Documents - 12 cited in "Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 1° dicembre 2022. Aquila Part Prod Com SA contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék. Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 168 – Diritto a detrazione dell’IVA – Principi di neutralità fiscale, di effettività e di proporzionalità – Frode – Prova – Obbligo di diligenza del soggetto passivo – Presa in considerazione di una violazione degli obblighi derivanti da disposizioni nazionali e dal diritto dell’Unione relative alla sicurezza della catena alimentare – Mandato conferito dal soggetto passivo a un terzo per effettuare le operazioni soggette ad imposta – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto ad un processo equo. Causa C-512/21."

Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Articolo 168, Diritto a detrazione dell’IVA, Principi di neutralità fiscale, di effettività e di proporzionalità, Frode, Prova, Obbligo di diligenza del soggetto passivo, Presa in considerazione di una violazione degli obblighi derivanti da disposizioni nazionali e dal diritto dell’Unione relative alla sicurezza della catena alimentare, Mandato conferito dal soggetto passivo a un terzo per effettuare le operazioni soggette ad imposta, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Articolo 47, Diritto ad un processo equo.
Rinvio pregiudiziale, Principi del diritto dell’Unione, Rispetto dei diritti della difesa, Procedimento fiscale, Esercizio del diritto a detrazione in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA), Diniego del diritto a detrazione a motivo del comportamento asseritamente inadeguato dei fornitori del soggetto passivo, Atto amministrativo emesso dalle autorità tributarie nazionali senza accordare al contribuente interessato l’accesso alle informazioni e ai documenti posti a fondamento di detto atto, Sospetta frode fiscale, Prassi nazionale che subordina l’esercizio del diritto a detrazione al possesso di documenti giustificativi diversi dalla fattura fiscale, Ammissibilità.
Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Presupposti per l’esercizio, Articolo 273, Provvedimenti nazionali, Lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale, Fattura emessa da un contribuente dichiarato “inattivo” dall’amministrazione tributaria, Rischio di evasione, Diniego del diritto alla detrazione, Proporzionalità, Rifiuto di prendere in considerazione prove dell’assenza di evasione o di perdita fiscale, Limitazione nel tempo degli effetti dell’emananda sentenza, Insussistenza.
Causa C-101/16 SC Paper Consult SRL contro Direcţia Regională a Finanţelor Publice Cluj-NapocaeAdministraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Bistriţa Năsăud (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Cluj) «Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Diritto alla detrazione – Presupposti per l’esercizio – Articolo 273 – Provvedimenti nazionali – Lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale – Fattura emessa da un contribuente dichiarato “inattivo” dall’amministrazione tributaria – Rischio di evasione – Diniego del diritto alla detrazione – Proporzionalità – Rifiuto di prendere in considerazione prove dell’assenza di evasione o di perdita fiscale – Limitazione nel tempo degli effetti dell’emananda sentenza – Insussistenza» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 19 ottobre 2017 Armonizzazione delle normative fiscali–Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto–Detrazione dell’imposta assolta a monte–Normativa nazionale che esclude il diritto alla detrazione in caso di transazioni concluse con un contribuente dichiarato inattivo–Obblighi del contribuente–Consultazione di un elenco pubblico dei contribuenti dichiarati inattivi dall’amministrazione tributaria–Diniego del diritto alla detrazione opposto in modo sistematico e definitivo, senza consentire che sia fornita la prova dell’assenza di evasione o di perdita di gettito fiscale–Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45) Questioni pregiudiziali–Interpretazione–Effetti nel tempo delle sentenze interpretative–Effetto retroattivo–Limitazione da parte della Corte–Presupposti–Buona fede degli ambienti interessati–Requisiti–Sussistenza di circostanze eccezionali (Art. 267 TFUE) La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, in forza della quale è negato a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto con la motivazione che l’operatore che gli aveva fornito una prestazione di servizi dietro fattura, nella quale sono indicate distintamente la spesa e l’imposta sul valore aggiunto, è stato dichiarato inattivo dall’amministrazione tributaria di uno Stato membro, essendo detta dichiarazione di inattività pubblica e accessibile su Internet a qualsiasi soggetto passivo in tale Stato, quando siffatto diniego del diritto alla detrazione è sistematico e definitivo, non consentendo che sia fornita la prova dell’assenza di evasione o di perdita di gettito fiscale. Conformemente all’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi, rispetto a quelli previsti dalla menzionata direttiva, che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni. Tuttavia, le misure adottate dagli Stati membri non devono eccedere quanto necessario per conseguire siffatti obiettivi. Esse non possono quindi essere utilizzate in maniera tale da rimettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA e, pertanto, la neutralità dell’IVA (v. sentenze del 21 marzo 2000, Gabalfrisa e a., da C-110/98 a C-147/98, EU:C:2000:145, punto 52, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 57). La Corte ha più volte dichiarato che l’amministrazione non può imporre a un soggetto passivo di compiere controlli complessi e approfonditi relativi al suo fornitore, trasferendo di fatto su di esso gli atti di controllo incombenti all’amministrazione stessa (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 65, nonché del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 50). Per contro, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che il fornitore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione fiscale (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04, EU:C:2007:548, punti 65 e 68, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 54). La normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non trasferisce sul soggetto passivo gli atti di controllo incombenti all’amministrazione, bensì informa quest’ultimo dell’esito di un’indagine amministrativa da cui risulta che il contribuente dichiarato inattivo non è più controllabile dall’amministrazione competente perché il contribuente non ha più soddisfatto gli obblighi dichiarativi imposti dalla legge, oppure perché ha dichiarato informazioni di identificazione della sede legale che non consentono all’autorità tributaria di individuare quest’ultima, o ancora perché non esercita la propria attività presso la sede legale o il domicilio fiscale dichiarati. L’unico obbligo imposto al soggetto passivo consiste, infatti, nel consultare l’elenco dei contribuenti dichiarati inattivi presso la sede dell’amministrazione nazionale e pubblicato sulla pagina Internet di quest’ultima, essendo peraltro semplice effettuare una siffatta verifica Orbene, l’impossibilità, per il soggetto passivo, di dimostrare che le transazioni concluse con l’operatore dichiarato inattivo soddisfano le condizioni previste dalla direttiva 2006/112 e, in particolare, che l’IVA è stata versata all’erario da tale operatore va oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo legittimo perseguito da detta direttiva. (v. punti 49-54, 60, 61 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punti 64-67)
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 2, 24, 43, 250 e 273, Luogo della prestazione di servizi resi per via elettronica, Fissazione artificiosa di tale luogo mediante una costruzione priva di effettività economica, Abuso di diritto, Regolamento (UE) n. 904/2010, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Articoli 7, 8, 41, 47, 48, 51, paragrafo 1, 52, paragrafi 1 e 3, Diritti della difesa, Diritto al contraddittorio, Utilizzo da parte dell’amministrazione tributaria di prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale parallelo e non concluso all’insaputa del soggetto passivo, Intercettazioni di telecomunicazioni e sequestri di messaggi di posta elettronica.
Causa C-419/14 WebMindLicenses Kft. contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Kiemelt Adó- és Vám Főigazgatóság (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi bíróság) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 2, 24, 43, 250 e 273 — Luogo della prestazione di servizi resi per via elettronica — Fissazione artificiosa di tale luogo mediante una costruzione priva di effettività economica — Abuso di diritto — Regolamento (UE) n. 904/2010 — Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea — Articoli 7, 8, 41, 47, 48, 51, paragrafo 1, 52, paragrafi 1 e 3 — Diritti della difesa — Diritto al contraddittorio — Utilizzo da parte dell’amministrazione tributaria di prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale parallelo e non concluso all’insaputa del soggetto passivo — Intercettazioni di telecomunicazioni e sequestri di messaggi di posta elettronica» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 17 dicembre 2015 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Operazioni costitutive di una pratica abusiva — Nozione — Contratto di licenza riguardante la locazione di un know-how che consente lo sfruttamento di un sito internet — Contratto concluso con una società con sede in uno Stato membro diverso da quello della società che ha concesso la licenza — Elementi da prendere in considerazione — Contratto che costituisce una costruzione puramente artificiosa — Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Determinazione del luogo di riferimento fiscale — Fissazione artificiosa di tale luogo mediante una costruzione priva di effettività economica — Imposta pagata nello Stato membro delle prestazioni di servizi fittizie — Conseguenze — Accertamento dell’imposta nello Stato membro delle prestazioni di servizi effettive — Ammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Cooperazione amministrativa e lotta contro l’evasione fiscale — Stato membro che esamina l’esigibilità dell’imposta sul valore aggiunto per prestazioni già assoggettate a detta imposta in altri Stati membri — Obbligo di chiedere informazioni presso autorità fiscali di tali altri Stati membri — Presupposti (Regolamento del Consiglio n. 904/2010) Diritto dell’Unione europea — Principi — Diritti della difesa — Rispetto nell’ambito dei procedimenti amministrativi — Portata Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Operazioni costitutive di una pratica abusiva — Procedimento di accertamento fiscale — Utilizzo delle prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale parallelo e non concluso all’insaputa del soggetto passivo — Ammissibilità — Presupposto — Rispetto dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione e, in particolare, dei diritti fondamentali — Diritto al rispetto della vita familiare — Diritto ad essere ascoltato — Diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo (Art. 4, § 3, TUE; art. 325 TFUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 7, 47 e 52, § 1; direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, 250, § 1, e 273) Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che - per accertare se un contratto di licenza avente ad oggetto la locazione di un know-how che consente lo sfruttamento di un sito internet tramite il quale erano prestati servizi audiovisivi interattivi, concluso con una società con sede in uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio ha sede la società che ha ceduto tale licenza, trae origine da un abuso di diritto volto a beneficiare di un’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile a detti servizi meno elevata in tale altro Stato membro -, non appaiono di per sé decisivi il fatto che l’amministratore e unico azionista di quest’ultima società sia il creatore di tale know-how, che lo stesso eserciti un’influenza o un controllo sullo sviluppo e sullo sfruttamento di detto know-how e sulla prestazione dei servizi basati sullo stesso, che la gestione delle transazioni finanziarie, del personale e degli strumenti tecnici necessari alla prestazione di detti servizi sia assicurata da subcontraenti, al pari dei motivi che possono aver portato la società che ha ceduto la licenza a concedere in locazione il know-how di cui trattasi a una società con sede in tale altro Stato membro invece di sfruttarlo essa stessa. Spetta al giudice del rinvio analizzare l’insieme delle circostanze del procedimento principale per accertare se tale contratto costituisce una costruzione puramente artificiosa intesa a dissimulare che la prestazione di servizi di cui trattasi non è stata effettivamente resa dalla società che ha acquisito la licenza, ma è stata di fatto resa dalla società che ha concesso la licenza, verificando in particolare se la sede dell’attività economica o della stabile organizzazione della società che ha acquisito la licenza non sia effettiva o se tale società, ai fini dell’esercizio dell’attività economica considerata, non abbia una struttura adeguata in termini di locali, di personale e di strumenti tecnici, o ancora se detta società non eserciti tale attività economica in proprio nome e per proprio conto, sotto la propria responsabilità e a proprio rischio. (v. punti 49, 50, dispositivo 1) Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che, in caso di constatazione di una pratica abusiva che abbia condotto a fissare il luogo di una prestazione di servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui esso sarebbe stato fissato senza tale pratica abusiva, il fatto che l’imposta sul valore aggiunto sia stata pagata in detto altro Stato membro conformemente alla sua legislazione non osta a che si proceda a un accertamento di tale imposta nello Stato membro del luogo in cui tale prestazione di servizi è stata effettivamente resa. (v. punto 53, dispositivo 2) Il regolamento n. 904/2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro che esamina l’esigibilità dell’imposta sul valore aggiunto per prestazioni che sono già state assoggettate a detta imposta in altri Stati membri è tenuta a rivolgere una richiesta di informazioni alle amministrazioni tributarie di tali altri Stati membri qualora una siffatta richiesta sia utile, se non indispensabile, per accertare che l’imposta sul valore aggiunto sia esigibile nel primo Stato membro. (v. punto 59, dispositivo 3) V. il testo della decisione. (v. punto 83) Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che non osta a che, ai fini dell’applicazione degli articoli 4, paragrafo 3, TUE, 325 TFUE, 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, l’amministrazione tributaria possa, allo scopo di accertare la sussistenza di una pratica abusiva in materia d’imposta sul valore aggiunto, utilizzare prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale parallelo non ancora concluso, all’insaputa del soggetto passivo, mediante, ad esempio, intercettazioni di telecomunicazioni e sequestri di messaggi di posta elettronica, a condizione che l’ottenimento di tali prove nell’ambito di detto procedimento penale e il loro utilizzo nell’ambito del procedimento amministrativo non violino i diritti garantiti dal diritto dell’Unione. A tale riguardo, in forza degli articoli 7, 47 e 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, spetta al giudice nazionale che controlla la legittimità della decisione relativa a un accertamento dell’imposta sul valore aggiunto fondata su siffatte prove verificare, da un lato, se le intercettazioni di telecomunicazioni e il sequestro di messaggi di posta elettronica fossero mezzi istruttori previsti dalla legge e fossero necessari nell’ambito del procedimento penale e, dall’altro lato, se l’utilizzo, da parte di tale amministrazione, delle prove ottenute con detti mezzi fosse parimenti autorizzato dalla legge e necessario. Spetta ad esso, inoltre, verificare se, conformemente al principio generale del rispetto dei diritti della difesa, il soggetto passivo abbia avuto la possibilità, nell’ambito del procedimento amministrativo, di avere accesso a tali prove e di essere ascoltato sulle stesse. Se esso constata che tale soggetto passivo non ha avuto detta possibilità o che tali prove sono state ottenute nell’ambito del procedimento penale o utilizzate nell’ambito del procedimento amministrativo in violazione dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, detto giudice nazionale non deve ammettere tali prove e deve annullare detta decisione se essa risulta, per tale ragione, priva di fondamento. Parimenti, non devono essere ammesse tali prove se detto giudice non è abilitato a controllare che esse siano state ottenute nell’ambito del procedimento penale conformemente al diritto dell’Unione o non può quantomeno sincerarsi, sulla base di un controllo già effettuato da un giudice penale nell’ambito di un procedimento in contraddittorio, che esse siano state ottenute conformemente a tale diritto. (v. punti 90, 91, dispositivo 4)
Fiscalità, IVA, Sesta direttiva, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Presupposti per l’esercizio, Articolo 273, Misure nazionali ai fini della lotta contro l’evasione, Prassi delle amministrazioni fiscali nazionali, Diniego del diritto a detrazione in caso di comportamento irregolare dell’emittente della fattura correlata ai beni o ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione, Onere della prova, Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente di tale fattura e di provarlo.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori — Inammissibilità — Limiti — Presupposti [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), 220, punto 1, e 226] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura — Rifiuto opposto malgrado il ricorrere dei presupposti sostanziali del diritto a detrazione e l’assenza di indizi che giustifichino il sospetto di irregolarità o frodi dell’emittente — Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), e 273] Massima 1. Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre, dall’importo dell’imposta sul valore aggiunto di cui egli è debitore, l’importo dell’imposta dovuta o versata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che l’emittente della fattura correlata a tali servizi, o uno dei suoi fornitori, ha commesso irregolarità, senza che detta amministrazione dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal suddetto emittente o da un altro operatore intervenuto a monte nella catena di prestazioni. (v. punto 50, dispositivo 1) 2. Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega il diritto a detrazione con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate, benché ricorrano le condizioni di sostanza e di forma previste dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di indizi che giustifichino il sospetto dell’esistenza di irregolarità o evasioni nella sfera del suddetto emittente. (v. punto 66, dispositivo 2) Cause riunite C-80/11 e C-142/11 Mahagében Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (C-80/11) e Péter Dávid contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Észak-alföldi Regionális Adó Főigazgatósága (C-142/11) (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Baranya Megyei Bíróság e dallo Jász-Nagykun-Szolnok Megyei Bíróság) «Fiscalità — IVA — Sesta direttiva — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Presupposti per l’esercizio — Articolo 273 — Misure nazionali ai fini della lotta contro l’evasione — Prassi delle amministrazioni fiscali nazionali — Diniego del diritto a detrazione in caso di comportamento irregolare dell’emittente della fattura correlata ai beni o ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione — Onere della prova — Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente di tale fattura e di provarlo» Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori – Inammissibilità – Limiti – Presupposti [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), 220, punto 1, e 226] Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura – Rifiuto opposto malgrado il ricorrere dei presupposti sostanziali del diritto a detrazione e l’assenza di indizi che giustifichino il sospetto di irregolarità o frodi dell’emittente – Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), e 273] Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre, dall’importo dell’imposta sul valore aggiunto di cui egli è debitore, l’importo dell’imposta dovuta o versata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che l’emittente della fattura correlata a tali servizi, o uno dei suoi fornitori, ha commesso irregolarità, senza che detta amministrazione dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal suddetto emittente o da un altro operatore intervenuto a monte nella catena di prestazioni. (v. punto 50, dispositivo 1) Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega il diritto a detrazione con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate, benché ricorrano le condizioni di sostanza e di forma previste dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di indizi che giustifichino il sospetto dell’esistenza di irregolarità o evasioni nella sfera del suddetto emittente. (v. punto 66, dispositivo 2)