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cited in "Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 17 dicembre 2020. FRANCK d.d. Zagreb contro Ministarstvo financija Republike Hrvatske Samostalni sektor za drugostupanjski upravni postupak. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Upravni sud u Zagrebu. Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Esenzioni – Articolo 135, paragrafo 1, lettere b) e d) – Nozioni di “concessione di crediti” e di “altri effetti commerciali” – Operazioni complesse – Prestazione principale – Messa a disposizione dei fondi dietro corrispettivo – Trasferimento di una cambiale a una società di factoring e del denaro ottenuto all’emittente della cambiale. Causa C-801/19."
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Esenzioni, Articolo 135, paragrafo 1, lettere b) e d), Nozioni di “concessione di crediti” e di “altri effetti commerciali”, Operazioni complesse, Prestazione principale, Messa a disposizione dei fondi dietro corrispettivo, Trasferimento di una cambiale a una società di factoring e del denaro ottenuto all’emittente della cambiale.
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Esenzioni, Articolo 135, paragrafo 1, lettere b) e d), Operazioni relative alla concessione, alla negoziazione nonché alla gestione di crediti, Operazioni relative ai crediti, ad eccezione del recupero di crediti, Cessione a titolo oneroso, in favore di un terzo, di una posizione processuale nell’ambito di un procedimento esecutivo per la riscossione forzata di un credito accertato con decisione del giudice.
Rinvio pregiudiziale, Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Vendita di un terreno sul quale, al momento della cessione, si trova un fabbricato, Qualificazione, Articoli 12 e 135, Nozione di “terreno edificabile”, Nozione di “fabbricato”, Valutazione della realtà economica e commerciale, Valutazione degli elementi oggettivi, Intenzione delle parti.
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto, Direttiva 2006/112/CE, Cooperazione integrata, Concessione di un finanziamento e cessione di attivi circolanti necessari alla produzione agricola, Prestazione unica e complessa, Prestazioni distinte e indipendenti, Prestazione accessoria e prestazione principale.
Causa C-208/15 Stock ‘94 Szolgáltató Zrt. contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Kúria) «Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Cooperazione integrata – Concessione di un finanziamento e cessione di attivi circolanti necessari alla produzione agricola – Prestazione unica e complessa – Prestazioni distinte e indipendenti – Prestazione accessoria e prestazione principale» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) dell’8 dicembre 2016 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Cessione di beni – Prestazioni di servizi – Operazioni composte da più elementi – Concessione di un prestito destinato all’acquisto di beni agricoli e cessione di tali beni nell’ambito di un’operazione di cooperazione integrata – Operazione che può essere considerata come un’unica operazione – Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 1, § 2) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretata nel senso che: –
un’operazione di cooperazione agricola integrata che prevede che un operatore economico ceda dei beni a un agricoltore e gli conceda un prestito destinato all’acquisto di tali beni, costituisce un’unica operazione ai fini della menzionata direttiva, nella quale la cessione di beni costituisce la prestazione principale. La base imponibile di siffatta unica operazione è costituita tanto dal prezzo dei beni in parola quanto dagli interessi pagati sui prestiti concessi agli agricoltori; –
la circostanza che un integratore possa fornire agli agricoltori servizi supplementari o possa acquistare la loro produzione agricola non incide sulla qualificazione dell’operazione in discussione come unica operazione ai fini della direttiva 2006/112. In primo luogo, difatti, dal momento che l’operazione di cooperazione integrata è disciplinata dal principio secondo cui l’integratore concede un prestito ad un integrato, che quest’ultimo può utilizzare soltanto per acquistare attivi circolanti dall’integratore, la concessione di siffatti prestiti non costituisce una prestazione che abbia un interesse autonomo dal punto di vista degli integrati, in quanto dette risorse finanziarie non possono essere utilizzate liberamente. In secondo luogo, considerato che non dispone di un’autorizzazione per agire in quanto ente creditizio, l’integratore non può concedere prestiti agli integrati senza che detti prestiti fossero destinati all’acquisto dei suoi attivi circolanti. In terzo luogo, la cessione degli attivi circolanti e il prestito perseguono il medesimo obiettivo economico, ossia, in sostanza, la realizzazione di un sostegno sotto il profilo finanziario e logistico agli agricoltori, che consenta loro di svolgere un’attività di produzione agricola. In tale contesto, la cessione di detti attivi circolanti costituisce, per gli integrati, la prestazione principale derivante dalla cooperazione integrata, in quanto gli agricoltori saranno in grado di proseguire la loro attività agricola grazie agli attivi in parola. Ottenere un prestito per l’acquisizione di tali attivi, quindi, per gli agricoltori di cui trattasi, costituisce non già un fine in sé, bensì unicamente un mezzo che consente loro di acquisire gli attivi circolanti necessari alla loro produzione agricola. A tale riguardo, spetta al giudice del rinvio verificare se l’operazione di cooperazione integrata presenti effettivamente l’obiettivo economico in parola, e altresì stabilire se la cessione degli attivi circolanti sia dotata di una tale importanza fondamentale per gli integrati. Se questa fosse l’ipotesi che ricorre, è necessario considerare che la cessione degli attivi circolanti e la concessione di un prestito destinato all’acquisto di tali attivi costituiscono un’unica operazione complessa ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, giacché la prestazione principale è la cessione degli attivi in parola. Infine, in quarto luogo, la circostanza che l’integratore possa, in modo facoltativo, offrire servizi supplementari agli integrati e altresì acquistare la loro produzione agricola non incide sulla soluzione di cui trattasi. (v. punti 31-39 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e articolo 135, paragrafo 1, lettere da d) a f), Servizi a titolo oneroso, Operazioni di cambio della valuta virtuale “bitcoin” contro valuta tradizionale, Esenzione.
Causa C-264/14 Skatteverket contro David Hedqvist (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Högsta förvaltningsdomstolen) «Rinvio pregiudiziale — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e articolo 135, paragrafo 1, lettere da d) a f) — Servizi a titolo oneroso — Operazioni di cambio della valuta virtuale “bitcoin” contro valuta tradizionale — Esenzione» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 22 ottobre 2015 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi a titolo oneroso — Nozione — Operazioni di cambio della valuta virtuale «bitcoin» contro valuta tradizionale — Inclusione
[Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, § 1, c), 14 e 24]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Operazioni bancarie o relative a titoli — Operazioni di cambio della valuta virtuale «bitcoin» contro valuta tradizionale — Esclusione
[Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 135, § 1, d) e f)]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Operazioni relative a valute — Operazioni di cambio della valuta virtuale «bitcoin» contro valuta tradizionale — Inclusione
[Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 135, § 1, e)]
Diritto dell’Unione europea — Interpretazione — Testi plurilingui — Divergenze fra le varie versioni linguistiche — Considerazione del contesto e della ratio della normativa in questione
[Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 135, § 1, e)] L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, va interpretato nel senso che costituiscono prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso, ai sensi di tale disposizione, operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti.
In primo luogo, infatti, la valuta virtuale a flusso bidirezionale «bitcoin», non può essere qualificata come bene materiale ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2006/114, dato che questa valuta virtuale non ha altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento. Conseguentemente, le operazioni che consistono nel cambio di diversi mezzi di pagamento non ricadono nella nozione di «cessione di beni», prevista da detto articolo 14 della direttiva. In questo contesto, tali operazioni costituiscono prestazioni di servizi ai sensi dell’articolo 24 della direttiva 2006/114. In secondo luogo, quanto al carattere oneroso di una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva, occorre considerare che costituiscono prestazioni di servizi effettuate a fronte di una controprestazione che presenta un nesso diretto con il servizio prestato le operazioni nel contesto delle quali sussiste un rapporto giuridico sinallagmatico in forza del quale le parti si impegneranno reciprocamente a cedere importi in una certa valuta e a riceverne il controvalore in una valuta virtuale a flusso bidirezionale o viceversa. A tal riguardo, risulta inconferente, ai fini della determinazione del carattere oneroso di una prestazione di servizi, il fatto che la retribuzione di detta prestazione non assuma la forma del versamento di una provvigione o del pagamento di spese specifiche.
(v. punti 24, 26-31, dispositivo 1)
L’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, va interpretato nel senso che prestazioni di servizi che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti, non ricadono nella sfera di applicazione di tale disposizione.
Per quanto riguarda, anzitutto, le esenzioni previste dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera d), di detta direttiva, la valuta virtuale «bitcoin», essendo un mezzo di pagamento contrattuale, non può essere considerata, da una parte, né come un conto corrente né come un deposito di fondi, un pagamento o un versamento. D’altra parte, a differenza dai crediti, dagli assegni e dagli altri effetti commerciali, di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/12, essa costituisce un mezzo di pagamento diretto tra gli operatori che l’accettano. Per quanto riguarda, poi, le esenzioni previste dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, la valuta virtuale «bitcoin» non costituisce né un titolo che conferisce un diritto di proprietà su persone giuridiche né un titolo di natura comparabile.
(v. punti 38, 42, 54, 55, 57, dispositivo 2)
L’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, va interpretato nel senso che prestazioni di servizi che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti, costituiscono operazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi di tale disposizione.
Infatti, le nozioni adoperate dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112, che prevede che gli Stati membri esentino le operazioni relative, segnatamente, a divise, banconote e monete con valore liberatorio, devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione. Le esenzioni previste in tale disposizione sono intese, segnatamente, a ovviare alle difficoltà collegate alla determinazione della base imponibile nonché dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto detraibile che sorgono nel contesto dell’imposizione delle operazioni finanziarie. Orbene, le operazioni relative a valute non tradizionali, vale a dire diverse dalle monete con valore liberatorio in uno o più paesi, costituiscono operazioni finanziarie, in quanto tali valute siano state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento.
Inoltre, nel caso particolare di operazioni quali le operazioni di cambio, le difficoltà collegate alla determinazione della base imponibile nonché dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto detraibile possono essere identiche, indipendentemente dal fatto che si tratti di cambio di valute tradizionali, normalmente esentate in forza dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112, o di cambio, da una parte, di tali valute contro, d’altra parte, valute virtuali a flusso bidirezionale che, senza essere mezzi di pagamento legali, costituiscono un mezzo di pagamento accettato dalle parti di una transazione, e viceversa. A tal riguardo, un’interpretazione di tale disposizione secondo la quale essa disciplina le operazioni relative alle sole valute tradizionali si risolverebbe nel privarla di parte dei suoi effetti.
(v. punti 44, 45, 48-51, 53, 57, dispositivo 2)
V. il testo della decisione.
(v. punto 47)
Rinvio pregiudiziale, Sesta direttiva IVA, Esenzioni, Articolo 13, parte B, lettera d), punti 3 e 5, Nozioni di “altri titoli” e di “altri effetti commerciali”, Sistema di promozione delle vendite, Carta di sconto, Base imponibile.
Causa C-461/12 Granton Advertising BV contro Inspecteur van de Belastingdienst Haaglanden/kantoor Den Haag (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof ’s-Hertogenbosch) «Rinvio pregiudiziale — Sesta direttiva IVA — Esenzioni — Articolo 13, parte B, lettera d), punti 3 e 5 — Nozioni di “altri titoli” e di “altri effetti commerciali” — Sistema di promozione delle vendite — Carta di sconto — Base imponibile» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 12 giugno 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Base imponibile – Operazione di vendita di una carta che consente di partecipare a un sistema di promozione delle vendite – Base imponibile costituita dalla somma realmente percepita dal rivenditore [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 11 parte A, § 3, b)] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Base imponibile – Nozione – Operazione di vendita di una carta che consente di partecipare a un sistema di promozione delle vendite – Ribassi di prezzo concessi da imprese affiliate – Esclusione Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Operazioni finanziarie di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punti 3 e 5 – Operazione di vendita di una carta che consente di partecipare a un sistema di promozione delle vendite – Esclusione [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13 parte B, d), punti 3 e 5] L’utilizzo di una carta venduta ai consumatori da un’impresa e che consenta di ottenere prodotti o servizi offerti da imprese affiliate a condizioni preferenziali, convenute tra queste ultime e l’impresa che emette la carta, non può costituire un «pagamento», ai fini della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, trattandosi, di fatto, di una riduzione di prezzo. Infatti, su presentazione di tale carta da parte del suo titolare, l’impresa affiliata rinuncia, in particolare, a richiedere una parte del prezzo normale, cosicché detto titolare non paga l’importo pari a detta riduzione. Orbene, la circostanza che l’impresa affiliata accetti di fare a meno di incassare la somma corrispondente alla riduzione ottenuta in forza di dette condizioni preferenziali costituisce un ribasso di prezzo a norma dell’articolo 11, parte A, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva. Questo ribasso, che non deve essere incluso nella base imponibile dell’operazione di cui trattasi, riguarda in particolare la differenza tra il normale prezzo di vendita al minuto e la somma di denaro effettivamente ricevuta dal rivenditore. (v. punti 18, 19, 22) I ribassi di prezzo concessi dalle imprese affiliate non sono compresi nella base imponibile delle eventuali operazioni effettuate tra queste ultime e i titolari di una carta emessa da un’impresa che consente di ottenere prodotti o servizi offerti dalle imprese affiliate a condizioni preferenziali, convenute tra queste ultime e l’impresa che emette la carta. Gli importi versati dai consumatori all’impresa summenzionata per l’acquisizione della sua carta non possono essere intesi nel senso di costituire indirettamente il controvalore, o una parte di quest’ultimo, di prestazioni di cui detti consumatori possono beneficiare successivamente presso imprese affiliate. Non esiste alcun nesso sufficientemente diretto tra l’importo versato da tali consumatori per ricevere detta carta e i beni o le prestazioni di servizi eventualmente ottenuti dagli stessi consumatori presso le imprese affiliate. In proposito, oltre al fatto che non esiste alcun contratto tra i titolari di dette carte e le imprese affiliate e che queste ultime non ricevono alcuna parte dei ricavati ottenuti dall’impresa di emissione dalla vendita di dette carte, non sussiste inoltre alcun collegamento necessario tra il pagamento, da parte del consumatore all’impresa di emissione, per ricevere una carta e il valore delle riduzioni eventualmente ottenute dallo stesso consumatore presso le imprese affiliate. L’importo delle eventuali riduzioni, che dipende segnatamente dall’utilizzo di detta carta nonché dalla disponibilità delle offerte presso imprese affiliate, è aleatorio e praticamente impossibile da determinare in anticipo. (v. punti 18, 20-22) L’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che la vendita di una carta di sconto, venduta da un’impresa che consente di ottenere prodotti o servizi offerti da imprese affiliate a condizioni preferenziali, convenute tra queste ultime e l’impresa che emette la carta, non costituisce un’operazione riguardante «altri titoli» o «altri effetti commerciali», ai sensi, rispettivamente, dei punti 5 e 3 della medesima disposizione, che contempla determinate operazioni che gli Stati membri devono esonerare dall’imposta sul valore aggiunto. Infatti, detti termini devono essere interpretati restrittivamente, dato che tali esenzioni costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’imposta sul valore aggiunto è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo. Al riguardo, le operazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto in forza dell’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva sono, per loro natura, operazioni finanziarie. Benché siffatte operazioni, definite in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite, non debbano essere necessariamente effettuate tramite banche o istituti finanziari, tuttavia nel loro complesso esse rientrano tra le operazioni finanziarie. Orbene, detta carta è caratterizzata dal fatto che conferisce al suo titolare solamente il diritto di ottenere riduzioni sui prezzi dei prodotti e dei servizi offerti dalle imprese affiliate. Da un lato, quest’ultima non ha alcun valore nominale e non può essere scambiata con denaro o prodotti presso le imprese affiliate. Dall’altro, sebbene tale carta conferisca il diritto a riduzioni di prezzo, essa non costituisce di per sé uno strumento di pagamento ai fini di detta direttiva. In particolare, sebbene una carta del genere sia trasferibile e possa essere rivenduta ad un determinato prezzo, la sua modalità di funzionamento non implica alcun trasferimento di denaro, contrariamente ai pagamenti, ai giroconti e agli assegni. Pertanto, la vendita di una carta del genere ai consumatori non costituisce, per sua natura, un’operazione finanziaria. (v. punti 18, 25, 29, 31, 32, 37, 39 e dispositivo) Causa C-461/12 Granton Advertising BV contro Inspecteur van de Belastingdienst Haaglanden/kantoor Den Haag (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof ’s-Hertogenbosch) «Rinvio pregiudiziale — Sesta direttiva IVA — Esenzioni — Articolo 13, parte B, lettera d), punti 3 e 5 — Nozioni di “altri titoli” e di “altri effetti commerciali” — Sistema di promozione delle vendite — Carta di sconto — Base imponibile» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 12 giugno 2014 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Operazione di vendita di una carta che consente di partecipare a un sistema di promozione delle vendite — Base imponibile costituita dalla somma realmente percepita dal rivenditore
[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 11 parte A, § 3, b)]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Nozione — Operazione di vendita di una carta che consente di partecipare a un sistema di promozione delle vendite — Ribassi di prezzo concessi da imprese affiliate — Esclusione
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Operazioni finanziarie di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punti 3 e 5 — Operazione di vendita di una carta che consente di partecipare a un sistema di promozione delle vendite — Esclusione
[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13 parte B, d), punti 3 e 5] L’utilizzo di una carta venduta ai consumatori da un’impresa e che consenta di ottenere prodotti o servizi offerti da imprese affiliate a condizioni preferenziali, convenute tra queste ultime e l’impresa che emette la carta, non può costituire un «pagamento», ai fini della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, trattandosi, di fatto, di una riduzione di prezzo.
Infatti, su presentazione di tale carta da parte del suo titolare, l’impresa affiliata rinuncia, in particolare, a richiedere una parte del prezzo normale, cosicché detto titolare non paga l’importo pari a detta riduzione.
Orbene, la circostanza che l’impresa affiliata accetti di fare a meno di incassare la somma corrispondente alla riduzione ottenuta in forza di dette condizioni preferenziali costituisce un ribasso di prezzo a norma dell’articolo 11, parte A, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva. Questo ribasso, che non deve essere incluso nella base imponibile dell’operazione di cui trattasi, riguarda in particolare la differenza tra il normale prezzo di vendita al minuto e la somma di denaro effettivamente ricevuta dal rivenditore.
(v. punti 18, 19, 22)
I ribassi di prezzo concessi dalle imprese affiliate non sono compresi nella base imponibile delle eventuali operazioni effettuate tra queste ultime e i titolari di una carta emessa da un’impresa che consente di ottenere prodotti o servizi offerti dalle imprese affiliate a condizioni preferenziali, convenute tra queste ultime e l’impresa che emette la carta.
Gli importi versati dai consumatori all’impresa summenzionata per l’acquisizione della sua carta non possono essere intesi nel senso di costituire indirettamente il controvalore, o una parte di quest’ultimo, di prestazioni di cui detti consumatori possono beneficiare successivamente presso imprese affiliate. Non esiste alcun nesso sufficientemente diretto tra l’importo versato da tali consumatori per ricevere detta carta e i beni o le prestazioni di servizi eventualmente ottenuti dagli stessi consumatori presso le imprese affiliate.
In proposito, oltre al fatto che non esiste alcun contratto tra i titolari di dette carte e le imprese affiliate e che queste ultime non ricevono alcuna parte dei ricavati ottenuti dall’impresa di emissione dalla vendita di dette carte, non sussiste inoltre alcun collegamento necessario tra il pagamento, da parte del consumatore all’impresa di emissione, per ricevere una carta e il valore delle riduzioni eventualmente ottenute dallo stesso consumatore presso le imprese affiliate. L’importo delle eventuali riduzioni, che dipende segnatamente dall’utilizzo di detta carta nonché dalla disponibilità delle offerte presso imprese affiliate, è aleatorio e praticamente impossibile da determinare in anticipo.
(v. punti 18, 20-22)
L’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che la vendita di una carta di sconto, venduta da un’impresa che consente di ottenere prodotti o servizi offerti da imprese affiliate a condizioni preferenziali, convenute tra queste ultime e l’impresa che emette la carta, non costituisce un’operazione riguardante «altri titoli» o «altri effetti commerciali», ai sensi, rispettivamente, dei punti 5 e 3 della medesima disposizione, che contempla determinate operazioni che gli Stati membri devono esonerare dall’imposta sul valore aggiunto.
Infatti, detti termini devono essere interpretati restrittivamente, dato che tali esenzioni costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’imposta sul valore aggiunto è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo.
Al riguardo, le operazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto in forza dell’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva sono, per loro natura, operazioni finanziarie. Benché siffatte operazioni, definite in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite, non debbano essere necessariamente effettuate tramite banche o istituti finanziari, tuttavia nel loro complesso esse rientrano tra le operazioni finanziarie.
Orbene, detta carta è caratterizzata dal fatto che conferisce al suo titolare solamente il diritto di ottenere riduzioni sui prezzi dei prodotti e dei servizi offerti dalle imprese affiliate.
Da un lato, quest’ultima non ha alcun valore nominale e non può essere scambiata con denaro o prodotti presso le imprese affiliate.
Dall’altro, sebbene tale carta conferisca il diritto a riduzioni di prezzo, essa non costituisce di per sé uno strumento di pagamento ai fini di detta direttiva. In particolare, sebbene una carta del genere sia trasferibile e possa essere rivenduta ad un determinato prezzo, la sua modalità di funzionamento non implica alcun trasferimento di denaro, contrariamente ai pagamenti, ai giroconti e agli assegni.
Pertanto, la vendita di una carta del genere ai consumatori non costituisce, per sua natura, un’operazione finanziaria.
(v. punti 18, 25, 29, 31, 32, 37, 39 e dispositivo)
Fiscalità, Sesta direttiva IVA, Esenzioni, Art. 13, parte B, lett. f), Scommesse, lotterie e altri giochi di azzardo con poste di denaro, Principio della neutralità fiscale, Bingo meccanici con vincite versate in contanti ("mechanised cash bingo"), Slot machines, Prassi amministrativa che diverge dalle disposizioni legislative, Argomento in difesa basato sulla dovuta diligenza ("due diligence").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Disparità di trattamento di due prestazioni identiche o simili dal punto di vista del consumatore — Violazione del principio di neutralità fiscale (Direttiva del Consiglio 77/388) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)] 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)] 4. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)] 5. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)] Massima 1. Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di due prestazioni di servizi identiche o simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfano le medesime esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare una violazione di tale principio. Una violazione siffatta non esige quindi che sia dimostrata anche l’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi di cui trattasi o una distorsione della concorrenza a causa di tale differenza di trattamento. (v. punto 36, dispositivo 1) 2. In presenza di una differenza di trattamento di due giochi d’azzardo per quanto riguarda la concessione di un’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che non occorre tenere conto del fatto che i due giochi rientrano in categorie di licenza diverse e sono assoggettati a regimi giuridici diversi per quanto riguarda il controllo e la regolamentazione. Tale disposizione ha lasciato un ampio margine discrezionale agli Stati membri circa l’esenzione o la tassazione delle operazioni di cui trattasi dal momento che consente a detti Stati di fissare le condizioni e i limiti ai quali può essere subordinato il beneficio di tale esenzione, purché sia rispettato il principio della neutralità fiscale. Ai fini della valutazione della comparabilità dei due giochi d’azzardo, la cui disparità di trattamento può comportare una violazione del principio di neutralità fiscale, sono irrilevanti elementi quali la liceità o illiceità della gestione dei giochi di azzardo, l’identità di coloro che gestiscono tali giochi e apparecchi e la forma giuridica sotto la quale essi svolgono le loro attività. Lo stesso dicasi per le differenze esistenti tra, da un lato, i pub/bar e le sale da gioco e, dall’altro, i casinò autorizzati per quanto riguarda il contesto nel quale i giochi d’azzardo sono in essi offerti, in particolare l’accessibilità da un punto di vista geografico e di orari nonché l’ambiente. Infine, nemmeno la circostanza che solo uno dei due tipi di gioco sia assoggettato ad un’imposta non armonizzata è idonea a giustificare la conclusione che detti tipi di gioco non siano comparabili. (v. punti 40-41, 45-48, 51, dispositivo 2) 3. Per valutare, alla luce del principio di neutralità fiscale, se due tipi di slot machines siano simili e richiedano il medesimo trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, occorre verificare se l’utilizzo di detti tipi sia comparabile dal punto di vista del consumatore medio e risponda alle medesime esigenze di quest’ultimo, e in proposito gli elementi che possono essere presi in considerazione sono, in particolare, i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita nonché le probabilità di vincita. (v. punto 58, dispositivo 3) 4. Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che un soggetto passivo non può richiedere il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto versata relativamente a talune prestazioni di servizi, adducendo una violazione di detto principio allorché le autorità fiscali dello Stato membro interessato hanno trattato, in pratica, come prestazioni esenti prestazioni di servizi simili, benché, secondo la normativa nazionale pertinente, non siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto. Infatti, benché un’amministrazione pubblica che segue una prassi generale possa essere vincolata da quest’ultima, resta pur sempre il fatto che il principio di parità di trattamento, il quale si estrinseca in materia d’imposta sul valore aggiunto nel principio di neutralità fiscale, deve conciliarsi con il rispetto della legalità, secondo cui nessuno può invocare, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri. Ne consegue che un soggetto passivo non può pretendere che una determinata prestazione debba essere assoggettata al medesimo trattamento fiscale di un’altra prestazione, laddove quest’ultimo trattamento non sia conforme alla normativa nazionale pertinente. (v. punti 61-64, dispositivo 4) 5. Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro, che si sia avvalso del potere discrezionale conferito dall’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, ed abbia esentato dall’imposta sul valore aggiunto la messa a disposizione di qualunque mezzo per giocare a giochi d’azzardo, escludendo nel contempo da tale esenzione una categoria di apparecchi rispondenti a determinati criteri, non può addurre in risposta ad una domanda di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, basata su una violazione di detto principio, il fatto di aver agito con la dovuta diligenza all’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di apparecchio non rispondente a tali criteri. L’effetto diretto di una disposizione di una direttiva, quale l’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, non dipende né dall’esistenza di un errore intenzionale o di una negligenza commessi dallo Stato membro interessato all’atto della trasposizione della direttiva di cui trattasi né dall’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione. Pertanto, detta disposizione può essere invocata da un gestore di giochi o di apparecchi per giochi d’azzardo dinanzi ai giudici nazionali affinché siano disapplicate le norme di diritto interno incompatibili con tale disposizione. (v. punti 69-70, 74, dispositivo 5)