Documents - 22 cited in "Sentenza della Corte (grande sezione) del 7 dicembre 2010. Procedimento penale a carico di R. Domanda di pronuncia pregiudiziale : Bundesgerichtshof - Germania. Sesta direttiva IVA - Art. 28 quater, parte A, lett. a) - Frode a danno dell’IVA - Diniego di esenzione dall’IVA per cessioni intracomunitarie di beni - Partecipazione attiva del venditore alla frode - Competenze degli Stati membri nel contesto della lotta alla frode, all’evasione fiscale e agli eventuali abusi. Causa C-285/09."

Sesta direttiva IVA, Art. 28 quater, parte A, lett. a), Frode a danno dell’IVA, Diniego di esenzione dall’IVA per cessioni intracomunitarie di beni, Partecipazione attiva del venditore alla frode, Competenze degli Stati membri nel contesto della lotta alla frode, all’evasione fiscale e agli eventuali abusi.
Parole chiave Massima Parole chiave Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, A) Massima Qualora sia stata effettivamente realizzata una cessione intracomunitaria di beni ma, in occasione di tale cessione, il fornitore abbia nascosto l’identità del vero acquirente per consentirgli di eludere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, lo Stato membro di partenza della cessione intracomunitaria, in forza delle competenze che gli spettano in virtù della prima parte di frase dell’art. 28 quater, parte A, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2000/65, può negare il beneficio dell’esenzione per quest’operazione. A questo proposito, la presentazione di false fatture o di false dichiarazioni, alla pari di qualsiasi altra alterazione di prove, è idonea ad impedire la riscossione dell’importo esatto dell’imposta e, pertanto, è atta a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto. Ebbene, comportamenti di questo genere rivestono una gravità ancora maggiore se commessi nel contesto del regime transitorio di tassazione delle operazioni intracomunitarie, il quale funziona in base alle prove fornite dai soggetti passivi. Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare l’emissione di fatture irregolari alla stregua di una frode fiscale e di negare l’esenzione in una siffatta ipotesi. Tuttavia, in casi particolari in cui siano presenti valide ragioni per ritenere che l’acquisto intracomunitario corrispondente alla cessione de quo, nonostante la reciproca assistenza e la cooperazione amministrativa tra le autorità tributarie degli Stati membri coinvolti, possa sfuggire al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro di destinazione, lo Stato membro di partenza è tenuto, in linea di massima, a negare l’esenzione a favore del fornitore di beni e ad obbligare quest’ultimo ad assolvere l’imposta a posteriori, onde evitare che l’operazione in questione sfugga a qualsiasi imposizione fiscale. Infatti, in conformità al principio fondamentale inerente al sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, tale imposta si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l’imposta sul valore aggiunto gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. (v. punti 48, 49, 52, 55 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, IVA, Diritto alla detrazione, Diminuzione dell’importo del diritto alla detrazione in caso di violazione dell’obbligo di utilizzare un registratore di cassa.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte (Direttive del Consiglio 67/227, art. 2, primo e secondo comma, e 77/388, artt. 2, 10, nn. 1 e 2, e 17, nn. 1 e 2) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 77/388 — Provvedimenti nazionali in deroga — Nozione (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 27, n. 1) 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Divieto di riscuotere altre imposte interne che abbiano natura di imposte sulla cifra d’affari — Nozione di «imposte sulla cifra d’affari» — Portata (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 33) Massima 1. Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, quale è stato definito all’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva 67/227, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, ed agli artt. 2 e 10, nn. 1 e 2, nonché all’art. 17, nn. 1 e 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2004/7, non osta a che uno Stato membro limiti temporaneamente l’importo del diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte per i soggetti passivi che non hanno osservato una formalità di registrazione nella contabilità delle loro vendite, purché la sanzione così prevista rispetti il principio di proporzionalità. Infatti, nei limiti in cui esso mira a garantire l’esatta riscossione dell’imposta e a evitare l’evasione, detto obbligo contabile rientra tra le misure che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare sul fondamento dell’art. 22, n. 8, della sesta direttiva. In tale contesto, prevedendo che, in caso di inosservanza di tale obbligo contabile, il soggetto passivo vede la parte dell’imposta sul valore aggiunto detraibile ridotta del 30%, la suddetta misura va considerata come costituente una sanzione amministrativa il cui effetto dissuasivo è diretto a garantire l’effettività del suddetto obbligo contabile. Compete tuttavia al giudice nazionale di verificare che le modalità di determinazione dell’importo della sanzione e le condizioni in base alle quali sono accertati, istruiti e, eventualmente, giudicati i fatti invocati dall’amministrazione tributaria per attuare la suddetta sanzione non conducano al risultato di privare il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto della sua stessa sostanza e pertanto di ledere il principio di neutralità circa l’onere fiscale gravante su tutte le attività economiche. A tal proposito, un’aliquota della trattenuta limitata al 30% e che preserva dunque l’essenziale dell’importo dell’imposta pagata a monte, non appare né eccessiva né insufficiente ad assicurare un carattere dissuasivo alla sanzione in parola e quindi all’effettività di quest’ultima. Peraltro una siffatta trattenuta, basata sull’importo degli oneri versati dal soggetto passivo, non è manifestamente priva di qualsiasi collegamento col livello dell’attività economica dell’interessato. Inoltre, dal momento che tale sanzione ha per oggetto non la correzione di errori contabili, ma la prevenzione dei medesimi, non si può tener conto, nel valutarne la proporzionalità, del suo carattere forfettario risultante dall’applicazione dell’aliquota fissa del 30% e, di conseguenza, dell’assenza di rapporto fra tale importo e quello risultante dagli errori eventualmente commessi dal soggetto passivo. (v. punti 27-28, 34-37, 39, dispositivo 1) 2. Disposizioni nazionali, che prevedono che una sanzione amministrativa inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto quando si constata che essi non hanno rispettato l’obbligo di utilizzare un registratore di cassa per registrare nella loro contabilità il fatturato e l’importo dell’imposta dovuta, non costituiscono «misure particolari di deroga» dirette ad evitare talune frodi o evasioni fiscali ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva 77//388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, come modificata dalla direttiva 2004/7. Una misura del genere non può rientrare nell’ambito di applicazione del suddetto art. 27, n. 1, in quanto essa è della stessa natura di quelle previste all’art. 22, n. 8, della sesta direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare l’evasione. (v. punti 41-43, dispositivo 2) 3. L’art. 33 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/7, non osta al mantenimento di disposizioni, come quelle che compaiono nella legge polacca relativa all’imposta sui beni e sui servizi, che prevedono una sanzione amministrativa che può essere inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto quando si constata che essi non hanno rispettato l’obbligo di utilizzare un registratore di cassa per registrare nella loro contabilità il fatturato e l’importo dell’imposta dovuta. (v. punto 49, dispositivo 3)
Sesta direttiva IVA, Art. 17, nn. 2 e 3, Art. 28 ter, parte A, n. 2, Diritto alla detrazione, Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri, Luogo degli acquisti intracomunitari di beni.
Parole chiave Massima Parole chiave Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, nn. 2 e 3, e 28 ter, parte A, n. 2) Massima Gli artt. 17, nn. 2 e 3, e 28 ter, parte A, n. 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nella versione risultante dalla direttiva 92/111, devono essere interpretati nel senso che il soggetto passivo che rientra nella situazione di cui al primo comma di quest’ultima disposizione non ha il diritto di detrarre immediatamente l’imposta sul valore aggiunto che ha gravato a monte su un acquisto intracomunitario. Infatti, atteso che i beni tassati a titolo di acquisti intracomunitari considerati effettuati nello Stato membro di identificazione, in applicazione dell’art. 28 ter, parte A, n. 2, primo comma, della sesta direttiva, non sono stati effettivamente introdotti in detto Stato membro, non si può considerare che le dette operazioni diano «diritto alla detrazione» ai sensi dell’art. 17 della sesta direttiva, che subordina la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato i beni e servizi intermedi acquistati dal soggetto passivo alla condizione che i beni e servizi così acquisiti vengano utilizzati per le esigenze delle operazioni tassate del soggetto passivo. Di conseguenza, siffatti acquisti intracomunitari non possono fruire del regime generale di detrazione previsto dal detto articolo. A tal proposito, il regime generale di detrazione dell’imposta, quale previsto dall’art. 17 della sesta direttiva, non è inteso a sostituirsi, in una situazione del genere, al regime specifico previsto all’art. 28 ter, parte A, n. 2, secondo comma, di tale direttiva, fondato su un meccanismo di riduzione della base imponibile che consente di correggere la doppia imposizione. (v. punti 40-43, 45 e dispositivo)