Documents - 3 citing "Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 13 febbraio 2014. Maks Pen EOOD contro Direktor na Direktsia "Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika" Sofia. Domanda di pronuncia pregiudiziale : Administrativen sad Sofia-grad - Bulgaria. Fiscalità - Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto - Direttiva 2006/112/CE - Detrazione dell’imposta assolta a monte - Prestazioni fornite - Controllo - Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie - Nozione di evasione fiscale - Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale - Requisito della fornitura effettiva del servizio - Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata - Contenzioso - Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente. Causa C-18/13."

Rinvii pregiudiziali – IVA – Sesta direttiva – Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri – Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità – Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo – Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione – Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso – Assenza di disposizioni di diritto nazionale.
Cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13 Staatssecretaris van Financiën contro Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof e Turbu.com BV, Turbu.com Mobile Phone’s BV contro Staatssecretaris van Financiën (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvii pregiudiziali — IVA — Sesta direttiva — Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri — Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo — Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione — Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso — Assenza di disposizioni di diritto nazionale» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 18 dicembre 2014 Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Limiti – Questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile – Irricevibilità (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Cessione intracomunitaria – Operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto – Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode – Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode – Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti. [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Cessione intracomunitaria – Operazioni che non sono, di per sé, viziate da elusione all’imposta sul valore aggiunto, ma che si iscrivono in una catena di cessioni che comprende un’operazione fraudolenta – Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode – Evasione commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui il beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso è stato richiesto – Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode – Irrilevanza – Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] V. il testo della decisione. (v. punti 35, 38, 39) La sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva, 95/7, deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, un diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto rifiuto, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni. Infatti, spetta, in linea di principio, alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di diritti previsti dalla sesta direttiva, invocati fraudolentemente o abusivamente, indipendentemente dal fatto che si tratti dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto riguardante una cessione intracomunitaria. In mancanza di disposizioni specifiche in tal senso nell’ordinamento giuridico nazionale, spetta al giudice nazionale accertare se nel diritto dello Stato membro interessato esistano norme di diritto, quali una disposizione o un principio generale che vietino l’abuso del diritto ovvero se esistano altre disposizioni sull’evasione o sull’elusione fiscale che possano essere interpretate conformemente ai criteri del diritto dell’Unione in materia di lotta contro l’evasione fiscale. Se si accertasse, tuttavia, che il diritto nazionale non contempla norme del genere che possano essere oggetto di interpretazione conforme, non se ne potrebbe tuttavia dedurre che alle autorità e ai giudici nazionali sia impedito, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, di rispettare tali criteri e, così, di negare il vantaggio derivante da un diritto previsto dalla sesta direttiva nell’ipotesi di una frode. Infatti, se è pur vero che una direttiva non può essere invocata, di per sé, da uno Stato membro nei confronti di un soggetto passivo, nei limiti in cui fatti abusivi o fraudolenti non possono fondare un diritto previsto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, il diniego di un vantaggio previsto dalla sesta direttiva non equivale a imporre un obbligo a carico del singolo interessato in forza di tale direttiva, ma non è altro che la mera conseguenza della constatazione secondo la quale le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire, previste da tale direttiva in relazione a detto diritto, non sono, in realtà, soddisfatte. In una siffatta ipotesi, non può essere richiesta un’autorizzazione espressa affinché le autorità e i giudici nazionali possano negare un vantaggio previsto dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, poiché tale conseguenza deve essere considerata inerente a detto sistema. Peraltro, un soggetto passivo che ha creato le condizioni relative all’ottenimento di un diritto esclusivamente tramite la partecipazione a operazioni fraudolente non può manifestamente avvalersi dei principi di tutela del legittimo affidamento o di certezza del diritto al fine di opporsi al diniego della concessione del diritto di cui trattasi. Infine, poiché il diniego del beneficio di un diritto derivante dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto in caso di coinvolgimento del soggetto passivo in una frode non è altro che la mera conseguenza dell’insussistenza delle condizioni richieste a tale riguardo dalle disposizioni rilevanti della sesta direttiva, tale diniego non ha il carattere di una pena o di una sanzione, ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo o dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (v. punti 49, 51-55, 57, 59-62, dispositivo 2) La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti. (v. punto 69, dispositivo 3) Cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13 Staatssecretaris van Financiën contro Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof e Turbu.com BV, Turbu.com Mobile Phone’s BV contro Staatssecretaris van Financiën (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvii pregiudiziali — IVA — Sesta direttiva — Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri — Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo — Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione — Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso — Assenza di disposizioni di diritto nazionale» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 18 dicembre 2014 Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Limiti — Questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile — Irricevibilità (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Cessione intracomunitaria — Operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto — Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode — Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode — Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti. [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Cessione intracomunitaria — Operazioni che non sono, di per sé, viziate da elusione all’imposta sul valore aggiunto, ma che si iscrivono in una catena di cessioni che comprende un’operazione fraudolenta — Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode — Evasione commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui il beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso è stato richiesto — Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode — Irrilevanza — Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] V. il testo della decisione. (v. punti 35, 38, 39) La sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva, 95/7, deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, un diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto rifiuto, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni. Infatti, spetta, in linea di principio, alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di diritti previsti dalla sesta direttiva, invocati fraudolentemente o abusivamente, indipendentemente dal fatto che si tratti dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto riguardante una cessione intracomunitaria. In mancanza di disposizioni specifiche in tal senso nell’ordinamento giuridico nazionale, spetta al giudice nazionale accertare se nel diritto dello Stato membro interessato esistano norme di diritto, quali una disposizione o un principio generale che vietino l’abuso del diritto ovvero se esistano altre disposizioni sull’evasione o sull’elusione fiscale che possano essere interpretate conformemente ai criteri del diritto dell’Unione in materia di lotta contro l’evasione fiscale. Se si accertasse, tuttavia, che il diritto nazionale non contempla norme del genere che possano essere oggetto di interpretazione conforme, non se ne potrebbe tuttavia dedurre che alle autorità e ai giudici nazionali sia impedito, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, di rispettare tali criteri e, così, di negare il vantaggio derivante da un diritto previsto dalla sesta direttiva nell’ipotesi di una frode. Infatti, se è pur vero che una direttiva non può essere invocata, di per sé, da uno Stato membro nei confronti di un soggetto passivo, nei limiti in cui fatti abusivi o fraudolenti non possono fondare un diritto previsto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, il diniego di un vantaggio previsto dalla sesta direttiva non equivale a imporre un obbligo a carico del singolo interessato in forza di tale direttiva, ma non è altro che la mera conseguenza della constatazione secondo la quale le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire, previste da tale direttiva in relazione a detto diritto, non sono, in realtà, soddisfatte. In una siffatta ipotesi, non può essere richiesta un’autorizzazione espressa affinché le autorità e i giudici nazionali possano negare un vantaggio previsto dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, poiché tale conseguenza deve essere considerata inerente a detto sistema. Peraltro, un soggetto passivo che ha creato le condizioni relative all’ottenimento di un diritto esclusivamente tramite la partecipazione a operazioni fraudolente non può manifestamente avvalersi dei principi di tutela del legittimo affidamento o di certezza del diritto al fine di opporsi al diniego della concessione del diritto di cui trattasi. Infine, poiché il diniego del beneficio di un diritto derivante dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto in caso di coinvolgimento del soggetto passivo in una frode non è altro che la mera conseguenza dell’insussistenza delle condizioni richieste a tale riguardo dalle disposizioni rilevanti della sesta direttiva, tale diniego non ha il carattere di una pena o di una sanzione, ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo o dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (v. punti 49, 51-55, 57, 59-62, dispositivo 2) La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti. (v. punto 69, dispositivo 3)
Fiscalità, Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, Direttiva 2006/112/CE, Detrazione dell’imposta assolta a monte, Prestazioni fornite, Controllo, Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie, Nozione di evasione fiscale, Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale, Requisito della fornitura effettiva del servizio, Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata, Contenzioso, Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente.
Causa C-18/13 Maks Pen EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Sofia-grad) «Fiscalità — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prestazioni fornite — Controllo — Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie — Nozione di evasione fiscale — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Requisito della fornitura effettiva del servizio — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Contenzioso — Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 13 febbraio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Imposta riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi privo delle risorse necessarie per fornire i servizi fatturati – Servizi forniti da un altro prestatore – Esclusione del diritto a detrazione – Ammissibilità – Presupposti – Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112) Diritto dell’Unione europea – Ricorso dinanzi al giudice nazionale – Applicazione d’ufficio di una disposizione del diritto dell’Unione che comporti una deroga al principio di diritto nazionale del divieto di reformatio in peius – Obbligo per il giudice nazionale – Insussistenza – Eccezione Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di frode o di abuso – Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale – Interpretazione del diritto interno da parte del giudice nazionale alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112 – Considerazione del diritto interno nel suo complesso e applicazione dei suoi criteri ermeneutici (Direttiva del Consiglio 2006/112) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata – Portata – Obbligo del soggetto passivo di conformarsi ai principi contabili internazionali – Ammissibilità – Presupposti (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1606/2002; direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore – segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri o l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta –, alla doppia condizione che tali fatti integrino un comportamento fraudolento e che sia dimostrato, alla luce degli elementi oggettivi forniti dalle autorità fiscali, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in un’evasione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punto 32, dispositivo 1) Il diritto dell’Unione non può imporre al giudice nazionale di applicare d’ufficio una disposizione di tale diritto quando ciò comporterebbe una deroga al principio, insito nel suo diritto processuale nazionale, del divieto di reformatio in peius. Tuttavia, in una controversia relativa fin dall’inizio al diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata su determinate fatture, non risulta che un tale divieto possa applicarsi alla presentazione in giudizio, da parte dell’amministrazione fiscale, di elementi nuovi attinenti a tali medesime fatture, i quali non possono essere ritenuti aggravare la situazione del soggetto passivo che invoca il diritto a detrazione. (v. punto 37) Quando hanno l’obbligo o la facoltà di sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi a una norma imperativa del diritto nazionale, i giudici nazionali sono tenuti a fare altrettanto con riferimento a una norma del diritto dell’Unione come quella che impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Spetta a tali giudici, nella valutazione del carattere fraudolento o abusivo della pretesa di esercitare il diritto a detrazione, interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima; ciò esige che essi facciano tutto quanto di loro competenza prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici. Al riguardo, anche quando una norma di diritto nazionale qualifichi l’evasione fiscale come illecito penale e tale qualificazione competa unicamente al giudice penale, non risulta che, per effetto di una simile norma, il giudice incaricato di valutare la legittimità di un avviso di accertamento in rettifica che mette in discussione la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto operata da un soggetto passivo non possa comunque basarsi sugli elementi oggettivi presentati dall’amministrazione fiscale per constatare un’evasione, mentre, ai sensi di un’altra disposizione del diritto nazionale, l’imposta sul valore aggiunto «fatturata illegalmente» non dà diritto a detrazione. (v. punti 38, 39, dispositivo 2) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, segnatamente il suo articolo 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e del relativo controllo da parte dell’amministrazione fiscale, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato, nei limiti previsti dall’articolo 273 della stessa direttiva, imponga a ogni soggetto passivo di osservare in proposito la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, purché i provvedimenti adottati in tal senso non eccedano quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. Sotto tale profilo, la direttiva 2006/112 osta a una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione. Pertanto, il momento in cui l’imposta diventa esigibile e, dunque, detraibile per il soggetto passivo non può essere determinato, in via generale, dal compimento di formalità quali la contabilizzazione da parte dei prestatori delle spese sostenute per fornire i servizi. Per il resto, se rispettano tali limiti, il diritto dell’Unione non osta a norme contabili nazionali supplementari che siano stabilite con riferimento ai principi contabili internazionali applicabili nell’Unione alle condizioni previste dal regolamento n. 1606/2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali. (v. punti 44, 46, 48, dispositivo 3) Causa C-18/13 Maks Pen EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Sofia-grad) «Fiscalità — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prestazioni fornite — Controllo — Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie — Nozione di evasione fiscale — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Requisito della fornitura effettiva del servizio — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Contenzioso — Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 13 febbraio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Imposta riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi privo delle risorse necessarie per fornire i servizi fatturati — Servizi forniti da un altro prestatore — Esclusione del diritto a detrazione — Ammissibilità — Presupposti — Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112) Diritto dell’Unione europea — Ricorso dinanzi al giudice nazionale — Applicazione d’ufficio di una disposizione del diritto dell’Unione che comporti una deroga al principio di diritto nazionale del divieto di reformatio in peius — Obbligo per il giudice nazionale — Insussistenza — Eccezione Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di frode o di abuso — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Interpretazione del diritto interno da parte del giudice nazionale alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112 — Considerazione del diritto interno nel suo complesso e applicazione dei suoi criteri ermeneutici (Direttiva del Consiglio 2006/112) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Portata — Obbligo del soggetto passivo di conformarsi ai principi contabili internazionali — Ammissibilità — Presupposti (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1606/2002; direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore – segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri o l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta –, alla doppia condizione che tali fatti integrino un comportamento fraudolento e che sia dimostrato, alla luce degli elementi oggettivi forniti dalle autorità fiscali, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in un’evasione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punto 32, dispositivo 1) Il diritto dell’Unione non può imporre al giudice nazionale di applicare d’ufficio una disposizione di tale diritto quando ciò comporterebbe una deroga al principio, insito nel suo diritto processuale nazionale, del divieto di reformatio in peius. Tuttavia, in una controversia relativa fin dall’inizio al diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata su determinate fatture, non risulta che un tale divieto possa applicarsi alla presentazione in giudizio, da parte dell’amministrazione fiscale, di elementi nuovi attinenti a tali medesime fatture, i quali non possono essere ritenuti aggravare la situazione del soggetto passivo che invoca il diritto a detrazione. (v. punto 37) Quando hanno l’obbligo o la facoltà di sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi a una norma imperativa del diritto nazionale, i giudici nazionali sono tenuti a fare altrettanto con riferimento a una norma del diritto dell’Unione come quella che impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Spetta a tali giudici, nella valutazione del carattere fraudolento o abusivo della pretesa di esercitare il diritto a detrazione, interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima; ciò esige che essi facciano tutto quanto di loro competenza prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici. Al riguardo, anche quando una norma di diritto nazionale qualifichi l’evasione fiscale come illecito penale e tale qualificazione competa unicamente al giudice penale, non risulta che, per effetto di una simile norma, il giudice incaricato di valutare la legittimità di un avviso di accertamento in rettifica che mette in discussione la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto operata da un soggetto passivo non possa comunque basarsi sugli elementi oggettivi presentati dall’amministrazione fiscale per constatare un’evasione, mentre, ai sensi di un’altra disposizione del diritto nazionale, l’imposta sul valore aggiunto «fatturata illegalmente» non dà diritto a detrazione. (v. punti 38, 39, dispositivo 2) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, segnatamente il suo articolo 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e del relativo controllo da parte dell’amministrazione fiscale, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato, nei limiti previsti dall’articolo 273 della stessa direttiva, imponga a ogni soggetto passivo di osservare in proposito la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, purché i provvedimenti adottati in tal senso non eccedano quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. Sotto tale profilo, la direttiva 2006/112 osta a una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione. Pertanto, il momento in cui l’imposta diventa esigibile e, dunque, detraibile per il soggetto passivo non può essere determinato, in via generale, dal compimento di formalità quali la contabilizzazione da parte dei prestatori delle spese sostenute per fornire i servizi. Per il resto, se rispettano tali limiti, il diritto dell’Unione non osta a norme contabili nazionali supplementari che siano stabilite con riferimento ai principi contabili internazionali applicabili nell’Unione alle condizioni previste dal regolamento n. 1606/2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali. (v. punti 44, 46, 48, dispositivo 3)