, alla luce della documentazione extracontabile rinvenuta in occasione della verifica.
Pertanto per l'anno 2007, l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di XXX - Ufficio Controlli, dando seguito ai controlli, notificava l'avviso di accertamento n. TYX01A600115/2012, con il quale venivano recuperati IRPEF per € 22.319,00, addizionale regionale all’IRPEF per € 848,00, addizionale comunale all’IRPEF per €484,00, contributi previdenziali per € 9.336,00, IRAP per € 3.027,00 ed IVA per € 18.843,00 con contestuale irrogazione della sanzione di € 33.478,50.
1) la totale erroneità in quanto l’ art.42 D.P.R. n. 600/1973 non pone alcun obbligo di allegazione o esibizione della delega alla sottoscrizione del provvedimento impo-sanziatorio - avente valore di atto pubblico fidefaciente tale da poter essere scardinato solo mediante querela di falso - e, comunque, deposita con l'appello copia della delega
1) sia perché privo di valida sottoscrizione in relazione alla mancanza allegazione della delega;
3) in ambito IVA, la correttezza dell’applicazione del reverse charge ex art. 17, comma 5, D.P.R. 633/72 in relazione all'attività svolta dalla stessa e dalla ditta cessionaria a cui vende i rottami d’oro acquistati dai privati;
Con nota in data 03-03-2021 la FR, in relazione all'udienza fissata per il 09-03- 2021, chiede che la trattazione avvenga mediante discussione ai sensi dell' art. 27, comma 2, D.L. 137/2020 e, quindi, all'udienza del 13/04/2021, la Commissione decide come da dispositivo.
Legge 22 maggio 1999, n. 251 , "Disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi" e Regolamento attuativo adottato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150 .
anche in attuazione della direttiva 98/80/CE del Consiglio , del 12 ottobre”
1998” che stabilisce cosa si deve intendere per “oro” e quali sono i requisiti per esercitare tale commercio in modo professionale, (cosiddetti “Operatori Professionali in oro”), ad uso industriale o da investimento, per conto proprio o per conto terzi.
sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo che riguarda direttamente il commercio in esame
laddove i soggetti che esercitano l’attività di Compro Oro sono tenuti agli obblighi di identificazione e di registrazione previsti dalla normativa antiriciclaggio che va ad integrare quanto già imposto dall'art. 128 T.u.l.p.s..
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto, soggiace alla procedura prevista dall' art. 17, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972 (il cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta dunque essere obbligatoria.
In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del- «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. Tali forniture, se hanno i requisiti previsti, possono essere fatturate con il regime del margine ( D.L. 41/95 ). Secondo quanto previsto dallo stesso decreto e, come meglio precisato nella circolare 177/E del 22 giugno 1995, i beni interessati dallo speciale regime del margine sono i beni mobili suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione: non dunque quelli destinati alla rottamazione.
Il “Regime speciale per i rivenditori di beni usati, di oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione”, meglio noto come “Regime del margine” costituisce un regime speciale Iva Sa facoltativo, disciplinato dagli.artt. 36-40 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41 , che recepisce fedelmente il contenuto della Direttiva CEE n. 1994/5 , Infatti, per evitare che ciò si verifichi.non viene assoggettato ad Iva il corrispettivo di cessione del bene rivenduto, ma solamente la differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto comprensivo di eventuale Imposta sul Valore Aggiunto: tale differenza costituisce il cosiddetto margine, da cui origina il nome del regime. In quanto speciale, il regime si
caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata.
Quanto al meccanismo del reverse charge, che realizza una inversione contabile (giusta previsione normativa, che prevede che “in deroga al primo comma, per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all'articolo 10, numero 11), nonché per le cessioni di materiale d'oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell'imposta è tenuto il cessionario, soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti e con l'annotazione "inversione contabile" e l'eventuale indicazione della norma di cui al presente comma, deve essere integrata dal cessionario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro di cui agli articoli 23 o 24 entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese;
lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro di cui all'articolo 25”), esso si configura come uno strumento anti-frode: “finalizzato a contrastare il fenomeno della frode fiscale in particolari settori ritenuti ad alto rischio di evasione”, per effetto del quale “a fattura è emessa dal ‘cedente, ma senza addebito d'imposta, che deve essere applicata dall'acquirente; in tal modo, il debitore d'imposta è soltanto il cessionario/committente, anziché il prestatore/cedente".
Lo scopo del reverse charge è, infatti, impedire la detrazione dell'IVA sugli acquisti e combattere le frodi “carosello”, evitando che l'acquirente detragga l'imposta anche in mancanza di versamento da parte del fornitore; e ciò proprio sulla base delle fatture emesse dalla società contribuente,
Passando a valutare - alla luce dei principi esposti- la fattispecie in esame, risulta dagli accertamenti eseguiti che la ricorrente acquistasse da privati oggetti d’oro per “poi rivenderli direttamente per la fusione alla fonderia C s.p.a., con sede in XXX (XXX), società operatrice professionale, regolarmente iscritta all'albo della Banca d’Italia ed in possesso della specifica autorizzazione dell'Ufficio Italiano Cambi.
La C spa, che è risultato cliente unico della ricorrente, ha per oggetto sociale ”TRATTAMENTO, RAFFINAZIONE E RECUPERO DELLE LEGHE METALLICHE E DEI LORO DERIVATI”, ma non anche la commercializzazione dei gioielli d'oro.
Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e destinazione dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente.
È bene ricordare che in riferimento all’onere della prova valgono e vengono applicate, anche in ambito tributario, le norme del codice civile che, come regola generale di fondo, subiscono delle eccezioni di fronte a presunzioni legali, ex art. 2728 c.c. , o presunzioni semplici assistite da requisiti di precisione, gravità e concordanza, ex art. 2729 c.c. In mancanza dei requisiti richiesti dall' art. 2729 c.c. il Collegio ritiene sufficienti per il superamento della presunzione, le fatture emesse dalla cedente, regolarmente contabilizzate e ciò anche alla luce dei principi enunciati dalla stessa Direzione Centrale dell'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 92/E dicembre 2013, nella quale l'Agenzia delle Entrate ha individuato le caratteristiche de permettono di qualificare i preziosi come oro “industriale” e i presupposti ché. consentono di applicare il regime di reverse charge alle cessioni di tali beni, ribadendo quanto già sostenuto nella risoluzione n. 375/E del DD MM 2002. Con la risoluzione n. 92/E del DD MM 2013, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che “i prodotti finiti d’oro usati, ceduti a soggetti passivi che effettuano lavorazione di oro industriale, anche se non qualificabili sotto il profilo merceologico come “oro industriale”, possono essere assimilati, ai fini IVA, a quest'ultimo prodotto, in considerazione dell’univoca destinazione del metallo prezioso alla ‘lavorazione da parte del cessionario”.
La destinazione del prezioso al processo di lavorazione; da parte del cessionario è dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D.P.R. n. 633/1972 , al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di reverse charge alle cessioni di oro,usato - si deve aver riguardo alla destinazione finale dell'oggetto venduto...nonché vall’attività del soggetto cessionario, che deve essere o esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato. Laddove è dimostrato che l’attività consiste nell'acquisto’ di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di cessione ai sensi e per gli effetti del citato art. 17.
Pertanto la contribuente ha correttamente effettuato le cessioni dei beni senza addebito d'IVA secondo il regime del reverse charge ai sensi dell’art. 17, comma 5 del D.P.R. 633/1072.
Gli esiti del controllo evidenziano una condotta illecita mirata alla sottrazione di ricavi da sottoporre a tassazione, riconducibili alla trascrizione sul registro previsto TULPS di costi “gonfiati” rispetto a quelli effettivamente sostenuti.
Tale condotta provata dagli appunti extracontabili legittima l’uso della presunzione ex art. 2727 C.C. sussistendo i requisiti di gravità, precisioni e concordanza.
Sulla scorta della ricostruzione operata è stata determinata la percentuale di ricavo sul costo effettivamente sostenuto per l'acquisto di oggetti di oro e argento usati in misura pari al 26,26% e, pertanto, il reddito è stato aumentato di € 60.541,81”.
La contribuente ha sostenuto invece che si trattava di appunti contenenti "ipotesi che la ricorrente aveva elaborato nei primi periodi di attività, e comunque fino al DD MM 2007, per immaginare l'utile che avrebbe potuto conseguire se fosse riuscita ad abbassare il prezzo di acquisto al grammo dell'oro, mentre l’Agenzia delle Entrate ha invece erroneamente ritenuto che quelle ipotesi fossero le somme realmente pagate dagli acquirenti e che, quindi, la contribuente avesse gonfiato i costi per l'importo pari alla differenza tra quanto annotato e quanto riportato in contabilità.
Ma poiché tali proiezioni erano state effettuate fino al DD MM 2007, i verificatori, applicando un metodo del tutto singolare, hanno determinato i minori costi fino al DD/MM/2007 in € 21.734,00 e, presuntivamente dal DD MM 2007 al DD MM 2007 in € 38.424,00, applicando forfettariamente una percentuale di abbattimento dei costi sostenuti nell'intero anno del 26,26%, mentre per tale periodo non è stato riscontrato alcun documento che possa essere ricondotto, neanche lontanamente, ad una presunta modifica del costo di acquisto di materiale prezioso. Il maggior reddito accertato è inesistente perché assolutamente privo di fondamento è il criterio che lo determina e perché basato su una presunzione semplice priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza previsti dall' art. 2729 del C.C. Al riguardo questa Commissione rileva che evidenza della sussistenza della documentazione extracontabile non ha trovato alcuna concreta ed adeguata confutazione da parte dell'interessata, la quale si limita a rendere delle argomentazioni del tutto basate su ipotesi prive di elementi probatori.
Tale documentazione extracontabile per l'anno di riferimento è in effetti relativo al periodo DD-MM-2007 - DD-MM-2007 e, pertanto, in assenza di ulteriore supporto documentale relativo al periodo 14-04-2007 - 31-12-2007, la Commissione non ritiene applicabile all'intero anno la percentuale forfettaria del 26% di abbattimento dei costi sostenuti dalla contribuente.
Così deciso in