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Oggetto:Brevetto (invenzione e modello)-Marchio: Altre ipotesi
Il principio di tolleranza previsto all’art. 9 – e corrispondente al principio di convalidazione dell’art. 28 cpi- prevede un’ipotesi in cui il titolare di un marchio posteriore registrato, a determinate condizioni, può continuare a utilizzarlo nonostante un marchio uguale o simile sia stato registrato anteriormente. La Corte di Giustizia individua i requisiti di applicazione della convalidazione, che devono essere uguali in tutti gli Stati membri: la registrazione del marchio posteriore nello Stato membro interessato; la circostanza che il deposito di tale marchio sia stato effettuato in buona fede; l’uso del marchio posteriore da parte del suo titolare nello Stato membro in cui è registrato e la circostanza che il titolare del marchio anteriore sia al corrente che il marchio posteriore è stato registrato e che viene usato dopo la sua registrazione. Inoltre, la pacifica coesistenza per lungo periodo fa sorgere un legittimo affidamento del titolare del marchio posteriore a poter continuare l’uso del proprio marchio, tanto più in virtù del fatto che egli ha conquistato una propria non interferente porzione di mercato. I consumatori, d’altro canto, con il passare del tempo, acquisiscono la consapevolezza delle differenze tra i prodotti e i marchi, e compiono scelte consapevoli.
ordinanza cautelare, concorrenza sleale, marchi, risarcimento dei danni, notorietà, preuso, contraffazione, giudizio di merito, rischio di confusione, carattere distintivo, imitazione servile, inibitoria, provvedimenti cautelari, misure cautelari, compenso
In ragione dell’uso continuativo, diffuso e protratto nel tempo, non circoscritto al solo territorio di XXX e provincia, bensì articolato, attraverso agenzie collegate in franchising, su tutto il territorio della XXX, vi è altresì fondato motivo di ritenere che tali segni abbiano acquisito la natura di marchi di fatto, nonché una significativa capacità distintiva con riferimento al settore merceologico sopra indicato ed anche una certa notorietà in ambito ultralocale, estesa, cioè, quantomeno all’intero territorio regionale. [...] Le iniziative così assunte dalla ditta convenuta, tuttavia, non appaiono idonee ad elidere i profili di illegittimità allegati da controparte, atteso che la parola “Maggiore”, costituente, come sopra esposto, marchio di fatto e segno distintivo dell’impresa attrice, ha continuato ad essere impiegata dalla concorrente all’interno del proprio nome a dominio, nell’indirizzo internet di “you tube” e negli indirizzi di posta elettronica direttamente riferibili alla stessa ditta e/o alla sua titolare. Tale persistente impiego da parte della convenuta del segno “Maggiore”, da solo o abbinato alla parola “Infortunistica”, e di simboli (bilancia), come detto in preuso da parte dell’attrice, per contraddistinguere i medesimi servizi dalla prima prestati nello stesso settore merceologico (infortunistica), e in un ambito territoriale sostanzialmente coincidente o, comunque, estremamente contiguo, senza alcun dubbio provoca tra i fruitori un serio rischio di confusione circa l’effettiva origine imprenditoriale di dette attività, tenuto anche conto della perfetta identità del nome utilizzato. Nella complessità strutturale del marchio di fatto in preuso da parte dell’attrice, appare pure evidente che la parola “Maggiore” rappresenti l’elemento dotato di maggiore carattere distintivo (c. d cuore), sicchè la circostanza che la convenuta ne faccia uso, nelle forme e con le modalità sopra indicate, associandolo al termine “Duo”, non neutralizza in toto il riscontrato rischio di confusione, segnatamente da contatto, in quanto i segni a confronto si sovrappongono sostanzialmente, con specifico riguardo al termine “Maggiore” dotato, per le ragioni in precedenza illustrate, di più elevata capacità distintiva. Alla luce delle considerazioni che precedono, deve, per ciò, ritenersi positivamente accertata la dedotta responsabilità della convenuta per contraffazione di marchio (di fatto) di cui al combinato disposto degli artt. 20, 1 e 2 CPI, la quale, in ragione della oggettiva coincidenza e sovrapponibilità dei fatti e conseguenze allegati in citazione, assorbe l’ulteriore profilo di responsabilità da concorrenza sleale confusoria ex art. 2598 n. 1 c.c. [...] Del resto, i mezzi istruttori sul punto articolati dall’attrice, per la genericità e per il contenuto essenzialmente valutativo delle circostanze oggetto di capitolato testimoniale, non appaiono assolutamente idonei a dimostrare l’esistenza e l’entità del lamentato pregiudizio patrimoniale.[...]
contraffazione di marchio.
Appare operazione di carattere preliminare verificare la tutela effettivamente riconoscibile in favore dei prodotti in questioni, commercializzati dalla società attrice L S.A.S. con il marchio “Le Pliage” su licenza ottenuta dalla titolare del marchio JC S.A.S., a sua volta avente causa dal creatore del modello di borsa PC. [...] In effetti, al di là dell’innegabile successo commerciale di tale modello di borsa, non risultano nemmeno allegati gli elementi che dovrebbero confermare la presenza di un valore artistico nella creazione dell’aspetto esteriore del modello di borsa in questione, la cui prova spetta alla parte che ne invoca la protezione. Come è noto tale valore artistico può essere desunto da una serie di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista (così da ultimo Cass. 23292/15 ). [...] E’ stata poi dedotta la natura di marchio di forma di fatto che l’aspetto del modello di borsa in questione rivestirebbe. [...] La norma comunitaria così come quella interna escludono dalla possibilità di valida registrazione come marchio, oltre alla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, anche la forma che dia valore sostanziale al prodotto. [...] In altra occasione la stessa Corte di Giustizia ha affermato che quando il design di un prodotto rappresenta un elemento che svolge un ruolo molto importante nel determinare la scelta del consumatore anche se quest’ultimo prende in considerazione altre caratteristiche del prodotto in questione, si deve ritenere che il design costituisca motivo ostativo per la protezione come marchio di forma, stante l'esclusione di cui sopra. [...] L’impedimento del “valore sostanziale” può non essere di ostacolo alla registrazione di una forma, pur gradevole dal punto di vista estetico, nella quale tuttavia prevalga il valore simbolico di richiamo alla provenienza del prodotto da una determinata impresa, piuttosto che non l'elemento attrattivo determinato dalla sua estetica. La forma che dà un valore sostanziale al prodotto deve dunque considerarsi in definitiva quella che incide in modo determinante, o appunto “sostanziale”, sull’apprezzamento del prodotto, con esclusione invece di quelle forme di presentazione o di confezionamento che, pur caratterizzando il prodotto di una impresa anche sotto il profilo della gradevolezza della sua presentazione, non sono determinanti nella sua scelta. Nel caso di specie la pur ampia rappresentazione documentale fornita dalle attrici circa il notevole apprezzamento ed il successo nel mercato di tale modello di borsa non consente di ritenere che l’innegabile valore del suo originale aspetto estetico sia profilo del tutto minimale rispetto agli elementi che ne consentono il collegamento ad una determinata impresa. In effetti appare del tutto conforme alla realtà della fattispecie ritenere che la principale motivazione all’acquisto da parte del consumatore sia proprio il particolare ed apprezzato aspetto esteriore del modello di borsa, profilo che in un relativamente breve arco di tempo dalla sua immissione in commercio ne ha determinato il riconosciuto successo. [...] Detta riproduzione risulta essere eseguita in maniera per così dire “fotografica”, come si evince dalla documentazione in atti ed è stata confermata dall’esito del sequestro eseguito ante causam. [...] Ciò posto quanto alla natura dell’illecito riscontrabile nella fattispecie, deve procedersi alla determinazione del danno risarcibile. [...] Va invero rilevato che l’unico punto di riferimento apprezzabile appare obbiettivamente il quantitativo di prodotti oggetto di imitazione servile reperiti all’esito delle operazioni di sequestro eseguite ante causam, posto che nessuna ulteriore attività istruttoria è stata di fatto richiesta dalle stesse attrici nell’ambito della causa di merito in quanto le stesse alla prima udienza di comparizione delle parti del DD/MM/ 2 016 hanno chiesto rinvio per precisazione delle conclusioni.[...]
decadenza, pubblicità, contraffazione, marchi, concorrenza sleale, acquisto, inibitoria, risarcimento dei danni, danno morale, carattere individuale, rischio di confusione, carattere distintivo, riproduzione grafica, conferimento, titolare del marchio, aspetti pertinenti, pubblicazione della sentenza
Come è noto, il primo requisito è di non identità rispetto alle anteriorità rilevanti, da considerarsi l’ una isolatamente dall’ altra e confrontare con la privativa azionata, per valutare se sussista un’ oggettiva identità di forme, essendo sufficiente anche un modesto gradiente di differenziazione per la sussistenza del requisito. Quanto al requisito principale di protezione, cioè il carattere individuale, è ormai pacifico che lo stesso, introdotto dalle riforme normative imposte dall’ adeguamento alla direttiva CE 98/71, risulta assai meno pregnante rispetto a quella vera e propria potenzialità di far evolvere il gusto richiesta dalla normativa previgente (“speciale ornamento”), sicchè l’ ambito delle forme tutelabili ne risulta ampliato a tutte quelle che presentano una originalità estetica che possa da sola orientare le scelte di acquisto del consumatore finale. Il “carattere individuale” presuppone infatti che la forma sia distinguibile sul mercato per l’ utilizzatore informato, che nel campo che ci occupa, è rappresentato da quell’ acquirente finale sensibile alle forme dei prodotti e che possiede una conoscenza media del settore merceologico di riferimento, in quanto attento alle novità del mercato. Trattandosi di prodotti con limitazioni indotte da esigenze funzionali e quindi con ridotto margine di differenziazione è necessario che l’ impressione di insieme offerta dal modello susciti in un siffatto consumatore un’ impressione di evidente dissomiglianza rispetto alle anteriorità rilevanti. Inoltre la forma protetta deve avere un livello di individualità tale non solo da attirare l’ attenzione del consumatore, ma anche da costituire motivo di preferenza per l’ acquisto. Spetta al registrante, laddove la registrazione, come d’ uso, non sia accompagnata da rivendicazioni specifiche, allegare gli elementi che conferiscono al disegno/ modello siffatto carattere individuale –così definendo i confini della privativa- mentre è onere di chi sia convenuto in contraffazione la rigorosa prova della carenza di entrambi requisiti, offrendo al giudice un panorama dei modelli e prodotti presenti sul mercato, per consentire un’ adeguata valutazione della privativa e comunque la definizione dei suoi confini. [...] Le convenute non sono invece state in alcun modo in grado di comprovare l’ intervenuta standardizzazione della forma in questione e neppure l’ esistenza sul mercato di orologi che in qualche modo ripropongano tali forme. [...] Va infine rilevato che i marchi che possono essere esclusi dalla registrazione per i motivi elencati all'art. 3, n. 1, lett. b)-d), della direttiva possono, in conformità del n. 3 della stessa disposizione, acquisire un carattere distintivo per l'uso che ne è stato fatto. Invece un segno che è escluso dalla registrazione sulla base dell'art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva non può mai acquisire un carattere distintivo ai fini dell'art. 3, n. 3, per l'uso che ne è stato fatto. Detto art. 3, n. 1, lett. e), prende dunque in considerazione determinati segni che non sono idonei a costituire marchi ed è un ostacolo preliminare che può impedire che un segno costituito esclusivamente dalla forma di un prodotto possa essere registrato. Se è soddisfatto uno solo dei criteri menzionati in tale disposizione, il segno costituito esclusivamente dalla forma del prodotto, se non addirittura da una riproduzione grafica di tale forma, non può essere registrato in quanto marchio. [...] La ratio degli impedimenti alla registrazione di cui all'art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva consiste nel fatto di evitare che la tutela del diritto di marchio sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto, che possono essere ricercate dall'utilizzatore nei prodotti dei concorrenti.[...]