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Rinvio pregiudiziale – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Operazioni costitutive di una pratica abusiva – Diritto tributario nazionale – Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale – Principi di effettività e di equivalenza.
Causa C-662/13 Surgicare – Unidades de Saúde SA contro Fazenda Pública (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo) «Rinvio pregiudiziale — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Operazioni costitutive di una pratica abusiva — Diritto tributario nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Principi di effettività e di equivalenza» Massime – Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 12 febbraio 2015 Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Domanda che non individua con precisione le disposizioni del diritto dell’Unione che occorre interpretare – Possibilità per la Corte d’individuare dette disposizioni (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Necessità di fornire alla Corte precisazioni sufficienti sul contesto di fatto e di diritto – Precisazione delle ragioni per le quali occorre rispondere alle questioni pregiudiziali (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali – Competenza del giudice nazionale – Determinazione della normativa applicabile ratione temporis (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di esistenza di un’evasione o di un abuso – Misure di prevenzione delle distorsioni della concorrenza e dell’evasione fiscale – Assenza di normativa dell’Unione in materia – Applicazione del diritto nazionale – Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale – Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività – Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 273 e 342) Nel caso di mancanza di precisione, in una domanda di pronuncia pregiudiziale, a proposito delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione, è compito della Corte dedurre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, le disposizioni di diritto dell’Unione che necessitano di essere interpretate, tenendo conto dell’oggetto della lite. (v. punto 17) V. il testo della decisione. (v. punti 21, 22) V. il testo della decisione. (v. punto 22) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non osta alla previa e obbligatoria applicazione di un procedimento amministrativo nazionale, nel caso in cui l’amministrazione tributaria sospetti l’esistenza di una pratica abusiva, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Ciò avviene nel caso di un previo procedimento che, da un lato, è in favore della persona sospettata di aver commesso un abuso di diritto, poiché mira a garantire il rispetto di certi diritti fondamentali, in particolare quello di essere ascoltato e che, dall’altro lato, non contrasta di per sé con l’obiettivo della lotta alle evasioni, elusioni e altri abusi, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. (v. punti 26, 29, 32, 34 e dispositivo) Causa C-662/13 Surgicare – Unidades de Saúde SA contro Fazenda Pública (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo) «Rinvio pregiudiziale — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Operazioni costitutive di una pratica abusiva — Diritto tributario nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Principi di effettività e di equivalenza» Massime – Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 12 febbraio 2015 Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Domanda che non individua con precisione le disposizioni del diritto dell’Unione che occorre interpretare — Possibilità per la Corte d’individuare dette disposizioni (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Necessità di fornire alla Corte precisazioni sufficienti sul contesto di fatto e di diritto — Precisazione delle ragioni per le quali occorre rispondere alle questioni pregiudiziali (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali — Competenza del giudice nazionale — Determinazione della normativa applicabile ratione temporis (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di esistenza di un’evasione o di un abuso — Misure di prevenzione delle distorsioni della concorrenza e dell’evasione fiscale — Assenza di normativa dell’Unione in materia — Applicazione del diritto nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività — Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 273 e 342) Nel caso di mancanza di precisione, in una domanda di pronuncia pregiudiziale, a proposito delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione, è compito della Corte dedurre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, le disposizioni di diritto dell’Unione che necessitano di essere interpretate, tenendo conto dell’oggetto della lite. (v. punto 17) V. il testo della decisione. (v. punti 21, 22) V. il testo della decisione. (v. punto 22) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non osta alla previa e obbligatoria applicazione di un procedimento amministrativo nazionale, nel caso in cui l’amministrazione tributaria sospetti l’esistenza di una pratica abusiva, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Ciò avviene nel caso di un previo procedimento che, da un lato, è in favore della persona sospettata di aver commesso un abuso di diritto, poiché mira a garantire il rispetto di certi diritti fondamentali, in particolare quello di essere ascoltato e che, dall’altro lato, non contrasta di per sé con l’obiettivo della lotta alle evasioni, elusioni e altri abusi, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. (v. punti 26, 29, 32, 34 e dispositivo)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Diniego.
Causa C-285/11 Bonik EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» — Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad — Varna) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Diniego» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 dicembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Diniego a motivo della mancata realizzazione effettiva della cessione di beni, tenuto conto di evasioni e di irregolarità – Inammissibilità – Limiti – Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178) Gli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, tenuto conto di evasioni o di irregolarità commesse a monte o a valle di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta, senza che sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa a monte o a valle nella catena di cessioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Dato che il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla suddetta direttiva sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’imposta sul valore aggiunto. Infatti, l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario. (v. punti 41-43, 45 e dispositivo) Causa C-285/11 Bonik EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» — Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad — Varna) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Diniego» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 dicembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Diniego a motivo della mancata realizzazione effettiva della cessione di beni, tenuto conto di evasioni e di irregolarità — Inammissibilità — Limiti — Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178) Gli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, tenuto conto di evasioni o di irregolarità commesse a monte o a valle di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta, senza che sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa a monte o a valle nella catena di cessioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Dato che il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla suddetta direttiva sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’imposta sul valore aggiunto. Infatti, l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario. (v. punti 41-43, 45 e dispositivo)
IVA, Sesta direttiva, Articoli 9, 17 e 18, Individuazione del luogo di prestazione dei servizi, Nozione di “messa a disposizione di personale”, Lavoratori autonomi, Necessità di garantire identico trattamento della prestazione dei servizi riguardo al prestatore e al destinatario.
Causa C-218/10 ADV Allround Vermittlungs AG, in liquidazione contro Finanzamt Hamburg-Bergedorf (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg) «IVA — Sesta direttiva — Articoli 9, 17 e 18 — Individuazione del luogo di prestazione dei servizi — Nozione di “messa a disposizione di personale” — Lavoratori autonomi — Necessità di garantire identico trattamento della prestazione dei servizi riguardo al prestatore e al destinatario» Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Prestazioni di servizi – Determinazione del luogo di riferimento fiscale – Messa a disposizione di personale – Nozione [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 9, § 2, e), sesto trattino] Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte (Direttiva del Consiglio 77/388) Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, § 1, 2, a), 3, a), e 18, § 1, a)] L’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «messa a disposizione di personale», contenuta nella disposizione medesima, ricomprende parimenti la messa a disposizione di personale autonomo, non legato da rapporto di lavoro dipendente con l’impresa prestatrice. Infatti, tale interpretazione, poiché riconduce ad un unico luogo il collegamento fiscale della prestazione di servizi de qua, consente appunto di evitare che tale prestazione sia soggetta a doppia imposizione ovvero che sfugga a qualsiasi imposizione dell’imposta sul valore aggiunto. Detta interpretazione è parimenti idonea ad agevolare l’attuazione della menzionata norma di conflitto, consentendo una gestione semplice, sul luogo di prestazione dei servizi, delle regole che presiedono alla riscossione dell’imposta ed alla prevenzione dell’evasione fiscale, atteso che il destinatario dei servizi non deve interrogarsi sulla natura giuridica delle relazioni che legano il prestatore al «personale» oggetto della messa a disposizione. Inoltre, tale interpretazione risulta conforme al principio della certezza del diritto in quanto, rendendo più prevedibile la determinazione del luogo di collegamento della prestazione dei servizi, semplifica l’applicazione delle disposizioni della sesta direttiva e contribuisce a garantire una riscossione affidabile e corretta dell’imposta sul valore aggiunto. (v. punti 29-32, dispositivo 1) In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico di ogni Stato membro, segnatamente, designare l’amministrazione competente e stabilire le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Per quanto attiene al principio di effettività, in assenza di norme specifiche nell’ordinamento processuale nazionale, il diritto del prestatore di servizi e quello del destinatario della prestazione, consistente nell’essere assoggettati a identico trattamento riguardo all’imponibilità di una stessa e unica prestazione e dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sulla medesima, risulterebbero destituiti, in pratica, di qualsiasi effetto utile. (v. punti 35, 37) L’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che non impongono agli Stati membri di configurare le rispettive normative procedurali interne in modo tale da garantire che l’imponibilità di una prestazione di servizi e l’imposta sul valore aggiunto dovuta sulla prestazione medesima vengano valutate in modo coerente con riguardo al prestatore e con riguardo al destinatario di tale prestazione, anche quando questi ricadano nella sfera di competenza di amministrazioni finanziarie diverse. Tuttavia, dette disposizioni obbligano gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e il rispetto del principio di neutralità fiscale. Infatti, ancorché l’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva non precisino concretamente il contenuto degli strumenti procedurali o di altra natura che devono essere istituiti per garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e il rispetto del principio di neutralità fiscale, resta il fatto che tali disposizioni vincolano gli Stati membri per quanto attiene all’obiettivo da raggiungere, pur lasciando loro un margine di discrezionalità nella valutazione della necessità dell’adozione di misure di tal genere. Al riguardo, nel caso in cui dovesse emergere che, pur in assenza di questioni di interpretazione o di validità, o persino in caso di rifiuto da parte dei giudici competenti di adire la Corte di giustizia mediante rinvio pregiudiziale di interpretazione o di giudizio di validità del diritto dell’Unione, amministrazioni e/o giudici diversi di uno Stato membro continuano ad adottare sistematicamente posizioni divergenti per quanto attiene al collegamento di una stessa ed unica prestazione di servizi rispetto al prestatore, da un lato, e al destinatario, dall’altro, in modo da pregiudicare, in particolare, il principio di neutralità fiscale, gli obblighi incombenti a detto Stato membro per effetto della sesta direttiva potrebbero risultare violati. (v. punti 43-45, dispositivo 2) Causa C-218/10 ADV Allround Vermittlungs AG, in liquidazione contro Finanzamt Hamburg-Bergedorf (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg) «IVA — Sesta direttiva — Articoli 9, 17 e 18 — Individuazione del luogo di prestazione dei servizi — Nozione di “messa a disposizione di personale” — Lavoratori autonomi — Necessità di garantire identico trattamento della prestazione dei servizi riguardo al prestatore e al destinatario» Massime della sentenza Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Determinazione del luogo di riferimento fiscale — Messa a disposizione di personale — Nozione [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 9, § 2, e), sesto trattino] Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte (Direttiva del Consiglio 77/388) Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, § 1, 2, a), 3, a), e 18, § 1, a)] L’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), sesto trattino, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «messa a disposizione di personale», contenuta nella disposizione medesima, ricomprende parimenti la messa a disposizione di personale autonomo, non legato da rapporto di lavoro dipendente con l’impresa prestatrice. Infatti, tale interpretazione, poiché riconduce ad un unico luogo il collegamento fiscale della prestazione di servizi de qua, consente appunto di evitare che tale prestazione sia soggetta a doppia imposizione ovvero che sfugga a qualsiasi imposizione dell’imposta sul valore aggiunto. Detta interpretazione è parimenti idonea ad agevolare l’attuazione della menzionata norma di conflitto, consentendo una gestione semplice, sul luogo di prestazione dei servizi, delle regole che presiedono alla riscossione dell’imposta ed alla prevenzione dell’evasione fiscale, atteso che il destinatario dei servizi non deve interrogarsi sulla natura giuridica delle relazioni che legano il prestatore al «personale» oggetto della messa a disposizione. Inoltre, tale interpretazione risulta conforme al principio della certezza del diritto in quanto, rendendo più prevedibile la determinazione del luogo di collegamento della prestazione dei servizi, semplifica l’applicazione delle disposizioni della sesta direttiva e contribuisce a garantire una riscossione affidabile e corretta dell’imposta sul valore aggiunto. (v. punti 29-32, dispositivo 1) In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico di ogni Stato membro, segnatamente, designare l’amministrazione competente e stabilire le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Per quanto attiene al principio di effettività, in assenza di norme specifiche nell’ordinamento processuale nazionale, il diritto del prestatore di servizi e quello del destinatario della prestazione, consistente nell’essere assoggettati a identico trattamento riguardo all’imponibilità di una stessa e unica prestazione e dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sulla medesima, risulterebbero destituiti, in pratica, di qualsiasi effetto utile. (v. punti 35, 37) L’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che non impongono agli Stati membri di configurare le rispettive normative procedurali interne in modo tale da garantire che l’imponibilità di una prestazione di servizi e l’imposta sul valore aggiunto dovuta sulla prestazione medesima vengano valutate in modo coerente con riguardo al prestatore e con riguardo al destinatario di tale prestazione, anche quando questi ricadano nella sfera di competenza di amministrazioni finanziarie diverse. Tuttavia, dette disposizioni obbligano gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e il rispetto del principio di neutralità fiscale. Infatti, ancorché l’articolo 17, paragrafi 1, 2, lettera a), e 3, lettera a), nonché l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva non precisino concretamente il contenuto degli strumenti procedurali o di altra natura che devono essere istituiti per garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e il rispetto del principio di neutralità fiscale, resta il fatto che tali disposizioni vincolano gli Stati membri per quanto attiene all’obiettivo da raggiungere, pur lasciando loro un margine di discrezionalità nella valutazione della necessità dell’adozione di misure di tal genere. Al riguardo, nel caso in cui dovesse emergere che, pur in assenza di questioni di interpretazione o di validità, o persino in caso di rifiuto da parte dei giudici competenti di adire la Corte di giustizia mediante rinvio pregiudiziale di interpretazione o di giudizio di validità del diritto dell’Unione, amministrazioni e/o giudici diversi di uno Stato membro continuano ad adottare sistematicamente posizioni divergenti per quanto attiene al collegamento di una stessa ed unica prestazione di servizi rispetto al prestatore, da un lato, e al destinatario, dall’altro, in modo da pregiudicare, in particolare, il principio di neutralità fiscale, gli obblighi incombenti a detto Stato membro per effetto della sesta direttiva potrebbero risultare violati. (v. punti 43-45, dispositivo 2)
Fiscalità, IVA, Diritto alla detrazione, Cessione di una quota dei diritti su un’invenzione, detenuti da diverse imprese, ad un’impresa che ha già il diritto di utilizzare detta invenzione nella sua interezza, Pratica abusiva.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, n. 1, e 168) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Limitazione del diritto alla detrazione (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 168) Massima 1. Un soggetto passivo può, in linea di principio, avvalersi del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto versata o dovuta a monte per una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, laddove il diritto nazionale applicabile consenta la cessione di una quota di comproprietà di un’invenzione che conferisce un diritto su quest’ultima. La nozione di attività economica comprende, infatti, qualsiasi attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi. Le nozioni di cessioni di beni e di prestazioni di servizi hanno tutte carattere oggettivo e si applicano indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi. Pertanto, la cessione di una quota di comproprietà di un’invenzione, malgrado il fatto che quest’ultima non abbia dato luogo alla registrazione di un brevetto, può costituire, in linea di principio, un’attività economica assoggettata ad imposta sul valore aggiunto. Ne consegue che un’operazione di questo tipo è idonea a far sorgere il diritto a detrazione dell’imposta versata o dovuta a monte. La questione se la cessione di cui trattasi sia stata effettuata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale non è assolutamente rilevante al fine di determinare se essa costituisca una prestazione di servizi e un’attività economica ai sensi delle disposizioni pertinenti della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. (v. punti 45-48, dispositivo 1) 2. L’accertamento di una pratica abusiva in materia di imposta sul valore aggiunto presuppone, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva e della relativa legislazione nazionale di trasposizione, comportino l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione risulterebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita unicamente all’ottenimento di tale vantaggio fiscale. Per quanto riguarda la disciplina fiscale di un’operazione di cessione di una quota di comproprietà di un’invenzione che conferisce un diritto su quest’ultima, compete al giudice nazionale accertare, tenuto conto di tutte le circostanze di fatto che caratterizzano una simile prestazione di servizi, l’esistenza o l’insussistenza di un abuso di diritto per quanto riguarda il diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto versata a monte. (v. punti 52, 54, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Art. 28 quater, parte A, lett. a), Frode a danno dell’IVA, Diniego di esenzione dall’IVA per cessioni intracomunitarie di beni, Partecipazione attiva del venditore alla frode, Competenze degli Stati membri nel contesto della lotta alla frode, all’evasione fiscale e agli eventuali abusi.
Parole chiave Massima Parole chiave Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, A) Massima Qualora sia stata effettivamente realizzata una cessione intracomunitaria di beni ma, in occasione di tale cessione, il fornitore abbia nascosto l’identità del vero acquirente per consentirgli di eludere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, lo Stato membro di partenza della cessione intracomunitaria, in forza delle competenze che gli spettano in virtù della prima parte di frase dell’art. 28 quater, parte A, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2000/65, può negare il beneficio dell’esenzione per quest’operazione. A questo proposito, la presentazione di false fatture o di false dichiarazioni, alla pari di qualsiasi altra alterazione di prove, è idonea ad impedire la riscossione dell’importo esatto dell’imposta e, pertanto, è atta a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto. Ebbene, comportamenti di questo genere rivestono una gravità ancora maggiore se commessi nel contesto del regime transitorio di tassazione delle operazioni intracomunitarie, il quale funziona in base alle prove fornite dai soggetti passivi. Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare l’emissione di fatture irregolari alla stregua di una frode fiscale e di negare l’esenzione in una siffatta ipotesi. Tuttavia, in casi particolari in cui siano presenti valide ragioni per ritenere che l’acquisto intracomunitario corrispondente alla cessione de quo, nonostante la reciproca assistenza e la cooperazione amministrativa tra le autorità tributarie degli Stati membri coinvolti, possa sfuggire al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro di destinazione, lo Stato membro di partenza è tenuto, in linea di massima, a negare l’esenzione a favore del fornitore di beni e ad obbligare quest’ultimo ad assolvere l’imposta a posteriori, onde evitare che l’operazione in questione sfugga a qualsiasi imposizione fiscale. Infatti, in conformità al principio fondamentale inerente al sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, tale imposta si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l’imposta sul valore aggiunto gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. (v. punti 48, 49, 52, 55 e dispositivo)
Domanda di pronuncia pregiudiziale, Sesta direttiva IVA, Art. 18, n. 4, Normativa nazionale che prevede un termine di prescrizione triennale ai fini del rimborso delle eccedenze dell’IVA.
Causa C-472/08 Alstom Power Hydro contro Valsts ieņēmumu dienests (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās Tiesas Senāts) «Domanda di pronuncia pregiudiziale — Sesta direttiva IVA — Art. 18, n. 4 — Normativa nazionale che prevede un termine di prescrizione triennale ai fini del rimborso delle eccedenze dell’IVA» Sentenza della Corte (Prima Sezione) 21 gennaio 2010 I ‐ 625 Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Restituzione dell’eccedenza (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 18, n. 4) L’art. 18, n. 4, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro che preveda un termine di prescrizione triennale ai fini della proposizione delle domande di rimborso delle eccedenze dell’imposta sul valore aggiunto indebitamente riscosse dall’amministrazione finanziaria di tale Stato. Un simile termine non può, di per sé, rendere l’esercizio del diritto a detrazione praticamente impossibile o eccessivamente difficile, posto che un termine di prescrizione triennale è, in linea di principio, idoneo a consentire a qualsiasi contribuente normalmente diligente di far valere validamente i diritti attribuitigli dall’ordinamento giuridico dell’Unione. (v. punti 20-22 e dispositivo)