Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 18 ottobre 2012. Mednis SIA contro Valsts ieņēmumu dienests. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts. IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 183 — Modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA — Normativa nazionale che riporta il rimborso di una parte dell’eccedenza di IVA fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo — Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità. Causa C‑525/11.

62011CJ0525 Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 18 ottobre 2012. Mednis SIA contro Valsts ieņēmumu dienests. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts. IVA — <a class="adele-text-link" data-num="32006L0112" data-type="celex" data-kind="legi" data-title="Council Directive 2006/112/EC of 28 November 2006 on the common system of value added tax" data-prov="Art183">Direttiva 2006/112/CE — Articolo 183</a> — Modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA — Normativa nazionale che riporta il rimborso di una parte dell’eccedenza di IVA fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo — Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità. Causa <a class="adele-text-link" data-num="62011CJ0525" data-type="celex" data-kind="case" data-title="Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 18 ottobre 2012. Mednis SIA contro Valsts ieņēmumu dienests. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts. IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 183 — Modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA — Normativa nazionale che riporta il rimborso di una parte dell’eccedenza di IVA fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del ">C‑525/11</a>. EU Corte di giustizia CourtOfJustice http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:62011CJ0525 Judgment CJ 18.10.2012 Court of Justice LV

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

Nella causa C-525/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Augstākās tiesas Senāts (Lettonia) con decisione del 10 ottobre 2011, pervenuta in cancelleria il 17 ottobre 2011, nel procedimento

Mednis SIA

contro

Valsts ieņēmumu dienests,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts (relatore), facente funzione di presidente della Terza Sezione, dai sigg. E. Juhász, G. Arestis, T. von Danwitz e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 luglio 2012,

considerate le osservazioni presentate:

per la Mednis SIA, da V. Gargažins, advokāts, e da N. Krupeņiča;

per il Valsts ieņēmumu dienests, da N. Jezdakova e M. Kuzenko, in qualità di agenti;

per il governo lettone, da I. Kalniņš e K. Freimanis, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da A. Sauka e C. Soulay, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 183 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU L 347, pag. 1 ).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Mednis SIA, società di diritto lettone (in prosieguo: la «Mednis»), ed il Valsts ieņēmumu dienests (amministrazione nazionale delle imposte; in prosieguo: il «VID»), in merito ad una domanda di rimborso di un importo corrispondente ad un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»).

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

L’articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112 dispone quanto segue:

«Qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite».

4

Ai sensi dell’articolo 252, paragrafo 2, della direttiva 2006/112:

«Gli Stati membri fissano la durata del periodo d’imposta ad un mese, due mesi ovvero tre mesi.

Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire una durata diversa, comunque non superiore ad un anno».

Il diritto lettone

5

La legge relativa all’imposta sul valore aggiunto (Likums «Par pievienotās vērtības nodokli», Latvijas Vēstnesis , 1995, n. 49), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge relativa all’IVA»), dispone, al suo articolo 9, paragrafo 1, che il periodo d’imposta corrisponde a un mese civile. Ai sensi del paragrafo 5 di detto articolo, l’esercizio fiscale annuale è costituito dalla somma dei periodi d’imposta di un anno civile.

6

L’articolo 11, paragrafo 1, della legge relativa all’IVA prevede che il soggetto passivo sia tenuto a depositare presso il VID una dichiarazione fiscale contenente il calcolo dell’imposta per un periodo d’imposta entro quindici giorni dalla conclusione di detto periodo, salvo quanto diversamente disposto da tale legge. L’articolo 11, paragrafo 6, della suddetta legge dispone che il soggetto passivo debba depositare presso il VID una dichiarazione per l’esercizio fiscale annuale entro il 1 o maggio dell’anno successivo.

7

Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della legge relativa all’IVA, il soggetto passivo deve versare all’Erario l’imposta relativa al periodo d’imposta entro quindici giorni dalla conclusione di detto periodo.

8

Secondo l’articolo 12, paragrafo 11, della suddetta legge, il VID è tenuto a rimborsare l’eccedenza d’imposta – vale a dire la differenza tra l’imposta liquidata e l’acconto d’imposta detraibile – al soggetto passivo nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione della domanda motivata e dei documenti giustificativi.

9

L’articolo 12, paragrafo 11 1, di tale legge prevede tuttavia che il VID abbia il diritto di posticipare il rimborso dell’eccedenza d’imposta in caso di adozione di una decisione di avvio di un’indagine sull’imposta dovuta dal soggetto passivo per operazioni il cui controllo richiedeva informazioni aggiuntive, oppure qualora le persone che si considerano collegate a un soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 18, della legge relativa alle imposte e alle tasse (Likums «Par nodokļiem un nodevām»), abbiano un debito di IVA nei confronti dell’Erario, o ancora quando l’interessato non sia in grado di fornire la prova documentale della fondatezza della sua domanda di applicazione dell’aliquota d’imposta pari a zero.

10

L’articolo 36, paragrafo 14, della legge relativa all’IVA autorizza il Consiglio dei ministri a fissare limiti all’importo del rimborso dell’eccedenza di IVA nonché le condizioni in cui non si applica alcun limite a tale rimborso.

11

Il Consiglio dei ministri ha adottato il decreto n. 933, del 14 novembre 2006, recante disposizioni di applicazione della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto (Ministru kabineta 2006. gada 14. novembra noteikumi Nr. 933 «Likuma “Par pievienotās vērtības nodokli” normu piemērošanas kārtība», Latvijas Vēstnesis , 2006, n. 191; in prosieguo: il «decreto n. 933»).

12

Tale decreto comprende un articolo 285, così formulato:

«Applicando l’articolo 12, paragrafo 11, della legge, la [VID] potrà non procedere a rimborsare (...) la parte dell’eccedenza di IVA che superi il 18% del valore complessivo delle operazioni imponibili effettuate nei periodi d’imposta mensili (considerato l’importo dell’imposta già versato in tali periodi d’imposta). Il resto dell’eccedenza di IVA sarà rimborsato dall’Erario in base alla dichiarazione riassuntiva annuale».

Fatti e questione pregiudiziale

13

Il 7 ed il 14 dicembre 2007 la Mednis ha presentato al VID domande di rimborso per un importo complessivo pari a LVL 2 081,79, corrispondente a un’eccedenza di IVA per il mese di novembre 2007.

14

Il VID ha negato il rimborso di LVL 1455,82. Richiamandosi all’articolo 285 del decreto n. 933, esso ha adottato la decisione n. 19/11599, del 22 aprile 2008 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), nella quale ha motivato tale diniego con la circostanza che, nel corso del periodo in cui è stata realizzata l’eccedenza di IVA, una parte di questa superava il 18% del valore complessivo delle operazioni imponibili effettuate nei mesi considerati.

15

La Mednis ha proposto un ricorso di annullamento contro la decisione impugnata dinanzi all’Administratīvā rajona tiesa (tribunale amministrativo distrettuale).

16

Con sentenza del 7 luglio 2009, l’Administratīvā rajona tiesa ha respinto detto ricorso, ritenendo che il rifiuto del VID di rimborsare alla Mednis l’intera eccedenza di IVA fosse conforme all’articolo 285 del decreto n. 933.

17

Con sentenza del 3 giugno 2010, l’Administratīvā apgabaltiesa (corte amministrativa regionale) ha respinto l’appello della Mednis. Essa ha condiviso la motivazione addotta dal giudice di primo grado, aggiungendo che la proroga del termine entro cui il VID era tenuto a rimborsare al soggetto passivo l’importo dell’eccedenza di IVA persegue un obiettivo legittimo, correlato all’interesse dell’Erario a che il diritto del soggetto passivo al rimborso dell’IVA sia limitato ove risulti che l’imposta versata all’Erario è nettamente inferiore a quella che quest’ultimo deve rimborsare.

18

La Mednis ha proposto ricorso per cassazione contro tale sentenza dinanzi all’Augstākās tiesas Senāts.

19

Il giudice del rinvio rileva che, ai sensi dell’articolo 285 del decreto n. 933, come applicato dal VID nella prassi, qualora risulti che l’eccedenza di IVA supera la percentuale enunciata in tale disposizione, la parte in eccesso non è rimborsata al soggetto passivo fino a che il VID non abbia esaminato la sua dichiarazione d’imposta annuale. Considerate le circostanze del caso di specie, il soggetto passivo sarebbe costretto ad attendere per oltre un anno il rimborso dell’eccedenza di IVA, per il semplice fatto che essa supera l’aliquota generale dell’IVA.

20

Il giudice del rinvio dubita della conformità della normativa e della prassi in questione con i principi di neutralità e di proporzionalità derivanti dall’articolo 183 della direttiva 2006/112, alla luce del fatto che esse implicano che la decisione di riportare il rimborso dell’eccedenza di IVA sia adottata senza esaminare le circostanze del caso di specie e senza tenere conto del periodo di attesa che intercorre fino all’esame della dichiarazione d’imposta annuale.

21

In tali circostanze, l’Augstākās tiesas Senāts ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 183 della [direttiva 2006/112] conceda a uno Stato membro il diritto, senza procedere ad alcuna verifica specifica, basandosi unicamente su di un calcolo aritmetico, di non rimborsare la parte dell’eccedenza sull’imposta che supera il 18% (aliquota generale dell’IVA) del valore complessivo delle operazioni imponibili effettuate nei periodi d’imposta mensili corrispondenti, fino a quando l’amministrazione tributaria dello Stato non abbia ricevuto la dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo relativa all’[IVA]».

Sulla questione pregiudiziale

22

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 183 della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che esso autorizza l’amministrazione tributaria di uno Stato membro a riportare, senza procedere ad alcuna verifica specifica e basandosi unicamente su di un calcolo aritmetico, il rimborso di una parte di un’eccedenza di IVA emersa nel corso di un periodo d’imposta, fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo da parte di tale amministrazione.

23

A tale riguardo, la libertà di cui dispongono gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 183 della direttiva 2006/112, nello stabilire modalità di rimborso di un’eccedenza di IVA non comporta che dette modalità siano dispensate da qualsivoglia controllo riguardo al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2011, Commissione/Ungheria, C-274/10, Racc. pag. I-7289 , punti 39 e 40 nonché giurisprudenza citata).

24

Tali modalità non possono ledere il principio di neutralità fiscale, facendo gravare sul soggetto passivo, in tutto o in parte, l’onere dell’IVA. Esse devono segnatamente consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da un’eccedenza di IVA. Ciò implica che il rimborso sia effettuato, entro un termine ragionevole, mediante pagamento in denaro liquido o con modalità equivalenti e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non debba far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (v., in particolare, sentenze del 25 ottobre 2001, Commissione/Italia, C-78/00, Racc. pag. I-8195 , punti 33 e 34; del 10 luglio 2008, Sosnowska, C-25/07, Racc. pag. I-5129 , punto 17; del 12 maggio 2011, Enel Maritsa Iztok 3, C-107/10, Racc. pag. I-3873 , punto 33, e Commissione/Ungheria, cit., punto 45).

25

È pur vero che il riporto del rimborso di un’eccedenza di IVA a vari periodi di imposta successivi a quello in cui detta eccedenza è sorta non è necessariamente incompatibile con l’articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112 (v., in tal senso, sentenze citate Enel Maritsa Iztok 3, punto 49, e Commissione/Ungheria, punto 55).

26

Tuttavia, nel procedimento principale, mentre il periodo d’imposta è in linea di principio stabilito – ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della legge relativa all’IVA – in un mese civile, l’applicazione dell’articolo 285 del decreto n. 933 può far sì, come sottolineato sia dal giudice del rinvio sia dalla Commissione europea, che i soggetti passivi ottengano il rimborso integrale di un’eccedenza di IVA solamente a distanza di un anno, o anche più, dal periodo d’imposta nel quale detta eccedenza è emersa.

27

Tale termine, nel corso del quale i soggetti passivi devono sopportare, per la parte che eccede la percentuale prevista al suddetto articolo 285, l’onere finanziario dell’IVA, non può essere considerato ragionevole (v., in tal senso, sentenze citate Sosnowska, punti 20 e 27, nonché Enel Maritsa Iztok 3, punto 55). Pertanto, esso lede il principio di neutralità fiscale ricordato al punto 24 della presente sentenza.

28

Il VID e il governo lettone sostengono che l’articolo 285 del decreto n. 933 mira ad escludere il rischio di evasione o di elusione fiscale e che esso è applicato, nella prassi, solamente in presenza di elementi idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio siffatto. Quest’ultimo sussisterebbe, in particolare, qualora il tipo di attività economiche esercitato dal soggetto passivo non determini, solitamente, eccedenze di IVA, o qualora l’importo di IVA versato da quest’ultimo all’Erario sia significativamente inferiore a quello dell’IVA rimborsabile.

29

Il VID e il governo lettone sostengono che l’applicazione, nel procedimento principale, di detto articolo 285 è stata appunto giustificata dal fatto che il VID aveva rilevato un rischio di evasione dell’IVA, poiché l’esame della domanda di rimborso della Mednis l’aveva condotto a constatare che la notevole eccedenza di IVA versata da detta società era in gran parte dovuta all’applicazione di un’aliquota IVA pari a zero.

30

In udienza, il VID e il suddetto governo hanno altresì dedotto che solamente in un numero limitato di casi, a causa di indizi di evasione o di elusione fiscale, il VID aveva riportato il rimborso dell’eccedenza di IVA superiore alla percentuale prevista al citato articolo 285 fino all’esame della dichiarazione d’imposta annuale del soggetto passivo.

31

A tale riguardo, è pur vero che gli Stati membri hanno un legittimo interesse ad intraprendere azioni volte a proteggere i loro interessi finanziari e che la lotta contro ogni possibile evasione, elusione e abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla direttiva 2006/112 (v., in tal senso, sentenze Sosnowska, cit., punto 22 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, punto 41).

32

Tuttavia, conformemente al principio di proporzionalità, gli Stati membri devono far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente tale obiettivo, pregiudichino il meno possibile gli obiettivi e i principi stabiliti dalla normativa dell’Unione, quale il principio fondamentale del diritto alla detrazione dell’IVA (v. sentenze Sosnowska, cit., punto 23, e del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, punto 69).

33

Nella presente causa, il giudice del rinvio, che è il solo competente sia ad interpretare il diritto nazionale sia ad accertare e valutare i fatti della controversia principale, in particolare la maniera in cui detto diritto è stato applicato dall’amministrazione tributaria (v., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2012, van Laarhoven, C-594/10, punto 36, e del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C-618/10, , punto 76), indica che il VID applica l’articolo 285 del decreto n. 933 in via generale e preventiva, sulla base di una mera constatazione matematica del superamento, da parte dell’eccedenza di IVA in questione, della percentuale prevista a detto articolo, senza procedere ad una verifica specifica del caso di specie nell’ambito della quale il soggetto passivo interessato avrebbe la possibilità di dimostrare l’assenza di rischio di evasione o di elusione fiscale.

34

Come sottolineato dalla Commissione in udienza, non sembra che tali indicazioni del giudice del rinvio siano inconciliabili con i termini dell’articolo 285 del decreto n. 933, che non subordinano, in effetti, l’applicazione di detto articolo alla presenza di indizi di evasione o di elusione fiscale.

35

Inoltre, le indicazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio non fanno emergere che la decisione impugnata, basata sull’articolo 285 del decreto n. 933, sia stata adottata dal VID al termine di un esame che avrebbe posto in luce simili indizi nel procedimento principale.

36

È necessario rilevare che una siffatta applicazione preventiva e generalizzata dell’articolo 285 del decreto n. 933 contravviene al principio di proporzionalità, enunciato dalla giurisprudenza richiamata al punto 32 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenza Sosnowska, cit., punti 24-26).

37

Essa appare ancor meno giustificata dall’obiettivo legittimo di lotta contro l’evasione o l’elusione fiscale in quanto l’amministrazione tributaria, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 11 1, della legge relativa all’IVA, può riportare il rimborso di una simile eccedenza, in particolare, in caso di adozione di una decisione di avvio di un’indagine riguardante l’imposta assolta dal soggetto passivo per operazioni il cui controllo richiedeva informazioni aggiuntive o in caso di impossibilità, per l’interessato, di fornire la prova documentale della fondatezza della sua domanda di applicazione dell’aliquota d’imposta pari a zero (v., per analogia, sentenza Sosnowska, cit., punto 28).

38

Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione posta che l’articolo 183 della direttiva 2006/112 dev’essere interpretato nel senso che esso non autorizza l’amministrazione tributaria di uno Stato membro a riportare, senza procedere ad alcuna verifica specifica e basandosi unicamente su di un calcolo aritmetico, il rimborso di una parte di un’eccedenza di IVA emersa nel corso di un periodo d’imposta di un mese fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo da parte di tale amministrazione.

Sugli effetti della presente sentenza nel tempo

39

Il governo lettone ha chiesto alla Corte di limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza nel caso in cui essa interpreti l’articolo 183 della direttiva 2006/112 nel senso che quest’ultimo osta ad una normativa e ad una prassi nazionali come quelle di cui al procedimento principale.

40

A sostegno della sua domanda, tale governo fa valere, da un lato, il rischio di gravi ripercussioni di un’interpretazione siffatta sulle risorse di bilancio nazionali e, dall’altro, la buona fede dell’amministrazione tributaria lettone.

41

Si deve ricordare al riguardo che l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, che la Corte fornisce nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa nel senso in cui deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne consegue che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituitisi prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, qualora, per il resto, sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una controversia relativa all’applicazione di detta norma (v., in particolare, sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., da C-338/11 a C-347/11, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

42

Solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, cioè la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (v., in particolare, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 59).

43

Più specificamente, la Corte ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto in presenza di circostanze ben precise, segnatamente quando vi era un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente e quando risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa dell’Unione a causa di una oggettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni del diritto dell’Unione, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (v., in particolare, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 60).

44

Del pari, secondo costante giurisprudenza, le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare per uno Stato membro da una sentenza pronunciata in via pregiudiziale non giustificano, di per sé, la limitazione dell’efficacia nel tempo di tale sentenza (v., in particolare, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 62).

45

Nella presente causa, si deve rilevare, da un lato, che il governo lettone non ha fornito alcun dato che consenta alla Corte di valutare la sussistenza, in ragione della presente sentenza, di un rischio di gravi ripercussioni economiche per la Repubblica di Lettonia.

46

Dall’altro, non si può ritenere che l’amministrazione tributaria lettone, nell’applicazione dell’articolo 285 del decreto n. 933, sia stata indotta a tenere, in buona fede, un comportamento non conforme alla normativa dell’Unione a causa di un’oggettiva e rilevante incertezza circa la portata dell’articolo 183 della direttiva 2006/112. Infatti, dalla giurisprudenza formatasi prima del suddetto decreto emerge che, conformemente al principio di neutralità fiscale, costituente un principio fondamentale del sistema comune di IVA, le modalità nazionali di rimborso di un’eccedenza di IVA previste a tale articolo devono consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate e entro un termine ragionevole, l’intero credito derivante da una simile eccedenza, senza far correre alcun rischio finanziario a detto soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza Commissione/Italia, cit., punti 33 e 34).

47

Pertanto, non è necessario limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza.

Sulle spese

48

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 183 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che esso non autorizza l’amministrazione tributaria di uno Stato membro a riportare, senza procedere ad alcuna verifica specifica e basandosi unicamente su di un calcolo aritmetico, il rimborso di una parte di un’eccedenza d’imposta sul valore aggiunto emersa nel corso di un periodo d’imposta di un mese fino all’esame della dichiarazione fiscale annuale del soggetto passivo da parte di tale amministrazione.

Firme

( *1 ) Lingua processuale: il lettone.