Documents - 4 citing "Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 7 ottobre 2010. Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs contro Loyalty Management UK Ltd (C-53/09) e Baxi Group Ltd (C-55/09). Domanda di pronuncia pregiudiziale : House of Lords - Regno Unito. Sesta direttiva IVA - Base imponibile - Sistema di promozione delle vendite - Programma di fidelizzazione che permette ai clienti di ricevere punti presso i rivenditori e di convertirli in premi di fedeltà - Pagamenti effettuati dal gestore del programma ai fornitori che cedono i premi di fedeltà - Pagamenti effettuati dal rivenditore al gestore del programma che cede i premi di fedeltà. Cause riunite C-53/09 e C-55/09."

Direttiva 2006/112/CE, Imposta sul valore aggiunto, Cessione di beni, Nozione, Utilizzo fraudolento di una carta di credito.
Causa C-494/12 Dixons Retail plc contro Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal le First-tier Tribunal (Tax Chamber)] «Direttiva 2006/112/CE — Imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Nozione — Utilizzo fraudolento di una carta di credito» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 21 novembre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Cessione di beni – Nozione – Operazioni di trasferimento di un bene materiale a un acquirente che utilizzi fraudolentemente una carta di credito quale strumento di pagamento – Inclusione [Direttive del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, e 5, § 1, e 2006/112, artt. 2, § 1, a), e 14, § 1] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Base imponibile – Cessioni di beni e prestazioni di servizi – Nozione – Operazioni di vendita tra un fornitore e un acquirente che utilizzi quale strumento di pagamento una carta di credito – Pagamento effettuato da un terzo emittente della carta, per conto dell’acquirente, in forza di una convenzione conclusa con il fornitore – Pagamento che costituisce un corrispettivo – Inclusione [Direttive del Consiglio 77/388, art. 11 parte A, § 1, a), e 2006/112, art. 73] Gli articoli 2, punto 1, e 5, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nonché 2, paragrafo 1, lettera a), e 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di una convenzione stipulata tra un terzo e il fornitore di un bene, in forza della quale il terzo si sia impegnato a pagare a detto fornitore, deducendo una commissione, i beni dallo stesso venduti ad acquirenti che utilizzino una carta di credito come strumento di pagamento, il trasferimento fisico di un bene ad un acquirente che utilizzi fraudolentemente tale carta di credito come strumento di pagamento costituisce una cessione di beni. La nozione di cessione di beni, infatti, non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La predetta nozione ha un carattere obiettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi, senza che l’amministrazione finanziaria sia obbligata a procedere ad indagini per accertare la volontà del soggetto passivo in esame o per tener conto dell’intenzione di un operatore, diverso da tale soggetto passivo, che intervenga nella stessa catena di cessioni. In tal senso, l’utilizzo fraudolento di una carta di credito come strumento di pagamento nelle predette operazioni non incide sul fatto che queste ultime possano essere qualificate come cessioni di beni, poiché siffatto utilizzo non rientra nei criteri oggettivi sui quali è basata tale nozione, bensì si ricollega all’intenzione della persona che ha partecipato, come acquirente, alle operazioni in esame nonché alle operazioni volte a dare concreta attuazione a tale intenzione. Peraltro, una situazione siffatta deve essere distinta da quella di furto di merci, che non rientra nella nozione di cessione di beni, in quanto il furto di merci non produce l’effetto di autorizzare il suo autore a disporre delle merci alle stesse condizioni del loro proprietario. (v. punti 17, 20, 21, 26, 28, 29, 38 e dispositivo) Gli articoli 11, A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nonché 73 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, nel contesto del trasferimento fisico di un bene ad un acquirente che utilizzi fraudolentemente una carta di credito come strumento di pagamento, ove tale trasferimento costituisce una cessione di beni, il pagamento effettuato da un terzo, in applicazione di una convenzione stipulata tra quest’ultimo e il fornitore del bene, in forza della quale il terzo si sia impegnato a pagare al fornitore i beni da questo venduti ad acquirenti che utilizzino detta carta come strumento di pagamento, costituisce un corrispettivo. Infatti, nel caso in cui un acquirente paghi la merce mediante carta di credito, ci si trova a fronte di due operazioni, vale a dire, da un lato, la vendita di tale bene da parte di un fornitore, il quale include nel calcolo del prezzo totale da lui preteso anche l’imposta sul valore aggiunto che dev’essere pagata dal predetto acquirente in quanto consumatore finale e percepita da tale fornitore per conto dell’Erario e, dall’altro, la prestazione di servizi da parte dell’emittente della carta nei confronti del fornitore. Al riguardo, la sesta direttiva e la direttiva 2006/112 non esigono, perché una cessione di beni o una prestazione di servizi possa dirsi effettuata a titolo oneroso, che il corrispettivo di tale cessione o di tale prestazione sia versato direttamente dal destinatario di queste ultime. Infatti, ai sensi degli articoli 11, A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva e 73 della direttiva 2006/112, il corrispettivo di una cessione di beni può essere versato non soltanto dall’acquirente, ma anche da un terzo, nel caso di specie l’emittente della carta. (v. punti 34, 35, 38 e dispositivo) Causa C-494/12 Dixons Retail plc contro Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal le First-tier Tribunal (Tax Chamber)] «Direttiva 2006/112/CE — Imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Nozione — Utilizzo fraudolento di una carta di credito» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 21 novembre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Nozione — Operazioni di trasferimento di un bene materiale a un acquirente che utilizzi fraudolentemente una carta di credito quale strumento di pagamento — Inclusione [Direttive del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, e 5, § 1, e 2006/112, artt. 2, § 1, a), e 14, § 1] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Cessioni di beni e prestazioni di servizi — Nozione — Operazioni di vendita tra un fornitore e un acquirente che utilizzi quale strumento di pagamento una carta di credito — Pagamento effettuato da un terzo emittente della carta, per conto dell’acquirente, in forza di una convenzione conclusa con il fornitore — Pagamento che costituisce un corrispettivo — Inclusione [Direttive del Consiglio 77/388, art. 11 parte A, § 1, a), e 2006/112, art. 73] Gli articoli 2, punto 1, e 5, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nonché 2, paragrafo 1, lettera a), e 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di una convenzione stipulata tra un terzo e il fornitore di un bene, in forza della quale il terzo si sia impegnato a pagare a detto fornitore, deducendo una commissione, i beni dallo stesso venduti ad acquirenti che utilizzino una carta di credito come strumento di pagamento, il trasferimento fisico di un bene ad un acquirente che utilizzi fraudolentemente tale carta di credito come strumento di pagamento costituisce una cessione di beni. La nozione di cessione di beni, infatti, non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La predetta nozione ha un carattere obiettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi, senza che l’amministrazione finanziaria sia obbligata a procedere ad indagini per accertare la volontà del soggetto passivo in esame o per tener conto dell’intenzione di un operatore, diverso da tale soggetto passivo, che intervenga nella stessa catena di cessioni. In tal senso, l’utilizzo fraudolento di una carta di credito come strumento di pagamento nelle predette operazioni non incide sul fatto che queste ultime possano essere qualificate come cessioni di beni, poiché siffatto utilizzo non rientra nei criteri oggettivi sui quali è basata tale nozione, bensì si ricollega all’intenzione della persona che ha partecipato, come acquirente, alle operazioni in esame nonché alle operazioni volte a dare concreta attuazione a tale intenzione. Peraltro, una situazione siffatta deve essere distinta da quella di furto di merci, che non rientra nella nozione di cessione di beni, in quanto il furto di merci non produce l’effetto di autorizzare il suo autore a disporre delle merci alle stesse condizioni del loro proprietario. (v. punti 17, 20, 21, 26, 28, 29, 38 e dispositivo) Gli articoli 11, A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nonché 73 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, nel contesto del trasferimento fisico di un bene ad un acquirente che utilizzi fraudolentemente una carta di credito come strumento di pagamento, ove tale trasferimento costituisce una cessione di beni, il pagamento effettuato da un terzo, in applicazione di una convenzione stipulata tra quest’ultimo e il fornitore del bene, in forza della quale il terzo si sia impegnato a pagare al fornitore i beni da questo venduti ad acquirenti che utilizzino detta carta come strumento di pagamento, costituisce un corrispettivo. Infatti, nel caso in cui un acquirente paghi la merce mediante carta di credito, ci si trova a fronte di due operazioni, vale a dire, da un lato, la vendita di tale bene da parte di un fornitore, il quale include nel calcolo del prezzo totale da lui preteso anche l’imposta sul valore aggiunto che dev’essere pagata dal predetto acquirente in quanto consumatore finale e percepita da tale fornitore per conto dell’Erario e, dall’altro, la prestazione di servizi da parte dell’emittente della carta nei confronti del fornitore. Al riguardo, la sesta direttiva e la direttiva 2006/112 non esigono, perché una cessione di beni o una prestazione di servizi possa dirsi effettuata a titolo oneroso, che il corrispettivo di tale cessione o di tale prestazione sia versato direttamente dal destinatario di queste ultime. Infatti, ai sensi degli articoli 11, A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva e 73 della direttiva 2006/112, il corrispettivo di una cessione di beni può essere versato non soltanto dall’acquirente, ma anche da un terzo, nel caso di specie l’emittente della carta. (v. punti 34, 35, 38 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, Sesta direttiva IVA, Articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, Nozione di “prestazione di servizi”, Prestazioni di servizi di pubblicità e di intermediazione creditizia, Esenzioni, Effettività economica e commerciale delle operazioni, Pratiche abusive, Operazioni realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale.
Parole chiave Massima Parole chiave Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Individuazione del prestatore e del destinatario — Possibilità di prescindere dalle clausole contrattuali in caso di costruzione meramente artificiosa realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale — Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, e 6, § 1) Massima Le clausole contrattuali, benché costituiscano un elemento da prendere in considerazione, non sono determinanti ai fini dell’individuazione del prestatore e del destinatario di una «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari. In particolare, esse possono essere ignorate qualora risulti che non riflettono l’effettività economica e commerciale, ma costituiscono una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare. (v. punto 52 e dispositivo) Causa C-653/11 Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs contro Paul Newey [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber)] «Rinvio pregiudiziale — Sesta direttiva IVA — Articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1 — Nozione di “prestazione di servizi” — Prestazioni di servizi di pubblicità e di intermediazione creditizia — Esenzioni — Effettività economica e commerciale delle operazioni — Pratiche abusive — Operazioni realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 20 giugno 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Prestazioni di servizi – Individuazione del prestatore e del destinatario – Possibilità di prescindere dalle clausole contrattuali in caso di costruzione meramente artificiosa realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale – Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, e 6, § 1) Le clausole contrattuali, benché costituiscano un elemento da prendere in considerazione, non sono determinanti ai fini dell’individuazione del prestatore e del destinatario di una «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari. In particolare, esse possono essere ignorate qualora risulti che non riflettono l’effettività economica e commerciale, ma costituiscono una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare. (v. punto 52 e dispositivo)
Sesta direttiva IVA, Applicazione, Codice doganale comunitario, Merci provenienti da un paese terzo e vincolate al regime del deposito doganale nel territorio di uno Stato membro, Trasformazione delle merci in regime di perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione, Vendita delle merci e nuova sottoposizione delle stesse al regime del deposito doganale, Permanenza nel medesimo deposito doganale per la durata dell’insieme delle operazioni, Cessione di beni effettuata a titolo oneroso nel territorio nazionale, Fatto generatore dell’IVA.
Causa C-165/11 Daňové riaditeľstvo Slovenskej republiky contro Profitube spol. s r.o. (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Najvyšší súd Slovenskej republiky) «Sesta direttiva IVA — Applicazione — Codice doganale comunitario — Merci provenienti da un paese terzo e vincolate al regime del deposito doganale nel territorio di uno Stato membro — Trasformazione delle merci in regime di perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione — Vendita delle merci e nuova sottoposizione delle stesse al regime del deposito doganale — Permanenza nel medesimo deposito doganale per la durata dell’insieme delle operazioni — Cessione di beni effettuata a titolo oneroso nel territorio nazionale — Fatto generatore dell’IVA» Massime — Sentenza della Corte (Prima Sezione) dell’8 novembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Cessione di beni – Nozione – Vendita di merci vincolate a un regime doganale sospensivo – Inclusione – Limiti – Facoltà degli Stati membri di esentare siffatte operazioni – Verifica da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, 5, § 1, e 16, § 1, B e D) Qualora merci provenienti da un paese terzo siano state vincolate al regime di deposito doganale in uno Stato membro, siano state successivamente trasformate in regime di perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione e siano state poi vendute e vincolate nuovamente al regime di deposito doganale, rimanendo per la durata dell’insieme di tali operazioni nel medesimo deposito doganale sito nel territorio di tale Stato membro, la vendita di siffatte merci è soggetta all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/66, salvo che il suddetto Stato membro non si sia avvalso della facoltà, ad esso riconosciuta, di esentare tale cessione dall’imposta ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva, il che deve essere verificato dal giudice nazionale. (v. punto 67 e dispositivo) Causa C-165/11 Daňové riaditeľstvo Slovenskej republiky contro Profitube spol. s r.o. (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Najvyšší súd Slovenskej republiky) «Sesta direttiva IVA — Applicazione — Codice doganale comunitario — Merci provenienti da un paese terzo e vincolate al regime del deposito doganale nel territorio di uno Stato membro — Trasformazione delle merci in regime di perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione — Vendita delle merci e nuova sottoposizione delle stesse al regime del deposito doganale — Permanenza nel medesimo deposito doganale per la durata dell’insieme delle operazioni — Cessione di beni effettuata a titolo oneroso nel territorio nazionale — Fatto generatore dell’IVA» Massime — Sentenza della Corte (Prima Sezione) dell’8 novembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Nozione — Vendita di merci vincolate a un regime doganale sospensivo — Inclusione — Limiti — Facoltà degli Stati membri di esentare siffatte operazioni — Verifica da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, 5, § 1, e 16, § 1, B e D) Qualora merci provenienti da un paese terzo siano state vincolate al regime di deposito doganale in uno Stato membro, siano state successivamente trasformate in regime di perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione e siano state poi vendute e vincolate nuovamente al regime di deposito doganale, rimanendo per la durata dell’insieme di tali operazioni nel medesimo deposito doganale sito nel territorio di tale Stato membro, la vendita di siffatte merci è soggetta all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/66, salvo che il suddetto Stato membro non si sia avvalso della facoltà, ad esso riconosciuta, di esentare tale cessione dall’imposta ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva, il che deve essere verificato dal giudice nazionale. (v. punto 67 e dispositivo)
Sesta direttiva IVA, Base imponibile, Sistema di promozione delle vendite, Programma di fidelizzazione che permette ai clienti di ricevere punti presso i rivenditori e di convertirli in premi di fedeltà, Pagamenti effettuati dal gestore del programma ai fornitori che cedono i premi di fedeltà, Pagamenti effettuati dal rivenditore al gestore del programma che cede i premi di fedeltà.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Imposta dovuta o assolta per i beni forniti e per i servizi resi al soggetto passivo [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 5, 6, 11, parte A, n. 1, lett. a), e 17, n. 2] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Imposta dovuta o assolta per i beni forniti e per i servizi resi al soggetto passivo [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 5, 6, 11, parte A, n. 1, lett. a), e 17, n. 2] Massima 1. Nell’ambito di un programma di fidelizzazione della clientela, in cui il gestore del programma stipula contratti con fornitori di premi di fedeltà in forza dei quali, quando questi ultimi cedono premi di fedeltà ai clienti dei commercianti in cambio di punti, il gestore corrisponde loro un importo prestabilito per detti punti, gli artt. 5, 6, 11, parte A, n. 1, lett. a), e 17, n. 2, nella formulazione risultante dall’art. 28 septies, punto 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, devono essere interpretati nel senso che i pagamenti effettuati dal gestore del programma in questione ai fornitori che cedono premi di fedeltà ai clienti devono essere considerati come il corrispettivo versato da un terzo di una cessione di beni a detti clienti o, eventualmente, di una prestazione di servizi fornita ai medesimi. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se tali pagamenti includano anche il corrispettivo di una prestazione di servizi corrispondente a una prestazione distinta. Difatti, sebbene tale programma di fidelizzazione sia ideato per incentivare i clienti ad effettuare i loro acquisti presso determinati commercianti e, a tal fine, il gestore fornisca un certo numero di servizi relativi alla gestione di tale programma, la realtà economica consiste nondimeno nel fatto che, nell’ambito di tale programma, il fornitore cede ai clienti premi di fedeltà, che possono essere costituiti sia da beni che da prestazioni di servizi. Peraltro tale operazione, consistente nella cessione di premi di fedeltà, è soggetta all’imposta sul valore aggiunto, dal momento che è effettuata a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale. Certamente, la vendita di beni e le prestazioni di servizi che danno luogo all’attribuzione di punti ai clienti, da un lato, e la cessione dei premi di fedeltà in cambio di tali punti, dall’altro, costituiscono due operazioni distinte. Tuttavia, la sesta direttiva non esige, perché una cessione di beni o una prestazione di servizi possa dirsi effettuata a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2, punto 1, della medesima, che il corrispettivo di tale cessione o di tale prestazione sia versato direttamente dal destinatario di quest'ultima. Infatti, l’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), di tale direttiva prevede che il corrispettivo possa essere versato da un terzo. A tale riguardo, dal momento che alla conversione di punti dei clienti presso i fornitori consegue un pagamento del gestore del programma di fidelizzazione a questi ultimi e che tale pagamento si calcola sommando le commissioni dovute dal gestore, che rappresentano un importo fisso per ogni punto convertito in cambio di una parte o dell’intero prezzo del premio di fedeltà, tale pagamento corrisponde al corrispettivo della cessione dei premi di fedeltà. (v. punti 41-43, 47, 55-57, 65 e dispositivo) 2. Nell’ambito di un programma di fidelizzazione della clientela, in cui il gestore del programma che acquista scorte di premi di fedeltà, e ne è così proprietario, commercializza il menzionato programma e distribuisce tali premi ai clienti dei commercianti sponsor in cambio di punti di fedeltà, gli artt. 5, 6, 11, parte A, n. 1, lett. a), e 17, n. 2, nella formulazione risultante dall’art. 28 septies, punto 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, devono essere interpretati nel senso che i pagamenti effettuati da uno sponsor al gestore del programma in questione che cede premi di fedeltà ai clienti devono essere considerati come, in parte, il corrispettivo versato da un terzo di una cessione di beni a tali clienti e, in parte, il corrispettivo di una prestazione di servizi resa dal gestore del programma in questione in favore di tale sponsor. Difatti, sebbene il programma di fidelizzazione in questione sia ideato per incentivare i clienti ad effettuare i loro acquisti presso determinati commercianti e, a tal fine, il gestore fornisca un certo numero di servizi relativi alla gestione di detto programma, la realtà economica consiste nondimeno nel fatto che, nell’ambito di tale programma, il fornitore cede ai clienti premi di fedeltà che sono costituiti da beni. Peraltro tale operazione, consistente nella cessione di premi di fedeltà, è soggetta all'imposta sul valore aggiunto, dal momento che è effettuata a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale. Certamente, la vendita di beni e le prestazioni di servizi che danno luogo all’attribuzione di punti ai clienti, da un lato, e la cessione dei premi di fedeltà in cambio di tali punti, dall’altro, costituiscono due operazioni distinte. Tuttavia, la sesta direttiva non esige, perché una cessione di beni o una prestazione di servizi possa dirsi effettuata a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2, punto 1, della medesima, che il corrispettivo di tale cessione o di tale prestazione sia versato direttamente dal destinatario di queste ultime. Infatti, l’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), di tale direttiva prevede che il corrispettivo possa essere versato da un terzo. A tal riguardo, dal momento che i premi di fedeltà sono fatturati dal gestore del programma allo sponsor al prezzo di vendita al dettaglio con l’aggiunta delle spese postali al momento dell’ordine, in cui avvengono il trasferimento della proprietà e la conversione dei punti, fatta detrazione del margine del gestore rappresentato dalla differenza tra l’importo del prezzo di vendita al dettaglio dei premi di fedeltà e l’importo del prezzo di acquisto al quale il gestore si procura detti premi, il pagamento effettuato dallo sponsor al gestore costituisce il corrispettivo della cessione dei suddetti premi. Tuttavia, dal momento che i pagamenti effettuati dallo sponsor al gestore del programma corrispondono all’importo del prezzo di vendita al dettaglio dei premi di fedeltà con l’aggiunta delle spese di imballaggio e di spedizione e che, pertanto, il gestore consegue un margine costituito dalla differenza tra l’importo del prezzo di vendita al dettaglio dei premi di fedeltà e l’importo del prezzo di acquisto al quale il gestore si procura detti premi, il pagamento può essere suddiviso in due parti, ciascuna corrispondente ad una prestazione distinta. Di conseguenza, l'importo del prezzo di acquisto costituisce il corrispettivo della cessione di premi di fedeltà ai clienti, mentre la differenza tra l’importo del prezzo di vendita al dettaglio, pagato dallo sponsor, e l’importo del prezzo di acquisto versato dal gestore per procurarsi premi di fedeltà, vale a dire il margine, rappresenta il corrispettivo dei servizi che il gestore fornisce allo sponsor. (v. punti 22, 41-43, 48, 55, 56, 58, 61-63, 65 e dispositivo)