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stoccaggio, reato, acquisto, sentenza penale assolutoria, Amministrazione finanziaria, prove acquisite in sede penale, scrittura privata di acquisto, verbale di vendita immobiliare, strumenti tracciabili, assegni bancari
Al riguardo, occorre premettere che l’orientamento giurisprudenziale è nel senso che nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali 1’ Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare. Questo principio risulta più volte riproposto anche nelle sentenze di merito, nella consapevolezza che il giudice non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ. ), deve comunque procedere ad un apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova, acquisiti nel giudizio. Quanto ai pagamenti delle operazioni asseritamente inesistenti, basta rilevare che gli stessi sono stati effettuati tutti con strumenti tracciabili (assegni bancari) e che i relativi prospetti, prodotti dalla ricorrente in prime cure, non risultano oggetto di alcuna contestazione da parte dell’Ufficio.
contribuente, enti non commerciali, associazioni sportive dilettantistiche, regimi fiscali, pagamento di corrispettivi specifici, scrittura privata autenticata o registrata, associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina
Sicché, la prevalenza della natura dell'intrattenimento dei ragazzi - sia pure sotto forme di gioco, di riposo, di pranzo e di svago- fa venir meno la natura prettamente"sportiva istituzionale" propria della società ricorrente, che proprio nel periodo in cui sono chiuse le scuole, offre questo servizio in concorrenza con altre strutture similari presenti sul mercato». [...] L’adesione ai regimi fiscali sanciti dal TUIR in materia di enti non commerciali impone ai soggetti destinatari il rispetto di determinati requisiti nonché il rispetto di ben precisi obblighi, al venir meno dei quali cessano le previste agevolazioni fiscali. Inoltre, il regime di esenzione di tassazione delle attività esercitate nei confronti degli associati/soci che rientrano tra i fini istituzionali perseguiti delle associazioni/società, si applica solo quando l’ente non abbia effettivamente per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale. Le società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali, ancorché non perseguano il fine di lucro, mantengono, dal punto di vista fiscale, la natura commerciale e sono riconducibili, in quanto società di capitali, nell'ambito dell’art. 73, comma I, lett. a), del TUIR. [...] La disposizione citata stabilisce, in sostanza, la non rilevanza fiscale di corrispettivi specifici versati dagli associati e dagli altri soggetti ivi menzionati, compresi i “tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”, in favore di enti associativi con particolari finalita. Per beneficiare di detta norma agevolativa le societa sportive dilettantistiche, al pari delle associazioni sportive dilettantistiche, devono integrare le clausole statutarie di cui al citato art. 90 della legge n. 289 del 2002, con quelle previste dal comma 8 dell’articolo 148 del TUIR. Ai fini IRES, l’attività posta in essere dagli enti associativi va opportunamente differenziata in attività esterna (nei confronti di terzi, la quale rimane al di fuori della sfera applicativa dell’ art. 148 del TUIR ed assume generalmente qualificazione commerciale) e attività interna (nei confronti degli associati, che se svolta in conformità alle finalità istituzionali è qualificabile come non rilevante ai fini IRES a meno che, a fronte di essa, non siano percepiti corrispettivi specifici che danno diritto a prestazioni ulteriori rispetto a quelle correlate al pagamento della quota associativa). In ogni caso, nei confronti delle associazioni e società sportive dilettantistiche trova applicazione l’ulteriore agevolazione prevista dal comma 3 dello stesso art. 148 (una disposizione analoga ai fini IVA è contenuta nell’art. 4, comma 4, del DPR 633/72) secondo cui non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti di soci, associati, partecipanti, iscritti o nei confronti di altre associazioni che svolgono identica attività ed appartenenti alla medesima organizzazione locale o nazionale. Per poter usufruire di questa ulteriore agevolazione è però necessario che le associazioni/società sportive dilettantistiche accolgano nei propri statuti, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, i seguenti contenuti obbligatori ai sensi dell’ art. 90 L. 289/2002: 1) assenza di fini di lucro; 2) rispetto dei principi di democrazia interna; 3) organizzazione di attività sportive dilettantistiche compresa l’attività didattica e per l’avvio, l'aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive; 4) disciplina del divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina; 5) gratuità degli incarichi degli amministratori; 6) devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni; 7) obbligo di conformarsi alle norme e alle direttive del CONI, nonché agli statuti e ai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali del CONI o alle discipline sportive associate o a uno degli enti di promozione sportive riconosciuti dal CONI, anche su base regionale.[...]
regime del margine, natura dei beni, esenzione, riparazione, oggetti d'arte, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, territorio dello Stato, rivendita
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto, soggiace alla procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del D. P. R. n. 633 del 1972 (il cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta dunque essere obbligatoria. In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del- «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e destinazione dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente. La destinazione del prezioso al processo di lavorazione; da parte del cessionario è dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D. P. R. n. 633/1972, al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di reverse charge alle cessioni di oro, usato - si deve aver riguardo alla destinazione finale dell'oggetto venduto...nonché vall’attività del soggetto cessionario, che deve essere o esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato. Laddove è dimostrato che l’attività consiste nell'acquisto’ di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di cessione ai sensi e per gli effetti del citato art. 17.
operazioni esenti, imposta sul valore aggiunto, sanzioni pecuniarie, dichiarazione IVA, operazioni imponibili, sede legale, contabilità, attività propria dell’impresa, percentuale di detrazione, diritto a detrazione, diritto alla detrazione, ammontare complessivo
Richiamando i criteri interpretativi dettati dalla Suprema Corte non si ravvisano i presupposti per il riconoscimento dell’occasionalità dell'attività oggetto di accertamento poichè “in tema di IVA, costituiscono proventi di un'attività strumentale ed accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità dell'IVA"pro rata", quelli derivanti da un'attività assolutamente episodica e, quindi, estranea a quella propria dell'impresa contribuente, dovendosi accertare detta occasionalità in concreto e non in base alle mere previsioni statuarie, avuto riguardo all'attività svolta in via prevalente dall'impresa, con particolare riferimento all'ammontare complessivo dei ricavi derivanti dall'una rispetto a quelli provenienti dall'altra attività. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermatola natura accessoria dell'attività di gestione di"slot machine" svolta negli stessi locali adibiti ad attività principale di bar senza accertare in concreto come essa contribuisse alla generazione dei ricavi)” (vds. Cass. n. 12689/2020 ). [...] A parte la rilevanza della percentuale rispetto al totale della attività svolta, che esclude l’occasionalità richiesta dalla normativa in argomento (“Nel calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma precedente non si tiene, invece, conto delle operazioni di cui all'art. 19 -bis, comma 2, d.P.R. cit. , tra le quali vi sono le operazioni «accessorie alle operazioni imponibili», il cui ammontare viene sterilizzato (e non computato) ai fini del calcolo della suddetta percentuale”), l’appellante si è limitato ad allegazioni generiche e non provate inidonee a confutare quanto accertato con l'avviso impugnato. Non vengono, infatti, in alcun modo provati i rapporti con il proprietario dei giochi posti all’interno dell’esercizio commerciale per cui le pur generiche allegazioni non trovano il minimo riscontro. Peraltro, l'onere della prova da parte dell'Ufficio risulta assolto avendo provato, secondo i dettami indicati dalla Suprema Corte, la percentuale rilevante per la non riconducibilità dell'attività considerata nell’ambito dell’attività occasionale.[...]
ristorante, gestione, metodologia analitico induttiva, vendita, vino, acquisto, settore enoteca, percentuale di ricarico ponderata, meccanismo di evasione
Prive di pregio appaiono le reiterate eccezioni circa l'illegittimità dell'atto, in ragione dell'avvenuto annullamento, in autotutela, di un precedente accertamento avente identica ricostruzione induttiva dei ricavi. Orbene, la ricostruzione operata dall'Ufficio muove da dati contabili certi e dall'analisi di elementi collaterali di riscontro, non disattesi dalla parte, rimasta inerte a fornire chiarimenti in merito, così come richiesti con apposito questionario. In presenza di fatture generiche e di omessa documentazione sui prezzi praticati, e dunque, nell'impossibilità di quantificare una percentuale di ricarico ponderata, l'Ufficio ha fatto riferimento alla media dei ricarichi minimi previsti dagli studi di settore, presentati dal contribuente per gli anni d'imposta dal 2000 al 2003, risultando congrui i ricavi in essi dichiarati. Il procedimento utilizzato poggia, pertanto, su indiscussi elementi probatori e sulla verificata incongruenza dei ricavi, ricostruiti attingendo alla sottostante documentazione fiscale e, per quanto non prodotto, ai dati contabili e strutturali dichiarati dallo stesso contribuente, il quale, come ben rilevato dai giudici di prime cure, si è limitato a sollevare meri"dubbi" sull'accertamento ma non ha provato, pur essendovi tenuto, "a dimostrare l'erroneità degli elementi contabili indicati nell'avviso ed utilizzati per il calcolo”. L'evoluzione dei fatti e i vari passaggi in cui si è articolata la ricostruzione dei maggiori ricavi, nonché gli elementi probatori posti alla base della maggiore pretesa impositiva manifestata dall'Ufficio finanziario appare idonea a rilevare, in modo puntuale, il meccanismo di evasione posto in essere dall'impresa verificata che non ha fornito contrari e adeguati elementi probatori.
beni mobili, rivendita, acquisto, ammortamento, onere di provare, recupero di IRES ed IRAP, contratto, fornitura di servizi, entità economica
Pertanto, il presente giudizio verte semplicemente sulla seconda parte dell'atto di accertamento relativa al recupero di IRES ed IRAP. Ora, dagli atti di causa risulta con chiarezza che. i beni acquistati dalla società G SDA srl non siano idonei a rappresentare la cessione di un ramo di azienda. Per quanto riguarda invece i beni mobili, erano state ceduti esclusivamente le scaffalature e non prodotti destinati alla rivendita. Inoltre, dalle cessioni erano stati esclusi i debiti ed i crediti rimasti, insieme ai contratti di fornitura e somministrazione, in capo alle venditrici.
prestazioni (servizi) dati in"outsourcing", gestione di servizi/sistemi di pagamento elettronico, gestione di carte di credito, servizi finanziari, esenzioni, operazioni finanziarie, operazioni di finanziamento
L'esenzione ex art. 13, parte B, lett. d), punti 3 e 5, della sesta direttiva 77/388 non è poi soggetta, secondo la detta giurisprudenza eurounitaria, alla condizione che la prestazione sia effettuata da un istituto di credito che intrattenga rapporti con il cliente finale della banca. Non osta, infatti, all' esenzione di un'operazione il fatto che quest' ultima, sia effettuata da un terzo, ma si presenti per il cliente finale della banca come una prestazione della medesima. A tale riguardo assume rilievo dirimente il grado di responsabilità del centro informatico nei confronti delle banche, ed in particolare la verifica in concreto della natura della predetta responsabilità, vale a dire se questa sia limitata agli aspetti tecnici o si estenda di converso agli elementi specifici ed essenziali delle operazioni. Pertanto secondo l'orientamento condivisibile dell'Agenzia delle Entrate, le operazioni di giroconto, poste in essere da un terzo nell' interesse di una banca, rientrano negli ambiti operativi dell' esenzione IVA prevista dal detto art. 10 n. 1, ove il servizio non si limiti a mettere a disposizione della banca un sistema informatico, mediante una fornitura materiale o tecnica, ma il terzo prestatore del servizio: a) sia in grado di modificare, mediante operazioni di trasferimento di fondi, i conti correnti dei clienti della banca interessati con operazioni di accredito e di addebito; b) si assuma la responsabilità della corretta esecuzione delle operazioni bancarie, senza limitarsi a rispondere della correttezza di singoli aspetti tecnici del servizio.
diritto alla detrazione, formazione professionale, esenzione, servizi di formazione, requisiti soggetti, istituti riconosciuti da pubbliche amministrazioni
Coinvolgendo finanziamenti pubblici e risultando soggetta al controllo di un organismo di diritto pubblico, 1’ A va correttamente qualificato quale ente di formazione riconosciuto da pubblica amministrazione. Da ciò l’esenzione IVA e la correttezza della ripresa dell’Ufficio.
obbligo di motivazione degli atti impositivi, fattura, merci giacenti, rivendita, fatturato della società, scritture contabili obbligatorie, dichiarazioni
Muovendo da tali coordinate ermeneutiche gli atti di accertamento in questione ( accertamenti di tipo analitico-induttivo con specificazione dell’ imponibile accertato, delle aliquote applicate, delle imposte liquidate) presentano un grado di determinatezza ed intelligibilità tali da permettere agli interessati un esercizio adeguato del diritto di difesa, come confermato dalle puntuali difese dispiegate dai contribuenti, già nella fase amministrativa, che attengono al vero e proprio merito della pretesa tributaria. Nella specie deve escludersi il “dolo” della società contribuente che ha, nel prosieguo della operazioni, esibito tali documenti e per altro verso appare fondata la contestazione secondo cui l'Amministrazione finanziaria era a conoscenza della tenuta delle scritture contabili presso lo studio professionale incaricato, trattandosi di dato risultante dall’ Anagrafe Tributaria.
operazioni imponibili, sanzione amministrativa, fattura, pagamento dell'imposta, inversione contabile, operazioni intracomunitarie, competenza territoriale, domicilio fiscale, esercizio di imprese, acquisti di beni, diritto alla detrazione, base imponibile, Amministrazione doganale
Recita l'art. 6, co. 9-bis, d. lgs. n. 471 del 1997 (Comma aggiunto dall'art. 1, comma 455, L. 24 dicembre 2007, n. 244, a decorrere dai DD MM 2008):"E' punito con la sanzione amministrativa compresa fra il 100 e il 200 per cento dell'imposta, con un minimo di 258 euro, il cessionario o il committente che, nell'esercizio di imprese, arti o professioni, non assolve l'imposta relativa agli acquisti di beni o servizi mediante il meccanismo dell'inversione contabile di cui agli articoli 17 e 74, commi settimo e ottavo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. La medesima sanzione si applica al cedente o prestatore che ha irregolarmente addebitato l'imposta in fattura omettendone il versamento. Al pagamento delle sanzioni previste nel secondo e terzo periodo, nonché al pagamento dell'imposta, sono tenuti solidalmente entrambi i soggetti obbligati all'applicazione del meccanismo dell'inversione contabile. Sulla questione relativa alla competenza territoriale degli Uffici Doganali si è espressa recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5167 del 1° marzo 2013, che confermando quanto già sancito dalla stessa Suprema Corte con le sentenze n. 14786 e seguenti del 5 luglio 2011, ha ribadito “non è corretto sostenere che la legislazione nazionale in materia doganale prevede solo una competenza per materia e non attribuisce alcuna importanza alla competenza per territorio”.
indebita detrazione, costi per carburanti, violazione che comporta obbligo di denuncia, evasione fiscale, onere probatorio, rivendita, frode fiscale, fattura
Il riferimento alla FG ed all’evasione fiscale da questa commesso, con tratti operativi comunque emergenti dalla ricostruzione dei movimenti finanziari intercorsi con la Comipar ed altre societa coinvolte, appare adeguato a considerala quale denuncia di reato. La tempestività di tale denuncia determina quindi il raddoppio del termine di accertamento e la tempestività dell’avviso impugnato. Ritiene il Collegio che, tenuto conto della ripartizione dell’onere probatorio come sopra descritta e del contenuto di tale onere sull’Ufficio (in termini indiziari e non di presunzioni gravi precise e concordanti), nella fattispecie in esame vi siano indizi più che sufficienti per ritenere plausibile non solo l’interposizione soggettiva operata dalla C a vantaggio della FG ma altresì la consapevolezza di quest’ultima della partecipazione ad una frode fiscale. L'esistenza della frode e la piena consapevolezza, pertanto, rendono legittimo l’avviso di accertamento impugnato, tanto per la ripresa fiscale relativa alle operazioni soggettivamente inesistenti quanto per le sanzioni.
illegittimita dell’accertamento, quantificazione di maggiori ricavi, costi necessari, contabilizzato fatture emesse
L'atto, poi, è legittimo e sufficientemente motivato. Come detto, la doglianza è puramente assertiva in quanto la società non ha indicato alcuno dei costi che sostiene aver sopportato. Al contrario, dal processo verbale di constatazione e dall’avviso di accertamento si evince che, all'esito di controlli incrociati e di risposte ai questionari inviati a clienti e fornitori, è emerso che la M aveva emesso e non contabilizzato fatture per un importo pari ad euro 235.094, 60 (con IVA pari ad euro 48.743, 05):circostanza, peraltro, incontestata dalla società.
operazione soggettivamente inesistente, società cartiera, fattura, onere della prova, dichiarazioni, indebito rimborso, diritto alla detrazione, controllo sostanziale
In proposito giova ricordare che l’inesistenza di un’operazione ai fini IVA (operazioni inesistenti in generale) non va riferita alla mancanza assoluta della stessa ma ad ogni divergenza tra le realtà commerciale e la sua espressione documentale ( Corte Cass. S. n. 23074/12;S. n.30 / 2007 n.1950 ; S. n.1579/ 2007)poiché per il particolare meccanismo di applicazione dell’Iva previsto dall’ art. 19 d. p. r. n.600/73 qualsiasi violazione delle norme in materia di registrazione e contabilizzazione potrebbe tradursi in un indebito rimborso e quindi non si tratta di violazioni formali, come si è verificato nel caso considerato per l’accertata (dall’Ufficio) e non validamente contestata dal contribuente inesitenza della"TI s. r. l”. Più chiaramente la detrazione dell'IVA è indebita poiché l’emissione di fatture noh è di per sé sufficiente a consentire il diritto alla detrazione, sicchè l’appellato contribuente soggetto passivo- iva, non ha diritto ad effettuare la detrazione di cui all’art. 19 d. p. r. n.633/72 in quanto le fatture provengono da soggetti “cartiere” ed incombendo sullo” stesso, per l'ifiversione delllonere della prova, l'onere della prova non ha prodotto nel caso in oggetto alcuna valida prova contraria attestante if pagamento e quindi nom ha’ contrastato Je contestazioni: di:cui all'atto impugnato.
ente pubblico, inosservanza, AVVISO DI ACCERTAMENTO, funzionario, delega di firma, disposizioni sulla delega
Infatti, trattandosi di un Ufficio dell'Agenzia delle Entrate, ente pubblico, non economico, esercitante una pubblica funzione, le disposizioni sulla delega all’interno degli Uffici non sono censurabili allorquando, come nel caso oggetto del presente giudizio, la sottoscrizione è incontestabilmente effettuata da un soggetto cui è stata conferita la delega di firma, in considerazione della riferibilita alla stessa Agenzia delle Entrate cui spetta l'esclusiva titolarità del rapporto giuridico controverso. Ne consegue che l'atto impugnato non è privo di legittima sottoscrizione per cui il motivo di appello va rigettato. Per quanto riguarda gli ulteriori motivi di appello riconducibili alla ritenuta erroneità della sentenza per vizi/carenza di motivazione ed infodatezza della pretesa si ritengono parimenti infondati. Pertanto, poiché la società, su cui per l'inversione dell'onere della prova, incombeva l'onere di contrastare le contestazioni dell'ufficio sulla inosservanza dell'art. 19 bis d. p. r n. 633/72, si è limitata a semplici e generiche affermazioni priva di qualsiasi rilevanza ed influenza l'appello è infondato e va rigettato e confermati la sentenza e l'atto impugnato.
imprenditore, AVVISO DI ACCERTAMENTO, l’anti economicità della spesa, fattura, prestazioni pubblicitarie, restituzione di somme, del rapporto ricavi/sovvenzione, associazioni sportive dilettantistiche, detrazioni
In buona sostanza la funzione pubblicitaria, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici e dall’ufficio, risulta aver svolto efficacia e ciò può costituire un principio che, unito ad altri elementi valutativi, come nella fattispecie, possa corroborare il convincimento del collegio giudicante circa l’avvenuta e reale esistenza della sponsorizzazione per cui è causa. Quando una spesa sia di entità del tutto irragionevole si può pensare che essa sia realmente riferibile a private esigenze dell’imprenditore e non già ai bisogni dell’impresa, e sia perciò non inerente all’attività esercitata. Si tratta però di una valutazione soggettiva, che deve essere ispirata alla massima prudenza, poiché rischia di sovrapporsi illegittimamente alle scelte dell’imprenditore. Questi dati fondamentali non possono essere interamente: sovvertiti dalla mera valutazione quantitativa del rapporto ricavi/sovvenzione, il cui peso ai fini del giudizio sull’inerenza deve limitarsi alla dimensione indiziaria e non può da solo motivare il giudizio di non inerenza, quando non sia accompagnato da altri concordanti indizi che nel caso di specie non vi sono. Non è quindi possibile sanzionare in sede tributaria una condotta dell’imprenditore/contribuente che può essere giudicata finanziariamente avventata o eccessivamente generosa o addirittura venata di prodigalità, ma resta comunque in relazione logica ed economica con l’attività esercitata.
prelievi, assenza di documentazione contabile, accertamento a fini IVA
Questo limpido ragionamento deve necessariamente trovare applicazione anche in sede di accertamento a fini IVA, atteso che la presunzione di cui al comma 2 dell'art. 51 ha la stessa matrice della presunzione dichiarata costituzionalmente illegittima: anche in questo caso, difatti, il contribuente è chiamato a dimostrare, con riferimento alle operazioni contestate, che ne ha"tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono a operazioni imponibili". Per cui da dette operazioni contestate debbono escludersi i prelievi, essendo arbitrario ipotizzare, per un libero professionista, che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari siano destinati a un investimento nell'ambito della sua attività professionale.3
Intitolazione: Massima n. 13/2020 IVA - Cessioni intracomunitarie - Non imponibilità - Condizioni
L'appellante non ha indicato gli argomenti addotti dai giudici di prime cure non condivisi, non adducendo alcuna censura avverso le statuizioni rese dalla CTP, né indicando i vizi dai quali la sentenza gravata sarebbe affetta. Risulta pertanto violato il basilare principio della specificità dei motivi di gravame secondo cui vanno indicate con chiarezza le parti della sentenza di primo grado che l'appellante intende contestare, motivatamente censurando l'impugnata sentenza. Nel caso concreto, dalla lettura dell'atto di impugnazione, parte appellante si è limitata a riprodurre in modo testuale e pedissequo quanto già esposto nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, sia nella parte in fatto che in diritto, non muovendo alcuna censura alla motivazione dell'impugnata sentenza, né esprimendo contrasto avverso l'iter argomentativo della sentenza impugnata. [...] A tal proposito si rileva che secondo la sentenza della Corte di Giustizia UE del DD. MM.2017, causa C-21/16, l'iscrizione al VIES del soggetto passivo IVA non è una condizione sostanziale per l'applicazione della non imponibilità IVA, sempre che ne siano soddisfatte le condizioni essenziali; queste ultime si sostanziano nei presupposti che cedente e cessionario siano soggetti passivi IVA, che il bene sia fuoriuscito e sia nella disponibilità del cessionario.[...]
prezzo di vendita, AVVISO DI ACCERTAMENTO, imposta sul valore aggiunto, fattura, operazioni oggettivamente inesistenti, cessione di beni, percentuale di ricarico medio
Tanto anche in considerazione del fatto che la merce del valore di € 74.056, 00=/ è stata ceduta al prezzo di soli € 4.000, 00=/ . Sulla scorta di tutto quanto innanzi l’Ufficio, ai fini della rideterminazione dei redditi di impresa ha proceduto, sulla scorta di Processo Verbale di Constatazione, ad una rettifica analitico- induttiva ex art. 39 comma 1 lett. d) DPR n. 600 del 1973 determinando una percentuale di ricarico medio — ponderato attraverso il confronto tra il costo di acquisto ed il prezzo di vendita delle diverse tipologie di capi di abbigliamento attraverso il relativo campionamento delle merci. Tale scelta deve ritenersi legittima nella misura in cui risponde a canoni di coerenza logica e congruità esplicitati dall’ Ufficio.
censura, base imponibile, macroscopico errore di calcolo, guida dell’OCSE, operazioni infragruppo, applicazione dell'imposta, libera concorrenza
Ciò in quanto (cfr. pag. 5-7 comparsa di costituzione) le differenze dei profili funzionali e di rischio tra la società in verifica ed i soggetti assunti come comparabili (che permangono anche all'esito della definitiva selezione) ossia i difetti di comparabilità - identificati ma non ancora quantificati - necessiterebbero di un “campo di variazione più ristretto”. Le argomentazioni esposte non colgono nel segno. Ciò in conformità ai principi contenuti nelle Linee Guida dell’OCSE dianzi citate. Consegue la riforma della sentenza e l'annullamento degli avvisi di accertamento. La valenza assorbente del profilo esaminato esime la Commissione dalla valutazione degli ulteriori motivi di censura.
attività istituzionale, concessionario, ente locale, acquisto dei beni, rimborso effettuato, applicazione IVA, cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro
Si tratta di una obbligazione ex lege che esula del corrispettivo della concessione, che è invece costituito da un canone, e deve pertanto configurarsi come-semplice rimborso effettuato al CDA delle rate di mutuo che il Concessionario è costretto ad accollarsi, da attuare anche nelle forme dell’accollo interno, senza necessità di comunicazione al mutuante. In quanto frutto di una previsione dettata direttamente dalla legge, la menzione di tale onere nella convenzione non è certo in grado di mutarne la natura e di trasformarlo in una componente del rapporto negoziale. Ne consegue che i versamenti effettuati dal Concessionario al CDA non possono essere intesi come corrispettivi e devono essere ritenuti delle mere cessioni di danaro come tali escluse dall’applicazione IVA ai-sensi dell’art.2 DPR n.633/72, laddove appunto afferma che non sono considerate cessioni di beni: a) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro.