Documents - 8 citing "Council Regulation (EC) No 40/94 of 20 December 1993 on the Community trade mark"

Impugnazione, Marchio dell’Unione europea, Regolamento (CE) n. 207/2009, Marchio figurativo contenente gli elementi denominativi “CACTUS OF PEACE CACTUS DE LA PAZ”, Opposizione del titolare dei marchi denominativo e figurativo dell’Unione europea contenenti l’elemento denominativo “Cactus”, Classificazione di Nizza, Articolo 28, Articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), Uso effettivo del marchio in forma abbreviata.
Causa C-501/15 P Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) contro Cactus SA «Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Marchio figurativo contenente gli elementi denominativi “CACTUS OF PEACE CACTUS DE LA PAZ” – Opposizione del titolare dei marchi denominativo e figurativo dell’Unione europea contenenti l’elemento denominativo “Cactus” – Classificazione di Nizza – Articolo 28 – Articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a) – Uso effettivo del marchio in forma abbreviata» Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) dell’11 ottobre 2017 Ravvicinamento delle legislazioni–Marchi–Direttiva 2008/95–Identificazione dei prodotti o dei servizi contrassegnati dal marchio–Utilizzo delle indicazioni generali di cui ai titoli delle classi della classificazione di Nizza–Portata della protezione che ne risulta–Obbligo del richiedente di precisare i prodotti o i servizi oggetto della sua domanda (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95) Ravvicinamento delle legislazioni–Marchi–Direttiva 2008/95–Marchi di servizi Nozione di «servizi»–Vendita al dettaglio di prodotti–Inclusione–Presupposti per la registrazione (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95) Impugnazione–Motivi d’impugnazione–Erronea valutazione dei fatti e degli elementi probatori–Irricevibilità–Sindacato della Corte sulla valutazione dei fatti e degli elementi probatori–Esclusione, salvo il caso di snaturamento (Art. 256, § 1, comma 2, TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, comma 1) Marchio dell’Unione europea–Osservazioni dei terzi e opposizione–Esame dell’opposizione–Prova dell’uso del marchio anteriore–Uso effettivo–Uso del marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non ne alterano il carattere distintivo–Scopo e ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009–Esame dell’alterazione del carattere distintivo [Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 15, § 1, comma 2, a)] Per quanto riguarda, in primo luogo, la portata della sentenza IP Translator, C-307/10, occorre ricordare che la Corte, al punto 61 della sentenza in parola, ha dichiarato che, al fine di rispettare i requisiti di chiarezza e precisione, colui che richiede un marchio utilizzando tutte le indicazioni generali di cui al titolo di una classe specifica della classificazione di Nizza per identificare i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio deve precisare se la sua domanda di registrazione verte su tutti i prodotti o i servizi repertoriati nell’elenco alfabetico della classe specifica di cui trattasi o solo su taluni di tali prodotti o servizi. Laddove la domanda verta unicamente su taluni di tali prodotti o servizi, il richiedente ha l’obbligo di precisare quali prodotti o servizi rientranti in detta classe sono presi in considerazione. La Corte ha indicato, ai punti 29 e 30 della sentenza Brandconcern, C-577/14 P, che la sentenza IP Translator ha precisato solo i requisiti relativi alle nuove domande di registrazione come marchi dell’Unione europea, e non riguarda, quindi, i marchi già registrati alla data di pronuncia di quest’ultima sentenza. La Corte ne ha dedotto, al punto 31 della sentenza Brandconcern, che non si può quindi considerare che la Corte, mediante la sentenza IP Translator, abbia inteso rimettere in discussione l’approccio seguito nella comunicazione n. 4/03 per quanto riguarda i marchi registrati prima della pronuncia di quest’ultima sentenza. La comunicazione n. 2/12 del presidente dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale non può rimettere in discussione la giurisprudenza in esame e, quindi, condurre a limitare la portata della protezione dei marchi registrati prima della pronuncia della sentenza IP Translator per prodotti o servizi contraddistinti dalle indicazioni generali di cui ai titoli di una classe, ai sensi dell’Accordo di Nizza, ai soli prodotti o servizi contemplati nell’elenco alfabetico di detta classe e a negare che quest’ultima si estenda, conformemente alla comunicazione n. 4/03, a tutti i prodotti o servizi rientranti in tale classe. Infatti, la portata della protezione conferita dai marchi registrati non può essere alterata sulla base di una comunicazione non vincolante che mira soltanto a spiegare ai richiedenti le prassi dell’Ufficio. (v. punti 37-40) Per quanto riguarda la portata della sentenza Praktiker Bau, C-418/02, è necessario ricordare che la Corte, ai punti 39 e 50 di tale sentenza, ha dichiarato che, sebbene l’attività del commercio al dettaglio di prodotti costituisca un servizio rientrante nella classe 35, ai sensi dell’Accordo di Nizza, il richiedente deve ciononostante precisare, ai fini della registrazione di un marchio, i prodotti o i tipi di prodotti interessati dall’attività del commercio al dettaglio. Orbene, la giurisprudenza derivante dalla sentenza Praktiker Bau, così come la sentenza IP Translator C-307/10, verte soltanto sulle domande di registrazione in quanto marchi dell’Unione europea e non concerne la portata della protezione conferita dai marchi registrati prima della pronuncia di detta sentenza. Siffatta soluzione è peraltro conforme ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. (v. punti 44-47) V. il testo della decisione. (v. punto 60) La Corte ha già precisato che si evince direttamente dalla formulazione dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009, sul marchio dell’Unione europea, che l’uso del marchio in una forma che si differenzia da quella in cui esso è stato registrato è considerato come uso ai sensi del primo comma del medesimo articolo, purché non sia alterato il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato. Occorre rilevare che l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), di tale regolamento, non imponendo una stretta conformità tra la forma utilizzata in commercio e quella in cui il marchio è stato registrato, è diretto a consentire al titolare di quest’ultimo di apportare al segno, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di adattarlo meglio alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi relativi. Ne consegue che il requisito dell’«uso effettivo» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del medesimo regolamento è soddisfatto anche se è utilizzato soltanto l’elemento figurativo di un marchio complesso, purché il carattere distintivo di detto marchio, così come registrato, non sia alterato. (v. punti 65-67)
Impugnazione, Marchio dell’Unione europea, Regolamento (CE) n. 207/2009, Articolo 51, paragrafo 2, Marchio denominativo LAMBRETTA, Uso effettivo del marchio, Domanda di decadenza, Dichiarazione parziale di decadenza, Comunicazione n. 2/12 del presidente dell’EUIPO, Limitazione nel tempo di una sentenza della Corte.
Causa C-577/14 P Brandconcern BV contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)eScooters India Ltd «Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 51, paragrafo 2 – Marchio denominativo LAMBRETTA – Uso effettivo del marchio – Domanda di decadenza – Dichiarazione parziale di decadenza – Comunicazione n. 2/12 del presidente dell’EUIPO – Limitazione nel tempo di una sentenza della Corte» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 16 febbraio 2017 Ravvicinamento delle legislazioni–Marchi–Direttiva 2008/95–Identificazione dei prodotti o dei servizi contrassegnati dal marchio–Utilizzo delle indicazioni generali di cui ai titoli delle classi della classificazione di Nizza–Portata della protezione che ne risulta–Obbligo del richiedente di precisare i prodotti o i servizi oggetto della sua domanda–Obbligo previsto da una sentenza della Corte–Effetti–Limitazione temporale (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95) Impugnazione–Motivi d’impugnazione–Assenza di critica precisa di un punto del ragionamento del Tribunale–Omessa indicazione dei punti criticati della sentenza impugnata [Art. 256, § 1, comma 2, TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, comma 1; regolamento di procedura della Corte, artt. 168, § 1, d), e 169, § 2 Al punto 61 della sentenza del 19 giugno 2012, Chartered Institute of Patent Attorneys (C-307/10, EU:C:2012:361), la Corte ha dichiarato che, al fine di rispettare i requisiti di chiarezza e di precisione imposti dalla direttiva 2008/95/CE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, colui che richiede un marchio nazionale utilizzando tutte le indicazioni generali di cui al titolo di una classe specifica della classificazione di Nizza per identificare i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio deve precisare se la sua domanda di registrazione verta su tutti i prodotti o tutti i servizi repertoriati nell’elenco alfabetico della classe specifica di cui trattasi o solo su alcuni di essi. Laddove la domanda verta unicamente su alcuni di tali prodotti o servizi, il richiedente ha l’obbligo di precisare quali prodotti o servizi rientranti in detta classe sono presi in considerazione. Tuttavia, in primo luogo, il punto 61 di tale sentenza non riguarda i titolari di un marchio già registrato, bensì unicamente i richiedenti di marchi. In secondo luogo, a detto punto 61 della sentenza del 19 giugno 2012, Chartered Institute of Patent Attorneys, la Corte si è limitata a precisare i requisiti ai quali sono soggetti i nuovi richiedenti di marchi nazionali, che utilizzano le indicazioni generali del titolo di una classe al fine di identificare i prodotti e i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio. Simili requisiti permettono di prevenire la situazione in cui non sia possibile determinare con certezza la portata della protezione derivante da un marchio, qualora un richiedente utilizzi tutte le indicazioni figuranti nel titolo di una classe. Non si può quindi affermare che la Corte, mediante la sentenza del 19 giugno 2012, Chartered Institute of Patent Attorneys, abbia inteso rimettere in discussione l’approccio seguito nella comunicazione n. 4/03 del presidente dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (marchi, disegni e modelli), del 16 giugno 2003, relativa all’utilizzazione dei titoli delle classi negli elenchi di prodotti e servizi per le domande e le registrazioni di marchi comunitari, secondo la quale l’uso di tutte le indicazioni generali elencate nel titolo di una determinata classe costituisce una rivendicazione per tutti i prodotti o servizi rientranti in tale classe. Di conseguenza, la regola enunciata al punto 61 di detta sentenza non è applicabile alla registrazione di un marchio avvenuta prima della pronuncia della suddetta sentenza. (v. punti 28-31) V. il testo della decisione. (v. punto 37)
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Registrazione di un marchio nazionale identico o simile a un marchio comunitario anteriore, Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione europea, Portata geografica della notorietà.
Causa C-125/14 Iron & Smith kft contro Unilever NV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Registrazione di un marchio nazionale identico o simile a un marchio comunitario anteriore — Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione europea — Portata geografica della notorietà» Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 3 settembre 2015 Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione — Nozione — Portata geografica della notorietà — Pertinenza dei criteri relativi all’uso effettivo del marchio comunitario al fine di determinare la sussistenza della notorietà — Insussistenza (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 4, § 3) Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Marchio comunitario che gode di notorietà in una parte sostanziale del territorio dell’Unione, ma non presso il pubblico di riferimento dello Stato membro interessato da una domanda di registrazione di un marchio nazionale posteriore — Presupposti della tutela estesa introdotta dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 4, § 3) L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 sui marchi deve essere interpretato nel senso che, laddove sia accertata la notorietà di un marchio comunitario anteriore su una parte sostanziale del territorio dell’Unione europea, che può eventualmente coincidere con il territorio di un solo Stato membro, il quale non deve necessariamente essere quello in cui è stata depositata una domanda di registrazione di marchio nazionale posteriore, si deve ritenere che tale marchio goda di notorietà nell’Unione. I criteri che sono stati enucleati dalla giurisprudenza riguardo all’uso effettivo del marchio comunitario non sono, di per sé, rilevanti al fine di determinare la sussistenza di una «notorietà» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della suddetta direttiva. (v. punto 25, dispositivo 1) Nel caso in cui il marchio comunitario anteriore abbia già acquisito una notorietà in una parte sostanziale del territorio dell’Unione europea, ma non presso il pubblico pertinente dello Stato membro in cui è stata richiesta la registrazione del marchio nazionale posteriore oggetto dell’opposizione, il titolare del marchio comunitario può beneficiare della tutela introdotta dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 sui marchi, laddove risulti che una parte non irrilevante dal punto di vista commerciale di detto pubblico conosce il suddetto marchio e stabilisce un nesso tra questo e il marchio nazionale posteriore, e laddove sussista, tenuto conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, o una violazione effettiva e attuale del marchio comunitario ai sensi di tale disposizione, o, in mancanza, un rischio serio che una simile violazione si produca in futuro. (v. punto 34, dispositivo 2) Causa C-125/14 Iron & Smith kft contro Unilever NV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Registrazione di un marchio nazionale identico o simile a un marchio comunitario anteriore — Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione europea — Portata geografica della notorietà» Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 3 settembre 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchio comunitario che gode di notorietà nell’Unione – Nozione – Portata geografica della notorietà – Pertinenza dei criteri relativi all’uso effettivo del marchio comunitario al fine di determinare la sussistenza della notorietà – Insussistenza (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 4, § 3) Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchio comunitario che gode di notorietà in una parte sostanziale del territorio dell’Unione, ma non presso il pubblico di riferimento dello Stato membro interessato da una domanda di registrazione di un marchio nazionale posteriore – Presupposti della tutela estesa introdotta dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 4, § 3) L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 sui marchi deve essere interpretato nel senso che, laddove sia accertata la notorietà di un marchio comunitario anteriore su una parte sostanziale del territorio dell’Unione europea, che può eventualmente coincidere con il territorio di un solo Stato membro, il quale non deve necessariamente essere quello in cui è stata depositata una domanda di registrazione di marchio nazionale posteriore, si deve ritenere che tale marchio goda di notorietà nell’Unione. I criteri che sono stati enucleati dalla giurisprudenza riguardo all’uso effettivo del marchio comunitario non sono, di per sé, rilevanti al fine di determinare la sussistenza di una «notorietà» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della suddetta direttiva. (v. punto 25, dispositivo 1) Nel caso in cui il marchio comunitario anteriore abbia già acquisito una notorietà in una parte sostanziale del territorio dell’Unione europea, ma non presso il pubblico pertinente dello Stato membro in cui è stata richiesta la registrazione del marchio nazionale posteriore oggetto dell’opposizione, il titolare del marchio comunitario può beneficiare della tutela introdotta dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 sui marchi, laddove risulti che una parte non irrilevante dal punto di vista commerciale di detto pubblico conosce il suddetto marchio e stabilisce un nesso tra questo e il marchio nazionale posteriore, e laddove sussista, tenuto conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, o una violazione effettiva e attuale del marchio comunitario ai sensi di tale disposizione, o, in mancanza, un rischio serio che una simile violazione si produca in futuro. (v. punto 34, dispositivo 2)
Rinvio pregiudiziale, Regolamento (CE) n. 1383/2003, Misure dirette ad impedire l’immissione in commercio di merci contraffatte e di merci usurpative, Articolo 2, Ambito di applicazione del regolamento, Vendita, a partire da uno Stato terzo, tramite Internet, di un orologio contraffatto per uso personale a un privato residente in uno Stato membro, Sequestro dell’orologio ad opera delle autorità doganali al momento del suo ingresso nel territorio dello Stato membro, Regolarità del sequestro, Presupposti, Condizioni concernenti la violazione dei diritti di proprietà intellettuale, Direttiva 2001/29/CE, Articolo 4, Distribuzione al pubblico, Direttiva 2008/95/CE, Articolo 5, Regolamento (CE) n. 207/2009, Articolo 9, Uso nel commercio.
Causa C-98/13 Martin Blomqvist contro Rolex SA e Manufacture des Montres Rolex SA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Højesteret) «Rinvio pregiudiziale — Regolamento (CE) n. 1383/2003 — Misure dirette ad impedire l’immissione in commercio di merci contraffatte e di merci usurpative — Articolo 2 — Ambito di applicazione del regolamento — Vendita, a partire da uno Stato terzo, tramite Internet, di un orologio contraffatto per uso personale a un privato residente in uno Stato membro — Sequestro dell’orologio ad opera delle autorità doganali al momento del suo ingresso nel territorio dello Stato membro — Regolarità del sequestro — Presupposti — Condizioni concernenti la violazione dei diritti di proprietà intellettuale — Direttiva 2001/29/CE — Articolo 4 — Distribuzione al pubblico — Direttiva 2008/95/CE — Articolo 5 — Regolamento (CE) n. 207/2009 — Articolo 9 — Uso nel commercio» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 6 febbraio 2014 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Interpretazione del regolamento n. 207/2009 e della direttiva 2008/95 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici – Uso del marchio ai sensi degli articoli 9 del regolamento e 5 della direttiva – Nozione (Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 9, § 1; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 5) Ravvicinamento delle legislazioni – Diritto d’autore e diritti connessi – Direttiva 2001/29 – Armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione – Distribuzione al pubblico – Nozione (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/29, art. 4, § 1) Politica commerciale comune – Misure dirette ad impedire l’immissione in commercio di merci contraffatte e di merci usurpative – Regolamento n. 1383/2003 – Merci contraffatte o merci usurpative – Nozione – Merci introdotte nel territorio doganale dell’Unione europea e che costituiscono imitazione di un prodotto tutelato nell’Unione – Inclusione – Presupposti – Merci destinate a essere immesse in commercio nell’Unione – Elementi di prova ammissibili (Regolamento del Consiglio n. 1383/2003) Il titolare di un marchio ha diritto, sul fondamento della direttiva 2008/95 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa e del regolamento n. 207/2009 sul marchio comunitario, di vietare che un terzo faccia uso, senza il suo consenso, di un segno identico a detto marchio qualora tale uso abbia luogo nel commercio, avvenga per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è registrato e pregiudichi ovvero sia idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio. (v. punto 27) Conformemente alla direttiva 2001/29 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, agli autori è conferito il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell’originale delle loro opere o di copie di queste ultime, attraverso la vendita o in altro modo. La distribuzione al pubblico è caratterizzata da una serie di operazioni che vanno, almeno, dalla conclusione di un contratto di vendita alla relativa esecuzione con la consegna ad un soggetto del pubblico. Un commerciante è pertanto responsabile di ogni sua operazione o di quella realizzata per suo conto che implichi una distribuzione al pubblico in uno Stato membro ove i beni distribuiti sono protetti dal diritto d’autore. L’esistenza di una distribuzione al pubblico siffatta dev’essere considerata come realizzata in caso di conclusione di un contratto di vendita e di spedizione. (v. punti 28, 29) Il regolamento n. 1383/2003, relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti, dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un diritto di proprietà intellettuale su una merce venduta a una persona residente nel territorio di uno Stato membro a partire da un sito Internet di vendita online situato in un paese terzo goda, nel momento in cui tale merce fa ingresso nel territorio di tale Stato membro, della protezione garantita a tale titolare dal predetto regolamento per il solo fatto che detta merce è stata acquistata. A tal fine non è necessario, in aggiunta, che la merce di cui trattasi sia stata oggetto, prima della vendita, di un’offerta di vendita o di una pubblicità rivolta ai consumatori di tale medesimo Stato. Infatti, merci provenienti da uno Stato terzo che costituiscono imitazione di un prodotto tutelato nell’Unione europea da un diritto di marchio o copia di un prodotto protetto nell’Unione da un diritto d’autore, da un diritto connesso, o da un disegno o modello possono violare tali diritti ed essere quindi qualificate come merci contraffatte o merci usurpative laddove sia dimostrato che sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione; una siffatta prova è fornita, in particolare, qualora risulti che dette merci sono state oggetto di una vendita ad un cliente nell’Unione o di un’offerta di vendita o di una pubblicità rivolta a consumatori nell’Unione. (v. punti 33, 35 e dispositivo) Causa C-98/13 Martin Blomqvist contro Rolex SA e Manufacture des Montres Rolex SA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Højesteret) «Rinvio pregiudiziale — Regolamento (CE) n. 1383/2003 — Misure dirette ad impedire l’immissione in commercio di merci contraffatte e di merci usurpative — Articolo 2 — Ambito di applicazione del regolamento — Vendita, a partire da uno Stato terzo, tramite Internet, di un orologio contraffatto per uso personale a un privato residente in uno Stato membro — Sequestro dell’orologio ad opera delle autorità doganali al momento del suo ingresso nel territorio dello Stato membro — Regolarità del sequestro — Presupposti — Condizioni concernenti la violazione dei diritti di proprietà intellettuale — Direttiva 2001/29/CE — Articolo 4 — Distribuzione al pubblico — Direttiva 2008/95/CE — Articolo 5 — Regolamento (CE) n. 207/2009 — Articolo 9 — Uso nel commercio» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 6 febbraio 2014 Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 207/2009 e della direttiva 2008/95 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli articoli 9 del regolamento e 5 della direttiva — Nozione (Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 9, § 1; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 5) Ravvicinamento delle legislazioni — Diritto d’autore e diritti connessi — Direttiva 2001/29 — Armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione — Distribuzione al pubblico — Nozione (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/29, art. 4, § 1) Politica commerciale comune — Misure dirette ad impedire l’immissione in commercio di merci contraffatte e di merci usurpative — Regolamento n. 1383/2003 — Merci contraffatte o merci usurpative — Nozione — Merci introdotte nel territorio doganale dell’Unione europea e che costituiscono imitazione di un prodotto tutelato nell’Unione — Inclusione — Presupposti — Merci destinate a essere immesse in commercio nell’Unione — Elementi di prova ammissibili (Regolamento del Consiglio n. 1383/2003) Il titolare di un marchio ha diritto, sul fondamento della direttiva 2008/95 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa e del regolamento n. 207/2009 sul marchio comunitario, di vietare che un terzo faccia uso, senza il suo consenso, di un segno identico a detto marchio qualora tale uso abbia luogo nel commercio, avvenga per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è registrato e pregiudichi ovvero sia idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio. (v. punto 27) Conformemente alla direttiva 2001/29 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, agli autori è conferito il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell’originale delle loro opere o di copie di queste ultime, attraverso la vendita o in altro modo. La distribuzione al pubblico è caratterizzata da una serie di operazioni che vanno, almeno, dalla conclusione di un contratto di vendita alla relativa esecuzione con la consegna ad un soggetto del pubblico. Un commerciante è pertanto responsabile di ogni sua operazione o di quella realizzata per suo conto che implichi una distribuzione al pubblico in uno Stato membro ove i beni distribuiti sono protetti dal diritto d’autore. L’esistenza di una distribuzione al pubblico siffatta dev’essere considerata come realizzata in caso di conclusione di un contratto di vendita e di spedizione. (v. punti 28, 29) Il regolamento n. 1383/2003, relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti, dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un diritto di proprietà intellettuale su una merce venduta a una persona residente nel territorio di uno Stato membro a partire da un sito Internet di vendita online situato in un paese terzo goda, nel momento in cui tale merce fa ingresso nel territorio di tale Stato membro, della protezione garantita a tale titolare dal predetto regolamento per il solo fatto che detta merce è stata acquistata. A tal fine non è necessario, in aggiunta, che la merce di cui trattasi sia stata oggetto, prima della vendita, di un’offerta di vendita o di una pubblicità rivolta ai consumatori di tale medesimo Stato. Infatti, merci provenienti da uno Stato terzo che costituiscono imitazione di un prodotto tutelato nell’Unione europea da un diritto di marchio o copia di un prodotto protetto nell’Unione da un diritto d’autore, da un diritto connesso, o da un disegno o modello possono violare tali diritti ed essere quindi qualificate come merci contraffatte o merci usurpative laddove sia dimostrato che sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione; una siffatta prova è fornita, in particolare, qualora risulti che dette merci sono state oggetto di una vendita ad un cliente nell’Unione o di un’offerta di vendita o di una pubblicità rivolta a consumatori nell’Unione. (v. punti 33, 35 e dispositivo)
Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Articolo 10, paragrafi 1 e 2, lettera a), Uso effettivo, Uso in una forma, anch’essa registrata come marchio, che differisce per alcuni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio, Effetti di una sentenza nel tempo.
Causa C-553/11 Bernhard Rintisch contro Klaus Eder (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof) «Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 10, paragrafi 1 e 2, lettera a) — Uso effettivo — Uso in una forma, anch’essa registrata come marchio, che differisce per alcuni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio — Effetti di una sentenza nel tempo» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 25 ottobre 2012 Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Competenza del giudice nazionale – Accertamento e valutazione dei fatti di causa – Necessità di una questione pregiudiziale e pertinenza delle questioni sollevate – Valutazione da parte del giudice nazionale (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Questioni manifestamente prive di pertinenza e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile – Incompetenza della Corte (Art. 267 TFUE) Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Mancato uso effettivo di un marchio – Uso del marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il suo carattere distintivo – Registrazione della forma utilizzata che si differenzia da quella del marchio registrato – Irrilevanza [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 10, § 2, a)] V. il testo della decisione. (v. punto 15) V. il testo della decisione. (v. punto 16) La registrazione come marchio della forma in cui un altro marchio registrato è utilizzato, forma che differisce da quella in cui quest’ultimo marchio è registrato, pur non alterandone il carattere distintivo, non osta all’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della prima direttiva 89/104 sui marchi. Infatti, da un lato, il carattere distintivo di un marchio, nel senso di cui alle disposizioni della direttiva 89/104, significa che tale marchio permette di identificare il prodotto per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese. Dall’altro, non risulta affatto dalla formulazione letterale dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104 che la diversa forma in cui il marchio è utilizzato non possa anch’essa essere registrata come marchio. La sola condizione sancita da tale disposizione è infatti quella secondo la quale la forma utilizzata può differenziarsi dalla forma in cui tale marchio è stato registrato unicamente per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo di quest’ultimo. Quanto all’obiettivo dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104, si deve rilevare che tale disposizione, evitando di esigere una stretta conformità tra la forma utilizzata in commercio e quella in cui il marchio è stato registrato, è diretta a consentire al titolare di quest’ultimo di apportare al segno, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di meglio adattarlo alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi relativi. Orbene, tale obiettivo sarebbe compromesso se, per stabilire l’uso del marchio registrato, fosse richiesto un requisito ulteriore, secondo il quale la diversa forma in cui tale marchio è stato utilizzato non dovrebbe essere anch’essa oggetto di registrazione come marchio. La registrazione di nuove forme di un marchio consente infatti, all’occorrenza, di anticipare i cambiamenti che possono intervenire nell’immagine del marchio e, di conseguenza, di adattarlo alle caratteristiche di un mercato in evoluzione. Risulta inoltre dal dodicesimo considerando della direttiva 89/104 che le disposizioni di quest’ultima devono essere «in perfetta armonia con quelle della convenzione di Parigi» per la protezione della proprietà industriale. Si deve pertanto interpretare l’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva in conformità all’articolo 5, parte C, paragrafo 2, di tale convenzione. Orbene, nulla di quanto previsto da quest’ultima disposizione lascia intendere che la registrazione di un segno come marchio comporta la conseguenza che l’uso del medesimo non può più essere invocato per stabilire l’uso di un altro marchio registrato dal quale differisce soltanto in un modo tale che il carattere distintivo di quest’ultimo non ne risulta alterato. (v. punti 19-24) Causa C-553/11 Bernhard Rintisch contro Klaus Eder (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof) «Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 10, paragrafi 1 e 2, lettera a) — Uso effettivo — Uso in una forma, anch’essa registrata come marchio, che differisce per alcuni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio — Effetti di una sentenza nel tempo» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 25 ottobre 2012 Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Competenza del giudice nazionale — Accertamento e valutazione dei fatti di causa — Necessità di una questione pregiudiziale e pertinenza delle questioni sollevate — Valutazione da parte del giudice nazionale (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Questioni manifestamente prive di pertinenza e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile — Incompetenza della Corte (Art. 267 TFUE) Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Mancato uso effettivo di un marchio — Uso del marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il suo carattere distintivo — Registrazione della forma utilizzata che si differenzia da quella del marchio registrato — Irrilevanza [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 10, § 2, a)] V. il testo della decisione. (v. punto 15) V. il testo della decisione. (v. punto 16) La registrazione come marchio della forma in cui un altro marchio registrato è utilizzato, forma che differisce da quella in cui quest’ultimo marchio è registrato, pur non alterandone il carattere distintivo, non osta all’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della prima direttiva 89/104 sui marchi. Infatti, da un lato, il carattere distintivo di un marchio, nel senso di cui alle disposizioni della direttiva 89/104, significa che tale marchio permette di identificare il prodotto per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese. Dall’altro, non risulta affatto dalla formulazione letterale dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104 che la diversa forma in cui il marchio è utilizzato non possa anch’essa essere registrata come marchio. La sola condizione sancita da tale disposizione è infatti quella secondo la quale la forma utilizzata può differenziarsi dalla forma in cui tale marchio è stato registrato unicamente per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo di quest’ultimo. Quanto all’obiettivo dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104, si deve rilevare che tale disposizione, evitando di esigere una stretta conformità tra la forma utilizzata in commercio e quella in cui il marchio è stato registrato, è diretta a consentire al titolare di quest’ultimo di apportare al segno, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di meglio adattarlo alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi relativi. Orbene, tale obiettivo sarebbe compromesso se, per stabilire l’uso del marchio registrato, fosse richiesto un requisito ulteriore, secondo il quale la diversa forma in cui tale marchio è stato utilizzato non dovrebbe essere anch’essa oggetto di registrazione come marchio. La registrazione di nuove forme di un marchio consente infatti, all’occorrenza, di anticipare i cambiamenti che possono intervenire nell’immagine del marchio e, di conseguenza, di adattarlo alle caratteristiche di un mercato in evoluzione. Risulta inoltre dal dodicesimo considerando della direttiva 89/104 che le disposizioni di quest’ultima devono essere «in perfetta armonia con quelle della convenzione di Parigi» per la protezione della proprietà industriale. Si deve pertanto interpretare l’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva in conformità all’articolo 5, parte C, paragrafo 2, di tale convenzione. Orbene, nulla di quanto previsto da quest’ultima disposizione lascia intendere che la registrazione di un segno come marchio comporta la conseguenza che l’uso del medesimo non può più essere invocato per stabilire l’uso di un altro marchio registrato dal quale differisce soltanto in un modo tale che il carattere distintivo di quest’ultimo non ne risulta alterato. (v. punti 19-24)
Marchi, Pubblicità su Internet a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Selezione, da parte dell’inserzionista, di una parola chiave corrispondente ad un marchio che gode di notorietà di un concorrente, Direttiva 89/104/CEE, Art. 5, nn. 1, lett. a), e 2, Regolamento (CE) n. 40/94, Art. 9, n. 1, lett. a) e c), Condizione della violazione di una delle funzioni del marchio, Pregiudizio arrecato al carattere distintivo di un marchio che gode di notorietà ("diluizione"), Profitto indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà di tale marchio ("parassitismo").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Obiettivo — Limiti [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Marchio notorio — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. c); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 2] Massima 1. Si evince dalla formulazione dell’art. 5, n. 1, della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e dal decimo considerando di quest’ultima che il diritto degli Stati membri è stato armonizzato nel senso che il diritto esclusivo conferito da un marchio offre al titolare di quest’ultimo una protezione «assoluta» contro l’uso fatto da terzi di segni identici a tale marchio per prodotti o servizi identici, mentre, laddove non sussista questa duplice identità, solo l’esistenza di un rischio di confusione consente al titolare di far utilmente valere il proprio diritto esclusivo. Tale distinzione tra la tutela offerta dal n. 1, lett. a), di detto articolo e quella enunciata nella disposizione di cui alla lett. b) del medesimo n. 1 è stata riproposta, per quanto riguarda il marchio comunitario, dal settimo considerando e dall’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. Pur se il legislatore dell’Unione ha qualificato come «assoluta» la tutela contro l’uso non consentito di segni identici ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, la Corte ha contestualizzato tale qualificazione rilevando che, per quanto importante essa possa essere, la protezione offerta dall’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 mira solo a consentire al titolare del marchio di tutelare i propri interessi specifici in quanto titolare di quest’ultimo, ossia a garantire che il marchio possa adempiere le sue proprie funzioni. La Corte ha da ciò ricavato che l’esercizio del diritto esclusivo conferito dal marchio deve essere riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio e, in particolare, la sua funzione essenziale di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto. Siffatta interpretazione degli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 è stata precisata nel senso che tali disposizioni consentono al titolare del marchio di invocare il proprio diritto esclusivo in caso di violazione o di rischio di violazione di una delle funzioni del marchio, che si tratti della funzione essenziale di indicazione d’origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio oppure di una delle altre funzioni di quest’ultimo, quali quelle consistenti nel garantire la qualità di detto prodotto o servizio, oppure di comunicazione, investimento o pubblicità. È vero che si presuppone che un marchio soddisfi sempre la propria funzione di indicazione d’origine, mentre esso garantisce le proprie altre funzioni solo nei limiti in cui il suo titolare lo sfrutti in tal senso, in particolare a fini di pubblicità o di investimento. Nondimeno tale differenza tra la funzione essenziale del marchio e le altre funzioni di quest’ultimo non può in alcun modo giustificare il fatto che, allorché un marchio soddisfa una o più di tali altre funzioni, violazioni di quest’ultime siano escluse dall’ambito di applicazione degli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94. Analogamente, non si può considerare che solo i marchi che godono di notorietà possano avere funzioni diverse da quelle dell’indicazione d’origine. (v. punti 36-38, 40) 2. Gli artt. 5, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità – a partire da una parola chiave identica a detto marchio che tale concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – a prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, quando il predetto uso è idoneo a violare una delle funzioni del marchio. Siffatto uso: – viola la funzione di indicazione d’origine del marchio allorché la pubblicità che compare a partire dalla suddetta parola chiave non consente o consente solo difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi menzionati nell’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo; – non viola, nell’ambito di un servizio di posizionamento quale Adwords, la funzione di pubblicità del marchio; – viola la funzione di investimento del marchio ove intralci in modo sostanziale l’utilizzo, da parte del titolare in questione, del proprio marchio per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli. Quanto alla funzione di indicazione d’origine, qualora l’annuncio del terzo adombri l’esistenza di un collegamento economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste una violazione della funzione di indicazione d’origine di detto marchio. Analogamente, qualora l’annuncio, pur non adombrando l’esistenza di un collegamento economico, sia talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale ad esso allegato, se l’inserzionista sia un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, sia economicamente collegato a quest’ultimo, si deve concludere che sussiste violazione di detta funzione del marchio. In relazione alla funzione di pubblicità, il solo fatto che l’uso, da parte di un terzo, di un segno identico ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è stato registrato costringa il titolare di tale marchio ad intensificare i propri sforzi pubblicitari per mantenere o aumentare la propria visibilità presso i consumatori non è sufficiente, in tutti i casi, a far concludere che sussista una violazione della funzione di pubblicità di detto marchio. In proposito, pur se il marchio costituisce un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il diritto dell’Unione intende istituire, esso non ha tuttavia lo scopo di proteggere il suo titolare dalle pratiche che sono intrinseche al gioco della concorrenza. Orbene, la pubblicità su Internet a partire da parole chiave corrispondenti a marchi costituisce una pratica siffatta, in quanto, in generale, essa ha meramente lo scopo di proporre agli utenti di Internet alternative rispetto ai prodotti o ai servizi dei titolari di detti marchi. Per quanto riguarda la funzione di investimento, non si può ammettere che il titolare di un marchio possa opporsi a che un concorrente faccia, in condizioni di concorrenza leale e rispettosa della funzione di indicazione d’origine del marchio, uso di un segno identico a quest’ultimo per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, qualora siffatto uso abbia come sola conseguenza di costringere il titolare dello stesso marchio ad adeguare i propri sforzi per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli. Analogamente, la circostanza che detto uso induca taluni consumatori ad abbandonare i prodotti o servizi contrassegnati da tale marchio non può essere utilmente fatta valere dal titolare del marchio stesso. (v. punti 45, 57-58, 62, 64, 66, dispositivo 1) 3. Gli artt. 5, n. 2, della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e 9, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio che gode di notorietà ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità a partire da una parola chiave corrispondente a tale marchio che il suddetto concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, qualora detto concorrente tragga così indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio (parassitismo) oppure qualora tale pubblicità arrechi pregiudizio a detto carattere distintivo (diluizione) o a detta notorietà (corrosione). Un annuncio pubblicitario a partire da una parola chiave siffatta arreca pregiudizio al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà (diluizione), in particolare, ove contribuisca a trasformare la natura di tale marchio rendendolo un termine generico. Per contro, il titolare di un marchio che gode di notorietà non può vietare, in particolare, annunci pubblicitari fatti comparire dai suoi concorrenti a partire da parole chiave che corrispondono a detto marchio e propongono, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza provocare una diluizione o una corrosione e senza peraltro arrecare pregiudizio alle funzioni di detto marchio che gode di notorietà, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare di detto marchio. (v. punti 93-95, dispositivo 2)
Marchi, Internet, Offerta in vendita, in un mercato online destinato ai consumatori nell’Unione, di prodotti contrassegnati da un marchio destinati, dal titolare, ad essere venduti negli Stati terzi, Eliminazione dell’imballaggio di detti prodotti, Direttiva 89/104/CEE, Regolamento (CE) n. 40/94, Responsabilità del gestore del mercato online, Direttiva 2000/31/CE ("direttiva sul commercio elettronico"), Ingiunzioni giudiziarie nei confronti di tale gestore, Direttiva 2004/48/CE ("direttiva sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Vendita, offerta in vendita o pubblicità, di prodotti che si trovano in uno Stato terzo, in un mercato online destinato ai consumatori nell’Unione (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttiva del Consiglio 89/104, art. 5) 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Esaurimento del diritto conferito dal marchio — Presupposti — Prodotto immesso sul mercato nella Comunità o nello Spazio economico europeo (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 13, n. 1; direttiva del Consiglio 89/104, art. 7, n. 1) 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Rivendita di profumi o di prodotti cosmetici privati dell’imballaggio (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttive del Consiglio 76/768, art. 6, n. 1, e 89/104, art. 5) 4. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 5. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Nozione — Gestione di un mercato online — Esclusione (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31, artt. 12-15; direttiva del Consiglio 89/104, art. 5) 6. Ravvicinamento delle legislazioni — Commercio elettronico — Direttiva 2000/31 — Responsabilità dei prestatori intermedi — Hosting (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31, art. 14, n. 1) 7. Ravvicinamento delle legislazioni — Rispetto dei diritti di proprietà intellettuale — Direttiva 2004/48 — Misure, procedure e mezzi di ricorso — Misure adottate a seguito di decisione sul merito (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/48, art. 11) Massima 1. Allorché prodotti che si trovano in uno Stato terzo – recanti un marchio registrato in uno Stato membro dell’Unione o un marchio comunitario e non commercializzati precedentemente nello Spazio economico europeo o, nel caso di marchio comunitario, non commercializzati precedentemente nell’Unione – sono venduti da un operatore economico, attraverso un mercato online e senza il consenso del titolare di detto marchio ad un consumatore che si trova nel territorio per il quale il marchio di cui trattasi è stato registrato, o sono oggetto di un’offerta in vendita o di pubblicità in un mercato siffatto destinata a consumatori che si trovino nel suddetto territorio, il titolare del marchio può opporsi alla vendita, all’offerta in vendita o alla pubblicità summenzionate in forza delle norme di cui all’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, o all’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. È compito dei giudici nazionali valutare caso per caso se sussistano elementi pertinenti per concludere che un’offerta in vendita o una pubblicità che compare in un mercato online accessibile in detto territorio sia destinata a consumatori che si trovano in quest’ultimo. Le norme della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94 si applicano dal momento in cui appare evidente che l’offerta in vendita del prodotto contrassegnato da un marchio che si trova in uno Stato terzo è destinata a consumatori che si trovano nel territorio per il quale il marchio è stato registrato. In caso contrario, infatti, gli operatori che fanno ricorso al commercio elettronico, proponendo in vendita, in un mercato online destinato a consumatori che si trovano nell’Unione, prodotti contrassegnati da un marchio che si trovano in uno Stato terzo, che possono essere visualizzati sullo schermo e ordinati mediante detto mercato online, non avrebbero, relativamente alle offerte in vendita di questo tipo, nessun obbligo di conformarsi alle norme dell’Unione in materia di proprietà intellettuale. Una situazione del genere vanificherebbe l’effetto utile di tali norme. In proposito, ai sensi dell’art. 5, n. 3, lett. b) e d), della direttiva 89/104 e dell’art. 9, n. 2, lett. b) e d), del regolamento n. 40/94, l’uso, da parte di terzi, di segni identici o simili a marchi al quale possono opporsi i titolari di questi ultimi comprende l’uso di detti segni nelle offerte in vendita e nella pubblicità. Sarebbe pregiudicata l’efficacia di tali norme qualora l’uso, in un’offerta in vendita o in una pubblicità su Internet destinata a consumatori che si trovano nell’Unione, di un segno identico o simile a un marchio registrato nell’Unione fosse sottratto all’applicazione di tali norme per il solo fatto che il terzo all’origine di detta offerta o pubblicità sia stabilito in uno Stato terzo, che il server del sito Internet da lui utilizzato si trovi in tale Stato o ancora che il prodotto oggetto di detta offerta o pubblicità si trovi in uno Stato terzo. Nondimeno, la mera accessibilità di un sito Internet nel territorio per il quale il marchio è stato registrato non è sufficiente per concludere che le offerte in vendita che compaiono in esso sono destinate a consumatori che si trovano in tale territorio. Infatti, laddove l’accessibilità in tale territorio di un mercato online fosse sufficiente a far sì che gli annunci che compaiono in quest’ultimo rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94, sarebbero indebitamente assoggettati al diritto dell’Unione siti e annunci che, pur essendo manifestamente destinati esclusivamente a consumatori situati in Stati terzi, sono tuttavia tecnicamente accessibili nel territorio dell’Unione. (v. punti 61-64, 67, dispositivo 1) 2. La fornitura da parte del titolare di un marchio ai propri distributori autorizzati di articoli recanti tale marchio, destinati alla dimostrazione ai consumatori nei punti vendita autorizzati, nonché di flaconi recanti detto marchio, dai quali possono essere prelevate piccole quantità di prodotto da fornire ai consumatori quali campioni gratuiti, non costituisce, in mancanza di elementi probatori contrari, un’immissione in commercio ai sensi della direttiva 89/104, in materia di marchi, o del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. (v. punto 73, dispositivo 2) 3. L’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e l’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può, in forza del diritto esclusivo conferitogli da quest’ultimo, opporsi alla rivendita di profumi o di prodotti cosmetici per il fatto che il rivenditore ha eliminato l’imballaggio di tali prodotti, qualora in conseguenza della rimozione di tale imballaggio informazioni essenziali, come quelle relative all’identificazione del produttore o del responsabile dell’immissione in commercio del prodotto cosmetico, risultino mancanti. Nel caso in cui la rimozione dell’imballaggio non abbia condotto a siffatta mancanza di informazioni, il titolare del marchio può nondimeno opporsi a che un profumo o un prodotto cosmetico contrassegnato dal marchio di cui è titolare sia rivenduto privato dell’imballaggio, laddove dimostri che la rimozione dell’imballaggio ha arrecato pregiudizio all’immagine del prodotto in questione e quindi alla reputazione del marchio. In considerazione della varietà di gamme di profumi e di prodotti cosmetici, la questione se la rimozione dell’imballaggio di un prodotto del genere pregiudichi l’immagine di quest’ultimo e, quindi, la reputazione del marchio da cui è contrassegnato va esaminata caso per caso. Infatti, l’aspetto di un profumo o di un prodotto cosmetico senza imballaggio può talvolta trasmettere efficacemente l’immagine di prestigio e di lusso di tale prodotto, mentre, in altri casi, l’eliminazione di detto imballaggio ha proprio la conseguenza di arrecare pregiudizio a tale immagine. Un pregiudizio siffatto può aversi allorché l’imballaggio contribuisce, a pari titolo o più del flacone o del contenitore, alla presentazione dell’immagine del prodotto creata dal titolare del marchio e dai suoi distributori autorizzati. È del pari possibile che l’assenza di talune o di tutte le informazioni richieste dall’art. 6, n. 1, della direttiva 76/768, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, arrechi pregiudizio all’immagine del prodotto. Incombe al titolare del marchio comprovare la sussistenza degli elementi costitutivi di tale pregiudizio. Inoltre, avendo la funzione essenziale di garantire al consumatore l’identità d’origine del prodotto, il marchio serve proprio ad attestare che tutti i prodotti da esso contrassegnati sono stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale può essere attribuita la responsabilità della loro qualità. Orbene, allorché talune informazioni richieste per legge, come quelle relative all’identificazione del produttore o del responsabile dell’immissione in commercio del prodotto cosmetico, sono mancanti, è pregiudicata la funzione di indicazione di origine del marchio, in quanto quest’ultimo è privato del suo effetto essenziale consistente nel garantire che i prodotti da esso contrassegnati sono forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale può essere attribuita la responsabilità della loro qualità. Peraltro, la questione se l’offerta in vendita o la vendita di prodotti recanti un marchio privati del loro imballaggio e quindi di talune informazioni richieste ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva 76/768 sia o meno penalmente perseguibile in diritto nazionale non può avere influenza sull’applicabilità delle norme dell’Unione in materia di tutela dei marchi. (v. punti 78-83, dispositivo 3) 4. L’art. 5, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e l’art. 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può vietare al gestore di un mercato online di fare pubblicità, partendo da una parola chiave identica a tale marchio selezionata da tale gestore nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, ai prodotti recanti detto marchio messi in vendita nel suddetto mercato, qualora siffatta pubblicità non consenta, o consenta soltanto difficilmente, all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se tali prodotti o servizi provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo. Laddove il gestore di un mercato online abbia utilizzato parole chiave corrispondenti a marchi per promuovere offerte in vendita di prodotti contrassegnati da marchio provenienti dai suoi clienti venditori, egli ne ha fatto uso per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tali marchi sono stati registrati. In proposito, l’espressione «per prodotti o servizi» non si riferisce esclusivamente ai prodotti o ai servizi del terzo che fa uso dei segni corrispondenti ai marchi, ma può riguardare anche i prodotti o i servizi di altre persone. La circostanza, infatti, che un operatore economico utilizzi un segno corrispondente ad un marchio per prodotti che non gli appartengono, nel senso che egli non dispone di alcun titolo su di essi, di per sé non impedisce che detto uso rientri nell’ambito dell’art. 5 della direttiva 89/104 e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94. Proprio con riferimento ad una situazione in cui il fornitore di un servizio fa uso di un segno corrispondente ad un marchio altrui per promuovere prodotti che uno dei propri clienti commercializza grazie a tale servizio, un siffatto uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 e dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94, laddove ciò avvenga in modo tale da creare un nesso tra detto segno e tale servizio. (v. punti 91-92, 97, dispositivo 4) 5. Il gestore di un mercato online non fa «uso», ai sensi dell’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, dei segni identici o simili a marchi che figurano in offerte in vendita che compaiono sul suo sito. Infatti, l’esistenza di un «uso» di un segno identico o simile al marchio del titolare da parte di un terzo, ai sensi dell’art. 5 della direttiva 89/104 e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94, comporta, quanto meno, che quest’ultimo utilizzi il segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Orbene, nei limiti in cui tale terzo fornisce un servizio consistente nel permettere ai propri clienti di far comparire, nell’ambito delle loro attività commerciali quali le loro offerte in vendita, segni corrispondenti a marchi sul proprio sito, non è lui stesso a fare, su tale sito, un uso dei detti segni nel senso indicato dalla summenzionata normativa dell’Unione. Ne consegue che l’uso di segni identici o simili a marchi in offerte in vendita che compaiono in un mercato online ha luogo ad opera dei clienti venditori del gestore di tale mercato e non ad opera del gestore stesso. Nei limiti in cui consente ai propri clienti di fare tale uso, il ruolo del gestore del mercato online non può essere valutato alla luce delle disposizioni della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94, ma deve essere esaminato nella prospettiva di altre norme di diritto, quali quelle enunciate nella direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), specificamente alla sezione 4 del capo II della medesima, che riguarda la «responsabilità dei prestatori intermediari» nel commercio elettronico e che comprende gli artt. 12-15 della stessa direttiva. (v. punti 102-105, dispositivo 5) 6. L’art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretato nel senso che esso si applica al gestore di un mercato online qualora non abbia svolto un ruolo attivo che gli permetta di avere conoscenza o controllo circa i dati memorizzati. Detto gestore svolge un ruolo siffatto allorché presta un’assistenza che consiste in particolare nell’ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita di cui trattasi o nel promuoverle. Quando non ha svolto un ruolo attivo nel senso indicato al paragrafo precedente e dunque la sua prestazione di servizio rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31, il gestore di un mercato online, in una causa che può comportare una condanna al pagamento di un risarcimento dei danni, non può tuttavia avvalersi dell’esonero dalla responsabilità previsto nella suddetta disposizione qualora sia stato al corrente di fatti o circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità delle offerte in vendita di cui trattasi e, nell’ipotesi in cui ne sia stato al corrente, non abbia prontamente agito conformemente al n. 1, lett. b), del suddetto art. 14. (v. punti 123-124, dispositivo 6) 7. L’art. 11, terza frase, della direttiva 2004/48, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri di far sì che gli organi giurisdizionali nazionali competenti in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale possano ingiungere al gestore di un mercato online di adottare provvedimenti che contribuiscano non solo a far cessare le violazioni di tali diritti ad opera degli utenti di detto mercato, ma anche a prevenire nuove violazioni della stessa natura. Tali ingiunzioni devono essere efficaci, proporzionate, dissuasive e non devono creare ostacoli al commercio legittimo. (v. punto 144, dispositivo 7)
Diritto dei marchi, Regolamento (CE) n. 40/94, Art. 13, n. 1, Direttiva 89/104/CEE, Art. 7, n. 1, Esaurimento dei diritti del titolare del marchio, Nozione di "prodotti immessi in commercio", Consenso del titolare, Flaconi di profumo detti "tester", messi dal titolare di un marchio a disposizione di un depositario appartenente ad un sistema di distribuzione selettiva.
Parole chiave Massima Parole chiave Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Esaurimento del diritto conferito dal marchio — Presupposto — Consenso espresso o implicito del titolare ad un’immissione in commercio nella Comunità o nello Spazio economico europeo — Immissione in commercio di prodotti da parte di un intermediario in violazione di una clausola del contratto di distribuzione (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 13, n. 1; direttiva del Consiglio 89/104, art. 7, n. 1) Massima 1. L’art. 13, n. 1, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario e l’art. 7, n. 1, della direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa debbono essere interpretati nel senso che l’esaurimento dei diritti conferiti dal marchio ha luogo solo se, secondo una valutazione che compete al giudice nazionale, si possa ritenere che il titolare del marchio abbia dato il consenso espresso o implicito ad un’immissione in commercio rispettivamente nella Comunità o nello Spazio economico europeo dei prodotti per i quali tale esaurimento viene invocato. Nel caso in cui la consegna di «tester di profumo» a rivenditori intermediari contrattualmente vincolati al titolare del marchio affinché i clienti di questi ultimi ne possano provare il contenuto avvenga senza trasferimento di proprietà e con divieto di vendita, il titolare del marchio possa in qualsiasi momento ritirare tale merce e la presentazione del prodotto di cui trattasi si distingua chiaramente da quella dei flaconi di profumo normalmente messi a disposizione di detti intermediari da parte del titolare del marchio, il fatto che detti tester siano flaconi di profumo recanti le menzioni «campione» e «vendita vietata» osta a che sia implicitamente riconosciuto il consenso del titolare del marchio alla loro immissione in commercio, in assenza di ogni contrario elemento probatorio, la cui valutazione compete al giudice nazionale. (v. punti 47-48 e dispositivo)