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citing "Direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008 , sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE)"
divieto, scadenza del termine, risarcimento del danno, contraffazione, titolare del marchio, rischio di compartimentazione, diritto esclusivo, diritti del, consenso espresso, distributore, consenso del titolare, principio della libera circolazione delle merci
Ragioni di chiarezza espositiva e ordine logico suggeriscono di procedere alla trattazione dei motivi del gravame nell'ordine che segue. » L'art. 5 CPI, così come introdotto dall’ art. 7 della direttiva CEE 89/91, prevede l'esaurimento dei diritti del titolare del marchio una volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso — non solo espresso ma anche implicito - nel territorio dello Stato o nel territorio dello Spazio Economico Europeo (SEE). [...] • In particolare, l'appello ruota intorno alla prova del consenso implicito rispetto, sia all’assetto degli oneri probatori, sia alle circostanze per le quali l’appellante avrebbe potuto legittimamente dedurre il consenso. [...] • Tale sistema implica per ogni area determinata (nel caso VD, ogni Stato membro) un solo distributore esclusivo ed importatore generale, il quale è contrattualmente obbligato a non alienare tali prodotti a intermediari per la commercializzazione degli stessi al di fuori della zona attribuitagli. [...] • Il principio comunitario della libera circolazione delle merci avrebbe potuto, pertanto, venir facilmente violato dal titolare del marchio (S) in quanto, una volta che l’operatore convenuto (L) avesse fornito la prova anche solo del luogo in cui aveva acquistato i prodotti, immessi segretamente in uno dei territori del mercato europeo dal titolare del marchio, quest’ultimo avrebbe facilmente potuto continuare ad ostacolare la commercializzazione all’interno di tutto lo spazio SEE dei prodotti acquistati, eliminando di sua iniziativa la possibilità che il fornitore del luogo individuato, facente parte della catena distributiva esclusiva, continuasse ad approvvigionare in futuro di quei beni il convenuto. [...] • Solo dopo il terzo avrebbe dovuto fornire la prova dell’esistenza del consenso del titolare alla successiva commercializzazione dei prodotti in territorio comunitario. [...] • Adottando, infatti, un sistema di distribuzione selettiva risulta molto più difficile per il titolare del marchio: (i) non solo capire quale sia il distributore “traditore”, ossia colui che disattendendo l’ordine del titolare del marchio di distribuire il prodotto solo su una determinata area, lo distribuisce anche a fornitori esterni; (ii) ma anche ottenere una ricerca di mercato che evidenzi profili di convenienza nel vendere il prodotto solo in quel territorio. Precisamente, quel che s'intende rilevare è che il titolare del marchio, avvalendosi di un sistema di distribuzione esclusivo, esercita un forte controllo nella distribuzione della merce, tale per cui (i) per rintracciare il distributore “traditore” è sufficiente identificare il luogo del primo fornitore (se il fornitore intermediario è inglese è facile che il distributore esclusivo traditore sia quello inglese); (ii) è possibile una ricerca di marketing più efficace rispetto a quando venditori e, quindi, consumatori, attraverso un sistema di distribuzione selettivo, possono essere forniti da distributori dislocati in vari paesi. [...] • Infatti, alla luce delle considerazioni svolte al punto precedente, in presenza del sistema distributivo adottato da T il rischio di compartimentazione dei mercati nazionali, presupposto per l’inversione, è da ritenersi inesistente diversamente che nel caso VD, dove invece tale rischio era concreto. [...] • Tale protezione, prevista dall’art. 7 della direttiva e anche dall’art. 5 CPI, verrebbe meno se fosse sufficiente che il titolare del diritto di marchio avesse dato il proprio consenso all’immissione sul mercato in tale territorio di prodotti identici o simili a quelli per i quali l'esaurimento è invocato. Nel caso di specie, l’elemento distintivo tra il prodotto soggetto all’esaurimento comunitario (scarponcino T n. 10061 W) e quello per il quale è stato invocato l’esaurimento comunitario (scarponcino T n. 10061 M) è la taglia. Ebbene, quest’ultima costituisce proprio uno di quei requisiti che possono qualificare il prodotto come diverso seppur il modello sia identico e, pertanto, fornire la prova che il prodotto fosse destinato ad un mercato di commercializzazione al di fuori dello Spazio Economico Europeo. Quindi, se da un punto di vista oggettivo non poteva essere dedotto il consenso implicito alla commercializzazione del prodotto litigioso nel SEE, C è responsabile per non avere controllato la legittimità della commercializzazione nel SEE di quel modello. [...] • La sentenza appellata deve quindi essere confermata.[...]
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