Sentenza 2616/2021 della Commissione Tributaria Regionaledi Sicilia Sezione 8
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
DI SICILIA Sezione 8
ha emesso la seguente
- sull'appello n. 4178/2015
depositato il DD/MM/2015
- avverso la pronuncia
Tributaria Provinciale di PALERMO
ZA
XXX
difeso da:
LREMA
AVV.
XXX
AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE PALERMO
VIA TOSCANA N. 20 90100 PALERMO PA
AVVISO DI ACCERTAMENTO n° RJL010100120 IRPEF-ALTRO 2005
N° 4178/2015
Fatto
individuale esercente l’attività di commercio ambulante a posteggio fisso di
generi alimentari, adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Palermo
al fine di ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento n.
RJL010100120/2010 per l’anno 2005,
Direzione Provinciale di Palermo, sulla base delle risultanze del p.v.c.
elevato dalla Guardia di Finanza in data DD MM 2007, aveva accertato a
suo carico una indebita detrazione di costi pari ad € 433.228,00 in relazione
a fatture ritenute emesse per “operazioni inesistenti” dalla S.LO.S. srl e
dalla ditta individuale CA. L’A.E. aveva contestato, inoltre,
l’omessa contabilizzazione di ricavi per € 595.122,73 derivanti da
versamenti registrati su un mastrino denominato “Titolare c/ prelevamenti”
considerati dai verificatori vendite documentate, non ritenendo adeguate le
giustificazioni fornite dalla contribuente. A cagione dei maggiori imponibili
accertati, venivano richiesti € 373.547,00 per IRPEF; € 7.999,00 per
. addizionali; € 37.912,00 per IRAP; € 41.134,00 per IVA oltre sanzioni,
contributi previdenziali ed interessi di legge.
carenza di motivazione e,
dell’Ufficio circa l’indisponibilità di recipienti atti allo stoccaggio dell’olio
acquistato,
incassi e prelievi di somme relative a vendite in contanti effettuate con
emissione di scontrino.
stato avviato procedimento penale nei suoi confronti, conclusosi con
sentenza assolutoria emessa dalla Corte di Appello di Palermo (sent. n.
2864/2011), divenuta irrevocabile.
della pretesa fiscale facendo proprie le risultanze del p.v.c.
non interdipendenza dei due procedimenti, quello fiscale e quello penale,
sul versante della prova in ordine agli addebiti di carattere fiscale.
L’adita C.T.P., con sentenza n. 7344/02/14 depositata in data 18 novembre
2014, riteneva infondata l’eccezione preliminare di carenza di motivazione,
accogliendo il ricorso nel merito
Entrate,
per avere i primi giudici accolto il ricorso “facendo esclusivo riferimento”
alla sentenza n. 2864/2011, con la quale la Corte di Appello di Palermo aveva assolto la contribuente dal reato di cui all’art. 81 del D. Lgs. n.
74/2000, ai sensi dell’ art. 530, 2° comma c.p.p.
di tale sentenza lasciava ampi dubbi sull’effettiva esistenza delle operazioni
di acquisto contestate con l’impugnato avviso di accertamento e che, a ben
vedere, la documentazione versata in atti, neppure in sede penale era
apparsa sufficiente per l’assoluzione con formula piena. Insisteva, pertanto,
nell’avviso di accertamento in quanto emesso a seguito di una complessa
attività investigativa svolta dalla Guardia di Finanza, nel corso della quale
erano state appurate irregolarità e circostanze legittimanti il
disconoscimento dei costi in questione.
dell’appello e la conferma della sentenza gravata.
All’odierna udienza, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione
senso che nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di
assoluzione dal reato tributario non spiega automaticamente efficacia di
giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali
1’ Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del
contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di
prova dal giudice tributario, il quale nell’esercizio dei propri poteri di
valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta
sentenza è destinata ad operare.
anche nelle sentenze di merito, nella consapevolezza che il giudice non può
limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di
reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma,
nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del
materiale probatorio acquisito agli atti ( art. 116 cod. proc. civ. ), deve
comunque procedere ad un apprezzamento del contenuto della decisione,
ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova, acquisiti nel giudizio.
di assoluzione nei confronti di ZA non costituisce, oggettivamente,
il cardine acritico intorno al quale si dipana la motivazione della sentenza
impugnata, così come sostenuto| dall’ Agenzia delle Entrate nell’atto di
appello.
non sia vincolante per il giudice tributario ed ha tratto il proprio
convincimento valutando tutti gli elementi processuali, comprese, ma non
solo, le prove acquisite in sede penale.
dispositivo della sentenza di primo grado restano validi ed immuni da
censure.
condivisibile giudizio già espresso dai primi giudici posto che
l’accertamento impugnato è fondato su un'unica presunzione semplice
(indisponibilità dei recipienti destinati allo stoccaggio dell’olio acquistato),
smentita prima ancora dell’indagine penale, dalle circostanze probatorie
emerse in sede di verifica della Guardia di Finanza.
acquisita al p.v.c. la documentazione offerta dalla contribuente (scrittura
privata di acquisto; verbale di vendita immobiliare) attestante il possesso
dei silos idonei a contenere i grossi quantitativi di olio sfuso acquistato.
Da tale documentazione risultava, infatti, che la Zito aveva la disponibilità
di almeno quattro silos con capacità di circa 5.000 litri cadauno, provenienti
da una vendita forzata mobiliare.
rilevare che gli stessi sono stati effettuati tutti con strumenti tracciabili
(assegni bancari) e che i relativi prospetti, prodotti dalla ricorrente in prime
cure, non risultano oggetto di alcuna contestazione da parte dell’Ufficio.
Non si può, quindi, che confermare la sentenza impugnata.
P.Q.M.
l’appello e conferma la sentenza impugnata.
alle spese della presente fase del | giudizio, che liquida in euro 2.500,00
(duemilacinquecento/00), oltre oneri accessori.