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cited in "Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 15 novembre 2012. Finanzamt Steglitz contro Ines Zimmermann. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof. Sesta direttiva IVA — Esenzioni — Articolo 13, parte A, paragrafi 1, lettera g), e 2 — Prestazioni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Riconoscimento — Condizioni non applicabili agli organismi diversi da quelli di diritto pubblico — Potere discrezionale degli Stati membri — Limiti — Principio di neutralità fiscale. Causa C‑174/11."
Sesta direttiva IVA, Esenzioni, Articolo 13, parte A, paragrafi 1, lettera g), e 2, Prestazioni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale, Riconoscimento, Condizioni non applicabili agli organismi diversi da quelli di diritto pubblico, Potere discrezionale degli Stati membri, Limiti, Principio di neutralità fiscale.
Causa C-174/11 Finanzamt Steglitz contro Ines Zimmermann (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof) «Sesta direttiva IVA — Esenzioni — Articolo 13, parte A, paragrafi 1, lettera g), e 2 — Prestazioni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Riconoscimento — Condizioni non applicabili agli organismi diversi da quelli di diritto pubblico — Potere discrezionale degli Stati membri — Limiti — Principio di neutralità fiscale» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 15 novembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle prestazioni connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale – Effetto diretto [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13 parte A, § 1, g)] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Finalità e sistematica – Principio di neutralità fiscale – Nozione – Neutralità dell’imposizione fiscale e parità di trattamento – Nozioni distinte (Direttiva del Consiglio 77/388) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Interpretazione alla luce del principio di neutralità fiscale – Limiti (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle prestazioni connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale – Organismi aventi carattere sociale – Criteri – Copertura, in almeno due terzi dei casi, da parte degli organismi di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti, delle spese sostenute nell’anno civile precedente – Condizione tale da non garantire la parità di trattamento degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico – Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, § 1, g), e § 2, b)] V. il testo della decisione. (v. punto 32) V. il testo della decisione. (v. punti 46-48) V. il testo della decisione. (v. punti 50, 51) L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, interpretato alla luce del principio di neutralità fiscale, osta a che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di cure a domicilio somministrate da prestatori commerciali sia assoggettata ad una condizione secondo la quale nel corso dell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese relative a tali cure devono essere state sostenute, in tutto o per la maggior parte, dagli organismi di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti, qualora tale condizione non sia tale da garantire la parità di trattamento nell’ambito del riconoscimento, ai fini di tale disposizione, del carattere sociale di organismi diversi da quelli di diritto pubblico. Alla luce di tutti gli elementi concreti della controversia ad esso sottoposta, il giudice nazionale deve parimenti tener conto delle condizioni poste dall’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), della sesta direttiva. Quindi, quale che sia l’interpretazione attribuita all’espressione «strettamente connesse» nell’ambito dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, occorre rammentare che l’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), primo trattino, di quest’ultima subordina in ogni caso l’esenzione alla condizione che le cessioni di beni o le prestazioni di servizi in questione siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate. Peraltro, in forza dell’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), secondo trattino, della sesta direttiva, le prestazioni di servizi e le cessioni di beni sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista dal paragrafo 1, lettera g), di tale medesimo articolo se sono essenzialmente destinate a procurare all’ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all’imposta sul valore aggiunto. (v. punti 60-63 e dispositivo) Causa C-174/11 Finanzamt Steglitz contro Ines Zimmermann (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof) «Sesta direttiva IVA — Esenzioni — Articolo 13, parte A, paragrafi 1, lettera g), e 2 — Prestazioni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Riconoscimento — Condizioni non applicabili agli organismi diversi da quelli di diritto pubblico — Potere discrezionale degli Stati membri — Limiti — Principio di neutralità fiscale» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 15 novembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione delle prestazioni connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Effetto diretto
[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13 parte A, § 1, g)]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Finalità e sistematica — Principio di neutralità fiscale — Nozione — Neutralità dell’imposizione fiscale e parità di trattamento — Nozioni distinte
(Direttiva del Consiglio 77/388)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Interpretazione alla luce del principio di neutralità fiscale — Limiti
(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione delle prestazioni connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Organismi aventi carattere sociale — Criteri — Copertura, in almeno due terzi dei casi, da parte degli organismi di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti, delle spese sostenute nell’anno civile precedente — Condizione tale da non garantire la parità di trattamento degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico — Inammissibilità
[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, § 1, g), e § 2, b)] V. il testo della decisione.
(v. punto 32)
V. il testo della decisione.
(v. punti 46-48)
V. il testo della decisione.
(v. punti 50, 51)
L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, interpretato alla luce del principio di neutralità fiscale, osta a che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di cure a domicilio somministrate da prestatori commerciali sia assoggettata ad una condizione secondo la quale nel corso dell’anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese relative a tali cure devono essere state sostenute, in tutto o per la maggior parte, dagli organismi di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti, qualora tale condizione non sia tale da garantire la parità di trattamento nell’ambito del riconoscimento, ai fini di tale disposizione, del carattere sociale di organismi diversi da quelli di diritto pubblico.
Alla luce di tutti gli elementi concreti della controversia ad esso sottoposta, il giudice nazionale deve parimenti tener conto delle condizioni poste dall’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), della sesta direttiva. Quindi, quale che sia l’interpretazione attribuita all’espressione «strettamente connesse» nell’ambito dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva, occorre rammentare che l’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), primo trattino, di quest’ultima subordina in ogni caso l’esenzione alla condizione che le cessioni di beni o le prestazioni di servizi in questione siano indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate.
Peraltro, in forza dell’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), secondo trattino, della sesta direttiva, le prestazioni di servizi e le cessioni di beni sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista dal paragrafo 1, lettera g), di tale medesimo articolo se sono essenzialmente destinate a procurare all’ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all’imposta sul valore aggiunto.
(v. punti 60-63 e dispositivo)
Fiscalità, Sesta direttiva IVA, Esenzioni, Art. 13, parte B, lett. f), Scommesse, lotterie e altri giochi di azzardo con poste di denaro, Principio della neutralità fiscale, Bingo meccanici con vincite versate in contanti ("mechanised cash bingo"), Slot machines, Prassi amministrativa che diverge dalle disposizioni legislative, Argomento in difesa basato sulla dovuta diligenza ("due diligence").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Disparità di trattamento di due prestazioni identiche o simili dal punto di vista del consumatore — Violazione del principio di neutralità fiscale (Direttiva del Consiglio 77/388) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)] 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)] 4. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)] 5. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione per i giochi d’azzardo — Potere degli Stati membri di determinare le condizioni e i limiti dell’esenzione — Limiti — Rispetto del principio di neutralità fiscale [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. f)] Massima 1. Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di due prestazioni di servizi identiche o simili dal punto di vista del consumatore e che soddisfano le medesime esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare una violazione di tale principio. Una violazione siffatta non esige quindi che sia dimostrata anche l’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi di cui trattasi o una distorsione della concorrenza a causa di tale differenza di trattamento. (v. punto 36, dispositivo 1) 2. In presenza di una differenza di trattamento di due giochi d’azzardo per quanto riguarda la concessione di un’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che non occorre tenere conto del fatto che i due giochi rientrano in categorie di licenza diverse e sono assoggettati a regimi giuridici diversi per quanto riguarda il controllo e la regolamentazione. Tale disposizione ha lasciato un ampio margine discrezionale agli Stati membri circa l’esenzione o la tassazione delle operazioni di cui trattasi dal momento che consente a detti Stati di fissare le condizioni e i limiti ai quali può essere subordinato il beneficio di tale esenzione, purché sia rispettato il principio della neutralità fiscale. Ai fini della valutazione della comparabilità dei due giochi d’azzardo, la cui disparità di trattamento può comportare una violazione del principio di neutralità fiscale, sono irrilevanti elementi quali la liceità o illiceità della gestione dei giochi di azzardo, l’identità di coloro che gestiscono tali giochi e apparecchi e la forma giuridica sotto la quale essi svolgono le loro attività. Lo stesso dicasi per le differenze esistenti tra, da un lato, i pub/bar e le sale da gioco e, dall’altro, i casinò autorizzati per quanto riguarda il contesto nel quale i giochi d’azzardo sono in essi offerti, in particolare l’accessibilità da un punto di vista geografico e di orari nonché l’ambiente. Infine, nemmeno la circostanza che solo uno dei due tipi di gioco sia assoggettato ad un’imposta non armonizzata è idonea a giustificare la conclusione che detti tipi di gioco non siano comparabili. (v. punti 40-41, 45-48, 51, dispositivo 2) 3. Per valutare, alla luce del principio di neutralità fiscale, se due tipi di slot machines siano simili e richiedano il medesimo trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, occorre verificare se l’utilizzo di detti tipi sia comparabile dal punto di vista del consumatore medio e risponda alle medesime esigenze di quest’ultimo, e in proposito gli elementi che possono essere presi in considerazione sono, in particolare, i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita nonché le probabilità di vincita. (v. punto 58, dispositivo 3) 4. Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che un soggetto passivo non può richiedere il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto versata relativamente a talune prestazioni di servizi, adducendo una violazione di detto principio allorché le autorità fiscali dello Stato membro interessato hanno trattato, in pratica, come prestazioni esenti prestazioni di servizi simili, benché, secondo la normativa nazionale pertinente, non siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto. Infatti, benché un’amministrazione pubblica che segue una prassi generale possa essere vincolata da quest’ultima, resta pur sempre il fatto che il principio di parità di trattamento, il quale si estrinseca in materia d’imposta sul valore aggiunto nel principio di neutralità fiscale, deve conciliarsi con il rispetto della legalità, secondo cui nessuno può invocare, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri. Ne consegue che un soggetto passivo non può pretendere che una determinata prestazione debba essere assoggettata al medesimo trattamento fiscale di un’altra prestazione, laddove quest’ultimo trattamento non sia conforme alla normativa nazionale pertinente. (v. punti 61-64, dispositivo 4) 5. Il principio della neutralità fiscale dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro, che si sia avvalso del potere discrezionale conferito dall’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, ed abbia esentato dall’imposta sul valore aggiunto la messa a disposizione di qualunque mezzo per giocare a giochi d’azzardo, escludendo nel contempo da tale esenzione una categoria di apparecchi rispondenti a determinati criteri, non può addurre in risposta ad una domanda di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, basata su una violazione di detto principio, il fatto di aver agito con la dovuta diligenza all’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di apparecchio non rispondente a tali criteri. L’effetto diretto di una disposizione di una direttiva, quale l’art. 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva 77/388, non dipende né dall’esistenza di un errore intenzionale o di una negligenza commessi dallo Stato membro interessato all’atto della trasposizione della direttiva di cui trattasi né dall’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione. Pertanto, detta disposizione può essere invocata da un gestore di giochi o di apparecchi per giochi d’azzardo dinanzi ai giudici nazionali affinché siano disapplicate le norme di diritto interno incompatibili con tale disposizione. (v. punti 69-70, 74, dispositivo 5)
Sesta direttiva IVA, Diritto alla detrazione, Acquisto di veicoli e utilizzazione per operazioni di leasing, Divergenze tra i regimi fiscali di due Stati membri, Divieto di pratiche abusive.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, n. 3, lett. a)] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Esclusioni del diritto a detrazione [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, n. 3, lett. a)] Massima 1. L’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro non può negare ad un soggetto passivo la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte sull’acquisto di beni effettuato in tale Stato membro, quando tali beni siano stati utilizzati a fini di operazioni di leasing compiute in un altro Stato membro, per il solo motivo che le operazioni effettuate a valle non hanno dato luogo al versamento dell’imposta sul valore aggiunto nel secondo Stato membro. Infatti, in forza di detto art. 17, n. 3, lett. a), il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto versata a monte per talune operazioni, rispetto ad altre operazioni realizzate a valle in un altro Stato membro, dipende dalla questione se tale diritto alla detrazione sussisterebbe qualora tutte le operazioni venissero effettuate all’interno dello stesso Stato membro. Di conseguenza, il fatto che uno Stato membro non abbia riscosso detta imposta a valle, a causa della qualificazione data ad un’operazione commerciale, non può privare il soggetto passivo del diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte in un altro Stato membro. (v. punti 32, 42, 46, dispositivo 1) 2. Il principio del divieto di pratiche abusive non osta, in circostanze in cui un’impresa stabilita in uno Stato membro decide di effettuare, tramite una propria controllata stabilita in un altro Stato membro, operazioni di leasing su beni ad una società terza stabilita nel primo Stato membro, al fine di evitare l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto sui canoni relativi a tali operazioni, ove queste sono qualificate, nel primo Stato membro, come prestazioni di servizi di locazione effettuate nel secondo Stato membro e invece, in questo secondo Stato membro, come cessioni di beni effettuate nel primo Stato membro, al diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto sancito dall’art. 17, n. 3, lett. a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari. Infatti, i soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengano più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali. La scelta, da parte di un imprenditore, tra operazioni esenti ed operazioni soggette ad imposta può basarsi su un insieme di elementi ed in particolare su considerazioni di natura fiscale attinenti al regime obiettivo dell’imposta sul valore aggiunto. Nel caso in cui il soggetto passivo possa scegliere tra differenti operazioni, egli ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permetta di limitare la contribuzione fiscale. (v. punti 53-55, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Esenzioni, Art. 13, parte A, n. 1, lett. b), Ospedalizzazione e cure mediche, Operazioni ad esse strettamente connesse, Istituti debitamente riconosciuti aventi la stessa natura degli istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici, Banca privata di cellule staminali, Servizi di prelievo, trasporto, analisi e stoccaggio di sangue del cordone ombelicale dei neonati, Eventuale applicazione autologa o allogenica delle cellule staminali.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione dell’ospedalizzazione e delle cure mediche nonché delle operazioni ad esse strettamente connesse [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, n. 1, lett. b)] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione dell’ospedalizzazione e delle cure mediche nonché delle operazioni ad esse strettamente connesse [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/23; direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, n. 1, lett. b)] Massima 1. La nozione di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretata nel senso che essa non include attività consistenti nel prelievo, nel trasporto, nell’analisi del sangue cordonale, nonché nello stoccaggio delle cellule staminali contenute in tale sangue, se le cure mediche prestate in ambito ospedaliero, con cui tali attività sono soltanto eventualmente connesse, non sono ancora esistenti, né iniziate o programmate. Infatti, è pacifico che, indipendentemente dalle cifre esatte derivanti dallo stato attuale delle conoscenze scientifiche, per la maggior parte dei destinatari delle attività di cui trattasi non c’è né ci sarà mai, probabilmente, una prestazione principale rientrante nella nozione di «ospedalizzazione o [di] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Si avrebbe un nesso sufficientemente stretto tra, da un lato, l’ospedalizzazione e le cure mediche costituenti la prestazione principale e, dall’altro, le attività summenzionate soltanto nella doppia eventualità in cui, in primo luogo, lo stato della scienza medica consenta o richieda un utilizzo delle cellule staminali cordonali per il trattamento o la prevenzione di una determinata malattia e, in secondo luogo, tale malattia si presenti o rischi di presentarsi in un caso specifico. Ciò considerato, anche ammettendo che dette attività non possano avere una finalità diversa dall’utilizzo delle cellule staminali cordonali così conservate in occasione delle cure mediche prestate in ambito ospedaliero e non possano essere impiegate per uno scopo diverso, non si può ritenere che tali attività siano effettivamente fornite quali prestazioni accessorie all’ospedalizzazione dei destinatari o alle cure mediche ricevute da questi ultimi e che costituiscono la prestazione principale. (v. punti 47-49, 52, dispositivo 1) 2. Quando le prestazioni delle banche di cellule staminali sono effettuate da personale medico autorizzato, allorché tali banche di cellule staminali, benché autorizzate dalle autorità sanitarie competenti di uno Stato membro, nell’ambito della direttiva 2004/23, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani, a trattare tessuti e cellule umani, non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di previdenza sociale e la retribuzione ad esse versata non sia presa a carico da detto regime, l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, non osta a che le autorità nazionali considerino che una simile banca di cellule staminali non sia un «altro istituto della stessa natura [degli istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici] (...) debitamente riconosciuto» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388. Tuttavia, tale disposizione non può neppure essere interpretata nel senso che essa impone, di per sé, che le autorità competenti rifiutino di equiparare una banca privata di cellule staminali a un istituto «debitamente riconosciuto» ai fini dell’esenzione di cui trattasi. Spetta, se necessario, al giudice del rinvio verificare che il diniego del riconoscimento ai fini dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388 sia conforme al diritto dell’Unione, e in particolare al principio di neutralità fiscale. Spetta infatti, in via di principio, al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali gli istituti che lo richiedono possono ottenere il riconoscimento previsto dall’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388. Quando un soggetto passivo chiede di ottenere la qualifica di istituto debitamente riconosciuto di tale articolo, le autorità competenti devono rispettare i limiti del potere discrezionale riconosciuto da tale disposizione applicando i principi del diritto dell’Unione, in particolare il principio di parità di trattamento, il quale, in materia di imposta sul valore aggiunto, si traduce nel principio di neutralità fiscale. A tal riguardo, per determinare gli istituti che devono essere «riconosciuti» ai sensi di detta disposizione, spetta alle autorità nazionali, in conformità al diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, prendere in considerazione vari elementi, tra i quali rientrano il carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo in questione, il fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficino già di un simile riconoscimento, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in esame siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali. A tale riguardo, il semplice fatto che le prestazioni del soggetto passivo siano fornite da professionisti qualificati del settore sanitario non osta, di per sé, a che le autorità nazionali neghino a detto soggetto passivo il riconoscimento che gli consentirebbe di beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Inoltre, le autorità nazionali possono prendere in considerazione il fatto che le attività del soggetto passivo non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di assicurazione malattia e non siano prese a carico da detto regime al fine di stabilire se un ente deve essere riconosciuto. Tuttavia, ciò non significa che l’esenzione di cui trattasi deve essere sistematicamente esclusa ogniqualvolta le prestazioni di servizi non vengano rimborsate dalla previdenza sociale. Si tratta piuttosto di un elemento che va preso in considerazione e rispetto al quale può risultare prevalente, ad esempio, l’esigenza di garantire la parità di trattamento. Infatti, se la situazione di un soggetto passivo è equiparabile a quella di altri operatori che effettuano gli stessi servizi in situazioni analoghe, la sola circostanza che il costo di tali prestazioni non sia interamente sostenuto dagli enti previdenziali non giustifica una disparità di trattamento tra prestatori per quanto riguarda l’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto. Infine, il fatto che un soggetto passivo sia stato autorizzato dalle autorità sanitarie competenti a trattare cellule staminali cordonali, in forza della normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/23, può rappresentare un elemento a favore del fatto che tale prestatore sia, eventualmente, «debitamente riconosciuto», ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Tuttavia, a meno di privare le autorità nazionali del potere discrezionale conferito loro da tale disposizione, il mero fatto di aver autorizzato simili operazioni, in applicazione delle norme dell’Unione di qualità e di sicurezza prescritte nel settore interessato, non può condurre di per sé e in modo automatico a un riconoscimento ai fini dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Infatti, l’ottenimento di una siffatta autorizzazione è una condizione necessaria ai fini dell’esercizio dell’attività di una banca privata di cellule staminali. Tuttavia, il rilascio di una siffatta autorizzazione non è, di per sé, sinonimo di un riconoscimento ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. (v. punti 63-65, 68-69, 71, 74-75, 81, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Art. 13, parte A, n. 1, lett. j), Esenzione, Lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all’insegnamento scolastico o universitario, Prestazioni fornite da un insegnante indipendente nell’ambito di corsi di formazione professionale periodica organizzati da un istituto terzo.
Causa C-473/08 Ingenieurbüro Eulitz GbR Thomas und Marion Eulitz contro Finanzamt Dresden I (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sächsisches Finanzgericht) «Sesta direttiva IVA — Art. 13, parte A, n. 1, lett. j) — Esenzione — Lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all’insegnamento scolastico o universitario — Prestazioni fornite da un insegnante indipendente nell’ambito di corsi di formazione professionale periodica organizzati da un istituto terzo» Sentenza della Corte (Terza Sezione) 28 gennaio 2010 I ‐ 910 Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all’insegnamento scolastico o universitario [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, n. 1, lett. j)] Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all’insegnamento scolastico o universitario [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 4 e 13, parte A, n. 1, lett. j)] L’art. 13, parte A, n. 1, lett. j), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che le prestazioni di insegnamento fornite da un ingegnere, presso un istituto di formazione registrato come associazione di diritto privato, ai partecipanti a corsi di formazione professionale, sanciti da un esame, che già possiedano almeno un diploma di livello universitario in architettura o in ingegneria o che dispongano di una formazione equivalente, possono costituire «lezioni (…) relative all’insegnamento scolastico o universitario» ai sensi di tale disposizione. Parimenti, attività diverse da quella d’insegnamento propriamente detta possono costituire siffatte lezioni, purché tali attività siano svolte sostanzialmente nell’ambito della trasmissione di conoscenze e di competenze tra un docente e gli scolari o gli studenti, riguardante l’insegnamento scolastico o universitario. Se necessario, spetta al giudice nazionale verificare se tutte le attività di cui trattasi, svolte dall’insegnante, costituiscano «lezioni» relative all’«insegnamento scolastico o universitario» ai sensi di detta disposizione. (v. punto 38, dispositivo 1) L’art. 13, parte A, n. 1, lett. j), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che non si può ritenere che un soggetto autonomo, socio di una società di diritto civile, il quale fornisca prestazioni d’insegnamento nell’ambito dei corsi di formazione professionale periodica proposti da un ente terzo, abbia impartito lezioni «a titolo personale», ai sensi di tale disposizione, in quanto è detto ente, e non l’insegnante di cui trattasi, il responsabile dell’istituto di formazione nel cui ambito quest’ultimo ha impartito lezioni e ha fornito prestazioni di formazione ai partecipanti ai corsi. Tale ultima circostanza, di per sé, è tale da escludere la possibilità di ritenere che l’insegnante — e quindi la società civile di cui è socio — abbia impartito lezioni «a titolo personale» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. j), della sesta direttiva. A tal riguardo, il semplice fatto di svolgere «in modo indipendente» un’attività economica e di soddisfare gli altri criteri enunciati all’art. 4 della sesta direttiva per poter essere considerato soggetto all'imposta sul valore aggiunto non può senz’altro indurre a ritenere che un insegnante, il quale non è legato da un contratto di lavoro o da un vincolo di subordinazione analogo a quello risultante da un siffatto contratto, svolga le proprie attività economiche «a titolo personale» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. j), di tale direttiva. (v. punti 48, 52-53, 55, dispositivo 2)