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cited in "Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013. Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts. IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità. Causa C‑527/11."
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 213, 214 e 273, Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA, Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, Legittimità, Lotta all’evasione fiscale, Principio di proporzionalità.
Causa C-527/11 Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Identificazione del soggetto passivo – Scopi (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 214) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Attività economiche – Nozione – Attività economiche preparatorie – Inclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, e 213, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Identificazione – Rifiuto di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione ad una società che non dispone di mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata – Ammissibilità – Presupposto – Rischio di evasione – Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, 214 e 273) Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Competenza del giudice nazionale – Accertamento e valutazione dei fatti di causa (Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione. (v. punti 18, 19) V. il testo della decisione. (v. punti 24-26) Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione. Difatti, per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che detto numero sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata. Al riguardo non può tuttavia escludersi che le summenzionate circostanze, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione. (v. punti 27, 34, 36-39 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punto 35) Causa C-527/11 Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Identificazione del soggetto passivo — Scopi
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 214)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Attività economiche — Nozione — Attività economiche preparatorie — Inclusione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, e 213, § 1)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Identificazione — Rifiuto di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione ad una società che non dispone di mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Ammissibilità — Presupposto — Rischio di evasione — Rispetto del principio di proporzionalità
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, 214 e 273)
Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Competenza del giudice nazionale — Accertamento e valutazione dei fatti di causa
(Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione.
(v. punti 18, 19)
V. il testo della decisione.
(v. punti 24-26)
Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione.
Difatti, per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che detto numero sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata. Al riguardo non può tuttavia escludersi che le summenzionate circostanze, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione.
(v. punti 27, 34, 36-39 e dispositivo)
V. il testo della decisione.
(v. punto 35)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articolo 183, Modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA, Normativa nazionale che riporta il rimborso di una parte dell’eccedenza di IVA fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo, Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità.
Causa C-525/11 Mednis SIA contro Valsts ieņēmumu dienests (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 183 — Modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA — Normativa nazionale che riporta il rimborso di una parte dell’eccedenza di IVA fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo — Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 18 ottobre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Restituzione dell’eccedenza – Rimborso di una parte dell’eccedenza riportato fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 183) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Obiettivi ed impianto generale – Lotta contro eventuali evasioni, elusioni o abusi – Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112) Questioni pregiudiziali – Interpretazione – Effetti nel tempo delle sentenze interpretative – Effetto retroattivo – Limitazione da parte della Corte – Presupposti – Rilevanza per lo Stato membro interessato delle conseguenze economiche della sentenza – Criterio non decisivo (Art. 267 TFUE) L’articolo 183 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che esso non autorizza l’amministrazione tributaria di uno Stato membro a riportare, senza procedere ad alcuna verifica specifica e basandosi unicamente su di un calcolo aritmetico, il rimborso di una parte di un’eccedenza d’imposta sul valore aggiunto emersa nel corso di un periodo d’imposta di un mese fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo da parte di tale amministrazione. Infatti, le modalità di rimborso di un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto non possono ledere il principio di neutralità fiscale, facendo gravare sul soggetto passivo, in tutto o in parte, l’onere dell’imposta sul valore aggiunto. Esse devono segnatamente consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto. Ciò implica che il rimborso sia effettuato, entro un termine ragionevole, mediante pagamento in denaro liquido o con modalità equivalenti e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non debba far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo. È pur vero che il riporto del rimborso di un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto a vari periodi di imposta successivi a quello in cui detta eccedenza è sorta non è necessariamente incompatibile con l’articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112. Tuttavia, un termine di un anno, o anche più, nel corso del quale i soggetti passivi devono sopportare l’onere finanziario dell’imposta sul valore aggiunto, quando invece il periodo d’imposta è in linea di principio stabilito in un mese civile, non può essere considerato ragionevole. Anche se una simile normativa mira ad escludere il rischio di evasione o di elusione fiscale, è necessario rilevare che una siffatta applicazione preventiva e generalizzata, sulla base di una mera constatazione matematica, senza procedere ad una verifica specifica del caso di specie nell’ambito della quale il soggetto passivo interessato avrebbe la possibilità di dimostrare l’assenza di rischio di evasione o di elusione fiscale, contravviene al principio di proporzionalità. (v. punti 24-28, 33, 36, 38 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punti 31, 32) V. il testo della decisione. (v. punti 41-44) Causa C-525/11 Mednis SIA contro Valsts ieņēmumu dienests (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 183 — Modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA — Normativa nazionale che riporta il rimborso di una parte dell’eccedenza di IVA fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo — Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 18 ottobre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Restituzione dell’eccedenza — Rimborso di una parte dell’eccedenza riportato fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo — Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 183)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Obiettivi ed impianto generale — Lotta contro eventuali evasioni, elusioni o abusi — Rispetto del principio di proporzionalità
(Direttiva del Consiglio 2006/112)
Questioni pregiudiziali — Interpretazione — Effetti nel tempo delle sentenze interpretative — Effetto retroattivo — Limitazione da parte della Corte — Presupposti — Rilevanza per lo Stato membro interessato delle conseguenze economiche della sentenza — Criterio non decisivo
(Art. 267 TFUE) L’articolo 183 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che esso non autorizza l’amministrazione tributaria di uno Stato membro a riportare, senza procedere ad alcuna verifica specifica e basandosi unicamente su di un calcolo aritmetico, il rimborso di una parte di un’eccedenza d’imposta sul valore aggiunto emersa nel corso di un periodo d’imposta di un mese fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo da parte di tale amministrazione.
Infatti, le modalità di rimborso di un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto non possono ledere il principio di neutralità fiscale, facendo gravare sul soggetto passivo, in tutto o in parte, l’onere dell’imposta sul valore aggiunto. Esse devono segnatamente consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto. Ciò implica che il rimborso sia effettuato, entro un termine ragionevole, mediante pagamento in denaro liquido o con modalità equivalenti e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non debba far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo.
È pur vero che il riporto del rimborso di un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto a vari periodi di imposta successivi a quello in cui detta eccedenza è sorta non è necessariamente incompatibile con l’articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112. Tuttavia, un termine di un anno, o anche più, nel corso del quale i soggetti passivi devono sopportare l’onere finanziario dell’imposta sul valore aggiunto, quando invece il periodo d’imposta è in linea di principio stabilito in un mese civile, non può essere considerato ragionevole.
Anche se una simile normativa mira ad escludere il rischio di evasione o di elusione fiscale, è necessario rilevare che una siffatta applicazione preventiva e generalizzata, sulla base di una mera constatazione matematica, senza procedere ad una verifica specifica del caso di specie nell’ambito della quale il soggetto passivo interessato avrebbe la possibilità di dimostrare l’assenza di rischio di evasione o di elusione fiscale, contravviene al principio di proporzionalità.
(v. punti 24-28, 33, 36, 38 e dispositivo)
V. il testo della decisione.
(v. punti 31, 32)
V. il testo della decisione.
(v. punti 41-44)
Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto, Cessione di beni, Assoggettamento ad imposta delle operazioni a catena, Diniego dell’esenzione per mancata indicazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente.
Causa C-587/10 Vogtländische Straßen-, Tief- und Rohrleitungsbau GmbH Rodewisch (VSTR) contro Finanzamt Plauen (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof) «Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Assoggettamento ad imposta delle operazioni a catena — Diniego dell’esenzione per mancata indicazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Massime — Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 27 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Cessione intracomunitaria – Nozione [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità – Cessioni successive relative agli stessi beni e che danno luogo ad un’unica spedizione intracomunitaria o ad un unico trasporto intracomunitario di beni – Imputazione di tale spedizione o di tale trasporto ad una delle due cessioni successive – Criteri – Valutazione da parte del giudice nazionale [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità – Requisito della comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente – Ammissibilità – Presupposto [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] V. il testo della decisione. (v. punti 29, 30) V. il testo della decisione. (v. punti 31-37) L’articolo 28 quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 98/80, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro subordini l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria alla comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente, purché, tuttavia, il diniego dell’esenzione non sia opposto unicamente a motivo del fatto che detto obbligo non è stato rispettato, qualora il fornitore non possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere, comunicare tale numero d’identificazione e fornisca invece indicazioni idonee a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’ambito dell’operazione di cui trattasi. Eccezion fatta per i requisiti relativi allo status dei soggetti passivi, al trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario e allo spostamento fisico dei beni da uno Stato membro ad un altro, nessun altro requisito può essere imposto per qualificare un’operazione come cessione o acquisto intracomunitari di beni. Per beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’articolo 28 quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva, pertanto, non si può esigere dal fornitore di produrre elementi di prova relativi all’assoggettamento ad imposta dell’acquisto intracomunitario dei beni di cui trattasi. (v. punti 55, 58 e dispositivo) Causa C-587/10 Vogtländische Straßen-, Tief- und Rohrleitungsbau GmbH Rodewisch (VSTR) contro Finanzamt Plauen (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof) «Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Assoggettamento ad imposta delle operazioni a catena — Diniego dell’esenzione per mancata indicazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Massime — Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 27 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Cessione intracomunitaria — Nozione
[Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Cessioni successive relative agli stessi beni e che danno luogo ad un’unica spedizione intracomunitaria o ad un unico trasporto intracomunitario di beni — Imputazione di tale spedizione o di tale trasporto ad una delle due cessioni successive — Criteri — Valutazione da parte del giudice nazionale
[Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Requisito della comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente — Ammissibilità — Presupposto
[Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] V. il testo della decisione.
(v. punti 29, 30)
V. il testo della decisione.
(v. punti 31-37)
L’articolo 28 quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 98/80, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro subordini l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria alla comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente, purché, tuttavia, il diniego dell’esenzione non sia opposto unicamente a motivo del fatto che detto obbligo non è stato rispettato, qualora il fornitore non possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere, comunicare tale numero d’identificazione e fornisca invece indicazioni idonee a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’ambito dell’operazione di cui trattasi.
Eccezion fatta per i requisiti relativi allo status dei soggetti passivi, al trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario e allo spostamento fisico dei beni da uno Stato membro ad un altro, nessun altro requisito può essere imposto per qualificare un’operazione come cessione o acquisto intracomunitari di beni. Per beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’articolo 28 quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva, pertanto, non si può esigere dal fornitore di produrre elementi di prova relativi all’assoggettamento ad imposta dell’acquisto intracomunitario dei beni di cui trattasi.
(v. punti 55, 58 e dispositivo)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articolo 138, paragrafo 1, Condizioni di esenzione di un’operazione intracomunitaria caratterizzata dall’obbligo, per l’acquirente, di garantire il trasporto del bene di cui dispone in qualità di proprietario dal momento del carico, Obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione, Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente.
Causa C-273/11 Mecsek-Gabona Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Baranya Megyei Bíróság) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 138, paragrafo 1 — Condizioni di esenzione di un’operazione intracomunitaria caratterizzata dall’obbligo, per l’acquirente, di garantire il trasporto del bene di cui dispone in qualità di proprietario dal momento del carico — Obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione — Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 6 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzione di una cessione intracomunitaria – Diniego dell’esenzione al venditore – Ammissibilità – Presupposti (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 138, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzione di una cessione intracomunitaria – Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente – Assenza di effetti sul beneficio dell’esenzione (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 138, § 1) In circostanze in cui, da un lato, il diritto di disporre di un bene quale proprietario è trasferito, nel territorio di detto Stato membro, a un acquirente stabilito in un altro Stato membro che, al momento dell’operazione, dispone di un numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto in quest’ultimo Stato e che provvede al trasporto del bene di cui trattasi a destinazione del medesimo e, dall’altro lato, il venditore si accerta che i camion immatricolati all’estero ritirino il bene presso il suo deposito e dispone delle lettere di vettura CMR (Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada), rispedite dall’acquirente a partire dallo Stato membro di destinazione, quale prova del fatto che il bene è stato trasportato al di fuori dello Stato membro del venditore, l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/88, deve essere interpretato nel senso che non osta a che il beneficio del diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria sia negato al venditore, purché sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in materia di prova o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare la propria partecipazione a detta evasione. (v. punti 28, 55 e dispositivo 1) L’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/88, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima. Infatti, dal momento che l’obbligo di verificare la qualità del soggetto passivo incombe all’autorità nazionale competente prima che quest’ultima attribuisca a tale soggetto un numero d’identificazione di imposta sul valore aggiunto, un’eventuale irregolarità relativa a detto registro non può comportare che un operatore, il quale si sia basato sui dati figuranti nel registro, sia escluso dall’esenzione della quale avrebbe diritto di beneficiare. (v. punti 63, 65, dispositivo 2) Causa C-273/11 Mecsek-Gabona Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Baranya Megyei Bíróság) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 138, paragrafo 1 — Condizioni di esenzione di un’operazione intracomunitaria caratterizzata dall’obbligo, per l’acquirente, di garantire il trasporto del bene di cui dispone in qualità di proprietario dal momento del carico — Obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione — Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 6 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzione di una cessione intracomunitaria — Diniego dell’esenzione al venditore — Ammissibilità — Presupposti
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 138, § 1)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzione di una cessione intracomunitaria — Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente — Assenza di effetti sul beneficio dell’esenzione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 138, § 1) In circostanze in cui, da un lato, il diritto di disporre di un bene quale proprietario è trasferito, nel territorio di detto Stato membro, a un acquirente stabilito in un altro Stato membro che, al momento dell’operazione, dispone di un numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto in quest’ultimo Stato e che provvede al trasporto del bene di cui trattasi a destinazione del medesimo e, dall’altro lato, il venditore si accerta che i camion immatricolati all’estero ritirino il bene presso il suo deposito e dispone delle lettere di vettura CMR (Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada), rispedite dall’acquirente a partire dallo Stato membro di destinazione, quale prova del fatto che il bene è stato trasportato al di fuori dello Stato membro del venditore, l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/88, deve essere interpretato nel senso che non osta a che il beneficio del diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria sia negato al venditore, purché sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in materia di prova o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare la propria partecipazione a detta evasione.
(v. punti 28, 55 e dispositivo 1)
L’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/88, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima. Infatti, dal momento che l’obbligo di verificare la qualità del soggetto passivo incombe all’autorità nazionale competente prima che quest’ultima attribuisca a tale soggetto un numero d’identificazione di imposta sul valore aggiunto, un’eventuale irregolarità relativa a detto registro non può comportare che un operatore, il quale si sia basato sui dati figuranti nel registro, sia escluso dall’esenzione della quale avrebbe diritto di beneficiare.
(v. punti 63, 65, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Direttiva 2006/112/CE, Nozione di “attività economica”, Cessioni di legname per compensare i danni causati da una tempesta, Regime di inversione contabile, Mancata iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta, Ammenda, Principio di proporzionalità.
Causa C-263/11 Ainārs Rēdlihs contro Valsts ieņēmumu dienests (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «Sesta direttiva IVA — Direttiva 2006/112/CE — Nozione di “attività economica” — Cessioni di legname per compensare i danni causati da una tempesta — Regime di inversione contabile — Mancata iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta — Ammenda — Principio di proporzionalità» Massime della sentenza Armonizzazione delle legislazioni tributarie – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Sfruttamento di un bene materiale – Nozione – Vendita di legname proveniente da un bosco privato – Inclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 9, § 1, secondo comma) Armonizzazione delle legislazioni tributarie – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Attività economica ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112 – Nozione – Cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore – Presupposto per l’inclusione – Esercizio dell’attività al fine di ricavarne introiti aventi carattere di stabilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 9, § 1, secondo comma) Stati membri – Competenze che si sono riservati – Settore delle sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto – Obbligo di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali Armonizzazione delle legislazioni tributarie – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Obblighi dei debitori – Obbligo di dichiarare l’inizio di attività in qualità di soggetto passivo – Normativa nazionale che consente di infliggere un’ammenda ad un singolo che non abbia adempiuto l’obbligo di farsi iscrivere al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non sia debitore di tale imposta – Ammenda equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite – Ammissibilità – Presupposto – Rispetto del principio di proporzionalità – Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138) Questioni pregiudiziali – Interpretazione – Effetti nel tempo delle sentenze interpretative – Effetto retroattivo – Limitazione da parte della Corte – Presupposti – Rilevanza per lo Stato membro interessato delle conseguenze economiche della sentenza – Criterio non decisivo (Art. 267 TFUE) La vendita dei frutti di un bene materiale, quale la vendita di legname proveniente da un bosco privato, dev’essere considerata uno «sfruttamento» di tale bene ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138. (v. punto 31) L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, dev’essere interpretato nel senso che le cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore rientrano nell’ambito dello sfruttamento di un bene materiale che dev’essere qualificato come «attività economica» ai sensi di tale disposizione, allorché le suddette cessioni sono effettuate per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità. Spetta al giudice nazionale procedere alla valutazione di tutti gli elementi della fattispecie per determinare se lo sfruttamento di un bene materiale, quale un bosco, sia diretto a ricavare introiti aventi carattere di stabilità. Il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico è di regola sufficiente per far ammettere che il proprietario lo utilizza per esercitare attività economiche e quindi per realizzare introiti aventi carattere di stabilità. Per contro, se un bene può, per sua natura, essere utilizzato a fini sia economici sia privati, sarà necessario analizzare il complesso delle circostanze nelle quali il bene viene sfruttato, al fine di determinare se l’utilizzo sia volto a realizzare introiti aventi effettivamente carattere di stabilità. In quest’ultimo caso il raffronto tra, da un lato, le circostanze nelle quali l’interessato sfrutta effettivamente il bene e, dall’altro, quelle in cui viene di solito esercitata l’attività economica corrispondente può costituire uno dei metodi che consentono di verificare se l’attività considerata sia svolta al fine di realizzare introiti aventi carattere di stabilità. In tal senso, qualora l’interessato intraprenda iniziative di gestione forestale mobilitando mezzi analoghi a quelli dispiegati per un’attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, l’attività di cui trattasi dev’essere qualificata come «attività economica» ai sensi di tale disposizione. Inoltre, il fatto che le cessioni di legname di cui trattasi siano state effettuate per rimediare a effetti causati da forza maggiore non può di per sé far concludere che tali cessioni sono state effettuate occasionalmente e non «per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112. (v. punti 34-37, 40, dispositivo 1) V. il testo della decisione. (v. punti 44-46) Il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che non è escluso che una norma del diritto nazionale che consente di infliggere un’ammenda, equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite, ad un singolo che è venuto meno al proprio obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non era debitore di detta imposta, sia contraria al principio di proporzionalità. Spetta al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione, considerate le circostanze del caso di specie e in particolare la somma concretamente inflitta e l’eventuale sussistenza di un’evasione o di un’elusione della normativa applicabile imputabili al soggetto passivo la cui mancata iscrizione viene sanzionata. (v. punto 55, dispositivo 2) V. il testo della decisione. (v. punti 57-63) Causa C-263/11 Ainārs Rēdlihs contro Valsts ieņēmumu dienests (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «Sesta direttiva IVA — Direttiva 2006/112/CE — Nozione di “attività economica” — Cessioni di legname per compensare i danni causati da una tempesta — Regime di inversione contabile — Mancata iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta — Ammenda — Principio di proporzionalità» Massime della sentenza Armonizzazione delle legislazioni tributarie — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Sfruttamento di un bene materiale — Nozione — Vendita di legname proveniente da un bosco privato — Inclusione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 9, § 1, secondo comma)
Armonizzazione delle legislazioni tributarie — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Attività economica ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112 — Nozione — Cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore — Presupposto per l’inclusione — Esercizio dell’attività al fine di ricavarne introiti aventi carattere di stabilità
(Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 9, § 1, secondo comma)
Stati membri — Competenze che si sono riservati — Settore delle sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto — Obbligo di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali
Armonizzazione delle legislazioni tributarie — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Obblighi dei debitori — Obbligo di dichiarare l’inizio di attività in qualità di soggetto passivo — Normativa nazionale che consente di infliggere un’ammenda ad un singolo che non abbia adempiuto l’obbligo di farsi iscrivere al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non sia debitore di tale imposta — Ammenda equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite — Ammissibilità — Presupposto — Rispetto del principio di proporzionalità — Verifica incombente al giudice nazionale
(Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138)
Questioni pregiudiziali — Interpretazione — Effetti nel tempo delle sentenze interpretative — Effetto retroattivo — Limitazione da parte della Corte — Presupposti — Rilevanza per lo Stato membro interessato delle conseguenze economiche della sentenza — Criterio non decisivo
(Art. 267 TFUE) La vendita dei frutti di un bene materiale, quale la vendita di legname proveniente da un bosco privato, dev’essere considerata uno «sfruttamento» di tale bene ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138.
(v. punto 31)
L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, dev’essere interpretato nel senso che le cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore rientrano nell’ambito dello sfruttamento di un bene materiale che dev’essere qualificato come «attività economica» ai sensi di tale disposizione, allorché le suddette cessioni sono effettuate per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità. Spetta al giudice nazionale procedere alla valutazione di tutti gli elementi della fattispecie per determinare se lo sfruttamento di un bene materiale, quale un bosco, sia diretto a ricavare introiti aventi carattere di stabilità.
Il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico è di regola sufficiente per far ammettere che il proprietario lo utilizza per esercitare attività economiche e quindi per realizzare introiti aventi carattere di stabilità. Per contro, se un bene può, per sua natura, essere utilizzato a fini sia economici sia privati, sarà necessario analizzare il complesso delle circostanze nelle quali il bene viene sfruttato, al fine di determinare se l’utilizzo sia volto a realizzare introiti aventi effettivamente carattere di stabilità. In quest’ultimo caso il raffronto tra, da un lato, le circostanze nelle quali l’interessato sfrutta effettivamente il bene e, dall’altro, quelle in cui viene di solito esercitata l’attività economica corrispondente può costituire uno dei metodi che consentono di verificare se l’attività considerata sia svolta al fine di realizzare introiti aventi carattere di stabilità. In tal senso, qualora l’interessato intraprenda iniziative di gestione forestale mobilitando mezzi analoghi a quelli dispiegati per un’attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, l’attività di cui trattasi dev’essere qualificata come «attività economica» ai sensi di tale disposizione.
Inoltre, il fatto che le cessioni di legname di cui trattasi siano state effettuate per rimediare a effetti causati da forza maggiore non può di per sé far concludere che tali cessioni sono state effettuate occasionalmente e non «per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112.
(v. punti 34-37, 40, dispositivo 1)
V. il testo della decisione.
(v. punti 44-46)
Il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che non è escluso che una norma del diritto nazionale che consente di infliggere un’ammenda, equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite, ad un singolo che è venuto meno al proprio obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non era debitore di detta imposta, sia contraria al principio di proporzionalità. Spetta al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione, considerate le circostanze del caso di specie e in particolare la somma concretamente inflitta e l’eventuale sussistenza di un’evasione o di un’elusione della normativa applicabile imputabili al soggetto passivo la cui mancata iscrizione viene sanzionata.
(v. punto 55, dispositivo 2)
V. il testo della decisione.
(v. punti 57-63)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 9, 168, 169 e 178, Detrazione dell’imposta versata a monte per operazioni effettuate ai fini della realizzazione di un progetto di attività economica, Acquisto di un terreno da parte dei soci di una società, Fatture emesse anteriormente alla registrazione della società che richiede la detrazione.
Causa C-280/10 Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wąsiewicz spółka jawna contro Dyrektor Izby Skarbowej w Poznaniu (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 9, 168, 169 e 178 — Detrazione dell’imposta versata a monte per operazioni effettuate ai fini della realizzazione di un progetto di attività economica — Acquisto di un terreno da parte dei soci di una società — Fatture emesse anteriormente alla registrazione della società che richiede la detrazione» Massime della sentenza Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Origine e portata del diritto a detrazione — Spese di investimento sostenute da alcuni soci per la creazione e ai fini di una società non ancora registrata
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, 168 e 169)
Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Obblighi del contribuente — Detenzione di una fattura contenente determinate indicazioni
[Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 168 e 178, a)] Gli articoli 9, 168 e 169 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale che non consenta né ai soci di una società né alla società stessa di far valere un diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto versata a monte su spese di investimento sostenute dai soci medesimi prima della costituzione e registrazione di detta società, ai fini ed in funzione dell’attività economica della stessa.
Tali soci possono infatti essere considerati soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e sono pertanto, in linea di principio, legittimati ad avvalersi della detraibilità dell’imposta versata a monte. Qualora detti soci, in applicazione della legislazione nazionale, siano impossibilitati a valersi delle operazioni imponibili effettuate dalla società al fine di sgravarsi dal costo dell’imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni d’investimento effettuate ai fini ed in funzione dell’attività della società medesima, quest’ultima, al fine di poter garantire la neutralità dell’onere fiscale, deve avere la possibilità di prendere in considerazione tali operazioni d’investimento al momento della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto.
(v. punti 31, 35, 38, dispositivo 1)
Gli articoli 168 e 178, lettera a), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale in applicazione della quale l’imposta sul valore aggiunto versata a monte non può essere detratta da parte di una società qualora la fattura, emessa prima della registrazione e dell’identificazione di tale società ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, sia stata intestata ai suoi soci, quando sussistano le condizioni sostanziali, previste al suddetto articolo 168, lettera a), affinché, in particolare, tale società possa beneficiare del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto e quando siano noti i dati necessari per garantire la riscossione affidabile ed efficace dell’imposta.
Dal momento che l’impossibilità per una società siffatta di esercitare il proprio diritto alla detrazione deriva dal fatto che, alla data di emissione della fattura, tale società non era ancora registrata né identificata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e che la fattura è stata pertanto intestata ai soci, laddove sussista identità di persone tra coloro che hanno dovuto versare l’imposta sul valore aggiunto a monte e coloro che compongono la società in questione, tale impossibilità dev’essere considerata risultante da un obbligo puramente formale. Il rispetto di un siffatto obbligo non può essere imposto, dal momento che tale requisito avrebbe l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto a detrazione e pertanto di pregiudicare la neutralità dell’imposta sul valore aggiunto.
(v. punti 44-46, 49-50, dispositivo 2) Causa C-280/10 Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wąsiewicz spółka jawna contro Dyrektor Izby Skarbowej w Poznaniu (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 9, 168, 169 e 178 — Detrazione dell’imposta versata a monte per operazioni effettuate ai fini della realizzazione di un progetto di attività economica — Acquisto di un terreno da parte dei soci di una società — Fatture emesse anteriormente alla registrazione della società che richiede la detrazione» Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Origine e portata del diritto a detrazione – Spese di investimento sostenute da alcuni soci per la creazione e ai fini di una società non ancora registrata (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, 168 e 169) Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Obblighi del contribuente – Detenzione di una fattura contenente determinate indicazioni [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 168 e 178, a)] Gli articoli 9, 168 e 169 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale che non consenta né ai soci di una società né alla società stessa di far valere un diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto versata a monte su spese di investimento sostenute dai soci medesimi prima della costituzione e registrazione di detta società, ai fini ed in funzione dell’attività economica della stessa. Tali soci possono infatti essere considerati soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e sono pertanto, in linea di principio, legittimati ad avvalersi della detraibilità dell’imposta versata a monte. Qualora detti soci, in applicazione della legislazione nazionale, siano impossibilitati a valersi delle operazioni imponibili effettuate dalla società al fine di sgravarsi dal costo dell’imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni d’investimento effettuate ai fini ed in funzione dell’attività della società medesima, quest’ultima, al fine di poter garantire la neutralità dell’onere fiscale, deve avere la possibilità di prendere in considerazione tali operazioni d’investimento al momento della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto. (v. punti 31, 35, 38, dispositivo 1) Gli articoli 168 e 178, lettera a), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale in applicazione della quale l’imposta sul valore aggiunto versata a monte non può essere detratta da parte di una società qualora la fattura, emessa prima della registrazione e dell’identificazione di tale società ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, sia stata intestata ai suoi soci, quando sussistano le condizioni sostanziali, previste al suddetto articolo 168, lettera a), affinché, in particolare, tale società possa beneficiare del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto e quando siano noti i dati necessari per garantire la riscossione affidabile ed efficace dell’imposta. Dal momento che l’impossibilità per una società siffatta di esercitare il proprio diritto alla detrazione deriva dal fatto che, alla data di emissione della fattura, tale società non era ancora registrata né identificata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e che la fattura è stata pertanto intestata ai soci, laddove sussista identità di persone tra coloro che hanno dovuto versare l’imposta sul valore aggiunto a monte e coloro che compongono la società in questione, tale impossibilità dev’essere considerata risultante da un obbligo puramente formale. Il rispetto di un siffatto obbligo non può essere imposto, dal momento che tale requisito avrebbe l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto a detrazione e pertanto di pregiudicare la neutralità dell’imposta sul valore aggiunto. (v. punti 44-46, 49-50, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Art. 28 quater, parte A, lett. a), Frode a danno dell’IVA, Diniego di esenzione dall’IVA per cessioni intracomunitarie di beni, Partecipazione attiva del venditore alla frode, Competenze degli Stati membri nel contesto della lotta alla frode, all’evasione fiscale e agli eventuali abusi.
Parole chiave Massima Parole chiave Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, A) Massima Qualora sia stata effettivamente realizzata una cessione intracomunitaria di beni ma, in occasione di tale cessione, il fornitore abbia nascosto l’identità del vero acquirente per consentirgli di eludere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, lo Stato membro di partenza della cessione intracomunitaria, in forza delle competenze che gli spettano in virtù della prima parte di frase dell’art. 28 quater, parte A, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2000/65, può negare il beneficio dell’esenzione per quest’operazione. A questo proposito, la presentazione di false fatture o di false dichiarazioni, alla pari di qualsiasi altra alterazione di prove, è idonea ad impedire la riscossione dell’importo esatto dell’imposta e, pertanto, è atta a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto. Ebbene, comportamenti di questo genere rivestono una gravità ancora maggiore se commessi nel contesto del regime transitorio di tassazione delle operazioni intracomunitarie, il quale funziona in base alle prove fornite dai soggetti passivi. Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare l’emissione di fatture irregolari alla stregua di una frode fiscale e di negare l’esenzione in una siffatta ipotesi. Tuttavia, in casi particolari in cui siano presenti valide ragioni per ritenere che l’acquisto intracomunitario corrispondente alla cessione de quo, nonostante la reciproca assistenza e la cooperazione amministrativa tra le autorità tributarie degli Stati membri coinvolti, possa sfuggire al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro di destinazione, lo Stato membro di partenza è tenuto, in linea di massima, a negare l’esenzione a favore del fornitore di beni e ad obbligare quest’ultimo ad assolvere l’imposta a posteriori, onde evitare che l’operazione in questione sfugga a qualsiasi imposizione fiscale. Infatti, in conformità al principio fondamentale inerente al sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, tale imposta si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l’imposta sul valore aggiunto gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. (v. punti 48, 49, 52, 55 e dispositivo)
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Questioni pregiudiziali — Rinvio alla Corte — Giurisdizione nazionale ai sensi dell’art. 234 CE — Nozione (Art. 234 CE) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Obblighi del contribuente (Direttiva del Consiglio 2006/112) Massima 1. Per valutare se l’organo del rinvio possegga le caratteristiche di una giurisdizione ai sensi dell’art. 234 CE, la Corte tiene conto di un insieme di elementi, quali il fondamento legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, l’applicazione, da parte dell’organo, delle norme giuridiche, così come la sua indipendenza. Soddisfa questi requisiti la Mokestinių ginčų komisija prie Lietuvos Respublikos vyriausybės (commissione tributaria lituana), che ha il compito di svolgere un esame imparziale dei ricorsi dei contribuenti in materia fiscale e di adottare decisioni conformi al diritto e motivate. (v. punti 35, 36, 40) 2. La direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto, il quale soddisfi i requisiti sostanziali per detrarre quest’ultima conformemente alle disposizioni di tale direttiva e che si registri, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, entro un termine ragionevole a decorrere dalla realizzazione delle operazioni che danno luogo al diritto alla detrazione, possa essere privato della possibilità di esercitare tale diritto da parte di una normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto versata in occasione dell’acquisto di beni, qualora tale soggetto passivo non si sia registrato ai fini dell’imposta sul valore aggiunto prima d’impiegare questi ultimi ai fini della sua attività imponibile. Difatti, in forza dell’art. 178, lett. a), della direttiva 2006/112, l’esercizio del diritto alla detrazione di cui all’art. 168, lett. a), di quest’ultima, relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, è subordinato ad un solo requisito formale attinente al possesso, da parte del soggetto passivo, di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e da 238 a 240 di tale direttiva. Certamente, i soggetti passivi hanno anche l’obbligo di dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione delle loro attività, conformemente ai provvedimenti adottati a tal fine dagli Stati membri, e ciò in forza dell’art. 213 della direttiva 2006/112. Tuttavia, una siffatta disposizione non autorizza affatto gli Stati membri, in mancanza della presentazione di una dichiarazione, a posticipare l’esercizio del diritto alla detrazione sino all’inizio effettivo dello svolgimento abituale delle operazioni imponibili, oppure a precludere al soggetto passivo l’esercizio di tale diritto. Inoltre, i provvedimenti che gli Stati membri possono adottare, in forza dell’art. 273 della direttiva 2006/112, per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la frode non devono eccedere quanto necessario per raggiungere tali scopi e non devono rimettere in discussione la neutralità dell’imposta sul valore aggiunto. Di conseguenza, l’identificazione prevista dall’art. 214 della direttiva 2006/112, al pari degli obblighi di cui all’art. 213 di quest’ultima, non è un atto costitutivo del diritto alla detrazione, che sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile, bensì rappresenta un obbligo formale a fini di controllo. Pertanto, non si può impedire ad una persona soggetta all’imposta sul valore aggiunto di esercitare il proprio diritto alla detrazione per il fatto che non si sia registrata ai fini di detta imposta prima di utilizzare i beni acquisiti nell’ambito della sua attività imponibile. (v. punti 47-51, 54 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, IVA, Diritto alla detrazione, Diminuzione dell’importo del diritto alla detrazione in caso di violazione dell’obbligo di utilizzare un registratore di cassa.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte (Direttive del Consiglio 67/227, art. 2, primo e secondo comma, e 77/388, artt. 2, 10, nn. 1 e 2, e 17, nn. 1 e 2) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 77/388 — Provvedimenti nazionali in deroga — Nozione (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 27, n. 1) 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Divieto di riscuotere altre imposte interne che abbiano natura di imposte sulla cifra d’affari — Nozione di «imposte sulla cifra d’affari» — Portata (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 33) Massima 1. Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, quale è stato definito all’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva 67/227, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, ed agli artt. 2 e 10, nn. 1 e 2, nonché all’art. 17, nn. 1 e 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2004/7, non osta a che uno Stato membro limiti temporaneamente l’importo del diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte per i soggetti passivi che non hanno osservato una formalità di registrazione nella contabilità delle loro vendite, purché la sanzione così prevista rispetti il principio di proporzionalità. Infatti, nei limiti in cui esso mira a garantire l’esatta riscossione dell’imposta e a evitare l’evasione, detto obbligo contabile rientra tra le misure che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare sul fondamento dell’art. 22, n. 8, della sesta direttiva. In tale contesto, prevedendo che, in caso di inosservanza di tale obbligo contabile, il soggetto passivo vede la parte dell’imposta sul valore aggiunto detraibile ridotta del 30%, la suddetta misura va considerata come costituente una sanzione amministrativa il cui effetto dissuasivo è diretto a garantire l’effettività del suddetto obbligo contabile. Compete tuttavia al giudice nazionale di verificare che le modalità di determinazione dell’importo della sanzione e le condizioni in base alle quali sono accertati, istruiti e, eventualmente, giudicati i fatti invocati dall’amministrazione tributaria per attuare la suddetta sanzione non conducano al risultato di privare il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto della sua stessa sostanza e pertanto di ledere il principio di neutralità circa l’onere fiscale gravante su tutte le attività economiche. A tal proposito, un’aliquota della trattenuta limitata al 30% e che preserva dunque l’essenziale dell’importo dell’imposta pagata a monte, non appare né eccessiva né insufficiente ad assicurare un carattere dissuasivo alla sanzione in parola e quindi all’effettività di quest’ultima. Peraltro una siffatta trattenuta, basata sull’importo degli oneri versati dal soggetto passivo, non è manifestamente priva di qualsiasi collegamento col livello dell’attività economica dell’interessato. Inoltre, dal momento che tale sanzione ha per oggetto non la correzione di errori contabili, ma la prevenzione dei medesimi, non si può tener conto, nel valutarne la proporzionalità, del suo carattere forfettario risultante dall’applicazione dell’aliquota fissa del 30% e, di conseguenza, dell’assenza di rapporto fra tale importo e quello risultante dagli errori eventualmente commessi dal soggetto passivo. (v. punti 27-28, 34-37, 39, dispositivo 1) 2. Disposizioni nazionali, che prevedono che una sanzione amministrativa inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto quando si constata che essi non hanno rispettato l’obbligo di utilizzare un registratore di cassa per registrare nella loro contabilità il fatturato e l’importo dell’imposta dovuta, non costituiscono «misure particolari di deroga» dirette ad evitare talune frodi o evasioni fiscali ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva 77//388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, come modificata dalla direttiva 2004/7. Una misura del genere non può rientrare nell’ambito di applicazione del suddetto art. 27, n. 1, in quanto essa è della stessa natura di quelle previste all’art. 22, n. 8, della sesta direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare l’evasione. (v. punti 41-43, dispositivo 2) 3. L’art. 33 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/7, non osta al mantenimento di disposizioni, come quelle che compaiono nella legge polacca relativa all’imposta sui beni e sui servizi, che prevedono una sanzione amministrativa che può essere inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto quando si constata che essi non hanno rispettato l’obbligo di utilizzare un registratore di cassa per registrare nella loro contabilità il fatturato e l’importo dell’imposta dovuta. (v. punto 49, dispositivo 3)