Documents - 20 cited in "Sentenza della Corte (Prima Sezione) dell'8 luglio 2010. Portakabin Ltd e Portakabin BV contro Primakabin BV. Domanda di pronuncia pregiudiziale : Hoge Raad der Nederlanden - Paesi Bassi. Marchi - Pubblicità su Internet a partire da parole chiave ("keyword advertising") - Direttiva 89/104/CEE - Artt. 5-7 - Visualizzazione di annunci a partire da una parola chiave identica a un marchio - Visualizzazione di annunci a partire da parole chiave che riproducono un marchio con "piccoli errori" - Pubblicità per prodotti d’occasione - Prodotti fabbricati e messi in commercio dal titolare del marchio - Esaurimento del diritto conferito dal marchio - Apposizione di etichette recanti il nome del rivenditore e rimozione di quelle contenenti il marchio - Pubblicità, a partire da un marchio altrui, per prodotti d’occasione comprendenti, oltre a prodotti fabbricati dal titolare del marchio, prodotti di altra provenienza. Causa C-558/08."

Marchi, Pubblicità su Internet a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Direttiva 89/104/CEE, Artt. 5-7, Visualizzazione di annunci a partire da una parola chiave identica a un marchio, Visualizzazione di annunci a partire da parole chiave che riproducono un marchio con "piccoli errori", Pubblicità per prodotti d’occasione, Prodotti fabbricati e messi in commercio dal titolare del marchio, Esaurimento del diritto conferito dal marchio, Apposizione di etichette recanti il nome del rivenditore e rimozione di quelle contenenti il marchio, Pubblicità, a partire da un marchio altrui, per prodotti d’occasione comprendenti, oltre a prodotti fabbricati dal titolare del marchio, prodotti di altra provenienza.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Presupposto del diritto del titolare (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1) 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Limitazione degli effetti del marchio — Presupposto (Direttiva del Consiglio 89/104, artt. 5, n. 1, e 6, n. 1) 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Prodotto immesso in commercio nella Comunità o nello Spazio economico europeo dal titolare del marchio o con il suo consenso — Pubblicità per la rivendita del prodotto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Opposizione del titolare — Ammissibilità in base alle deroghe al principio dell’esaurimento previste dall’art. 7, n. 2, della direttiva — Presupposti (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 7) Massima 1. L’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 sui marchi deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare che un inserzionista faccia – a partire da una parola chiave identica o simile a tale marchio, da lui scelta, senza il consenso del detto titolare, nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – pubblicità per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è registrato, qualora tale pubblicità non consenta o consenta soltanto difficilmente all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi cui si riferisce l’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo. Qualora l’annuncio del terzo suggerisca l’esistenza di un collegamento economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste un pregiudizio della funzione di indicazione d’origine. Allo stesso modo, anche quando l’annuncio, pur non suggerendo l’esistenza di un collegamento economico, rimanga talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale che lo accompagna, se l’inserzionista è un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, è economicamente collegato a quest’ultimo, si dovrà concludere che sussiste un pregiudizio della suddetta funzione del marchio. (v. punti 34-35, 52-54, dispositivo 1) 2. L’art. 6 della direttiva 89/104 sui marchi deve essere interpretato nel senso che, quando l’uso, da parte di inserzionisti, di segni identici o simili a marchi come parole chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet sia suscettibile di divieto ai sensi dell’art. 5 della medesima direttiva, tali inserzionisti non possono, di regola, avvalersi della deroga stabilita dall’art. 6, n. 1, di questa direttiva per sottrarsi al divieto stesso. Spetta tuttavia al giudice nazionale verificare, alla luce delle circostanze proprie del caso di specie, se effettivamente non sussista alcun utilizzo dei segni in questione ai sensi del menzionato art. 6, n. 1, il quale possa ritenersi effettuato in conformità agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale. (v. punto 72, dispositivo 2) 3. L’art. 7 della direttiva 89/104 sui marchi, come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio non ha il diritto di vietare che un inserzionista faccia – a partire da un segno identico o simile a tale marchio, da lui scelto, senza il consenso del detto titolare, come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – pubblicità per la rivendita di prodotti fabbricati dal citato titolare del marchio e immessi in commercio nello Spazio economico europeo da questi stesso o con il suo consenso, salvo che sussista un motivo legittimo, ai sensi dell’art. 7, n. 2, della citata direttiva, idoneo a giustificare l’opposizione di tale titolare, come, ad esempio, un uso del segno in questione che induca a ritenere esistente un collegamento economico tra il rivenditore e il titolare stesso oppure un uso che rechi un serio pregiudizio alla notorietà del marchio. Il giudice nazionale, cui spetta valutare se sussista o no un motivo legittimo siffatto nella controversia sottoposta alla sua cognizione: - non può, sulla base del semplice fatto che un inserzionista utilizza un marchio altrui con l’aggiunta di termini, come «usato» o «d’occasione», indicanti che i prodotti in questione costituiscono l’oggetto di una rivendita, concludere che l’annuncio suggerisca l’esistenza di un collegamento economico tra il rivenditore e il titolare del marchio o rechi un serio pregiudizio alla notorietà di tale marchio; - è tenuto a constatare l’esistenza di un motivo legittimo siffatto, qualora il rivenditore, senza il consenso del titolare del marchio che egli utilizza nell’ambito della pubblicità per le proprie attività di rivendita, abbia rimosso la menzione di tale marchio figurante sui prodotti fabbricati e immessi in commercio dal titolare stesso e l’abbia sostituita con un’etichetta recante il proprio nome, in modo da occultare il marchio in questione, e - è tenuto a dichiarare che non si può vietare ad un rivenditore specializzato nella vendita di prodotti d’occasione di un marchio altrui di utilizzare tale marchio per annunciare al pubblico attività di rivendita comprendenti, oltre alla vendita di prodotti d’occasione del marchio in questione, la vendita di altri prodotti d’occasione, a meno che la rivendita di questi altri prodotti non rischi, in ragione della sua ampiezza, delle sue modalità di presentazione o della sua scarsa qualità, di menomare gravemente l’immagine che il titolare è riuscito a creare intorno al proprio marchio. (v. punto 93, dispositivo 3)
Marchi, Internet, Pubblicità a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Visualizzazione, a partire da parole chiave identiche o simili a marchi, di link verso siti di concorrenti dei titolari di tali marchi, Direttiva 89/104/CEE, Art. 5, n. 1.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili — Uso del marchio ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva — Nozione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a) e b)] 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Pregiudizio alla funzione di indicazione d’origine [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Rischio di confusione (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1) Massima 1. Il segno scelto dall’inserzionista come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet è lo strumento da lui utilizzato per rendere possibile la visualizzazione del proprio annuncio, ed è dunque oggetto di un uso «nel commercio» ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 sui marchi. Si tratta inoltre di un uso per prodotti o servizi dell’inserzionista, anche qualora il segno scelto quale parola chiave non compaia nell’annuncio stesso. Tuttavia, il titolare del marchio non può opporsi al detto uso del segno identico o simile al proprio marchio se non sono soddisfatte tutte le condizioni previste a tal fine dall’art. 5 della direttiva 89/104 e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia relativa a tale articolo. Nell’ipotesi di cui all’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104, in cui l’uso da parte di un terzo di un segno identico a un marchio avviene per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, il titolare del marchio ha il diritto di vietare detto uso qualora quest’ultimo possa compromettere una delle funzioni del marchio. Nell’altra ipotesi, contemplata dall’art. 5, n. 1, lett. b), di tale direttiva, in cui il terzo fa uso di un segno identico o simile ad un marchio per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, il titolare del marchio può opporsi all’uso di detto segno solo ove esista un rischio di confusione. (v. punti 18-22) 2. Il titolare del marchio non può opporsi all’uso di un segno identico a quest’ultimo, a norma dell’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 sui marchi, quando tale uso non è idoneo a compromettere alcuna delle funzioni del marchio suddetto. Per quanto riguarda la funzione di indicazione d’origine, la questione se tale funzione subisca un pregiudizio allorché, sulla base di una parola chiave identica ad un marchio, agli utenti di Internet viene mostrato l’annuncio di un terzo dipende in particolare dal modo in cui tale annuncio è presentato. La funzione di indicazione di origine del marchio risulta pregiudicata qualora l’annuncio non consenta o consenta soltanto difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo. A tale riguardo, qualora l’annuncio del terzo suggerisca l’esistenza di un legame economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste un pregiudizio della funzione di indicazione di origine. Allo stesso modo, qualora l’annuncio, pur non suggerendo l’esistenza di un legame economico, sia talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale allegato, se l’inserzionista sia un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, sia economicamente collegato a quest’ultimo, si dovrà parimenti concludere che sussiste un pregiudizio della detta funzione del marchio. (v. punti 30, 35-36) 3. L’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 sui marchi deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare che un inserzionista – sulla base di una parola chiave identica o simile a tale marchio, da lui scelta, senza il consenso del detto titolare, nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – faccia pubblicità a prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è stato registrato, qualora tale pubblicità non consenta o consenta solo difficilmente all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi cui si riferisce l’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo. (v. punto 41)
Marchi, Internet, Motore di ricerca, Pubblicità a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Visualizzazione, a partire da parole chiave corrispondenti a marchi di impresa, di link verso siti di concorrenti dei titolari di detti marchi ovvero verso siti sui quali sono offerti prodotti di imitazione, Direttiva 89/104/CEE, Art. 5, Regolamento (CE) n. 40/94, Art. 9, Responsabilità del gestore del motore di ricerca, Direttiva 2000/31/CE ("direttiva sul commercio elettronico").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9, n. 1, del regolamento e 5, nn. 1 e 2, della direttiva (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1; direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, nn. 1 e 2) 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9, n. 1, lett. a), del regolamento e 5, n. 1, lett. a), della direttiva [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 4. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 5. Ravvicinamento delle legislazioni — Commercio elettronico — Direttiva 2000/31 — Responsabilità dei prestatori intermedi (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31, art. 14) Massima 1. Il prestatore di un servizio di posizionamento su Internet che memorizzi come parola chiave un segno identico a un marchio e organizzi, a partire da quest’ultima, la visualizzazione di annunci non fa un uso di tale segno ai sensi dell’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva 89/104 sui marchi d’impresa o dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario. È pacifico che tale prestatore esercita un’attività commerciale e mira a un vantaggio economico quando memorizza, per conto di taluni suoi clienti, segni identici a marchi come parole chiave e, a partire dalle stesse, organizza la visualizzazione di annunci. È altresì pacifico che tale servizio non è fornito soltanto ai titolari di detti marchi o agli operatori abilitati a commercializzare i prodotti o i servizi degli stessi, ma esso avviene senza il consenso dei titolari ed è fornito a concorrenti degli stessi o ad imitatori. Benché da tali elementi risulti chiaramente che il prestatore del servizio di posizionamento opera «nel commercio» quando consente agli inserzionisti di selezionare, quali parole chiave, segni identici a marchi, quando memorizza tali segni e quando visualizza a partire da questi ultimi gli annunci dei propri clienti, ciò non significa che lo stesso prestatore faccia un «uso» di tali segni ai sensi degli artt. 5 della direttiva 89/104 e 9 del regolamento n. 40/94. L’uso di un segno identico o simile al marchio del titolare da parte di un terzo comporta, quanto meno, che quest’ultimo utilizzi il segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Nel caso del prestatore di un servizio di posizionamento, quest’ultimo consente ai propri clienti di usare segni identici o simili a marchi, senza fare egli stesso uso di detti segni. Tale conclusione non può essere smentita dal fatto che il prestatore percepisca un compenso per l’uso di detti segni da parte dei suoi clienti. Infatti, la circostanza che si creino le condizioni tecniche necessarie per l’uso di un segno e si percepisca un compenso per tale servizio, non significa che colui che fornisce tale servizio faccia a sua volta uso di detto segno. (v. punti 53-57, 105, dispositivo 2) 2. L’uso come parola chiave che l’inserzionista fa del segno identico al marchio di un concorrente nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet affinché l’utente conosca non soltanto i prodotti o i servizi offerti da tale concorrente ma anche quelli di detto inserzionista, è un uso per i prodotti o i servizi di tale inserzionista. Peraltro, si ha uso «per prodotti o servizi» anche nel caso in cui, attraverso il proprio uso del segno identico al marchio come parola chiave, l’inserzionista non miri a presentare i propri prodotti o servizi agli utenti di Internet come un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare del marchio, ma, al contrario, intenda indurre in errore gli utenti di Internet sull’origine dei propri prodotti o servizi, lasciando credere loro che gli stessi provengono dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente legata a quest’ultimo. Infatti, un uso del genere esiste comunque quando il terzo usa il segno identico al marchio in modo tale da creare un legame tra detto segno e i prodotti commercializzati o i servizi forniti dal terzo. Ne deriva che l’impiego da parte dell’inserzionista di un segno identico al marchio, come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, rientra nella nozione di uso «per prodotti o servizi» ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 sui marchi d’impresa. (v. punti 71-73) 3. Gli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104, sui marchi d’impresa, e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può vietare ad un inserzionista di fare pubblicità – a partire da una parola chiave identica a detto marchio, selezionata da tale inserzionista nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet senza il consenso dello stesso titolare – a prodotti o servizi identici a quelli per cui detto marchio è registrato, qualora la pubblicità di cui trattasi non consenta, o consenta soltanto difficilmente, all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi indicati nell’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente connessa a quest’ultimo o invece da un terzo. Infatti, in una situazione del genere, caratterizzata del resto dal fatto che l’annuncio in questione appare subito dopo che l’utente di Internet interessato abbia inserito il marchio come parola da ricercare ed è visualizzato in un momento in cui il marchio, in qualità di parola da ricercare, è parimenti indicato sullo schermo, l’utente di Internet può confondersi sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione. In tali circostanze, l’uso del segno identico al marchio da parte del terzo, come parola chiave che lancia la visualizzazione di detto annuncio, è idoneo ad avvalorare l’esistenza di un collegamento materiale nel commercio tra i prodotti o servizi interessati e il titolare del marchio. Considerata la funzione principale del marchio, che, nell’ambito del commercio elettronico, consiste in particolare nel consentire agli utenti di Internet che scorrono gli annunci visualizzati, risultanti da una ricerca avente ad oggetto un determinato marchio, di distinguere i prodotti o i servizi del titolare di tale marchio da quelli di diversa provenienza, detto titolare deve poter vietare la visualizzazione di annunci di terzi che gli utenti di Internet rischiano di percepire erroneamente come provenienti da lui. Spetta al giudice nazionale accertare, caso per caso, se i fatti della controversia sottopostagli siano caratterizzati da una violazione, o da un rischio di violazione, della funzione di indicazione di origine. Qualora l’annuncio del terzo adombri l’esistenza di un collegamento economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste una violazione della funzione di indicazione di origine. Qualora l’annuncio, pur non adombrando l’esistenza di un collegamento economico, sia talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link pubblicitario e del messaggio commerciale allegato, se l’inserzionista sia un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, sia economicamente collegato a quest’ultimo, si dovrà parimenti concludere che sussiste violazione della funzione del marchio. (v. punti 84-85, 87-90, 99, dispositivo 1) 4. Atteso che il commercio è caratterizzato da un’offerta varia di prodotti e di servizi, il titolare di un marchio non solo può prefiggersi di indicare, mediante tale marchio, l’origine dei propri prodotti o dei propri servizi, ma può anche voler impiegare il suo marchio per scopi pubblicitari con l’intento di informare e persuadere il consumatore. Pertanto, il titolare di un marchio può vietare l’uso, senza il suo consenso, di un segno identico al suo marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è registrato, qualora tale uso pregiudichi l’impiego del marchio, da parte del suo titolare, quale strumento di promozione delle vendite o di strategia commerciale. Per quanto attiene all’uso da parte degli inserzionisti su Internet del segno identico al marchio altrui come parola chiave ai fini della visualizzazione di messaggi pubblicitari, è evidente che tale uso può produrre alcune ripercussioni sull’utilizzo a fini pubblicitari di detto marchio da parte del suo titolare nonché sulla strategia commerciale di quest’ultimo. Infatti, considerato l’importante ruolo svolto nel commercio dalla pubblicità su Internet, è plausibile che il titolare del marchio iscriva il proprio marchio come parola chiave presso il fornitore del servizio di posizionamento, al fine di ottenere un annuncio nella rubrica «link sponsorizzati». Qualora ciò avvenga, il titolare del marchio dovrà, se del caso, accettare di pagare un prezzo per click più elevato rispetto a quello di taluni altri operatori economici, se vuole ottenere che il suo annuncio compaia prima di quelli di detti operatori che hanno parimenti selezionato il suo marchio come parola chiave. Inoltre, anche laddove il titolare del marchio sia disposto a pagare un prezzo per click più elevato di quello offerto dai terzi che del pari hanno selezionato detto marchio, non v’è garanzia che il suo annuncio compaia prima di quelli di detti terzi, dal momento che nel determinare l’ordine di visualizzazione degli annunci sono presi in considerazione anche altri elementi. Tuttavia, tali ripercussioni dell’uso del segno identico al marchio da parte di terzi non costituiscono di per sé una violazione della funzione di pubblicità del marchio. (v. punti 91-95) 5. L’art. 14 della direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretato nel senso che la norma ivi contenuta si applica al prestatore di un servizio di posizionamento su Internet qualora detto prestatore non abbia svolto un ruolo attivo atto a conferirgli la conoscenza o il controllo dei dati memorizzati. Se non ha svolto un siffatto ruolo, detto prestatore non può essere ritenuto responsabile per i dati che egli ha memorizzato su richiesta di un inserzionista, salvo che, essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di attività di tale inserzionista, egli abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l’accesso agli stessi. Spetta al giudice nazionale valutare se il ruolo svolto da un prestatore di servizi di posizionamento su Internet sia neutro, in quanto il suo comportamento è meramente tecnico, automatico e passivo, comportante una mancanza di conoscenza o di controllo dei dati che esso memorizza. (v. punti 114, 119-120, dispositivo 3)