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cited in "Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 20 ottobre 2016. Josef Plöckl contro Finanzamt Schrobenhausen. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht München. Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva – Articolo 28 quater, parte A, lettere a) e d) – Trasferimento di beni all’interno dell’Unione europea – Diritto all’esenzione – Mancato rispetto dell’obbligo di comunicare un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di destinazione – Mancanza di indizi seri dell’esistenza di una frode fiscale – Diniego del beneficio dell’esenzione – Ammissibilità. Causa C-24/15."
Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva, Articolo 28 quater, parte A, lettere a) e d), Trasferimento di beni all’interno dell’Unione europea, Diritto all’esenzione, Mancato rispetto dell’obbligo di comunicare un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di destinazione, Mancanza di indizi seri dell’esistenza di una frode fiscale, Diniego del beneficio dell’esenzione, Ammissibilità.
Causa C-24/15 Josef Plöckl contro Finanzamt Schrobenhausen (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht München) «Rinvio pregiudiziale — Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva — Articolo 28 quater, parte A, lettere a) e d) — Trasferimento di beni all’interno dell’Unione europea — Diritto all’esenzione — Mancato rispetto dell’obbligo di comunicare un numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di destinazione — Mancanza di indizi seri dell’esistenza di una frode fiscale — Diniego del beneficio dell’esenzione — Ammissibilità» Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 20 ottobre 2016 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Esenzione dei trasferimenti di beni all’interno dell’Unione europea – Diniego di esenzione per la mancata comunicazione, da parte del soggetto passivo, del numero di identificazione attribuito ai fini di tale imposta dallo Stato membro di destinazione – Non partecipazione del soggetto passivo ad una frode fiscale – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2005/92, artt. 22, § 8, 28 bis, 28 quater e 28 nonies) L’articolo 22, paragrafo 8, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2005/92, nella versione risultante dall’articolo 28 nonies di tale sesta direttiva, nonché l’articolo 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, e lettera d), di detta direttiva devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale dello Stato membro di origine neghi l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di un trasferimento intracomunitario per il motivo che il soggetto passivo non ha comunicato un numero di identificazione attribuito ai fini di tale imposta dallo Stato membro di destinazione, laddove non sussista alcun indizio serio che deponga a favore della sussistenza di una frode, il bene sia stato trasferito a destinazione di un altro Stato membro e risultino soddisfatti anche gli altri requisiti per l’esenzione. Le operazioni devono essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive. A tale riguardo, se un trasferimento di beni soddisfa le condizioni previste dall’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera b), secondo comma, della direttiva 77/388, tale trasferimento è esente dall’imposta sul valore aggiunto (IVA). Ne consegue che il principio di neutralità fiscale esige che l’esenzione dall’IVA sia accordata se tali condizioni sostanziali sono soddisfatte, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi. L’obbligo di comunicare all’acquirente del bene il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di destinazione costituisce un requisito formale rispetto al diritto all’esenzione dall’IVA. Sebbene l’indicazione di tale numero costituisca la prova che siffatto trasferimento è stato effettuato per le esigenze dell’impresa di tale soggetto passivo e, di conseguenza, che detto soggetto passivo agisce in quanto tale nello Stato membro di cui trattasi, la prova di tale qualità non può in ogni caso dipendere esclusivamente dall’indicazione di detto numero di identificazione IVA. Infatti, l’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, che definisce la nozione di soggetto passivo, non subordina tale status al fatto che il soggetto possieda un numero di identificazione IVA. La comunicazione di tale numero non costituisce pertanto una condizione sostanziale ai fini dell’esenzione dall’IVA di un trasferimento intracomunitario. Esistono due fattispecie nelle quali il mancato rispetto di un requisito formale può comportare la perdita del diritto all’esenzione dall’IVA. In primo luogo, il principio di neutralità fiscale non può essere invocato, ai fini dell’esenzione dall’IVA, da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente ad una frode fiscale mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell’IVA. In secondo luogo, la violazione di un requisito formale può portare al diniego dell’esenzione dall’IVA se tale violazione ha l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali. Tuttavia, dalla condizione stessa alla quale è subordinato tale diniego dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto risulta che l’amministrazione, una volta che disponga delle informazioni necessarie per accertare che i requisiti sostanziali siano stati soddisfatti, non può imporre, riguardo al diritto all’esenzione del soggetto passivo, condizioni supplementari che possano produrre l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto medesimo. La Corte ha dichiarato che l’articolo 28 quater, parte A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva non osta a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro subordini l’esenzione dall’IVA di una cessione intracomunitaria alla comunicazione, da parte del fornitore, del numero di identificazione IVA dell’acquirente, purché, tuttavia, il diniego dell’esenzione non sia opposto unicamente a motivo del fatto che detto obbligo non è stato rispettato, qualora il fornitore non possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere, comunicare tale numero di identificazione e fornisca invece indicazioni idonee a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’ambito dell’operazione di cui trattasi. Tuttavia, tale constatazione riguarda la situazione in cui occorre stabilire se il soggetto passivo abbia partecipato o meno ad una frode fiscale. A tale riguardo, la partecipazione del fornitore a tale frode può essere esclusa alla luce della circostanza che quest’ultimo non poteva, in buona fede e dopo aver adottato tutte le misure che gli si potevano ragionevolmente richiedere, comunicare il numero di identificazione IVA dell’acquirente. Ne consegue che, in circostanze in cui la partecipazione del soggetto passivo ad una frode fiscale è stata in ogni caso esclusa, l’esenzione dall’IVA non può essere rifiutata a quest’ultimo in ragione del fatto che egli non ha adottato tutte le misure che gli si potevano ragionevolmente richiedere al fine di ottemperare ad un obbligo formale, ossia la comunicazione del numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di destinazione del trasferimento intracomunitario. (v. punti 37-41, 43, 44, 46, 47, 51, 54, 55, 59 e dispositivo)
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