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citing "Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d'impresa"
Rinvio pregiudiziale, Proprietà intellettuale, Marchi, Regolamento (CE) n. 207/2009, Articolo 9, paragrafo 1, Direttiva 2008/95/CE, Articolo 5, paragrafi 1 e 2, Diritti conferiti dal marchio, Marchio individuale costituito da un sigillo di test eseguito.
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 2008/95/CE, Articolo 5, paragrafo 1, Annunci riguardanti un terzo accessibili su Internet, Uso non autorizzato del marchio, Annunci messi in rete all’insaputa e senza il consenso di detto terzo o conservati in rete nonostante l’opposizione di quest’ultimo, Azione del titolare del marchio nei confronti di detto terzo.
Causa C-179/15 Daimler AG contro Együd Garage Gépjárműjavító és Értékesítő Kft. (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 2008/95/CE — Articolo 5, paragrafo 1 — Annunci riguardanti un terzo accessibili su Internet — Uso non autorizzato del marchio — Annunci messi in rete all’insaputa e senza il consenso di detto terzo o conservati in rete nonostante l’opposizione di quest’ultimo — Azione del titolare del marchio nei confronti di detto terzo» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 3 marzo 2016 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Comunicazione al pubblico proveniente da un’impresa terza relativa alla riparazione e alla manutenzione di prodotti recanti il marchio – Inclusione
[Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, artt. 5, §§ 1 e 3, d), 6 e 7]
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Imputazione all’inserzionista di atti o omissioni di prestatori di servizi di annunci o di gestori di siti Internet di ricerca di imprese – Esclusione
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 5, § 1) L’uso di un marchio di impresa da parte di un terzo, senza l’autorizzazione del titolare, effettuato al fine di comunicare al pubblico che detto terzo effettua la riparazione e la manutenzione di prodotti recanti detto marchio o che esso è specializzato o specialista di tali prodotti costituisce, in determinate circostanze, un uso del marchio di impresa ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, il quale può essere vietato dal titolare del marchio a meno che non si applichino l’articolo 6, relativo alla limitazione degli effetti del marchio di impresa, o l’articolo 7, relativo all’esaurimento del diritto conferito da quest’ultimo.
Commissionando, nel contesto delle proprie attività commerciali, a un prestatore di servizio, un annuncio pubblicitario affinché sia messo in rete su un sito Internet, l’inserzionista «usa» il marchio «nel commercio» e «per prodotti e servizi» che egli offre ai propri clienti; un tale utilizzo a fini pubblicitari è peraltro espressamente previsto dall’articolo 5, paragrafo 3, lettera d), della direttiva 2008/95. Un tale uso, ove avvenga senza il consenso del titolare del marchio di impresa, è idoneo a pregiudicare la funzione di indicazione di origine del marchio, dal momento che l’annuncio suggerisce l’esistenza di un collegamento economico tra tale inserzionista e il titolare.
(v. punti 28-30)
L’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che un terzo, indicato in un annuncio pubblicato su un sito Internet che contiene un segno identico o simile a un marchio di impresa tale da dare l’impressione che sussista un rapporto commerciale tra quest’ultimo e il titolare del marchio, non fa un uso di tale segno che può essere vietato da detto titolare in forza della citata disposizione qualora la pubblicazione di tale annuncio non sia stata eseguita o commissionata da tale terzo, o anche nel caso in cui la pubblicazione dell’annuncio sia stata eseguita o commissionata da tale terzo con il consenso del titolare, qualora detto terzo abbia espressamente preteso dal gestore di tale sito Internet, al quale aveva commissionato l’annuncio, di cancellare quest’ultimo o la dicitura del marchio che vi figura.
Infatti, se la messa in rete, su un sito Internet di ricerca, di un annuncio pubblicitario che menziona un marchio altrui è imputabile all’inserzionista che ha commissionato tale annuncio e su istruzione del quale il gestore di tale sito, in qualità di prestatore di servizio, ha agito, non si possono, invece, imputare a tale inserzionista atti o omissioni di un tale prestatore che, deliberatamente o per negligenza, non tiene conto delle istruzioni espressamente fornite da detto inserzionista volte, precisamente, a evitare tale uso del marchio. Pertanto, qualora detto prestatore si astenga dal dar seguito alla richiesta dell’inserzionista di cancellare l’annuncio in questione o la dicitura del marchio che vi figura, la comparsa di tale dicitura sul sito Internet di ricerca non può più essere considerata un uso del marchio da parte dell’inserzionista.
Non possono nemmeno essere imputati a un inserzionista atti autonomi di altri operatori economici, quali quelli di gestori di siti Internet di ricerca con cui l’inserzionista non intrattiene nessun rapporto diretto o indiretto e che agiscono non su commissione e per conto di tale inserzionista, ma di loro propria iniziativa e in nome proprio.
In tali due ipotesi, il titolare del marchio non ha diritto, in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) o b), della direttiva 2008/95, ad agire nei confronti dell’inserzionista al fine di vietargli la messa in rete dell’annuncio che contiene l’indicazione del suo marchio.
(v. punti 34, 36, 37, 44 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Articolo 5, Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio, Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento, Nozione di “uso in commercio”.
Causa C-379/14 TOP Logistics BV e Van Caem International BV contro Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd e Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd contro TOP Logistics BV e Van Caem International BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof Den Haag) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 5 — Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio — Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento — Nozione di “uso in commercio”» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 luglio 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Consegna a un depositario da parte di un operatore non titolare di un marchio, al fine della loro immissione in commercio, di merci recanti tale marchio – Inclusione
[Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)]
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio registrato di opporsi all’uso illecito del suo marchio – Segno identico o simile al marchio – Uso nel commercio – Nozione – Uso al momento dell’importazione e del deposito di prodotti da parte di un operatore economico dedito al commercio parallelo – Inclusione
[Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)]
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritti conferiti dal marchio – Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’assoggettamento al regime di sospensione dei diritti di accisa, senza il suo consenso, di prodotti immessi in libera pratica e recanti il marchio
(Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, §§ 1 e 3) Ricorre uso di un segno identico a un marchio, ai sensi dell’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, quando l’operatore economico interessato utilizza tale segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Ciò accade, ad esempio, allorché un operatore economico importa o consegna a un depositario, al fine della loro immissione in commercio, talune merci recanti un marchio di cui egli non è titolare.
(v. punti 41, 42)
Per quanto concerne l’espressione «nel commercio» di cui all’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, l’uso di un segno identico a un marchio ha luogo nel commercio se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato. Ciò avviene allorché un operatore economico che si occupa di commercio parallelo di prodotti contrassegnati da un marchio importa e deposita siffatti prodotti.
(v. punti 43, 44)
L’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato in uno o più Stati membri può opporsi a che un terzo assoggetti al regime di sospensione dei diritti di accisa alcune merci recanti tale marchio dopo averle importate nello Spazio economico europeo (SEE) e averle immesse in libera pratica, senza il consenso di detto titolare.
In effetti, l’importazione di prodotti senza il consenso del titolare del marchio interessato e la detenzione in deposito fiscale di tali prodotti in attesa della loro immissione in consumo nell’Unione hanno l’effetto di privare il titolare di detto marchio della possibilità di controllare le modalità della prima immissione in commercio nel SEE di prodotti recanti il suo marchio. Siffatti atti pregiudicano, in tal modo, la funzione del marchio consistente nell’identificare l’impresa da cui provengono i prodotti e sotto il cui controllo è organizzata la prima immissione in commercio. Tale analisi non è inficiata dalla circostanza che talune merci importate e assoggettate al regime di sospensione dei diritti di accisa possano, poi, essere esportate in uno Stato terzo e, in tal modo, non essere mai immesse in consumo in uno Stato membro. Tale possibilità non osta all’applicazione delle regole in materia di marchi alle merci importate nell’Unione. Inoltre, la stessa esportazione costituisce del pari un atto di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 89/104.
(v. punti 48-50 e dispositivo) Causa C-379/14 TOP Logistics BV e Van Caem International BV contro Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd e Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd contro TOP Logistics BV e Van Caem International BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof Den Haag) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 5 — Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio — Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento — Nozione di “uso in commercio”» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 luglio 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Consegna a un depositario da parte di un operatore non titolare di un marchio, al fine della loro immissione in commercio, di merci recanti tale marchio – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio registrato di opporsi all’uso illecito del suo marchio – Segno identico o simile al marchio – Uso nel commercio – Nozione – Uso al momento dell’importazione e del deposito di prodotti da parte di un operatore economico dedito al commercio parallelo – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritti conferiti dal marchio – Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’assoggettamento al regime di sospensione dei diritti di accisa, senza il suo consenso, di prodotti immessi in libera pratica e recanti il marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, §§ 1 e 3) Ricorre uso di un segno identico a un marchio, ai sensi dell’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, quando l’operatore economico interessato utilizza tale segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Ciò accade, ad esempio, allorché un operatore economico importa o consegna a un depositario, al fine della loro immissione in commercio, talune merci recanti un marchio di cui egli non è titolare. (v. punti 41, 42) Per quanto concerne l’espressione «nel commercio» di cui all’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, l’uso di un segno identico a un marchio ha luogo nel commercio se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato. Ciò avviene allorché un operatore economico che si occupa di commercio parallelo di prodotti contrassegnati da un marchio importa e deposita siffatti prodotti. (v. punti 43, 44) L’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato in uno o più Stati membri può opporsi a che un terzo assoggetti al regime di sospensione dei diritti di accisa alcune merci recanti tale marchio dopo averle importate nello Spazio economico europeo (SEE) e averle immesse in libera pratica, senza il consenso di detto titolare. In effetti, l’importazione di prodotti senza il consenso del titolare del marchio interessato e la detenzione in deposito fiscale di tali prodotti in attesa della loro immissione in consumo nell’Unione hanno l’effetto di privare il titolare di detto marchio della possibilità di controllare le modalità della prima immissione in commercio nel SEE di prodotti recanti il suo marchio. Siffatti atti pregiudicano, in tal modo, la funzione del marchio consistente nell’identificare l’impresa da cui provengono i prodotti e sotto il cui controllo è organizzata la prima immissione in commercio. Tale analisi non è inficiata dalla circostanza che talune merci importate e assoggettate al regime di sospensione dei diritti di accisa possano, poi, essere esportate in uno Stato terzo e, in tal modo, non essere mai immesse in consumo in uno Stato membro. Tale possibilità non osta all’applicazione delle regole in materia di marchi alle merci importate nell’Unione. Inoltre, la stessa esportazione costituisce del pari un atto di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 89/104. (v. punti 48-50 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 2008/95/CE, Identificazione dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la tutela conferita dal marchio, Requisiti di chiarezza e di precisione, Classificazione di Nizza, Commercio al minuto, Raggruppamento di servizi.
Parole chiave
Massima
Parole chiave
1. Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchi di servizi – Nozione di «servizi» – Nozione comunitaria – Interpretazione uniforme
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
2. Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchi di servizi – Nozione di «servizi» – Prestazioni di raggruppamento dei servizi – Inclusione
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 2)
3. Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio – Requisiti di chiarezza e di precisione – Servizio di raggruppamento di servizi
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
4. Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Questioni di carattere generale o ipotetico – Questione che presenta un carattere astratto e meramente ipotetico in relazione all’oggetto del procedimento principale – Irricevibilità
(Art. 267 TFUE)
Massima
1. V. il testo della decisione.
(v. punto 32)
2. Le prestazioni di un operatore economico consistenti nel raggruppare servizi, affinché il consumatore possa comodamente compararli e acquistarli, possono rientrare nella nozione di «servizi» di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/95 sui marchi.
(v. punto 40, dispositivo 1)
3. Ai fini della direttiva 2008/95 sui marchi, una domanda di registrazione di un marchio per un servizio di raggruppamento di servizi deve essere formulata con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli altri operatori economici di sapere quali servizi il richiedente intenda raggruppare.
(v. punto 53, dispositivo 2)
4. Una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale deve essere respinta qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto del procedimento principale.
(v. punto 55) Causa C-420/13 Netto Marken-Discount AG & Co. KG contro Deutsches Patent- und Markenamt (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundespatentgericht) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 2008/95/CE — Identificazione dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la tutela conferita dal marchio — Requisiti di chiarezza e di precisione — Classificazione di Nizza — Commercio al minuto — Raggruppamento di servizi» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 10 luglio 2014 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchi di servizi – Nozione di «servizi» – Nozione comunitaria – Interpretazione uniforme
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Marchi di servizi – Nozione di «servizi» – Prestazioni di raggruppamento dei servizi – Inclusione
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95, art. 2)
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio – Requisiti di chiarezza e di precisione – Servizio di raggruppamento di servizi
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Questioni di carattere generale o ipotetico – Questione che presenta un carattere astratto e meramente ipotetico in relazione all’oggetto del procedimento principale – Irricevibilità
(Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione.
(v. punto 32)
Le prestazioni di un operatore economico consistenti nel raggruppare servizi, affinché il consumatore possa comodamente compararli e acquistarli, possono rientrare nella nozione di «servizi» di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/95 sui marchi.
(v. punto 40, dispositivo 1)
Ai fini della direttiva 2008/95 sui marchi, una domanda di registrazione di un marchio per un servizio di raggruppamento di servizi deve essere formulata con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli altri operatori economici di sapere quali servizi il richiedente intenda raggruppare.
(v. punto 53, dispositivo 2)
Una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale deve essere respinta qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto del procedimento principale.
(v. punto 55)
Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Diritti conferiti dal marchio, Marchio notorio, Tutela estesa a prodotti o servizi non simili, Utilizzo da parte di un terzo senza giusto motivo di un segno identico o simile al marchio notorio, Nozione di “giusto motivo”.
Causa C-65/12 Leidseplein Beheer BV e Hendrikus de Vries contro Red Bull GmbH e Red Bull Nederland BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Diritti conferiti dal marchio — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili — Utilizzo da parte di un terzo senza giusto motivo di un segno identico o simile al marchio notorio — Nozione di “giusto motivo”» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 6 febbraio 2014 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Marchio notorio – Facoltà di prevedere una tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) – Obbligo per gli Stati membri che si avvalgono di tale facoltà di prevedere la citata tutela anche in caso di utilizzo di un segno per prodotti o servizi identici o simili (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) Diritto dell’Unione europea – Interpretazione – Metodi – Interpretazione letterale, sistematica e teleologica Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Marchio notorio – Tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) – Presupposti – Utilizzo senza giusto motivo di un segno identico o simile che trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o che reca pregiudizio agli stessi – Nozione di «giusto motivo» – Portata (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Marchio notorio – Tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) – Presupposti – Utilizzo senza giusto motivo di un segno identico o simile che trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o che reca pregiudizio agli stessi – Nozione di «giusto motivo» – Segno utilizzato anteriormente alla registrazione del marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) V. il testo della decisione. (v. punti 21 e 34) V. il testo della decisione. (v. punto 28) La prima direttiva 89/104 sui marchi è diretta, in maniera generale, a contemperare, da un lato, l’interesse del titolare di un marchio a salvaguardare la funzione essenziale di quest’ultimo e, dall’altro, l’interesse di altri operatori economici alla disponibilità di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi. Ne consegue che la tutela dei diritti che il titolare di un marchio trae dalla citata direttiva non è incondizionata, poiché tale tutela è segnatamente limitata, allo scopo di contemperare i suddetti interessi, ai casi in cui tale titolare si mostri sufficientemente vigile opponendosi all’utilizzazione, da parte di altri operatori, di segni idonei a ledere il suo marchio. Orbene, in un sistema di tutela dei marchi come quello adottato, sul fondamento della direttiva 89/104, dalla Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi, disegni o modelli), l’interesse di un terzo ad usare nel commercio un segno simile ad un marchio notorio è preso in considerazione, nel contesto dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, mediante la possibilità per l’utilizzatore di tale segno di addurre un «giusto motivo». Infatti, quando il titolare del marchio notorio riesce a provare l’esistenza di uno dei pregiudizi previsti dall’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva e, in particolare, l’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del citato marchio, spetta al terzo che ha usato un segno simile al marchio notorio dimostrare di avere un giusto motivo per l’uso di tale segno. Ne consegue che la nozione di «giusto motivo» non può comprendere unicamente ragioni oggettivamente imperative, ma può anche collegarsi agli interessi soggettivi di un terzo che utilizza un segno identico o simile al marchio notorio. Quindi, la nozione di «giusto motivo» mira non a dirimere un conflitto tra un marchio notorio e un segno simile il cui utilizzo è anteriore alla registrazione di tale marchio o a limitare i diritti riconosciuti al titolare del citato marchio, bensì a trovare un equilibrio tra gli interessi in questione tenendo conto, nel contesto specifico dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 e in considerazione della tutela estesa di cui gode il medesimo marchio, degli interessi del terzo utilizzatore di tale segno. In tal modo, l’invocazione da parte di un terzo di un giusto motivo per l’uso di un segno simile a un marchio notorio non può condurre al riconoscimento, a suo vantaggio, dei diritti connessi ad un marchio registrato, bensì obbliga il titolare del marchio notorio a tollerare l’utilizzo del segno simile. La Corte stessa ha così deciso, al punto 91 della sentenza C-323/09, Interflora e Interflora British Unit, relativa ad una causa sull’utilizzo di parole chiave per un posizionamento su Internet, che, qualora l’annuncio pubblicitario che è mostrato su Internet a partire da una parola chiave corrispondente ad un marchio notorio proponga, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza pregiudicare la notorietà del marchio né il suo carattere distintivo e senza del resto pregiudicare le funzioni di detto marchio, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare del marchio notorio, si deve concludere che un uso siffatto rientra, in linea di principio, in una concorrenza sana e leale nel settore dei prodotti o dei servizi considerati e abbia quindi luogo per un «giusto motivo». Di conseguenza, la nozione di «giusto motivo» non può essere interpretata nel senso che sia limitata a ragioni oggettivamente imperative. (v. punti da 41 a 48) L’articolo 5, paragrafo 2, della prima direttiva 89/104 sui marchi dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi di tale disposizione, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione del medesimo marchio e l’utilizzo fatto per il prodotto identico ha avuto luogo in buona fede. Per valutare se ciò si verifichi, spetta al giudice nazionale tener conto, in particolare: — del radicamento e della notorietà di tale segno presso il pubblico interessato, — del grado di contiguità fra i prodotti e i servizi per i quali lo stesso segno è stato originariamente utilizzato e il prodotto per il quale il marchio notorio è stato registrato e — della pertinenza economica e commerciale dell’utilizzo per tale prodotto del segno simile al citato marchio. (v. punto 60 e dispositivo) Causa C-65/12 Leidseplein Beheer BV e Hendrikus de Vries contro Red Bull GmbH e Red Bull Nederland BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Diritti conferiti dal marchio — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili — Utilizzo da parte di un terzo senza giusto motivo di un segno identico o simile al marchio notorio — Nozione di “giusto motivo”» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 6 febbraio 2014 Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Marchio notorio — Facoltà di prevedere una tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) — Obbligo per gli Stati membri che si avvalgono di tale facoltà di prevedere la citata tutela anche in caso di utilizzo di un segno per prodotti o servizi identici o simili
(Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2)
Diritto dell’Unione europea — Interpretazione — Metodi — Interpretazione letterale, sistematica e teleologica
Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) — Presupposti — Utilizzo senza giusto motivo di un segno identico o simile che trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o che reca pregiudizio agli stessi — Nozione di «giusto motivo» — Portata
(Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2)
Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) — Presupposti — Utilizzo senza giusto motivo di un segno identico o simile che trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o che reca pregiudizio agli stessi — Nozione di «giusto motivo» — Segno utilizzato anteriormente alla registrazione del marchio
(Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) V. il testo della decisione.
(v. punti 21 e 34)
V. il testo della decisione.
(v. punto 28)
La prima direttiva 89/104 sui marchi è diretta, in maniera generale, a contemperare, da un lato, l’interesse del titolare di un marchio a salvaguardare la funzione essenziale di quest’ultimo e, dall’altro, l’interesse di altri operatori economici alla disponibilità di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi.
Ne consegue che la tutela dei diritti che il titolare di un marchio trae dalla citata direttiva non è incondizionata, poiché tale tutela è segnatamente limitata, allo scopo di contemperare i suddetti interessi, ai casi in cui tale titolare si mostri sufficientemente vigile opponendosi all’utilizzazione, da parte di altri operatori, di segni idonei a ledere il suo marchio.
Orbene, in un sistema di tutela dei marchi come quello adottato, sul fondamento della direttiva 89/104, dalla Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi, disegni o modelli), l’interesse di un terzo ad usare nel commercio un segno simile ad un marchio notorio è preso in considerazione, nel contesto dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, mediante la possibilità per l’utilizzatore di tale segno di addurre un «giusto motivo».
Infatti, quando il titolare del marchio notorio riesce a provare l’esistenza di uno dei pregiudizi previsti dall’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva e, in particolare, l’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del citato marchio, spetta al terzo che ha usato un segno simile al marchio notorio dimostrare di avere un giusto motivo per l’uso di tale segno.
Ne consegue che la nozione di «giusto motivo» non può comprendere unicamente ragioni oggettivamente imperative, ma può anche collegarsi agli interessi soggettivi di un terzo che utilizza un segno identico o simile al marchio notorio.
Quindi, la nozione di «giusto motivo» mira non a dirimere un conflitto tra un marchio notorio e un segno simile il cui utilizzo è anteriore alla registrazione di tale marchio o a limitare i diritti riconosciuti al titolare del citato marchio, bensì a trovare un equilibrio tra gli interessi in questione tenendo conto, nel contesto specifico dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 e in considerazione della tutela estesa di cui gode il medesimo marchio, degli interessi del terzo utilizzatore di tale segno. In tal modo, l’invocazione da parte di un terzo di un giusto motivo per l’uso di un segno simile a un marchio notorio non può condurre al riconoscimento, a suo vantaggio, dei diritti connessi ad un marchio registrato, bensì obbliga il titolare del marchio notorio a tollerare l’utilizzo del segno simile.
La Corte stessa ha così deciso, al punto 91 della sentenza C-323/09, Interflora e Interflora British Unit, relativa ad una causa sull’utilizzo di parole chiave per un posizionamento su Internet, che, qualora l’annuncio pubblicitario che è mostrato su Internet a partire da una parola chiave corrispondente ad un marchio notorio proponga, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza pregiudicare la notorietà del marchio né il suo carattere distintivo e senza del resto pregiudicare le funzioni di detto marchio, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare del marchio notorio, si deve concludere che un uso siffatto rientra, in linea di principio, in una concorrenza sana e leale nel settore dei prodotti o dei servizi considerati e abbia quindi luogo per un «giusto motivo».
Di conseguenza, la nozione di «giusto motivo» non può essere interpretata nel senso che sia limitata a ragioni oggettivamente imperative.
(v. punti da 41 a 48)
L’articolo 5, paragrafo 2, della prima direttiva 89/104 sui marchi dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi di tale disposizione, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione del medesimo marchio e l’utilizzo fatto per il prodotto identico ha avuto luogo in buona fede. Per valutare se ciò si verifichi, spetta al giudice nazionale tener conto, in particolare:
—
del radicamento e della notorietà di tale segno presso il pubblico interessato,
—
del grado di contiguità fra i prodotti e i servizi per i quali lo stesso segno è stato originariamente utilizzato e il prodotto per il quale il marchio notorio è stato registrato e
—
della pertinenza economica e commerciale dell’utilizzo per tale prodotto del segno simile al citato marchio.
(v. punto 60 e dispositivo)
Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Articolo 10, paragrafi 1 e 2, lettera a), Uso effettivo, Uso in una forma, anch’essa registrata come marchio, che differisce per alcuni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio, Effetti di una sentenza nel tempo.
Causa C-553/11 Bernhard Rintisch contro Klaus Eder (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof) «Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 10, paragrafi 1 e 2, lettera a) — Uso effettivo — Uso in una forma, anch’essa registrata come marchio, che differisce per alcuni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio — Effetti di una sentenza nel tempo» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 25 ottobre 2012 Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Competenza del giudice nazionale – Accertamento e valutazione dei fatti di causa – Necessità di una questione pregiudiziale e pertinenza delle questioni sollevate – Valutazione da parte del giudice nazionale (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Questioni manifestamente prive di pertinenza e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile – Incompetenza della Corte (Art. 267 TFUE) Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Mancato uso effettivo di un marchio – Uso del marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il suo carattere distintivo – Registrazione della forma utilizzata che si differenzia da quella del marchio registrato – Irrilevanza [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 10, § 2, a)] V. il testo della decisione. (v. punto 15) V. il testo della decisione. (v. punto 16) La registrazione come marchio della forma in cui un altro marchio registrato è utilizzato, forma che differisce da quella in cui quest’ultimo marchio è registrato, pur non alterandone il carattere distintivo, non osta all’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della prima direttiva 89/104 sui marchi. Infatti, da un lato, il carattere distintivo di un marchio, nel senso di cui alle disposizioni della direttiva 89/104, significa che tale marchio permette di identificare il prodotto per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese. Dall’altro, non risulta affatto dalla formulazione letterale dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104 che la diversa forma in cui il marchio è utilizzato non possa anch’essa essere registrata come marchio. La sola condizione sancita da tale disposizione è infatti quella secondo la quale la forma utilizzata può differenziarsi dalla forma in cui tale marchio è stato registrato unicamente per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo di quest’ultimo. Quanto all’obiettivo dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104, si deve rilevare che tale disposizione, evitando di esigere una stretta conformità tra la forma utilizzata in commercio e quella in cui il marchio è stato registrato, è diretta a consentire al titolare di quest’ultimo di apportare al segno, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di meglio adattarlo alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi relativi. Orbene, tale obiettivo sarebbe compromesso se, per stabilire l’uso del marchio registrato, fosse richiesto un requisito ulteriore, secondo il quale la diversa forma in cui tale marchio è stato utilizzato non dovrebbe essere anch’essa oggetto di registrazione come marchio. La registrazione di nuove forme di un marchio consente infatti, all’occorrenza, di anticipare i cambiamenti che possono intervenire nell’immagine del marchio e, di conseguenza, di adattarlo alle caratteristiche di un mercato in evoluzione. Risulta inoltre dal dodicesimo considerando della direttiva 89/104 che le disposizioni di quest’ultima devono essere «in perfetta armonia con quelle della convenzione di Parigi» per la protezione della proprietà industriale. Si deve pertanto interpretare l’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva in conformità all’articolo 5, parte C, paragrafo 2, di tale convenzione. Orbene, nulla di quanto previsto da quest’ultima disposizione lascia intendere che la registrazione di un segno come marchio comporta la conseguenza che l’uso del medesimo non può più essere invocato per stabilire l’uso di un altro marchio registrato dal quale differisce soltanto in un modo tale che il carattere distintivo di quest’ultimo non ne risulta alterato. (v. punti 19-24) Causa C-553/11 Bernhard Rintisch contro Klaus Eder (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof) «Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 10, paragrafi 1 e 2, lettera a) — Uso effettivo — Uso in una forma, anch’essa registrata come marchio, che differisce per alcuni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio — Effetti di una sentenza nel tempo» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 25 ottobre 2012 Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Competenza del giudice nazionale — Accertamento e valutazione dei fatti di causa — Necessità di una questione pregiudiziale e pertinenza delle questioni sollevate — Valutazione da parte del giudice nazionale
(Art. 267 TFUE)
Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Questioni manifestamente prive di pertinenza e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile — Incompetenza della Corte
(Art. 267 TFUE)
Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Mancato uso effettivo di un marchio — Uso del marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il suo carattere distintivo — Registrazione della forma utilizzata che si differenzia da quella del marchio registrato — Irrilevanza
[Direttiva del Consiglio 89/104, art. 10, § 2, a)] V. il testo della decisione.
(v. punto 15)
V. il testo della decisione.
(v. punto 16)
La registrazione come marchio della forma in cui un altro marchio registrato è utilizzato, forma che differisce da quella in cui quest’ultimo marchio è registrato, pur non alterandone il carattere distintivo, non osta all’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della prima direttiva 89/104 sui marchi.
Infatti, da un lato, il carattere distintivo di un marchio, nel senso di cui alle disposizioni della direttiva 89/104, significa che tale marchio permette di identificare il prodotto per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese.
Dall’altro, non risulta affatto dalla formulazione letterale dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104 che la diversa forma in cui il marchio è utilizzato non possa anch’essa essere registrata come marchio. La sola condizione sancita da tale disposizione è infatti quella secondo la quale la forma utilizzata può differenziarsi dalla forma in cui tale marchio è stato registrato unicamente per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo di quest’ultimo.
Quanto all’obiettivo dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104, si deve rilevare che tale disposizione, evitando di esigere una stretta conformità tra la forma utilizzata in commercio e quella in cui il marchio è stato registrato, è diretta a consentire al titolare di quest’ultimo di apportare al segno, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di meglio adattarlo alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi relativi.
Orbene, tale obiettivo sarebbe compromesso se, per stabilire l’uso del marchio registrato, fosse richiesto un requisito ulteriore, secondo il quale la diversa forma in cui tale marchio è stato utilizzato non dovrebbe essere anch’essa oggetto di registrazione come marchio. La registrazione di nuove forme di un marchio consente infatti, all’occorrenza, di anticipare i cambiamenti che possono intervenire nell’immagine del marchio e, di conseguenza, di adattarlo alle caratteristiche di un mercato in evoluzione.
Risulta inoltre dal dodicesimo considerando della direttiva 89/104 che le disposizioni di quest’ultima devono essere «in perfetta armonia con quelle della convenzione di Parigi» per la protezione della proprietà industriale. Si deve pertanto interpretare l’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva in conformità all’articolo 5, parte C, paragrafo 2, di tale convenzione. Orbene, nulla di quanto previsto da quest’ultima disposizione lascia intendere che la registrazione di un segno come marchio comporta la conseguenza che l’uso del medesimo non può più essere invocato per stabilire l’uso di un altro marchio registrato dal quale differisce soltanto in un modo tale che il carattere distintivo di quest’ultimo non ne risulta alterato.
(v. punti 19-24)
Marchi, Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, Direttiva 2008/95/CE, Individuazione dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio, Requisiti di chiarezza e di precisione, Utilizzazione dei titoli delle classi della classificazione di Nizza ai fini della registrazione dei marchi, Ammissibilità, Portata della protezione conferita dal marchio.
Parole chiave
Massima
Parole chiave
1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio — Requisiti di chiarezza e di precisione — Determinazione, da parte delle autorità competenti e degli operatori economici, della portata della protezione conferita dal marchio
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio — Impiego delle indicazioni generali di cui ai titoli delle classi della classificazione di Nizza — Ammissibilità — Presupposti — Identificazione sufficientemente chiara e precisa
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 2008/95 — Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio — Impiego delle indicazioni generali di cui ai titoli delle classi della classificazione di Nizza — Estensione della tutela che ne deriva — Obbligo del richiedente di precisare i prodotti o i servizi oggetto della sua domanda
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Massima
1. La direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretata nel senso che esige che i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la tutela mediante il marchio siano identificati dal richiedente con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli operatori economici, su questa sola base, di determinare la portata della tutela conferita dal marchio.
La registrazione del marchio in un pubblico registro ha lo scopo di renderlo consultabile per le autorità competenti e per il pubblico, in particolare per gli operatori economici.
Da un lato, le autorità competenti devono conoscere con chiarezza e precisione sufficienti i prodotti o i servizi designati da un marchio, per poter essere in grado di adempiere i loro obblighi relativi all’esame preliminare delle domande di registrazione nonché alla pubblicazione e alla tenuta di un registro dei marchi adeguato e preciso.
Dall’altro, gli operatori economici devono poter verificare con chiarezza e precisione le registrazioni effettuate o le domande di registrazione formulate dai loro concorrenti attuali o potenziali e beneficiare in tal modo di informazioni pertinenti riguardanti i diritti dei terzi.
(v. punti 46-49, 64 e dispositivo)
2. La direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretata nel senso che non osta all’impiego delle indicazioni generali dei titoli delle classi della classificazione di cui all’articolo 1 dell’Accordo di Nizza, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, al fine di identificare i prodotti e i servizi per i quali è richiesta la tutela mediante il marchio, purché siffatta identificazione sia sufficientemente chiara e precisa.
Spetta alle autorità competenti compiere una valutazione caso per caso, sulla base dei prodotti o dei servizi per i quali il richiedente domanda la protezione conferita dal marchio, al fine di determinare se tali indicazioni soddisfino i requisiti di chiarezza e di precisione prescritti.
(v. punti 55-56, 64 e dispositivo)
3. Colui che richiede un marchio nazionale utilizzando tutte le indicazioni generali del titolo di una classe specifica della classificazione di cui all’articolo 1 dell’Accordo di Nizza, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi, per identificare i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio deve precisare se la sua domanda di registrazione verta su tutti i prodotti o i servizi repertoriati nell’elenco alfabetico della classe specifica di cui trattasi o solo su taluni di tali prodotti o servizi. Laddove la domanda verta unicamente su taluni di tali prodotti o servizi, il richiedente ha l’obbligo di precisare quali prodotti o servizi rientranti in detta classe sono presi in considerazione.
Una domanda di registrazione che non consenta di determinare se, utilizzando il titolo di una classe specifica della classificazione di Nizza, il richiedente si riferisca all’integralità dei prodotti di tale classe o soltanto ad una parte di essi non può essere considerata sufficientemente chiara e precisa.
(v. punti 61-62, 64 e dispositivo) Causa C-307/10 Chartered Institute of Patent Attorneys contro Registrar of Trade Marks [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da The Person Appointed by the Lord Chancellor under Section 76 of The Trade Marks Act 1994, on Appeal from the Registrar of Trade Marks (Regno Unito)] «Marchi — Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri — Direttiva 2008/95/CE — Individuazione dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio — Requisiti di chiarezza e di precisione — Utilizzazione dei titoli delle classi della classificazione di Nizza ai fini della registrazione dei marchi — Ammissibilità — Portata della protezione conferita dal marchio» Massime della sentenza Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio – Requisiti di chiarezza e di precisione – Determinazione, da parte delle autorità competenti e degli operatori economici, della portata della protezione conferita dal marchio
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio – Impiego delle indicazioni generali di cui ai titoli delle classi della classificazione di Nizza – Ammissibilità – Presupposti – Identificazione sufficientemente chiara e precisa
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95)
Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95 – Identificazione dei prodotti o dei servizi interessati dal marchio – Impiego delle indicazioni generali di cui ai titoli delle classi della classificazione di Nizza – Estensione della tutela che ne deriva – Obbligo del richiedente di precisare i prodotti o i servizi oggetto della sua domanda
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/95) La direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretata nel senso che esige che i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la tutela mediante il marchio siano identificati dal richiedente con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli operatori economici, su questa sola base, di determinare la portata della tutela conferita dal marchio.
La registrazione del marchio in un pubblico registro ha lo scopo di renderlo consultabile per le autorità competenti e per il pubblico, in particolare per gli operatori economici.
Da un lato, le autorità competenti devono conoscere con chiarezza e precisione sufficienti i prodotti o i servizi designati da un marchio, per poter essere in grado di adempiere i loro obblighi relativi all’esame preliminare delle domande di registrazione nonché alla pubblicazione e alla tenuta di un registro dei marchi adeguato e preciso.
Dall’altro, gli operatori economici devono poter verificare con chiarezza e precisione le registrazioni effettuate o le domande di registrazione formulate dai loro concorrenti attuali o potenziali e beneficiare in tal modo di informazioni pertinenti riguardanti i diritti dei terzi.
(v. punti 46-49, 64 e dispositivo)
La direttiva 2008/95, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretata nel senso che non osta all’impiego delle indicazioni generali dei titoli delle classi della classificazione di cui all’articolo 1 dell’Accordo di Nizza, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, al fine di identificare i prodotti e i servizi per i quali è richiesta la tutela mediante il marchio, purché siffatta identificazione sia sufficientemente chiara e precisa.
Spetta alle autorità competenti compiere una valutazione caso per caso, sulla base dei prodotti o dei servizi per i quali il richiedente domanda la protezione conferita dal marchio, al fine di determinare se tali indicazioni soddisfino i requisiti di chiarezza e di precisione prescritti.
(v. punti 55-56, 64 e dispositivo)
Colui che richiede un marchio nazionale utilizzando tutte le indicazioni generali del titolo di una classe specifica della classificazione di cui all’articolo 1 dell’Accordo di Nizza, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi, per identificare i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la protezione del marchio deve precisare se la sua domanda di registrazione verta su tutti i prodotti o i servizi repertoriati nell’elenco alfabetico della classe specifica di cui trattasi o solo su taluni di tali prodotti o servizi. Laddove la domanda verta unicamente su taluni di tali prodotti o servizi, il richiedente ha l’obbligo di precisare quali prodotti o servizi rientranti in detta classe sono presi in considerazione.
Una domanda di registrazione che non consenta di determinare se, utilizzando il titolo di una classe specifica della classificazione di Nizza, il richiedente si riferisca all’integralità dei prodotti di tale classe o soltanto ad una parte di essi non può essere considerata sufficientemente chiara e precisa.
(v. punti 61-62, 64 e dispositivo)
Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Art. 5, n. 1, lett. b), Riempimento di lattine già provviste di un segno simile a quello di un marchio, Prestazione di servizio su incarico e secondo le direttive di un terzo, Azione del titolare del marchio contro il prestatore.
Parole chiave Massima Parole chiave Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili — Uso del marchio ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva — Nozione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. b)] Massima L’art. 5, n. 1, lett. b), della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa deve essere interpretato nel senso che un prestatore di servizi che, su incarico e secondo le direttive di un terzo, riempie confezioni fornitegli dal terzo medesimo, il quale vi ha fatto precedentemente apporre un segno identico o simile a un segno tutelato come marchio, non fa a sua volta un uso di tale segno che può essere vietato ai sensi della suddetta disposizione. Allorché siffatto prestatore consente ai suoi clienti di fare uso di segni simili a marchi, il suo ruolo non può essere valutato alla luce delle disposizioni della direttiva 89/104, ma va, eventualmente, esaminato nella prospettiva di altre norme di diritto. Peraltro, la conclusione secondo cui il titolare di un marchio non può agire, sul solo fondamento della direttiva 89/104, nei confronti del prestatore di servizio non determina affatto la conseguenza di consentire al cliente di tale prestatore di aggirare la tutela offerta al suddetto titolare dalla direttiva in esame, scindendo il processo di produzione ed affidando i vari elementi di tale processo a prestatori di servizi. Dette prestazioni potrebbero, infatti, essere imputabili al citato cliente, il quale rimane dunque responsabile ai sensi della suddetta direttiva. (v. punti 35-37 e dispositivo)
Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Art. 9, n. 1, Nozione di "tolleranza", Preclusione per tolleranza, Punto di partenza del termine di preclusione, Condizioni necessarie a far decorrere il termine di preclusione, Art. 4, n. 1, lett. a), Registrazione di due marchi identici che designano prodotti identici, Funzioni del marchio, Uso simultaneo in buona fede.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Preclusione per tolleranza — Nozione (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 9, n. 1) 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Preclusione per tolleranza — Termine di decadenza — Dies a quo (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 9, n. 1) 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Impedimenti relativi alla registrazione o motivi di nullità — Esistenza di un marchio anteriore identico tutelato per prodotti identici — Eccezione — Uso simultaneo in buona fede e di lunga durata che non pregiudica la funzione essenziale del marchio [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 4, n. 1, lett. a)] Massima 1. La tolleranza, nel senso dell’art. 9, n. 1, della prima direttiva sui marchi, costituisce una nozione del diritto dell’Unione, e non si può ritenere che il titolare di un marchio anteriore abbia tollerato l’uso in buona fede consolidato e di lunga durata, di cui era al corrente da lungo tempo, da parte di un terzo, di un marchio posteriore identico al suo, qualora non disponesse di alcuna possibilità di opporsi a tale uso. Da una parte, infatti, l’undicesimo ‘considerando’ di detta direttiva precisa che il titolare del marchio anteriore deve avere «coscientemente tollerato» l’uso di un marchio posteriore al suo per un lungo periodo, ossia «deliberatamente», «con cognizione di causa». Il medesimo ‘considerando’ specifica che occorre evitare di «ledere ingiustamente» gli interessi del titolare di un marchio anteriore. Orbene, sarebbe ingiusto precludere al titolare del marchio anteriore la possibilità di richiedere la nullità o di opporsi all’uso di un marchio posteriore identico allorché egli non ha avuto la possibilità di farlo. D’altra parte, la direttiva 89/104 mira a contemperare gli interessi del titolare di un marchio d’impresa a salvaguardare la funzione essenziale di quest’ultimo con l’interesse di altri operatori economici alla disponibilità di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi. Tale finalità implica che, per salvaguardare tale funzione essenziale, il titolare di un marchio anteriore sia in condizione, nell’ambito dell’applicazione dell’art. 9, n. 1, di tale direttiva, di opporsi all’uso di un marchio posteriore identico al suo. Qualsiasi ricorso amministrativo o giurisdizionale proposto dal titolare del marchio anteriore nel corso del periodo previsto dall’art. 9, n. 1, della direttiva 89/104 sortisce l’effetto di interrompere il termine di preclusione per tolleranza. (v. punti 47-50, dispositivo 1) 2. La registrazione del marchio anteriore nello Stato membro interessato non costituisce una condizione necessaria per far decorrere il termine di preclusione per tolleranza sancito dall’art. 9, n. 1, della prima direttiva 89/104 sui marchi. Le condizioni necessarie per far decorrere tale termine sono, in primo luogo, la registrazione del marchio posteriore nello Stato membro interessato; in secondo luogo, la circostanza che il deposito di tale marchio sia stato effettuato in buona fede; in terzo luogo, l’uso del marchio posteriore da parte del suo titolare nello Stato membro in cui è stato registrato e, in quarto luogo, la circostanza che il titolare del marchio anteriore sia al corrente che il marchio posteriore è stato registrato e viene usato dopo la sua registrazione. (v. punto 62, dispositivo 2) 3. L’art. 4, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104 sui marchi dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio anteriore non può ottenere l’annullamento di un marchio posteriore identico che designa prodotti identici in caso di uso simultaneo in buona fede e di lunga durata di tali due marchi d’impresa quando tale uso non pregiudica o non può pregiudicare la funzione essenziale del marchio d’impresa, consistente nel garantire ai consumatori l’origine dei prodotti o dei servizi. Quest’ultima condizione è soddisfatta quando, malgrado l’identità dei marchi, i prodotti sono chiaramente identificabili come prodotti di imprese diverse. (v. punti 80-81, 84, dispositivo 3)
Marchi, Pubblicità su Internet a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Selezione, da parte dell’inserzionista, di una parola chiave corrispondente ad un marchio che gode di notorietà di un concorrente, Direttiva 89/104/CEE, Art. 5, nn. 1, lett. a), e 2, Regolamento (CE) n. 40/94, Art. 9, n. 1, lett. a) e c), Condizione della violazione di una delle funzioni del marchio, Pregiudizio arrecato al carattere distintivo di un marchio che gode di notorietà ("diluizione"), Profitto indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà di tale marchio ("parassitismo").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Obiettivo — Limiti [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Marchio notorio — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. c); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 2] Massima 1. Si evince dalla formulazione dell’art. 5, n. 1, della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e dal decimo considerando di quest’ultima che il diritto degli Stati membri è stato armonizzato nel senso che il diritto esclusivo conferito da un marchio offre al titolare di quest’ultimo una protezione «assoluta» contro l’uso fatto da terzi di segni identici a tale marchio per prodotti o servizi identici, mentre, laddove non sussista questa duplice identità, solo l’esistenza di un rischio di confusione consente al titolare di far utilmente valere il proprio diritto esclusivo. Tale distinzione tra la tutela offerta dal n. 1, lett. a), di detto articolo e quella enunciata nella disposizione di cui alla lett. b) del medesimo n. 1 è stata riproposta, per quanto riguarda il marchio comunitario, dal settimo considerando e dall’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. Pur se il legislatore dell’Unione ha qualificato come «assoluta» la tutela contro l’uso non consentito di segni identici ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, la Corte ha contestualizzato tale qualificazione rilevando che, per quanto importante essa possa essere, la protezione offerta dall’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 mira solo a consentire al titolare del marchio di tutelare i propri interessi specifici in quanto titolare di quest’ultimo, ossia a garantire che il marchio possa adempiere le sue proprie funzioni. La Corte ha da ciò ricavato che l’esercizio del diritto esclusivo conferito dal marchio deve essere riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio e, in particolare, la sua funzione essenziale di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto. Siffatta interpretazione degli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 è stata precisata nel senso che tali disposizioni consentono al titolare del marchio di invocare il proprio diritto esclusivo in caso di violazione o di rischio di violazione di una delle funzioni del marchio, che si tratti della funzione essenziale di indicazione d’origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio oppure di una delle altre funzioni di quest’ultimo, quali quelle consistenti nel garantire la qualità di detto prodotto o servizio, oppure di comunicazione, investimento o pubblicità. È vero che si presuppone che un marchio soddisfi sempre la propria funzione di indicazione d’origine, mentre esso garantisce le proprie altre funzioni solo nei limiti in cui il suo titolare lo sfrutti in tal senso, in particolare a fini di pubblicità o di investimento. Nondimeno tale differenza tra la funzione essenziale del marchio e le altre funzioni di quest’ultimo non può in alcun modo giustificare il fatto che, allorché un marchio soddisfa una o più di tali altre funzioni, violazioni di quest’ultime siano escluse dall’ambito di applicazione degli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94. Analogamente, non si può considerare che solo i marchi che godono di notorietà possano avere funzioni diverse da quelle dell’indicazione d’origine. (v. punti 36-38, 40) 2. Gli artt. 5, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità – a partire da una parola chiave identica a detto marchio che tale concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – a prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, quando il predetto uso è idoneo a violare una delle funzioni del marchio. Siffatto uso: – viola la funzione di indicazione d’origine del marchio allorché la pubblicità che compare a partire dalla suddetta parola chiave non consente o consente solo difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi menzionati nell’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo; – non viola, nell’ambito di un servizio di posizionamento quale Adwords, la funzione di pubblicità del marchio; – viola la funzione di investimento del marchio ove intralci in modo sostanziale l’utilizzo, da parte del titolare in questione, del proprio marchio per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli. Quanto alla funzione di indicazione d’origine, qualora l’annuncio del terzo adombri l’esistenza di un collegamento economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste una violazione della funzione di indicazione d’origine di detto marchio. Analogamente, qualora l’annuncio, pur non adombrando l’esistenza di un collegamento economico, sia talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale ad esso allegato, se l’inserzionista sia un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, sia economicamente collegato a quest’ultimo, si deve concludere che sussiste violazione di detta funzione del marchio. In relazione alla funzione di pubblicità, il solo fatto che l’uso, da parte di un terzo, di un segno identico ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è stato registrato costringa il titolare di tale marchio ad intensificare i propri sforzi pubblicitari per mantenere o aumentare la propria visibilità presso i consumatori non è sufficiente, in tutti i casi, a far concludere che sussista una violazione della funzione di pubblicità di detto marchio. In proposito, pur se il marchio costituisce un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il diritto dell’Unione intende istituire, esso non ha tuttavia lo scopo di proteggere il suo titolare dalle pratiche che sono intrinseche al gioco della concorrenza. Orbene, la pubblicità su Internet a partire da parole chiave corrispondenti a marchi costituisce una pratica siffatta, in quanto, in generale, essa ha meramente lo scopo di proporre agli utenti di Internet alternative rispetto ai prodotti o ai servizi dei titolari di detti marchi. Per quanto riguarda la funzione di investimento, non si può ammettere che il titolare di un marchio possa opporsi a che un concorrente faccia, in condizioni di concorrenza leale e rispettosa della funzione di indicazione d’origine del marchio, uso di un segno identico a quest’ultimo per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, qualora siffatto uso abbia come sola conseguenza di costringere il titolare dello stesso marchio ad adeguare i propri sforzi per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli. Analogamente, la circostanza che detto uso induca taluni consumatori ad abbandonare i prodotti o servizi contrassegnati da tale marchio non può essere utilmente fatta valere dal titolare del marchio stesso. (v. punti 45, 57-58, 62, 64, 66, dispositivo 1) 3. Gli artt. 5, n. 2, della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e 9, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio che gode di notorietà ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità a partire da una parola chiave corrispondente a tale marchio che il suddetto concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, qualora detto concorrente tragga così indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio (parassitismo) oppure qualora tale pubblicità arrechi pregiudizio a detto carattere distintivo (diluizione) o a detta notorietà (corrosione). Un annuncio pubblicitario a partire da una parola chiave siffatta arreca pregiudizio al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà (diluizione), in particolare, ove contribuisca a trasformare la natura di tale marchio rendendolo un termine generico. Per contro, il titolare di un marchio che gode di notorietà non può vietare, in particolare, annunci pubblicitari fatti comparire dai suoi concorrenti a partire da parole chiave che corrispondono a detto marchio e propongono, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza provocare una diluizione o una corrosione e senza peraltro arrecare pregiudizio alle funzioni di detto marchio che gode di notorietà, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare di detto marchio. (v. punti 93-95, dispositivo 2)