Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva 77/388/CEE, Direttiva 2006/112/CE, Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale, Obbligo di introdurre fisicamente le merci nel deposito, Inosservanza, Obbligo di versare l’IVA nonostante il fatto che essa sia già stata assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile.
Parole chiave
Massima
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1. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale – Normativa nazionale che richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito – Ammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, art. 16, § 1)
2. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Inosservanza dell’obbligo relativo all’introduzione fisica delle merci nel deposito – Normativa nazionale che richiede il versamento dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il suo precedente versamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile – Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18)
Massima
1. L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo.
Infatti, è giocoforza constatare che un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nonché evitare l’evasione di tale imposta e, in quanto tale, non eccede quanto necessario per conseguire i suddetti obiettivi.
(v. punti 29, 30, dispositivo 1)
2. La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo.
Sebbene sia certamente legittimo per uno Stato membro, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione e di evitare l’evasione, prevedere nella propria normativa nazionale sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi.
A tal riguardo, siccome la merce importata non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l’imposta sul valore aggiunto era dovuta al momento dell’importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale imposta sul valore aggiunto.
Orbene, un versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo. Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale.
Di conseguenza, in considerazione del ruolo preponderante che il diritto a detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, poiché tale neutralità presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato.
(v. punti 33, 34, 38, 39, 41, 49, dispositivo 2) Causa C-272/13 Equoland Soc. coop. arl contro Agenzia delle Dogane – Ufficio delle Dogane di Livorno (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva 77/388/CEE — Direttiva 2006/112/CE — Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale — Obbligo di introdurre fisicamente le merci nel deposito — Inosservanza — Obbligo di versare l’IVA nonostante il fatto che essa sia già stata assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile» Massime – Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 luglio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale – Normativa nazionale che richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito – Ammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, art. 16, § 1)
Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Inosservanza dell’obbligo relativo all’introduzione fisica delle merci nel deposito – Normativa nazionale che richiede il versamento dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il suo precedente versamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile – Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18) L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo.
Infatti, è giocoforza constatare che un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nonché evitare l’evasione di tale imposta e, in quanto tale, non eccede quanto necessario per conseguire i suddetti obiettivi.
(v. punti 29, 30, dispositivo 1)
La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo.
Sebbene sia certamente legittimo per uno Stato membro, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione e di evitare l’evasione, prevedere nella propria normativa nazionale sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi.
A tal riguardo, siccome la merce importata non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l’imposta sul valore aggiunto era dovuta al momento dell’importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale imposta sul valore aggiunto.
Orbene, un versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo. Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale.
Di conseguenza, in considerazione del ruolo preponderante che il diritto a detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, poiché tale neutralità presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato.
(v. punti 33, 34, 38, 39, 41, 49, dispositivo 2)
Fiscalità, IVA, Direttiva 2006/112/CE, Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, Contabilizzazione e dichiarazione tardive dell’annullamento di una fattura, Regolarizzazione dell’inadempimento, Pagamento dell’imposta, Bilancio dello Stato, Assenza di pregiudizio, Sanzione amministrativa.
Parole chiave
Massima
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1. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Questioni manifestamente prive di pertinenza e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile — Questioni prive di relazione con l’oggetto della causa principale
(Art. 267 TFUE)
2. Stati membri — Competenze che si sono riservati — Settore delle sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto — Obbligo di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali
3. Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Principio della neutralità fiscale — Portata — Penalità di mora prevista da uno Stato membro nei confronti del soggetto passivo che non abbia osservato l’obbligo di contabilizzazione — Regolarizzazione dell’inadempimento — Pagamento dell’imposta — Ammissibilità — Valutazione di determinate circostanze da parte del giudice nazionale alla luce degli articoli 242 e 273 della direttiva 2006/112 nonché alla luce del principio di proporzionalità
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273)
Massima
1. V. il testo della decisione.
(v. punto 27)
2. V. il testo della decisione.
(v. punto 31)
3. Il principio di neutralità fiscale non osta a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro infligga ad un soggetto passivo di imposta, il quale non ha adempiuto nel termine previsto dalla legislazione nazionale il suo obbligo di contabilizzare e dichiarare elementi rilevanti ai fini del calcolo dell’imposta sul valore aggiunto da lui dovuta, un’ammenda pari all’importo di tale imposta non assolta entro il termine suddetto quando, successivamente, il soggetto passivo in parola ha regolarizzato l’inadempimento ed ha assolto l’integralità dell’imposta dovuta insieme agli interessi. Spetta al giudice nazionale valutare, tenuto conto degli articoli 242 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, se, date le circostanze della controversia nel procedimento principale, segnatamente il termine entro cui l’irregolarità è stata rettificata, la gravità dell’irregolarità stessa e l’eventuale esistenza di una frode o di un’elusione della legislazione applicabile imputabili al soggetto passivo, l’importo della sanzione inflitta ecceda quanto necessario al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la frode.
Infatti, gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme dell’Unione. Si deve tuttavia sottolineare che un versamento tardivo dell’imposta non può essere assimilato, di per sé, ad una frode.
(v. punti 41-43 e dispositivo) Causa C-259/12 Teritorialna direktsia na Natsionalnata agentsia za prihodite — Plovdiv contro Rodopi-M 91 OOD (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Plovdiv) «Fiscalità — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità — Contabilizzazione e dichiarazione tardive dell’annullamento di una fattura — Regolarizzazione dell’inadempimento — Pagamento dell’imposta — Bilancio dello Stato — Assenza di pregiudizio — Sanzione amministrativa» Massime — Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 20 giugno 2013 Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Questioni manifestamente prive di pertinenza e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile – Questioni prive di relazione con l’oggetto della causa principale
(Art. 267 TFUE)
Stati membri – Competenze che si sono riservati – Settore delle sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto – Obbligo di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali
Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Principio della neutralità fiscale – Portata – Penalità di mora prevista da uno Stato membro nei confronti del soggetto passivo che non abbia osservato l’obbligo di contabilizzazione – Regolarizzazione dell’inadempimento – Pagamento dell’imposta – Ammissibilità – Valutazione di determinate circostanze da parte del giudice nazionale alla luce degli articoli 242 e 273 della direttiva 2006/112 nonché alla luce del principio di proporzionalità
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) V. il testo della decisione.
(v. punto 27)
V. il testo della decisione.
(v. punto 31)
Il principio di neutralità fiscale non osta a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro infligga ad un soggetto passivo di imposta, il quale non ha adempiuto nel termine previsto dalla legislazione nazionale il suo obbligo di contabilizzare e dichiarare elementi rilevanti ai fini del calcolo dell’imposta sul valore aggiunto da lui dovuta, un’ammenda pari all’importo di tale imposta non assolta entro il termine suddetto quando, successivamente, il soggetto passivo in parola ha regolarizzato l’inadempimento ed ha assolto l’integralità dell’imposta dovuta insieme agli interessi. Spetta al giudice nazionale valutare, tenuto conto degli articoli 242 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, se, date le circostanze della controversia nel procedimento principale, segnatamente il termine entro cui l’irregolarità è stata rettificata, la gravità dell’irregolarità stessa e l’eventuale esistenza di una frode o di un’elusione della legislazione applicabile imputabili al soggetto passivo, l’importo della sanzione inflitta ecceda quanto necessario al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la frode.
Infatti, gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme dell’Unione. Si deve tuttavia sottolineare che un versamento tardivo dell’imposta non può essere assimilato, di per sé, ad una frode.
(v. punti 41-43 e dispositivo)
Sesta direttiva IVA, Articolo 4, paragrafi 1 e 2, Nozione di “attività economiche”, Detrazione dell’imposta assolta a monte, Sfruttamento di un impianto fotovoltaico installato sul tetto di un edificio a uso abitativo, Cessione in rete, Remunerazione, Produzione di energia elettrica inferiore al consumo.
Parole chiave
Massima
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Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Attività economiche — Nozione — Sfruttamento di un impianto fotovoltaico installato sul tetto di un edificio a uso abitativo che consente la cessione di energia elettrica in rete a fronte di un corrispettivo, con la realizzazione di introiti aventi carattere di stabilità — Inclusione
(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, §§ 1 e 2)
Massima
L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che lo sfruttamento di un impianto fotovoltaico installato sopra o nelle vicinanze di un edificio privato ad uso abitativo e strutturato in modo tale che la quantità di energia elettrica prodotta, da un lato, sia costantemente inferiore alla quantità complessiva di energia elettrica consumata per uso privato dal gestore dell’impianto e, dall’altro, sia ceduta in rete a fronte di un corrispettivo, con la realizzazione di introiti aventi carattere di stabilità, rientra nella nozione di «attività economiche» ai sensi di detto articolo.
(v. punto 37 e dispositivo) Causa C-219/12 Finanzamt Freistadt Rohrbach Urfahr contro Unabhängiger Finanzsenat Außenstelle Linz (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof) «Sesta direttiva IVA — Articolo 4, paragrafi 1 e 2 — Nozione di “attività economiche” — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Sfruttamento di un impianto fotovoltaico installato sul tetto di un edificio a uso abitativo — Cessione in rete — Remunerazione — Produzione di energia elettrica inferiore al consumo» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 20 giugno 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Attività economiche – Nozione – Sfruttamento di un impianto fotovoltaico installato sul tetto di un edificio a uso abitativo che consente la cessione di energia elettrica in rete a fronte di un corrispettivo, con la realizzazione di introiti aventi carattere di stabilità – Inclusione (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, §§ 1 e 2) L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che lo sfruttamento di un impianto fotovoltaico installato sopra o nelle vicinanze di un edificio privato ad uso abitativo e strutturato in modo tale che la quantità di energia elettrica prodotta, da un lato, sia costantemente inferiore alla quantità complessiva di energia elettrica consumata per uso privato dal gestore dell’impianto e, dall’altro, sia ceduta in rete a fronte di un corrispettivo, con la realizzazione di introiti aventi carattere di stabilità, rientra nella nozione di «attività economiche» ai sensi di detto articolo. (v. punto 37 e dispositivo)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 213, 214 e 273, Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA, Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, Legittimità, Lotta all’evasione fiscale, Principio di proporzionalità.
Causa C-527/11 Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Identificazione del soggetto passivo – Scopi (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 214) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Attività economiche – Nozione – Attività economiche preparatorie – Inclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, e 213, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Identificazione – Rifiuto di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione ad una società che non dispone di mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata – Ammissibilità – Presupposto – Rischio di evasione – Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, 214 e 273) Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Competenza del giudice nazionale – Accertamento e valutazione dei fatti di causa (Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione. (v. punti 18, 19) V. il testo della decisione. (v. punti 24-26) Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione. Difatti, per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che detto numero sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata. Al riguardo non può tuttavia escludersi che le summenzionate circostanze, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione. (v. punti 27, 34, 36-39 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punto 35) Causa C-527/11 Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Identificazione del soggetto passivo — Scopi
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 214)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Attività economiche — Nozione — Attività economiche preparatorie — Inclusione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, e 213, § 1)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Identificazione — Rifiuto di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione ad una società che non dispone di mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Ammissibilità — Presupposto — Rischio di evasione — Rispetto del principio di proporzionalità
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, 214 e 273)
Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Competenza del giudice nazionale — Accertamento e valutazione dei fatti di causa
(Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione.
(v. punti 18, 19)
V. il testo della decisione.
(v. punti 24-26)
Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione.
Difatti, per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che detto numero sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata. Al riguardo non può tuttavia escludersi che le summenzionate circostanze, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione.
(v. punti 27, 34, 36-39 e dispositivo)
V. il testo della decisione.
(v. punto 35)
Sesta direttiva IVA, Direttiva 2006/112/CE, Nozione di “attività economica”, Cessioni di legname per compensare i danni causati da una tempesta, Regime di inversione contabile, Mancata iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta, Ammenda, Principio di proporzionalità.
Causa C-263/11 Ainārs Rēdlihs contro Valsts ieņēmumu dienests (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «Sesta direttiva IVA — Direttiva 2006/112/CE — Nozione di “attività economica” — Cessioni di legname per compensare i danni causati da una tempesta — Regime di inversione contabile — Mancata iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta — Ammenda — Principio di proporzionalità» Massime della sentenza Armonizzazione delle legislazioni tributarie – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Sfruttamento di un bene materiale – Nozione – Vendita di legname proveniente da un bosco privato – Inclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 9, § 1, secondo comma) Armonizzazione delle legislazioni tributarie – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Attività economica ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112 – Nozione – Cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore – Presupposto per l’inclusione – Esercizio dell’attività al fine di ricavarne introiti aventi carattere di stabilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 9, § 1, secondo comma) Stati membri – Competenze che si sono riservati – Settore delle sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto – Obbligo di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali Armonizzazione delle legislazioni tributarie – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Obblighi dei debitori – Obbligo di dichiarare l’inizio di attività in qualità di soggetto passivo – Normativa nazionale che consente di infliggere un’ammenda ad un singolo che non abbia adempiuto l’obbligo di farsi iscrivere al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non sia debitore di tale imposta – Ammenda equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite – Ammissibilità – Presupposto – Rispetto del principio di proporzionalità – Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138) Questioni pregiudiziali – Interpretazione – Effetti nel tempo delle sentenze interpretative – Effetto retroattivo – Limitazione da parte della Corte – Presupposti – Rilevanza per lo Stato membro interessato delle conseguenze economiche della sentenza – Criterio non decisivo (Art. 267 TFUE) La vendita dei frutti di un bene materiale, quale la vendita di legname proveniente da un bosco privato, dev’essere considerata uno «sfruttamento» di tale bene ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138. (v. punto 31) L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, dev’essere interpretato nel senso che le cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore rientrano nell’ambito dello sfruttamento di un bene materiale che dev’essere qualificato come «attività economica» ai sensi di tale disposizione, allorché le suddette cessioni sono effettuate per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità. Spetta al giudice nazionale procedere alla valutazione di tutti gli elementi della fattispecie per determinare se lo sfruttamento di un bene materiale, quale un bosco, sia diretto a ricavare introiti aventi carattere di stabilità. Il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico è di regola sufficiente per far ammettere che il proprietario lo utilizza per esercitare attività economiche e quindi per realizzare introiti aventi carattere di stabilità. Per contro, se un bene può, per sua natura, essere utilizzato a fini sia economici sia privati, sarà necessario analizzare il complesso delle circostanze nelle quali il bene viene sfruttato, al fine di determinare se l’utilizzo sia volto a realizzare introiti aventi effettivamente carattere di stabilità. In quest’ultimo caso il raffronto tra, da un lato, le circostanze nelle quali l’interessato sfrutta effettivamente il bene e, dall’altro, quelle in cui viene di solito esercitata l’attività economica corrispondente può costituire uno dei metodi che consentono di verificare se l’attività considerata sia svolta al fine di realizzare introiti aventi carattere di stabilità. In tal senso, qualora l’interessato intraprenda iniziative di gestione forestale mobilitando mezzi analoghi a quelli dispiegati per un’attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, l’attività di cui trattasi dev’essere qualificata come «attività economica» ai sensi di tale disposizione. Inoltre, il fatto che le cessioni di legname di cui trattasi siano state effettuate per rimediare a effetti causati da forza maggiore non può di per sé far concludere che tali cessioni sono state effettuate occasionalmente e non «per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112. (v. punti 34-37, 40, dispositivo 1) V. il testo della decisione. (v. punti 44-46) Il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che non è escluso che una norma del diritto nazionale che consente di infliggere un’ammenda, equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite, ad un singolo che è venuto meno al proprio obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non era debitore di detta imposta, sia contraria al principio di proporzionalità. Spetta al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione, considerate le circostanze del caso di specie e in particolare la somma concretamente inflitta e l’eventuale sussistenza di un’evasione o di un’elusione della normativa applicabile imputabili al soggetto passivo la cui mancata iscrizione viene sanzionata. (v. punto 55, dispositivo 2) V. il testo della decisione. (v. punti 57-63) Causa C-263/11 Ainārs Rēdlihs contro Valsts ieņēmumu dienests (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «Sesta direttiva IVA — Direttiva 2006/112/CE — Nozione di “attività economica” — Cessioni di legname per compensare i danni causati da una tempesta — Regime di inversione contabile — Mancata iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta — Ammenda — Principio di proporzionalità» Massime della sentenza Armonizzazione delle legislazioni tributarie — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Sfruttamento di un bene materiale — Nozione — Vendita di legname proveniente da un bosco privato — Inclusione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 9, § 1, secondo comma)
Armonizzazione delle legislazioni tributarie — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Attività economica ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112 — Nozione — Cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore — Presupposto per l’inclusione — Esercizio dell’attività al fine di ricavarne introiti aventi carattere di stabilità
(Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 9, § 1, secondo comma)
Stati membri — Competenze che si sono riservati — Settore delle sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto — Obbligo di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali
Armonizzazione delle legislazioni tributarie — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Obblighi dei debitori — Obbligo di dichiarare l’inizio di attività in qualità di soggetto passivo — Normativa nazionale che consente di infliggere un’ammenda ad un singolo che non abbia adempiuto l’obbligo di farsi iscrivere al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non sia debitore di tale imposta — Ammenda equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite — Ammissibilità — Presupposto — Rispetto del principio di proporzionalità — Verifica incombente al giudice nazionale
(Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138)
Questioni pregiudiziali — Interpretazione — Effetti nel tempo delle sentenze interpretative — Effetto retroattivo — Limitazione da parte della Corte — Presupposti — Rilevanza per lo Stato membro interessato delle conseguenze economiche della sentenza — Criterio non decisivo
(Art. 267 TFUE) La vendita dei frutti di un bene materiale, quale la vendita di legname proveniente da un bosco privato, dev’essere considerata uno «sfruttamento» di tale bene ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138.
(v. punto 31)
L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, dev’essere interpretato nel senso che le cessioni di legname effettuate da una persona fisica per rimediare a effetti causati da forza maggiore rientrano nell’ambito dello sfruttamento di un bene materiale che dev’essere qualificato come «attività economica» ai sensi di tale disposizione, allorché le suddette cessioni sono effettuate per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità. Spetta al giudice nazionale procedere alla valutazione di tutti gli elementi della fattispecie per determinare se lo sfruttamento di un bene materiale, quale un bosco, sia diretto a ricavare introiti aventi carattere di stabilità.
Il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico è di regola sufficiente per far ammettere che il proprietario lo utilizza per esercitare attività economiche e quindi per realizzare introiti aventi carattere di stabilità. Per contro, se un bene può, per sua natura, essere utilizzato a fini sia economici sia privati, sarà necessario analizzare il complesso delle circostanze nelle quali il bene viene sfruttato, al fine di determinare se l’utilizzo sia volto a realizzare introiti aventi effettivamente carattere di stabilità. In quest’ultimo caso il raffronto tra, da un lato, le circostanze nelle quali l’interessato sfrutta effettivamente il bene e, dall’altro, quelle in cui viene di solito esercitata l’attività economica corrispondente può costituire uno dei metodi che consentono di verificare se l’attività considerata sia svolta al fine di realizzare introiti aventi carattere di stabilità. In tal senso, qualora l’interessato intraprenda iniziative di gestione forestale mobilitando mezzi analoghi a quelli dispiegati per un’attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, l’attività di cui trattasi dev’essere qualificata come «attività economica» ai sensi di tale disposizione.
Inoltre, il fatto che le cessioni di legname di cui trattasi siano state effettuate per rimediare a effetti causati da forza maggiore non può di per sé far concludere che tali cessioni sono state effettuate occasionalmente e non «per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112.
(v. punti 34-37, 40, dispositivo 1)
V. il testo della decisione.
(v. punti 44-46)
Il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che non è escluso che una norma del diritto nazionale che consente di infliggere un’ammenda, equivalente all’importo della normale aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al valore dei beni oggetto delle cessioni eseguite, ad un singolo che è venuto meno al proprio obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto e che non era debitore di detta imposta, sia contraria al principio di proporzionalità. Spetta al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione, considerate le circostanze del caso di specie e in particolare la somma concretamente inflitta e l’eventuale sussistenza di un’evasione o di un’elusione della normativa applicabile imputabili al soggetto passivo la cui mancata iscrizione viene sanzionata.
(v. punto 55, dispositivo 2)
V. il testo della decisione.
(v. punti 57-63)