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citing "Council Regulation (EC) No 207/2009 of 26 February 2009 on the Community trade mark (codified version) (Text with EEA relevance)"
Invero il marchio di fatto assume rilevanza nei rapporti commerciali e tra imprenditori solo dal momento in cui esso risulta effettivamente utilizzato per contraddistinguere un determinato prodotto o servizio e solo da tale momento esso può assumere un valore apprezzabile quale segno distintivo che può consentire l’attribuzione al soggetto che ne fa uso del potere di interdire i terzi dall’uso del medesimo segno ove esso abbia raggiunti idonei livelli di conoscenza e diffusione sul mercato. Nel caso di specie la fase meramente ideativa di esso – con particolare riferimento alla caratterizzazione grafica del segno, posto che i documenti prodotti al più si riferiscono alla ricerca di una stile grafico particolare ma nulla dicono quanto al soggetto che aveva ideato la parte denominativa del segno – non può avere dunque alcun rilievo al fine di riconoscere o meno in capo alla convenuta la titolarità di detto segno di fatto, sulla base del quale essa ha proceduto alla formale registrazione del medesimo sia in sede nazionale che in sede comunitaria. L’accoglimento delle domande di trasferimento del marchio nazionale e di nullità del marchio dell’Unione Europea risulta del tutto assorbente quanto alle ulteriori domande di decadenza svolte dalle parti attrici. Né sussistono altresì i presupposti per procedere alla quantificazione di un risarcimento del danno in relazione alle violazioni innanzi accertate, posto che nessun concreto elemento di valutazione appare rinvenibile negli atti del procedimento.
decorso del termine, registrazione del marchio, marchio posteriore, buona fede, titolare del marchio, decadenza, contraffazione, marchi, rischio di confusione, concorrenza sleale, uso del segno, marchio registrato, pubblicazione della sentenza, pubblicità, progettazione, notorietà, inibitoria, convalidazione, mala fede, marchio anteriore, preuso
Per giurisprudenza comunitaria e nazionale, il dies a quo decorre, infatti, dalla data di registrazione del marchio e non può incominciare a decorrere a partire dal mero uso di un marchio posteriore, anche qualora il suo titolare abbia provveduto e ottenuto in seguito la registrazione, essendo quattro le condizioni necessarie per la integrazione della fattispecie: - la registrazione del marchio posteriore nello stato membro interessato; il deposito in buona fede del marchio posteriore; l’uso del marchio posteriore da parte del titolare nello stato membro in cui è stato registrato; la conoscenza da parte del titolare del marchio anteriore della registrazione e dell’uso dopo la sua registrazione. In altre parole, pur restando fermo che la produzione degli effetti ricollegati alla notificazione è condizionata al perfezionamento del procedimento nei confronti del destinatario, la notifica si considera perfezionata per il notificante in un momento diverso e anteriore, ponendolo al riparo da ogni decadenza che possa nel frattempo maturare. Sarebbe palesamente irragionevole e lesivo del diritto di difesa del notificante che un effetto di decadenza potesse discendere dal ritardo nel compimento di attività non riferibili al notificante, ma a soggetti diversi - ufficiale giudiziario e agente postale- del tutto estranee alla sua disponibilità. Ciò verificato in fatto, va osservato in diritto che, per il riconoscimento del marchio di fatto, non può ritenersi prova sufficiente l’uso occasionale o sporadico di un segno. La presenza di una “serie” di marchi costituisce, è vero, un fattore rilevante, ma non certamente l’unico di cui tenere conto ai fini della valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione. La mera qualificazione dei marchi invocati come ricollegati a una “serie” o a una “famiglia” non è sufficiente a fondare tale rischio. L’esistenza di tale rischio di confusione per il pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti per verificare in concreto se esisteva un rischio che il pubblico di riferimento potesse credere che il marchio G, di cui è stata chiesta la registrazione per primo, facesse parte della serie di marchi invocata dalle convenute.
marchi, ordinanza cautelare, inibitoria, contraffazione, giudizio cautelare, titolare del marchio, marchio registrato, distributore, identità o somiglianza dei prodotti, rischio di confusione, rischio di associazione
L’utilizzo dei segni in questione da parte delle ricorrenti risulta dai documenti nn.4 e 11 (costituito dalle fotografie di svariati prodotti, anche di classi diverse dalla 25, che riproducono il marchio e il segno STRISCIA COLORATA e i marchi K-WAY). [...] • Ai sensi dell’ art. 9 lettera b) del Regolamento (CE) n.207/2009 il marchio comunitario conferisce al titolare il diritto di farne uso in modo esclusivo e di vietare a terzi l’adozione di “un segno che a motivo della sua identità o somiglianza col marchio comunitario e dell’identità o somiglianza dei prodotti e servizi contraddistinti dal marchio comunitario e del segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio”. Tali requisiti di somiglianza che determinano il rischio di confusione sussistono nel presente caso, tenuto conto della quasi integrale riproduzione da parte delle resistenti del marchio comunitario registrato da B e dell’utilizzo di esso per contraddistinguere prodotti della stessa classe per la quale il marchio striscia colorata è stato registrato. Rafforza infine il rischio di associazione tra il prodotto non originale e il marchio registrato e quindi la riconduzione del primo all’azienda e alla catena produttiva delle ricorrenti l’adozione, sul medesimo capo, di un altro marchio (questa volta denominativo) di titolarità di B s.p.a. utilizzato dalle ricorrenti per caratterizzare i propri prodotti, anche in abbinamento con il marchio striscia colorata, ossia la denominazione K WAY (Per le cui multiple registrazioni v. doc.10, oltre che i documenti 31 e 32). [...] • Infatti, come esposto dalle ricorrenti l’immissione sul mercato di prodotti non originali ma associabili ai marchi registrati espone le titolari del marchio al concreto rischio di subire un calo delle vendite, una conseguente riduzione della quota di mercato, oltre che un inevitabile fenomeno di “annacquamento” della capacità attrattiva del segno distintivo, tutte lesioni patrimonali di difficile quantificazione e soprattutto di difficile effettiva reintegrazione.[...]
titolare del marchio, marchi, notorietà, contraffazione, concorrenza sleale, rischio di confusione, marchio registrato, presupposti di legge, inibitoria, giudizio di merito
Il c.d. “occhiolino” è una forma di comunicazione universalmente riconosciuta come gesto d’intesa e, in quanto tale, non può essere monopolizzata. [...] • È quindi possibile riconoscere protezione come marchio registrato ad una ben precisa raffigurazione di tale espressione, purché ne ricorrano i presupposti di legge, fermo restando che la tutela non potrà essere mai estesa all’espressione in sé. [...] • Quanto alle contestazioni in tema di difetto di novità, sembra trattarsi di difese riservate al preteso titolare di diritti anteriori, in conformità alle previsioni dell’art. 122 cpi. [...] • Attraverso un semplice raffronto visivo è agevole constatare come la raffigurazione dell’occhio aperto e dell’occhio chiuso stampata, rispettivamente, su ciascuna delle t-shirt distribuite da Y sia identica a quella del marchio registrato di a. Le differenze sono davvero minime e sostanzialmente impercettibili. [...] • Quanto al periculum in mora, occorre sottolineare che la spontanea cessazione delle vendite, successiva alla notificazione del ricorso cautelare, non fa venir meno automaticamente l’urgenza di provvedere. La scelta unilaterale di Y di sospendere la commercializzazione dei prodotti in contraffazione non consente di escludere che in futuro tale condotta possa comunque riprendere. [...] • In ordine al sequestro delle scritture contabili si rileva il difetto di periculum.[...]
In ogni caso detto segno doveva ritenersi nullo per carenza di distintività o comunque di debole forza distintiva, trattandosi della mera unione di termini descrittivi dell’attività sportiva che è destinato a contraddistinguere. [...] • Il tenore testuale dell’ art. 183, comma quinto, c.p.c. (“Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande ed eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto”) non ammette dubbi di sorta quanto al limite temporale dell'esercizio della facoltà dell'attore di proporre una reconventio reconventionis, individuato con precisione dalla norma entro la prima udienza di trattazione della causa perché questa rappresenta il primo atto difensivo utile, in quanto temporalmente successivo a quello che ne determina la proponibilità e cioè il deposito della memoria di costituzione della parte convenuta contenente le domande ed eccezioni che consentono all’attrice l’esercizio di tale facoltà. Tale disposizione integra per parte attrice un limite generale alla proponibilità di nuove domande, stante le circoscritte finalità assegnate alla prima memoria concessa alle parti ai sensi del comma sesto dell’art. 183 c.p.c. di consentire le “sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte”. [...] • I marchi comunitari di cui C Inc. è titolare devono ritenersi in questa sede coperti pertanto dalla presunzione di validità espressamente stabilita dall’ art. 99, comma 1 Reg. 207/09/CE e pertanto non possono essere esaminati nemmeno sotto forma di eccezione i motivi dedotti dalla società attrice a sostegno della sua tesi relativa alla nullità dei marchi della convenuta. [...] • Seppure appare evidente che il segno in questione contiene un riferimento alla forma fisica (fit) comprensibile anche per la maggior parte dei consumatori italiani, tuttavia l’immediata identificazione del termine cross con la particolare filosofia di tale disciplina sportiva nei termini indicati dall’attrice appare decisamente ipotesi non sostenibile per il carattere comunque astratto – e dunque non immediatamente percepibile come descrittivo per soggetti che non siano già a conoscenza della filosofia sportiva in questione - che detto termine assume nel contesto del segno per indicare l’utilizzazione in tale tecnica di allenamento di più discipline diverse. [...] • Evidente deve dunque ritenersi l’indebita e quasi integrale somiglianza dei due segni, fonte di evidente potenzialità confusoria ove si rilevi che essi attengono a prodotti e/o a servizi connessi allo svolgimento di attività sportiva, all’attività di allenamento ginnico e nel contesto della gestione di palestre e centri sportivi. Tale sovrapponibilità di ambiti, ancorchè non completamente coincidente ma comunque pertinente ad un ambito di affinità, appare del tutto sufficiente a determinare un rischio di confusione tra le rispettive attività e prodotti, anche sotto il profilo di un rischio di associazione tra le attività delle parti connesse all’utilizzazione di detti segni.[...]
avente ad oggetto nullità di marchio, contraffazione e risarcimento danni
L'istituto della priorità ha la funzione di consentire al richiedente di disporre di un “periodo di riflessione" durante il quale valutare l'ambito territoriale in cui ricercare effettivamente la tutela, evitando di dover depositare contemporaneamente le domande in tutti i Paesi di interesse potenziale, mantenendo comunque salvo il requisito della novità nei vari Paesi. [...] • Tale data vale come momento di determinazione della novità anche negli Stati in cui il deposito sarà effettuato successivamente, nel caso di specie a livello comunitario. [...] • La nullità del marchio per mancanza di novità ex art. 12 c.p. i. e per conflitto con i diritti anteriori di terzi elencati agli artt. 8 e 14.1 c.p.i. è infatti una nullità sanabile mediante convalida ex art. 28 c.p. i.. [...] • Il meccanismo della convalida (ai sensi tanto del c.p.i quanto del r.m.c. ) prevede un consolidarsi del diritto sul marchio posteriore che diviene inattaccabile dai titolari dei diritti anteriori mediante azioni di nullità e contraffazione al ricorrere di: una tolleranza - protratta per cinque anni consecutivi - da parte del titolare dei diritti anteriori dell’uso del marchio posteriore e di uno stato di buona fede del titolare del marchio posteriore al deposito di quest’ultimo. Perché si possa parlare di tolleranza occorre, logicamente, che il titolare del diritto anteriore sia consapevole dell’uso del marchio posteriore e che, nonostante ciò, egli non reagisca facendo valere il proprio diritto. Si deve trattare di una effettiva consapevolezza e non di una mera conoscibilità, cui non può collegarsi il requisito della tolleranza. Il dies a quo del quinquennio, pertanto, coincide con il momento in cui il titolare del diritto anteriore sia venuto a conoscenza dell’uso del marchio posteriore. L’art. 54 r.m.c., al comma secondo, delimita però l’ambito di applicazione della convalida, stabilendo che la tolleranza da parte del titolare di un marchio anteriore deve afferire “all’uso di un marchio comunitario posteriore nello stato membro in cui il marchio anteriore è tutelato". Pertanto, affinché un marchio posteriore possa essere convalidato, deve essere in uso (anche) nel medesimo Stato membro in cui è in uso il marchio anteriore in questione. [...] • Al punto 52 della medesima sentenza si legge: “il termine di preclusione per tolleranza non può cominciare a decorrere a partire dal mero uso di un marchio posteriore, anche qualora il suo titolare in seguito abbia provveduto alla sua registrazione". [...] • Peraltro un marchio (anche di fatto) perché sia tutelabile deve essere nuovo e cioè diverso dai marchi anteriori, altrimenti non è un segno distintivo e, nel caso del marchio di fatto, non è legittimamente usato. [...] • L’uso illecito di un marchio non può infatti essere computato ai fini della valutazione del suo uso effettivo. [...] • E’ fatto salvo, però, il caso in cui il mancato uso sia giustificato da un motivo legittimo. [...] • Si può ancora ricordare che gli effetti del non uso, cioè la perdita del diritto per decadenza, si verificano solo in seguito ad un accertamento costitutivo; prima della proposizione della domanda, infatti, la decadenza non si verifica in modo automatico, nonostante la decorrenza del quinquennio di non uso.[...]
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