Documents - 6 citing "Judgment of the Court of 20 November 2001. Zino Davidoff SA v A & G Imports Ltd and Levi Strauss & Co. and Others v Tesco Stores Ltd and Others. Reference for a preliminary ruling : High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Patent Court) - United Kingdom. Trade marks - Directive 89/104/EEC - Article 7(1) - Exhaustion of the rights conferred by a trade mark - Goods placed on the m"

Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Articolo 5, Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio, Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento, Nozione di “uso in commercio”.
Causa C-379/14 TOP Logistics BV e Van Caem International BV contro Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd e Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd contro TOP Logistics BV e Van Caem International BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof Den Haag) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 5 — Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio — Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento — Nozione di “uso in commercio”» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 luglio 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Consegna a un depositario da parte di un operatore non titolare di un marchio, al fine della loro immissione in commercio, di merci recanti tale marchio – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio registrato di opporsi all’uso illecito del suo marchio – Segno identico o simile al marchio – Uso nel commercio – Nozione – Uso al momento dell’importazione e del deposito di prodotti da parte di un operatore economico dedito al commercio parallelo – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritti conferiti dal marchio – Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’assoggettamento al regime di sospensione dei diritti di accisa, senza il suo consenso, di prodotti immessi in libera pratica e recanti il marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, §§ 1 e 3) Ricorre uso di un segno identico a un marchio, ai sensi dell’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, quando l’operatore economico interessato utilizza tale segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Ciò accade, ad esempio, allorché un operatore economico importa o consegna a un depositario, al fine della loro immissione in commercio, talune merci recanti un marchio di cui egli non è titolare. (v. punti 41, 42) Per quanto concerne l’espressione «nel commercio» di cui all’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, l’uso di un segno identico a un marchio ha luogo nel commercio se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato. Ciò avviene allorché un operatore economico che si occupa di commercio parallelo di prodotti contrassegnati da un marchio importa e deposita siffatti prodotti. (v. punti 43, 44) L’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato in uno o più Stati membri può opporsi a che un terzo assoggetti al regime di sospensione dei diritti di accisa alcune merci recanti tale marchio dopo averle importate nello Spazio economico europeo (SEE) e averle immesse in libera pratica, senza il consenso di detto titolare. In effetti, l’importazione di prodotti senza il consenso del titolare del marchio interessato e la detenzione in deposito fiscale di tali prodotti in attesa della loro immissione in consumo nell’Unione hanno l’effetto di privare il titolare di detto marchio della possibilità di controllare le modalità della prima immissione in commercio nel SEE di prodotti recanti il suo marchio. Siffatti atti pregiudicano, in tal modo, la funzione del marchio consistente nell’identificare l’impresa da cui provengono i prodotti e sotto il cui controllo è organizzata la prima immissione in commercio. Tale analisi non è inficiata dalla circostanza che talune merci importate e assoggettate al regime di sospensione dei diritti di accisa possano, poi, essere esportate in uno Stato terzo e, in tal modo, non essere mai immesse in consumo in uno Stato membro. Tale possibilità non osta all’applicazione delle regole in materia di marchi alle merci importate nell’Unione. Inoltre, la stessa esportazione costituisce del pari un atto di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 89/104. (v. punti 48-50 e dispositivo) Causa C-379/14 TOP Logistics BV e Van Caem International BV contro Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd e Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd contro TOP Logistics BV e Van Caem International BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof Den Haag) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 5 — Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio — Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento — Nozione di “uso in commercio”» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 luglio 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Consegna a un depositario da parte di un operatore non titolare di un marchio, al fine della loro immissione in commercio, di merci recanti tale marchio – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio registrato di opporsi all’uso illecito del suo marchio – Segno identico o simile al marchio – Uso nel commercio – Nozione – Uso al momento dell’importazione e del deposito di prodotti da parte di un operatore economico dedito al commercio parallelo – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritti conferiti dal marchio – Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’assoggettamento al regime di sospensione dei diritti di accisa, senza il suo consenso, di prodotti immessi in libera pratica e recanti il marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, §§ 1 e 3) Ricorre uso di un segno identico a un marchio, ai sensi dell’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, quando l’operatore economico interessato utilizza tale segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Ciò accade, ad esempio, allorché un operatore economico importa o consegna a un depositario, al fine della loro immissione in commercio, talune merci recanti un marchio di cui egli non è titolare. (v. punti 41, 42) Per quanto concerne l’espressione «nel commercio» di cui all’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, l’uso di un segno identico a un marchio ha luogo nel commercio se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato. Ciò avviene allorché un operatore economico che si occupa di commercio parallelo di prodotti contrassegnati da un marchio importa e deposita siffatti prodotti. (v. punti 43, 44) L’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato in uno o più Stati membri può opporsi a che un terzo assoggetti al regime di sospensione dei diritti di accisa alcune merci recanti tale marchio dopo averle importate nello Spazio economico europeo (SEE) e averle immesse in libera pratica, senza il consenso di detto titolare. In effetti, l’importazione di prodotti senza il consenso del titolare del marchio interessato e la detenzione in deposito fiscale di tali prodotti in attesa della loro immissione in consumo nell’Unione hanno l’effetto di privare il titolare di detto marchio della possibilità di controllare le modalità della prima immissione in commercio nel SEE di prodotti recanti il suo marchio. Siffatti atti pregiudicano, in tal modo, la funzione del marchio consistente nell’identificare l’impresa da cui provengono i prodotti e sotto il cui controllo è organizzata la prima immissione in commercio. Tale analisi non è inficiata dalla circostanza che talune merci importate e assoggettate al regime di sospensione dei diritti di accisa possano, poi, essere esportate in uno Stato terzo e, in tal modo, non essere mai immesse in consumo in uno Stato membro. Tale possibilità non osta all’applicazione delle regole in materia di marchi alle merci importate nell’Unione. Inoltre, la stessa esportazione costituisce del pari un atto di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 89/104. (v. punti 48-50 e dispositivo)
Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Art. 9, n. 1, Nozione di "tolleranza", Preclusione per tolleranza, Punto di partenza del termine di preclusione, Condizioni necessarie a far decorrere il termine di preclusione, Art. 4, n. 1, lett. a), Registrazione di due marchi identici che designano prodotti identici, Funzioni del marchio, Uso simultaneo in buona fede.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Preclusione per tolleranza — Nozione (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 9, n. 1) 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Preclusione per tolleranza — Termine di decadenza — Dies a quo (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 9, n. 1) 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Impedimenti relativi alla registrazione o motivi di nullità — Esistenza di un marchio anteriore identico tutelato per prodotti identici — Eccezione — Uso simultaneo in buona fede e di lunga durata che non pregiudica la funzione essenziale del marchio [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 4, n. 1, lett. a)] Massima 1. La tolleranza, nel senso dell’art. 9, n. 1, della prima direttiva sui marchi, costituisce una nozione del diritto dell’Unione, e non si può ritenere che il titolare di un marchio anteriore abbia tollerato l’uso in buona fede consolidato e di lunga durata, di cui era al corrente da lungo tempo, da parte di un terzo, di un marchio posteriore identico al suo, qualora non disponesse di alcuna possibilità di opporsi a tale uso. Da una parte, infatti, l’undicesimo ‘considerando’ di detta direttiva precisa che il titolare del marchio anteriore deve avere «coscientemente tollerato» l’uso di un marchio posteriore al suo per un lungo periodo, ossia «deliberatamente», «con cognizione di causa». Il medesimo ‘considerando’ specifica che occorre evitare di «ledere ingiustamente» gli interessi del titolare di un marchio anteriore. Orbene, sarebbe ingiusto precludere al titolare del marchio anteriore la possibilità di richiedere la nullità o di opporsi all’uso di un marchio posteriore identico allorché egli non ha avuto la possibilità di farlo. D’altra parte, la direttiva 89/104 mira a contemperare gli interessi del titolare di un marchio d’impresa a salvaguardare la funzione essenziale di quest’ultimo con l’interesse di altri operatori economici alla disponibilità di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi. Tale finalità implica che, per salvaguardare tale funzione essenziale, il titolare di un marchio anteriore sia in condizione, nell’ambito dell’applicazione dell’art. 9, n. 1, di tale direttiva, di opporsi all’uso di un marchio posteriore identico al suo. Qualsiasi ricorso amministrativo o giurisdizionale proposto dal titolare del marchio anteriore nel corso del periodo previsto dall’art. 9, n. 1, della direttiva 89/104 sortisce l’effetto di interrompere il termine di preclusione per tolleranza. (v. punti 47-50, dispositivo 1) 2. La registrazione del marchio anteriore nello Stato membro interessato non costituisce una condizione necessaria per far decorrere il termine di preclusione per tolleranza sancito dall’art. 9, n. 1, della prima direttiva 89/104 sui marchi. Le condizioni necessarie per far decorrere tale termine sono, in primo luogo, la registrazione del marchio posteriore nello Stato membro interessato; in secondo luogo, la circostanza che il deposito di tale marchio sia stato effettuato in buona fede; in terzo luogo, l’uso del marchio posteriore da parte del suo titolare nello Stato membro in cui è stato registrato e, in quarto luogo, la circostanza che il titolare del marchio anteriore sia al corrente che il marchio posteriore è stato registrato e viene usato dopo la sua registrazione. (v. punto 62, dispositivo 2) 3. L’art. 4, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104 sui marchi dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio anteriore non può ottenere l’annullamento di un marchio posteriore identico che designa prodotti identici in caso di uso simultaneo in buona fede e di lunga durata di tali due marchi d’impresa quando tale uso non pregiudica o non può pregiudicare la funzione essenziale del marchio d’impresa, consistente nel garantire ai consumatori l’origine dei prodotti o dei servizi. Quest’ultima condizione è soddisfatta quando, malgrado l’identità dei marchi, i prodotti sono chiaramente identificabili come prodotti di imprese diverse. (v. punti 80-81, 84, dispositivo 3)
Marchi, Internet, Offerta in vendita, in un mercato online destinato ai consumatori nell’Unione, di prodotti contrassegnati da un marchio destinati, dal titolare, ad essere venduti negli Stati terzi, Eliminazione dell’imballaggio di detti prodotti, Direttiva 89/104/CEE, Regolamento (CE) n. 40/94, Responsabilità del gestore del mercato online, Direttiva 2000/31/CE ("direttiva sul commercio elettronico"), Ingiunzioni giudiziarie nei confronti di tale gestore, Direttiva 2004/48/CE ("direttiva sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Vendita, offerta in vendita o pubblicità, di prodotti che si trovano in uno Stato terzo, in un mercato online destinato ai consumatori nell’Unione (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttiva del Consiglio 89/104, art. 5) 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Esaurimento del diritto conferito dal marchio — Presupposti — Prodotto immesso sul mercato nella Comunità o nello Spazio economico europeo (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 13, n. 1; direttiva del Consiglio 89/104, art. 7, n. 1) 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Rivendita di profumi o di prodotti cosmetici privati dell’imballaggio (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttive del Consiglio 76/768, art. 6, n. 1, e 89/104, art. 5) 4. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 5. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Nozione — Gestione di un mercato online — Esclusione (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31, artt. 12-15; direttiva del Consiglio 89/104, art. 5) 6. Ravvicinamento delle legislazioni — Commercio elettronico — Direttiva 2000/31 — Responsabilità dei prestatori intermedi — Hosting (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31, art. 14, n. 1) 7. Ravvicinamento delle legislazioni — Rispetto dei diritti di proprietà intellettuale — Direttiva 2004/48 — Misure, procedure e mezzi di ricorso — Misure adottate a seguito di decisione sul merito (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/48, art. 11) Massima 1. Allorché prodotti che si trovano in uno Stato terzo – recanti un marchio registrato in uno Stato membro dell’Unione o un marchio comunitario e non commercializzati precedentemente nello Spazio economico europeo o, nel caso di marchio comunitario, non commercializzati precedentemente nell’Unione – sono venduti da un operatore economico, attraverso un mercato online e senza il consenso del titolare di detto marchio ad un consumatore che si trova nel territorio per il quale il marchio di cui trattasi è stato registrato, o sono oggetto di un’offerta in vendita o di pubblicità in un mercato siffatto destinata a consumatori che si trovino nel suddetto territorio, il titolare del marchio può opporsi alla vendita, all’offerta in vendita o alla pubblicità summenzionate in forza delle norme di cui all’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, o all’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. È compito dei giudici nazionali valutare caso per caso se sussistano elementi pertinenti per concludere che un’offerta in vendita o una pubblicità che compare in un mercato online accessibile in detto territorio sia destinata a consumatori che si trovano in quest’ultimo. Le norme della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94 si applicano dal momento in cui appare evidente che l’offerta in vendita del prodotto contrassegnato da un marchio che si trova in uno Stato terzo è destinata a consumatori che si trovano nel territorio per il quale il marchio è stato registrato. In caso contrario, infatti, gli operatori che fanno ricorso al commercio elettronico, proponendo in vendita, in un mercato online destinato a consumatori che si trovano nell’Unione, prodotti contrassegnati da un marchio che si trovano in uno Stato terzo, che possono essere visualizzati sullo schermo e ordinati mediante detto mercato online, non avrebbero, relativamente alle offerte in vendita di questo tipo, nessun obbligo di conformarsi alle norme dell’Unione in materia di proprietà intellettuale. Una situazione del genere vanificherebbe l’effetto utile di tali norme. In proposito, ai sensi dell’art. 5, n. 3, lett. b) e d), della direttiva 89/104 e dell’art. 9, n. 2, lett. b) e d), del regolamento n. 40/94, l’uso, da parte di terzi, di segni identici o simili a marchi al quale possono opporsi i titolari di questi ultimi comprende l’uso di detti segni nelle offerte in vendita e nella pubblicità. Sarebbe pregiudicata l’efficacia di tali norme qualora l’uso, in un’offerta in vendita o in una pubblicità su Internet destinata a consumatori che si trovano nell’Unione, di un segno identico o simile a un marchio registrato nell’Unione fosse sottratto all’applicazione di tali norme per il solo fatto che il terzo all’origine di detta offerta o pubblicità sia stabilito in uno Stato terzo, che il server del sito Internet da lui utilizzato si trovi in tale Stato o ancora che il prodotto oggetto di detta offerta o pubblicità si trovi in uno Stato terzo. Nondimeno, la mera accessibilità di un sito Internet nel territorio per il quale il marchio è stato registrato non è sufficiente per concludere che le offerte in vendita che compaiono in esso sono destinate a consumatori che si trovano in tale territorio. Infatti, laddove l’accessibilità in tale territorio di un mercato online fosse sufficiente a far sì che gli annunci che compaiono in quest’ultimo rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94, sarebbero indebitamente assoggettati al diritto dell’Unione siti e annunci che, pur essendo manifestamente destinati esclusivamente a consumatori situati in Stati terzi, sono tuttavia tecnicamente accessibili nel territorio dell’Unione. (v. punti 61-64, 67, dispositivo 1) 2. La fornitura da parte del titolare di un marchio ai propri distributori autorizzati di articoli recanti tale marchio, destinati alla dimostrazione ai consumatori nei punti vendita autorizzati, nonché di flaconi recanti detto marchio, dai quali possono essere prelevate piccole quantità di prodotto da fornire ai consumatori quali campioni gratuiti, non costituisce, in mancanza di elementi probatori contrari, un’immissione in commercio ai sensi della direttiva 89/104, in materia di marchi, o del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. (v. punto 73, dispositivo 2) 3. L’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e l’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può, in forza del diritto esclusivo conferitogli da quest’ultimo, opporsi alla rivendita di profumi o di prodotti cosmetici per il fatto che il rivenditore ha eliminato l’imballaggio di tali prodotti, qualora in conseguenza della rimozione di tale imballaggio informazioni essenziali, come quelle relative all’identificazione del produttore o del responsabile dell’immissione in commercio del prodotto cosmetico, risultino mancanti. Nel caso in cui la rimozione dell’imballaggio non abbia condotto a siffatta mancanza di informazioni, il titolare del marchio può nondimeno opporsi a che un profumo o un prodotto cosmetico contrassegnato dal marchio di cui è titolare sia rivenduto privato dell’imballaggio, laddove dimostri che la rimozione dell’imballaggio ha arrecato pregiudizio all’immagine del prodotto in questione e quindi alla reputazione del marchio. In considerazione della varietà di gamme di profumi e di prodotti cosmetici, la questione se la rimozione dell’imballaggio di un prodotto del genere pregiudichi l’immagine di quest’ultimo e, quindi, la reputazione del marchio da cui è contrassegnato va esaminata caso per caso. Infatti, l’aspetto di un profumo o di un prodotto cosmetico senza imballaggio può talvolta trasmettere efficacemente l’immagine di prestigio e di lusso di tale prodotto, mentre, in altri casi, l’eliminazione di detto imballaggio ha proprio la conseguenza di arrecare pregiudizio a tale immagine. Un pregiudizio siffatto può aversi allorché l’imballaggio contribuisce, a pari titolo o più del flacone o del contenitore, alla presentazione dell’immagine del prodotto creata dal titolare del marchio e dai suoi distributori autorizzati. È del pari possibile che l’assenza di talune o di tutte le informazioni richieste dall’art. 6, n. 1, della direttiva 76/768, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, arrechi pregiudizio all’immagine del prodotto. Incombe al titolare del marchio comprovare la sussistenza degli elementi costitutivi di tale pregiudizio. Inoltre, avendo la funzione essenziale di garantire al consumatore l’identità d’origine del prodotto, il marchio serve proprio ad attestare che tutti i prodotti da esso contrassegnati sono stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale può essere attribuita la responsabilità della loro qualità. Orbene, allorché talune informazioni richieste per legge, come quelle relative all’identificazione del produttore o del responsabile dell’immissione in commercio del prodotto cosmetico, sono mancanti, è pregiudicata la funzione di indicazione di origine del marchio, in quanto quest’ultimo è privato del suo effetto essenziale consistente nel garantire che i prodotti da esso contrassegnati sono forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale può essere attribuita la responsabilità della loro qualità. Peraltro, la questione se l’offerta in vendita o la vendita di prodotti recanti un marchio privati del loro imballaggio e quindi di talune informazioni richieste ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva 76/768 sia o meno penalmente perseguibile in diritto nazionale non può avere influenza sull’applicabilità delle norme dell’Unione in materia di tutela dei marchi. (v. punti 78-83, dispositivo 3) 4. L’art. 5, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e l’art. 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può vietare al gestore di un mercato online di fare pubblicità, partendo da una parola chiave identica a tale marchio selezionata da tale gestore nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, ai prodotti recanti detto marchio messi in vendita nel suddetto mercato, qualora siffatta pubblicità non consenta, o consenta soltanto difficilmente, all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se tali prodotti o servizi provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo. Laddove il gestore di un mercato online abbia utilizzato parole chiave corrispondenti a marchi per promuovere offerte in vendita di prodotti contrassegnati da marchio provenienti dai suoi clienti venditori, egli ne ha fatto uso per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tali marchi sono stati registrati. In proposito, l’espressione «per prodotti o servizi» non si riferisce esclusivamente ai prodotti o ai servizi del terzo che fa uso dei segni corrispondenti ai marchi, ma può riguardare anche i prodotti o i servizi di altre persone. La circostanza, infatti, che un operatore economico utilizzi un segno corrispondente ad un marchio per prodotti che non gli appartengono, nel senso che egli non dispone di alcun titolo su di essi, di per sé non impedisce che detto uso rientri nell’ambito dell’art. 5 della direttiva 89/104 e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94. Proprio con riferimento ad una situazione in cui il fornitore di un servizio fa uso di un segno corrispondente ad un marchio altrui per promuovere prodotti che uno dei propri clienti commercializza grazie a tale servizio, un siffatto uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 e dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94, laddove ciò avvenga in modo tale da creare un nesso tra detto segno e tale servizio. (v. punti 91-92, 97, dispositivo 4) 5. Il gestore di un mercato online non fa «uso», ai sensi dell’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, dei segni identici o simili a marchi che figurano in offerte in vendita che compaiono sul suo sito. Infatti, l’esistenza di un «uso» di un segno identico o simile al marchio del titolare da parte di un terzo, ai sensi dell’art. 5 della direttiva 89/104 e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94, comporta, quanto meno, che quest’ultimo utilizzi il segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Orbene, nei limiti in cui tale terzo fornisce un servizio consistente nel permettere ai propri clienti di far comparire, nell’ambito delle loro attività commerciali quali le loro offerte in vendita, segni corrispondenti a marchi sul proprio sito, non è lui stesso a fare, su tale sito, un uso dei detti segni nel senso indicato dalla summenzionata normativa dell’Unione. Ne consegue che l’uso di segni identici o simili a marchi in offerte in vendita che compaiono in un mercato online ha luogo ad opera dei clienti venditori del gestore di tale mercato e non ad opera del gestore stesso. Nei limiti in cui consente ai propri clienti di fare tale uso, il ruolo del gestore del mercato online non può essere valutato alla luce delle disposizioni della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94, ma deve essere esaminato nella prospettiva di altre norme di diritto, quali quelle enunciate nella direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), specificamente alla sezione 4 del capo II della medesima, che riguarda la «responsabilità dei prestatori intermediari» nel commercio elettronico e che comprende gli artt. 12-15 della stessa direttiva. (v. punti 102-105, dispositivo 5) 6. L’art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretato nel senso che esso si applica al gestore di un mercato online qualora non abbia svolto un ruolo attivo che gli permetta di avere conoscenza o controllo circa i dati memorizzati. Detto gestore svolge un ruolo siffatto allorché presta un’assistenza che consiste in particolare nell’ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita di cui trattasi o nel promuoverle. Quando non ha svolto un ruolo attivo nel senso indicato al paragrafo precedente e dunque la sua prestazione di servizio rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31, il gestore di un mercato online, in una causa che può comportare una condanna al pagamento di un risarcimento dei danni, non può tuttavia avvalersi dell’esonero dalla responsabilità previsto nella suddetta disposizione qualora sia stato al corrente di fatti o circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità delle offerte in vendita di cui trattasi e, nell’ipotesi in cui ne sia stato al corrente, non abbia prontamente agito conformemente al n. 1, lett. b), del suddetto art. 14. (v. punti 123-124, dispositivo 6) 7. L’art. 11, terza frase, della direttiva 2004/48, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri di far sì che gli organi giurisdizionali nazionali competenti in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale possano ingiungere al gestore di un mercato online di adottare provvedimenti che contribuiscano non solo a far cessare le violazioni di tali diritti ad opera degli utenti di detto mercato, ma anche a prevenire nuove violazioni della stessa natura. Tali ingiunzioni devono essere efficaci, proporzionate, dissuasive e non devono creare ostacoli al commercio legittimo. (v. punto 144, dispositivo 7)
Art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Diritto del titolare di un marchio di opporsi alla prima immissione in commercio nel SEE, senza il suo consenso, di prodotti recanti tale marchio.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritti conferiti dal marchio — Diritto di vietare l’importazione o l’esportazione dei prodotti contrassegnati dal marchio — Nozione di «importazione» [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 3, lett. c)] 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritti conferiti dal marchio — Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, artt. 5 e 7, n. 1) Massima 1. Nell’ipotesi in cui prodotti originali spediti verso uno Stato membro a partire da uno Stato terzo non siano ancora stati immessi in libera pratica, ma siano posti in regime di deposito doganale, non sussiste «importazione» ai sensi dell’art. 5, n. 3, lett. c), della prima direttiva 89/104, sui marchi. (v. punto 18) 2. La prima direttiva 89/104, sui marchi, non può essere interpretata nel senso che essa lasci agli Stati membri la facoltà di stabilire, nel loro diritto nazionale, l’esaurimento dei diritti conferiti dal marchio per prodotti posti in commercio in Stati terzi. L’effetto della direttiva è quello di limitare l’esaurimento del diritto attribuito al titolare del marchio ai soli casi in cui i prodotti siano immessi in commercio nello Spazio economico europeo (SEE) e di permettere così a detto titolare di controllare la prima immissione sul mercato nel SEE dei prodotti contrassegnati dal suo marchio. Ne consegue che, quando prodotti recanti un marchio non sono stati precedentemente immessi in commercio nel SEE dal titolare di tale marchio o con il suo consenso, l’art. 5 della direttiva attribuisce a detto titolare del marchio un diritto esclusivo che gli consente di vietare a qualsiasi terzo, segnatamente, d’importare i suddetti prodotti, di offrirli in vendita, di commercializzarli ovvero di detenerli a tali fini. Dunque, l’art. 5 della direttiva dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio può opporsi alla prima immissione in commercio nel SEE, senza il suo consenso, di prodotti originali recanti tale marchio. (v. punti 22-24, 26 e dispositivo)
Marchi, Pubblicità su Internet a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Direttiva 89/104/CEE, Artt. 5-7, Visualizzazione di annunci a partire da una parola chiave identica a un marchio, Visualizzazione di annunci a partire da parole chiave che riproducono un marchio con "piccoli errori", Pubblicità per prodotti d’occasione, Prodotti fabbricati e messi in commercio dal titolare del marchio, Esaurimento del diritto conferito dal marchio, Apposizione di etichette recanti il nome del rivenditore e rimozione di quelle contenenti il marchio, Pubblicità, a partire da un marchio altrui, per prodotti d’occasione comprendenti, oltre a prodotti fabbricati dal titolare del marchio, prodotti di altra provenienza.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Presupposto del diritto del titolare (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1) 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Limitazione degli effetti del marchio — Presupposto (Direttiva del Consiglio 89/104, artt. 5, n. 1, e 6, n. 1) 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Prodotto immesso in commercio nella Comunità o nello Spazio economico europeo dal titolare del marchio o con il suo consenso — Pubblicità per la rivendita del prodotto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Opposizione del titolare — Ammissibilità in base alle deroghe al principio dell’esaurimento previste dall’art. 7, n. 2, della direttiva — Presupposti (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 7) Massima 1. L’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 sui marchi deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare che un inserzionista faccia – a partire da una parola chiave identica o simile a tale marchio, da lui scelta, senza il consenso del detto titolare, nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – pubblicità per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è registrato, qualora tale pubblicità non consenta o consenta soltanto difficilmente all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi cui si riferisce l’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo. Qualora l’annuncio del terzo suggerisca l’esistenza di un collegamento economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste un pregiudizio della funzione di indicazione d’origine. Allo stesso modo, anche quando l’annuncio, pur non suggerendo l’esistenza di un collegamento economico, rimanga talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale che lo accompagna, se l’inserzionista è un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, è economicamente collegato a quest’ultimo, si dovrà concludere che sussiste un pregiudizio della suddetta funzione del marchio. (v. punti 34-35, 52-54, dispositivo 1) 2. L’art. 6 della direttiva 89/104 sui marchi deve essere interpretato nel senso che, quando l’uso, da parte di inserzionisti, di segni identici o simili a marchi come parole chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet sia suscettibile di divieto ai sensi dell’art. 5 della medesima direttiva, tali inserzionisti non possono, di regola, avvalersi della deroga stabilita dall’art. 6, n. 1, di questa direttiva per sottrarsi al divieto stesso. Spetta tuttavia al giudice nazionale verificare, alla luce delle circostanze proprie del caso di specie, se effettivamente non sussista alcun utilizzo dei segni in questione ai sensi del menzionato art. 6, n. 1, il quale possa ritenersi effettuato in conformità agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale. (v. punto 72, dispositivo 2) 3. L’art. 7 della direttiva 89/104 sui marchi, come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio non ha il diritto di vietare che un inserzionista faccia – a partire da un segno identico o simile a tale marchio, da lui scelto, senza il consenso del detto titolare, come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – pubblicità per la rivendita di prodotti fabbricati dal citato titolare del marchio e immessi in commercio nello Spazio economico europeo da questi stesso o con il suo consenso, salvo che sussista un motivo legittimo, ai sensi dell’art. 7, n. 2, della citata direttiva, idoneo a giustificare l’opposizione di tale titolare, come, ad esempio, un uso del segno in questione che induca a ritenere esistente un collegamento economico tra il rivenditore e il titolare stesso oppure un uso che rechi un serio pregiudizio alla notorietà del marchio. Il giudice nazionale, cui spetta valutare se sussista o no un motivo legittimo siffatto nella controversia sottoposta alla sua cognizione: - non può, sulla base del semplice fatto che un inserzionista utilizza un marchio altrui con l’aggiunta di termini, come «usato» o «d’occasione», indicanti che i prodotti in questione costituiscono l’oggetto di una rivendita, concludere che l’annuncio suggerisca l’esistenza di un collegamento economico tra il rivenditore e il titolare del marchio o rechi un serio pregiudizio alla notorietà di tale marchio; - è tenuto a constatare l’esistenza di un motivo legittimo siffatto, qualora il rivenditore, senza il consenso del titolare del marchio che egli utilizza nell’ambito della pubblicità per le proprie attività di rivendita, abbia rimosso la menzione di tale marchio figurante sui prodotti fabbricati e immessi in commercio dal titolare stesso e l’abbia sostituita con un’etichetta recante il proprio nome, in modo da occultare il marchio in questione, e - è tenuto a dichiarare che non si può vietare ad un rivenditore specializzato nella vendita di prodotti d’occasione di un marchio altrui di utilizzare tale marchio per annunciare al pubblico attività di rivendita comprendenti, oltre alla vendita di prodotti d’occasione del marchio in questione, la vendita di altri prodotti d’occasione, a meno che la rivendita di questi altri prodotti non rischi, in ragione della sua ampiezza, delle sue modalità di presentazione o della sua scarsa qualità, di menomare gravemente l’immagine che il titolare è riuscito a creare intorno al proprio marchio. (v. punto 93, dispositivo 3)
Diritto dei marchi, Regolamento (CE) n. 40/94, Art. 13, n. 1, Direttiva 89/104/CEE, Art. 7, n. 1, Esaurimento dei diritti del titolare del marchio, Nozione di "prodotti immessi in commercio", Consenso del titolare, Flaconi di profumo detti "tester", messi dal titolare di un marchio a disposizione di un depositario appartenente ad un sistema di distribuzione selettiva.
Parole chiave Massima Parole chiave Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Esaurimento del diritto conferito dal marchio — Presupposto — Consenso espresso o implicito del titolare ad un’immissione in commercio nella Comunità o nello Spazio economico europeo — Immissione in commercio di prodotti da parte di un intermediario in violazione di una clausola del contratto di distribuzione (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 13, n. 1; direttiva del Consiglio 89/104, art. 7, n. 1) Massima 1. L’art. 13, n. 1, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario e l’art. 7, n. 1, della direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa debbono essere interpretati nel senso che l’esaurimento dei diritti conferiti dal marchio ha luogo solo se, secondo una valutazione che compete al giudice nazionale, si possa ritenere che il titolare del marchio abbia dato il consenso espresso o implicito ad un’immissione in commercio rispettivamente nella Comunità o nello Spazio economico europeo dei prodotti per i quali tale esaurimento viene invocato. Nel caso in cui la consegna di «tester di profumo» a rivenditori intermediari contrattualmente vincolati al titolare del marchio affinché i clienti di questi ultimi ne possano provare il contenuto avvenga senza trasferimento di proprietà e con divieto di vendita, il titolare del marchio possa in qualsiasi momento ritirare tale merce e la presentazione del prodotto di cui trattasi si distingua chiaramente da quella dei flaconi di profumo normalmente messi a disposizione di detti intermediari da parte del titolare del marchio, il fatto che detti tester siano flaconi di profumo recanti le menzioni «campione» e «vendita vietata» osta a che sia implicitamente riconosciuto il consenso del titolare del marchio alla loro immissione in commercio, in assenza di ogni contrario elemento probatorio, la cui valutazione compete al giudice nazionale. (v. punti 47-48 e dispositivo)