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citing "Judgment of the Court (Grand Chamber) of 21 February 2006. Halifax plc, Leeds Permanent Development Services Ltd and County Wide Property Investments Ltd v Commissioners of Customs & Excise. Reference for a preliminary ruling : VAT and Duties Tribunal, London - United Kingdom. Sixth VAT Directive - Article 2(1), Article 4(1) and (2), Article 5(1) and Article 6(1) - Economic activity - Supplies of "
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Beni d’investimento immobiliari, Detrazione dell’imposta assolta a monte, Rettifica della detrazione operata inizialmente, Rettifica in un’unica soluzione dell’integralità di tale detrazione in seguito alla prima utilizzazione del bene di cui trattasi, Periodo di rettifica.
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Detrazione dell’imposta assolta a monte, Articolo 173, Soggetto d’imposta misto, Metodi di detrazione, Detrazione prorata, Detrazione secondo la destinazione, Articoli da 184 a 186, Rettifica delle detrazioni, Modifica degli elementi presi in considerazione per la determinazione dell’importo delle detrazioni, Operazione a valle erroneamente ritenuta esente da IVA, Provvedimento nazionale che vieta la modifica del metodo di detrazione per gli anni già trascorsi, Termine di decadenza, Principi di neutralità fiscale, di certezza del diritto, di effettività e di proporzionalità.
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto, Direttiva 2006/112/CE, Articolo 9, paragrafo 1, Articolo 13, paragrafo 1, Soggetti passivi, Interpretazione dei termini “in modo indipendente”, Ente comunale, Attività economiche svolte da un’unità organizzativa di un comune in veste diversa da quella di pubblica autorità, Possibilità di qualificare una siffatta unità come “soggetto passivo” ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/112, Articoli 4, paragrafo 2, e 5, paragrafo 3, TUE.
Causa C-276/14 Gmina Wrocław contro Minister Finansów (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 9, paragrafo 1 — Articolo 13, paragrafo 1 — Soggetti passivi — Interpretazione dei termini “in modo indipendente” — Ente comunale — Attività economiche svolte da un’unità organizzativa di un comune in veste diversa da quella di pubblica autorità — Possibilità di qualificare una siffatta unità come “soggetto passivo” ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/112 — Articoli 4, paragrafo 2, e 5, paragrafo 3, TUE» Massime – Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 29 settembre 2015 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Nozione — Interpretazione autonoma e uniforme
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 9, § 1)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Nozione — Enti di diritto pubblico che non svolgono attività economiche in modo indipendente — Esclusione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 9, § 1)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Attività economiche svolte in modo indipendente ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112 — Criteri di valutazione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 9, § 1)
Questioni pregiudiziali — Interpretazione — Effetti nel tempo delle sentenze interpretative — Effetto retroattivo — Limitazione da parte della Corte — Presupposti
(Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione.
(v. punti 26, 27)
L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che enti di diritto pubblico non possono essere qualificati come soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto allorché non soddisfano il criterio di indipendenza previsto da tale disposizione.
Unità iscritte al bilancio comunale che svolgono le attività economiche loro assegnate in nome e per conto di un comune, che non rispondono dei danni provocati da tali attività, dato che una siffatta responsabilità ricade esclusivamente sul comune, e che non si assumono il rischio economico legato all’esercizio delle attività in parola, in quanto non dispongono di un proprio patrimonio, non generano entrate proprie e non si assumono i costi relativi alle attività in questione, dal momento che le entrate percepite sono versate al bilancio del comune e le spese sono imputate direttamente sul medesimo bilancio, non soddisfano il criterio di indipendenza ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e non possono pertanto essere qualificate come soggetti passivi.
(v. punti 37, 38, 42 e dispositivo)
V. il testo della decisione.
(v. punti 33, 34)
V. il testo della decisione.
(v. punti 44-46) Causa C-276/14 Gmina Wrocław contro Minister Finansów (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 9, paragrafo 1 — Articolo 13, paragrafo 1 — Soggetti passivi — Interpretazione dei termini “in modo indipendente” — Ente comunale — Attività economiche svolte da un’unità organizzativa di un comune in veste diversa da quella di pubblica autorità — Possibilità di qualificare una siffatta unità come “soggetto passivo” ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/112 — Articoli 4, paragrafo 2, e 5, paragrafo 3, TUE» Massime – Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 29 settembre 2015 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Nozione – Interpretazione autonoma e uniforme (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 9, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Nozione – Enti di diritto pubblico che non svolgono attività economiche in modo indipendente – Esclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 9, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Attività economiche svolte in modo indipendente ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112 – Criteri di valutazione (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 9, § 1) Questioni pregiudiziali – Interpretazione – Effetti nel tempo delle sentenze interpretative – Effetto retroattivo – Limitazione da parte della Corte – Presupposti (Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione. (v. punti 26, 27) L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che enti di diritto pubblico non possono essere qualificati come soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto allorché non soddisfano il criterio di indipendenza previsto da tale disposizione. Unità iscritte al bilancio comunale che svolgono le attività economiche loro assegnate in nome e per conto di un comune, che non rispondono dei danni provocati da tali attività, dato che una siffatta responsabilità ricade esclusivamente sul comune, e che non si assumono il rischio economico legato all’esercizio delle attività in parola, in quanto non dispongono di un proprio patrimonio, non generano entrate proprie e non si assumono i costi relativi alle attività in questione, dal momento che le entrate percepite sono versate al bilancio del comune e le spese sono imputate direttamente sul medesimo bilancio, non soddisfano il criterio di indipendenza ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e non possono pertanto essere qualificate come soggetti passivi. (v. punti 37, 38, 42 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punti 33, 34) V. il testo della decisione. (v. punti 44-46)
Rinvio pregiudiziale, IVA, Sesta direttiva 77/388/CEE, Articolo 17, Diritto alla detrazione, Detrazione parziale, IVA assolta da società holding per l’acquisizione di capitali investiti nelle loro società controllate, Prestazioni di servizi fornite alle società controllate, Società controllate costituite nella forma di società di persone, Articolo 4, Costituzione di un gruppo di persone che possono essere considerate alla stregua di un unico soggetto passivo, Presupposti, Necessità di un rapporto di subordinazione, Effetto diretto.
Cause riunite C-108/14 e C-109/14 Beteiligungsgesellschaft Larentia + Minerva mbH & Co. KG contro Finanzamt Nordenham e Finanzamt Hamburg-Mitte contro Marenave Schiffahrts AG (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesfinanzhof) «Rinvio pregiudiziale — IVA — Sesta direttiva 77/388/CEE — Articolo 17 — Diritto alla detrazione — Detrazione parziale — IVA assolta da società holding per l’acquisizione di capitali investiti nelle loro società controllate — Prestazioni di servizi fornite alle società controllate — Società controllate costituite nella forma di società di persone — Articolo 4 — Costituzione di un gruppo di persone che possono essere considerate alla stregua di un unico soggetto passivo — Presupposti — Necessità di un rapporto di subordinazione — Effetto diretto» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 16 luglio 2015 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Attività economica ai sensi dell’articolo 4 della sesta direttiva – Ingerenza di una holding nella gestione delle società da essa controllate – Inclusione subordinata al compimento di operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 2 della direttiva
(Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2 e 4, § 2)
Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Soggetto passivo che svolga al contempo attività economiche e attività non economiche – Imposta dovuta o assolta per l’acquisizione dei capitali investiti da una società holding nelle sue controllate – Detrazione prorata – Potere discrezionale degli Stati membri – Limiti
(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, §§ 2 e 5)
Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Nozione – Facoltà per gli Stati membri di considerare soggetti strettamente vincolati come un unico soggetto passivo – Normativa nazionale che riservi la possibilità di costituire un raggruppamento di persone che possono essere considerate come un unico soggetto passivo unicamente agli enti dotati di personalità giuridica e legati alla società madre da un rapporto di subordinazione – Ammissibilità – Limiti – Prevenzione dell’evasione e dell’elusione fiscali
(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, § 4, comma 2)
Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Nozione – Articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva – Effetto diretto – Insussistenza
(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, § 4) V. il testo della decisione.
(v. punti 19-21)
L’articolo 17, paragrafi 2 e 5, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/69, deve essere interpretato nel senso che:
—
le spese connesse all’acquisizione di partecipazioni nelle sue controllate, sostenute da una società holding che partecipa alla loro gestione e che, a detto titolo, esercita un’attività economica, devono essere considerate come rientranti nelle sue spese generali e l’imposta sul valore aggiunto assolta su tali spese deve, in via di principio, essere oggetto di detrazione integrale, a meno che talune operazioni economiche effettuate a valle siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto in forza della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/69, nel qual caso il diritto a detrazione dovrà operare unicamente secondo le modalità previste all’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva.
—
le spese connesse all’acquisizione di partecipazioni nelle sue controllate, sostenute da una società holding che partecipa alla gestione unicamente di alcune di esse e che, riguardo alle altre, non esercita invece alcuna attività economica devono essere considerate come solo in parte rientranti nelle sue spese generali, di modo che l’imposta sul valore aggiunto assolta su tali spese può essere detratta soltanto in proporzione di quelle relative all’attività economica, secondo criteri di ripartizione definiti dagli Stati membri che, nell’esercizio di tale potere, devono tener conto – circostanza che spetta ai giudici nazionali verificare – dello scopo e dell’impianto sistematico della sesta direttiva e, a tale titolo, prevedere un metodo di calcolo che rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese a monte all’attività economica e all’attività non economica.
(v. punto 33, dispositivo 1)
L’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/69, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che una normativa nazionale riservi la possibilità di costituire un raggruppamento di persone che possono essere considerate come un unico soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto, quale prevista da tale disposizione, unicamente agli enti dotati di personalità giuridica e legati alla società madre di tale gruppo da un rapporto di subordinazione, a meno che tali due requisiti costituiscano misure necessarie e adeguate al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire le prassi o le condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione fiscali, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.
(v. punto 46, dispositivo 2)
L’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/69, non può essere considerato come avente un effetto diretto che consenta ai soggetti passivi di farne valere il beneficio nei confronti del loro Stato membro nel caso in cui la normativa di quest’ultimo non sia compatibile con tale disposizione e non possa essere interpretata in modo conforme a quest’ultima. Detto articolo presenta, infatti, un carattere condizionato in quanto implica l’intervento di disposizioni nazionali che definiscano la sua portata concreta.
(v. punti 50, 52, dispositivo 3) Cause riunite C-108/14 e C-109/14 Beteiligungsgesellschaft Larentia + Minerva mbH & Co. KG contro Finanzamt Nordenham e Finanzamt Hamburg-Mitte contro Marenave Schiffahrts AG (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesfinanzhof) «Rinvio pregiudiziale — IVA — Sesta direttiva 77/388/CEE — Articolo 17 — Diritto alla detrazione — Detrazione parziale — IVA assolta da società holding per l’acquisizione di capitali investiti nelle loro società controllate — Prestazioni di servizi fornite alle società controllate — Società controllate costituite nella forma di società di persone — Articolo 4 — Costituzione di un gruppo di persone che possono essere considerate alla stregua di un unico soggetto passivo — Presupposti — Necessità di un rapporto di subordinazione — Effetto diretto» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 16 luglio 2015 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Attività economica ai sensi dell’articolo 4 della sesta direttiva – Ingerenza di una holding nella gestione delle società da essa controllate – Inclusione subordinata al compimento di operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 2 della direttiva (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2 e 4, § 2) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Soggetto passivo che svolga al contempo attività economiche e attività non economiche – Imposta dovuta o assolta per l’acquisizione dei capitali investiti da una società holding nelle sue controllate – Detrazione prorata – Potere discrezionale degli Stati membri – Limiti (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, §§ 2 e 5) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Nozione – Facoltà per gli Stati membri di considerare soggetti strettamente vincolati come un unico soggetto passivo – Normativa nazionale che riservi la possibilità di costituire un raggruppamento di persone che possono essere considerate come un unico soggetto passivo unicamente agli enti dotati di personalità giuridica e legati alla società madre da un rapporto di subordinazione – Ammissibilità – Limiti – Prevenzione dell’evasione e dell’elusione fiscali (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, § 4, comma 2) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Nozione – Articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva – Effetto diretto – Insussistenza (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, § 4) V. il testo della decisione. (v. punti 19-21) L’articolo 17, paragrafi 2 e 5, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/69, deve essere interpretato nel senso che: — le spese connesse all’acquisizione di partecipazioni nelle sue controllate, sostenute da una società holding che partecipa alla loro gestione e che, a detto titolo, esercita un’attività economica, devono essere considerate come rientranti nelle sue spese generali e l’imposta sul valore aggiunto assolta su tali spese deve, in via di principio, essere oggetto di detrazione integrale, a meno che talune operazioni economiche effettuate a valle siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto in forza della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/69, nel qual caso il diritto a detrazione dovrà operare unicamente secondo le modalità previste all’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva. — le spese connesse all’acquisizione di partecipazioni nelle sue controllate, sostenute da una società holding che partecipa alla gestione unicamente di alcune di esse e che, riguardo alle altre, non esercita invece alcuna attività economica devono essere considerate come solo in parte rientranti nelle sue spese generali, di modo che l’imposta sul valore aggiunto assolta su tali spese può essere detratta soltanto in proporzione di quelle relative all’attività economica, secondo criteri di ripartizione definiti dagli Stati membri che, nell’esercizio di tale potere, devono tener conto – circostanza che spetta ai giudici nazionali verificare – dello scopo e dell’impianto sistematico della sesta direttiva e, a tale titolo, prevedere un metodo di calcolo che rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese a monte all’attività economica e all’attività non economica. (v. punto 33, dispositivo 1) L’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/69, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che una normativa nazionale riservi la possibilità di costituire un raggruppamento di persone che possono essere considerate come un unico soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto, quale prevista da tale disposizione, unicamente agli enti dotati di personalità giuridica e legati alla società madre di tale gruppo da un rapporto di subordinazione, a meno che tali due requisiti costituiscano misure necessarie e adeguate al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire le prassi o le condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione fiscali, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punto 46, dispositivo 2) L’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/69, non può essere considerato come avente un effetto diretto che consenta ai soggetti passivi di farne valere il beneficio nei confronti del loro Stato membro nel caso in cui la normativa di quest’ultimo non sia compatibile con tale disposizione e non possa essere interpretata in modo conforme a quest’ultima. Detto articolo presenta, infatti, un carattere condizionato in quanto implica l’intervento di disposizioni nazionali che definiscano la sua portata concreta. (v. punti 50, 52, dispositivo 3)
Rinvio pregiudiziale – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Operazioni costitutive di una pratica abusiva – Diritto tributario nazionale – Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale – Principi di effettività e di equivalenza.
Causa C-662/13 Surgicare – Unidades de Saúde SA contro Fazenda Pública (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo) «Rinvio pregiudiziale — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Operazioni costitutive di una pratica abusiva — Diritto tributario nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Principi di effettività e di equivalenza» Massime – Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 12 febbraio 2015 Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Domanda che non individua con precisione le disposizioni del diritto dell’Unione che occorre interpretare – Possibilità per la Corte d’individuare dette disposizioni (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Necessità di fornire alla Corte precisazioni sufficienti sul contesto di fatto e di diritto – Precisazione delle ragioni per le quali occorre rispondere alle questioni pregiudiziali (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali – Competenza del giudice nazionale – Determinazione della normativa applicabile ratione temporis (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di esistenza di un’evasione o di un abuso – Misure di prevenzione delle distorsioni della concorrenza e dell’evasione fiscale – Assenza di normativa dell’Unione in materia – Applicazione del diritto nazionale – Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale – Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività – Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 273 e 342) Nel caso di mancanza di precisione, in una domanda di pronuncia pregiudiziale, a proposito delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione, è compito della Corte dedurre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, le disposizioni di diritto dell’Unione che necessitano di essere interpretate, tenendo conto dell’oggetto della lite. (v. punto 17) V. il testo della decisione. (v. punti 21, 22) V. il testo della decisione. (v. punto 22) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non osta alla previa e obbligatoria applicazione di un procedimento amministrativo nazionale, nel caso in cui l’amministrazione tributaria sospetti l’esistenza di una pratica abusiva, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Ciò avviene nel caso di un previo procedimento che, da un lato, è in favore della persona sospettata di aver commesso un abuso di diritto, poiché mira a garantire il rispetto di certi diritti fondamentali, in particolare quello di essere ascoltato e che, dall’altro lato, non contrasta di per sé con l’obiettivo della lotta alle evasioni, elusioni e altri abusi, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. (v. punti 26, 29, 32, 34 e dispositivo) Causa C-662/13 Surgicare – Unidades de Saúde SA contro Fazenda Pública (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo) «Rinvio pregiudiziale — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Operazioni costitutive di una pratica abusiva — Diritto tributario nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Principi di effettività e di equivalenza» Massime – Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 12 febbraio 2015 Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Domanda che non individua con precisione le disposizioni del diritto dell’Unione che occorre interpretare — Possibilità per la Corte d’individuare dette disposizioni
(Art. 267 TFUE)
Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Necessità di fornire alla Corte precisazioni sufficienti sul contesto di fatto e di diritto — Precisazione delle ragioni per le quali occorre rispondere alle questioni pregiudiziali
(Art. 267 TFUE)
Questioni pregiudiziali — Competenza del giudice nazionale — Determinazione della normativa applicabile ratione temporis
(Art. 267 TFUE)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di esistenza di un’evasione o di un abuso — Misure di prevenzione delle distorsioni della concorrenza e dell’evasione fiscale — Assenza di normativa dell’Unione in materia — Applicazione del diritto nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività — Valutazione da parte del giudice nazionale
(Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 273 e 342) Nel caso di mancanza di precisione, in una domanda di pronuncia pregiudiziale, a proposito delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione, è compito della Corte dedurre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, le disposizioni di diritto dell’Unione che necessitano di essere interpretate, tenendo conto dell’oggetto della lite.
(v. punto 17)
V. il testo della decisione.
(v. punti 21, 22)
V. il testo della decisione.
(v. punto 22)
La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non osta alla previa e obbligatoria applicazione di un procedimento amministrativo nazionale, nel caso in cui l’amministrazione tributaria sospetti l’esistenza di una pratica abusiva, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Ciò avviene nel caso di un previo procedimento che, da un lato, è in favore della persona sospettata di aver commesso un abuso di diritto, poiché mira a garantire il rispetto di certi diritti fondamentali, in particolare quello di essere ascoltato e che, dall’altro lato, non contrasta di per sé con l’obiettivo della lotta alle evasioni, elusioni e altri abusi, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.
(v. punti 26, 29, 32, 34 e dispositivo)
Rinvii pregiudiziali – IVA – Sesta direttiva – Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri – Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità – Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo – Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione – Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso – Assenza di disposizioni di diritto nazionale.
Cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13 Staatssecretaris van Financiën contro Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof e Turbu.com BV, Turbu.com Mobile Phone’s BV contro Staatssecretaris van Financiën (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvii pregiudiziali — IVA — Sesta direttiva — Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri — Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo — Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione — Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso — Assenza di disposizioni di diritto nazionale» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 18 dicembre 2014 Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Limiti – Questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile – Irricevibilità (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Cessione intracomunitaria – Operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto – Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode – Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode – Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti. [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Cessione intracomunitaria – Operazioni che non sono, di per sé, viziate da elusione all’imposta sul valore aggiunto, ma che si iscrivono in una catena di cessioni che comprende un’operazione fraudolenta – Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode – Evasione commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui il beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso è stato richiesto – Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode – Irrilevanza – Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] V. il testo della decisione. (v. punti 35, 38, 39) La sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva, 95/7, deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, un diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto rifiuto, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni. Infatti, spetta, in linea di principio, alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di diritti previsti dalla sesta direttiva, invocati fraudolentemente o abusivamente, indipendentemente dal fatto che si tratti dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto riguardante una cessione intracomunitaria. In mancanza di disposizioni specifiche in tal senso nell’ordinamento giuridico nazionale, spetta al giudice nazionale accertare se nel diritto dello Stato membro interessato esistano norme di diritto, quali una disposizione o un principio generale che vietino l’abuso del diritto ovvero se esistano altre disposizioni sull’evasione o sull’elusione fiscale che possano essere interpretate conformemente ai criteri del diritto dell’Unione in materia di lotta contro l’evasione fiscale. Se si accertasse, tuttavia, che il diritto nazionale non contempla norme del genere che possano essere oggetto di interpretazione conforme, non se ne potrebbe tuttavia dedurre che alle autorità e ai giudici nazionali sia impedito, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, di rispettare tali criteri e, così, di negare il vantaggio derivante da un diritto previsto dalla sesta direttiva nell’ipotesi di una frode. Infatti, se è pur vero che una direttiva non può essere invocata, di per sé, da uno Stato membro nei confronti di un soggetto passivo, nei limiti in cui fatti abusivi o fraudolenti non possono fondare un diritto previsto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, il diniego di un vantaggio previsto dalla sesta direttiva non equivale a imporre un obbligo a carico del singolo interessato in forza di tale direttiva, ma non è altro che la mera conseguenza della constatazione secondo la quale le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire, previste da tale direttiva in relazione a detto diritto, non sono, in realtà, soddisfatte. In una siffatta ipotesi, non può essere richiesta un’autorizzazione espressa affinché le autorità e i giudici nazionali possano negare un vantaggio previsto dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, poiché tale conseguenza deve essere considerata inerente a detto sistema. Peraltro, un soggetto passivo che ha creato le condizioni relative all’ottenimento di un diritto esclusivamente tramite la partecipazione a operazioni fraudolente non può manifestamente avvalersi dei principi di tutela del legittimo affidamento o di certezza del diritto al fine di opporsi al diniego della concessione del diritto di cui trattasi. Infine, poiché il diniego del beneficio di un diritto derivante dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto in caso di coinvolgimento del soggetto passivo in una frode non è altro che la mera conseguenza dell’insussistenza delle condizioni richieste a tale riguardo dalle disposizioni rilevanti della sesta direttiva, tale diniego non ha il carattere di una pena o di una sanzione, ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo o dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (v. punti 49, 51-55, 57, 59-62, dispositivo 2) La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti. (v. punto 69, dispositivo 3) Cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13 Staatssecretaris van Financiën contro Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof e Turbu.com BV,
Turbu.com Mobile Phone’s BV contro Staatssecretaris van Financiën (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvii pregiudiziali — IVA — Sesta direttiva — Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri — Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo — Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione — Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso — Assenza di disposizioni di diritto nazionale» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 18 dicembre 2014 Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Limiti — Questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile — Irricevibilità
(Art. 267 TFUE)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Cessione intracomunitaria — Operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto — Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode — Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode — Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti.
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Cessione intracomunitaria — Operazioni che non sono, di per sé, viziate da elusione all’imposta sul valore aggiunto, ma che si iscrivono in una catena di cessioni che comprende un’operazione fraudolenta — Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode — Evasione commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui il beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso è stato richiesto — Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode — Irrilevanza — Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] V. il testo della decisione.
(v. punti 35, 38, 39)
La sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva, 95/7, deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, un diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto rifiuto, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni.
Infatti, spetta, in linea di principio, alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di diritti previsti dalla sesta direttiva, invocati fraudolentemente o abusivamente, indipendentemente dal fatto che si tratti dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto riguardante una cessione intracomunitaria. In mancanza di disposizioni specifiche in tal senso nell’ordinamento giuridico nazionale, spetta al giudice nazionale accertare se nel diritto dello Stato membro interessato esistano norme di diritto, quali una disposizione o un principio generale che vietino l’abuso del diritto ovvero se esistano altre disposizioni sull’evasione o sull’elusione fiscale che possano essere interpretate conformemente ai criteri del diritto dell’Unione in materia di lotta contro l’evasione fiscale.
Se si accertasse, tuttavia, che il diritto nazionale non contempla norme del genere che possano essere oggetto di interpretazione conforme, non se ne potrebbe tuttavia dedurre che alle autorità e ai giudici nazionali sia impedito, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, di rispettare tali criteri e, così, di negare il vantaggio derivante da un diritto previsto dalla sesta direttiva nell’ipotesi di una frode.
Infatti, se è pur vero che una direttiva non può essere invocata, di per sé, da uno Stato membro nei confronti di un soggetto passivo, nei limiti in cui fatti abusivi o fraudolenti non possono fondare un diritto previsto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, il diniego di un vantaggio previsto dalla sesta direttiva non equivale a imporre un obbligo a carico del singolo interessato in forza di tale direttiva, ma non è altro che la mera conseguenza della constatazione secondo la quale le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire, previste da tale direttiva in relazione a detto diritto, non sono, in realtà, soddisfatte.
In una siffatta ipotesi, non può essere richiesta un’autorizzazione espressa affinché le autorità e i giudici nazionali possano negare un vantaggio previsto dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, poiché tale conseguenza deve essere considerata inerente a detto sistema.
Peraltro, un soggetto passivo che ha creato le condizioni relative all’ottenimento di un diritto esclusivamente tramite la partecipazione a operazioni fraudolente non può manifestamente avvalersi dei principi di tutela del legittimo affidamento o di certezza del diritto al fine di opporsi al diniego della concessione del diritto di cui trattasi.
Infine, poiché il diniego del beneficio di un diritto derivante dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto in caso di coinvolgimento del soggetto passivo in una frode non è altro che la mera conseguenza dell’insussistenza delle condizioni richieste a tale riguardo dalle disposizioni rilevanti della sesta direttiva, tale diniego non ha il carattere di una pena o di una sanzione, ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo o dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(v. punti 49, 51-55, 57, 59-62, dispositivo 2)
La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti.
(v. punto 69, dispositivo 3)
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva 77/388/CEE, Direttiva 2006/112/CE, Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale, Obbligo di introdurre fisicamente le merci nel deposito, Inosservanza, Obbligo di versare l’IVA nonostante il fatto che essa sia già stata assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile.
Parole chiave
Massima
Parole chiave
1. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale – Normativa nazionale che richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito – Ammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, art. 16, § 1)
2. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Inosservanza dell’obbligo relativo all’introduzione fisica delle merci nel deposito – Normativa nazionale che richiede il versamento dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il suo precedente versamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile – Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18)
Massima
1. L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo.
Infatti, è giocoforza constatare che un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nonché evitare l’evasione di tale imposta e, in quanto tale, non eccede quanto necessario per conseguire i suddetti obiettivi.
(v. punti 29, 30, dispositivo 1)
2. La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo.
Sebbene sia certamente legittimo per uno Stato membro, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione e di evitare l’evasione, prevedere nella propria normativa nazionale sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi.
A tal riguardo, siccome la merce importata non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l’imposta sul valore aggiunto era dovuta al momento dell’importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale imposta sul valore aggiunto.
Orbene, un versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo. Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale.
Di conseguenza, in considerazione del ruolo preponderante che il diritto a detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, poiché tale neutralità presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato.
(v. punti 33, 34, 38, 39, 41, 49, dispositivo 2) Causa C-272/13 Equoland Soc. coop. arl contro Agenzia delle Dogane – Ufficio delle Dogane di Livorno (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva 77/388/CEE — Direttiva 2006/112/CE — Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale — Obbligo di introdurre fisicamente le merci nel deposito — Inosservanza — Obbligo di versare l’IVA nonostante il fatto che essa sia già stata assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile» Massime – Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 luglio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale – Normativa nazionale che richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito – Ammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, art. 16, § 1)
Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Inosservanza dell’obbligo relativo all’introduzione fisica delle merci nel deposito – Normativa nazionale che richiede il versamento dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il suo precedente versamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile – Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18) L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo.
Infatti, è giocoforza constatare che un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nonché evitare l’evasione di tale imposta e, in quanto tale, non eccede quanto necessario per conseguire i suddetti obiettivi.
(v. punti 29, 30, dispositivo 1)
La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo.
Sebbene sia certamente legittimo per uno Stato membro, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione e di evitare l’evasione, prevedere nella propria normativa nazionale sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi.
A tal riguardo, siccome la merce importata non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l’imposta sul valore aggiunto era dovuta al momento dell’importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale imposta sul valore aggiunto.
Orbene, un versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo. Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale.
Di conseguenza, in considerazione del ruolo preponderante che il diritto a detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, poiché tale neutralità presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato.
(v. punti 33, 34, 38, 39, 41, 49, dispositivo 2)
Direttiva 2006/112/CE, Imposta sul valore aggiunto, Cessione di beni, Nozione, Utilizzo fraudolento di una carta di credito.
Causa C-494/12 Dixons Retail plc contro Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal le First-tier Tribunal (Tax Chamber)] «Direttiva 2006/112/CE — Imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Nozione — Utilizzo fraudolento di una carta di credito» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 21 novembre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Cessione di beni – Nozione – Operazioni di trasferimento di un bene materiale a un acquirente che utilizzi fraudolentemente una carta di credito quale strumento di pagamento – Inclusione [Direttive del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, e 5, § 1, e 2006/112, artt. 2, § 1, a), e 14, § 1] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Base imponibile – Cessioni di beni e prestazioni di servizi – Nozione – Operazioni di vendita tra un fornitore e un acquirente che utilizzi quale strumento di pagamento una carta di credito – Pagamento effettuato da un terzo emittente della carta, per conto dell’acquirente, in forza di una convenzione conclusa con il fornitore – Pagamento che costituisce un corrispettivo – Inclusione [Direttive del Consiglio 77/388, art. 11 parte A, § 1, a), e 2006/112, art. 73] Gli articoli 2, punto 1, e 5, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nonché 2, paragrafo 1, lettera a), e 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di una convenzione stipulata tra un terzo e il fornitore di un bene, in forza della quale il terzo si sia impegnato a pagare a detto fornitore, deducendo una commissione, i beni dallo stesso venduti ad acquirenti che utilizzino una carta di credito come strumento di pagamento, il trasferimento fisico di un bene ad un acquirente che utilizzi fraudolentemente tale carta di credito come strumento di pagamento costituisce una cessione di beni. La nozione di cessione di beni, infatti, non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La predetta nozione ha un carattere obiettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi, senza che l’amministrazione finanziaria sia obbligata a procedere ad indagini per accertare la volontà del soggetto passivo in esame o per tener conto dell’intenzione di un operatore, diverso da tale soggetto passivo, che intervenga nella stessa catena di cessioni. In tal senso, l’utilizzo fraudolento di una carta di credito come strumento di pagamento nelle predette operazioni non incide sul fatto che queste ultime possano essere qualificate come cessioni di beni, poiché siffatto utilizzo non rientra nei criteri oggettivi sui quali è basata tale nozione, bensì si ricollega all’intenzione della persona che ha partecipato, come acquirente, alle operazioni in esame nonché alle operazioni volte a dare concreta attuazione a tale intenzione. Peraltro, una situazione siffatta deve essere distinta da quella di furto di merci, che non rientra nella nozione di cessione di beni, in quanto il furto di merci non produce l’effetto di autorizzare il suo autore a disporre delle merci alle stesse condizioni del loro proprietario. (v. punti 17, 20, 21, 26, 28, 29, 38 e dispositivo) Gli articoli 11, A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nonché 73 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, nel contesto del trasferimento fisico di un bene ad un acquirente che utilizzi fraudolentemente una carta di credito come strumento di pagamento, ove tale trasferimento costituisce una cessione di beni, il pagamento effettuato da un terzo, in applicazione di una convenzione stipulata tra quest’ultimo e il fornitore del bene, in forza della quale il terzo si sia impegnato a pagare al fornitore i beni da questo venduti ad acquirenti che utilizzino detta carta come strumento di pagamento, costituisce un corrispettivo. Infatti, nel caso in cui un acquirente paghi la merce mediante carta di credito, ci si trova a fronte di due operazioni, vale a dire, da un lato, la vendita di tale bene da parte di un fornitore, il quale include nel calcolo del prezzo totale da lui preteso anche l’imposta sul valore aggiunto che dev’essere pagata dal predetto acquirente in quanto consumatore finale e percepita da tale fornitore per conto dell’Erario e, dall’altro, la prestazione di servizi da parte dell’emittente della carta nei confronti del fornitore. Al riguardo, la sesta direttiva e la direttiva 2006/112 non esigono, perché una cessione di beni o una prestazione di servizi possa dirsi effettuata a titolo oneroso, che il corrispettivo di tale cessione o di tale prestazione sia versato direttamente dal destinatario di queste ultime. Infatti, ai sensi degli articoli 11, A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva e 73 della direttiva 2006/112, il corrispettivo di una cessione di beni può essere versato non soltanto dall’acquirente, ma anche da un terzo, nel caso di specie l’emittente della carta. (v. punti 34, 35, 38 e dispositivo) Causa C-494/12 Dixons Retail plc contro Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal le First-tier Tribunal (Tax Chamber)] «Direttiva 2006/112/CE — Imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Nozione — Utilizzo fraudolento di una carta di credito» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 21 novembre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Nozione — Operazioni di trasferimento di un bene materiale a un acquirente che utilizzi fraudolentemente una carta di credito quale strumento di pagamento — Inclusione
[Direttive del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, e 5, § 1, e 2006/112, artt. 2, § 1, a), e 14, § 1]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Cessioni di beni e prestazioni di servizi — Nozione — Operazioni di vendita tra un fornitore e un acquirente che utilizzi quale strumento di pagamento una carta di credito — Pagamento effettuato da un terzo emittente della carta, per conto dell’acquirente, in forza di una convenzione conclusa con il fornitore — Pagamento che costituisce un corrispettivo — Inclusione
[Direttive del Consiglio 77/388, art. 11 parte A, § 1, a), e 2006/112, art. 73] Gli articoli 2, punto 1, e 5, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nonché 2, paragrafo 1, lettera a), e 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di una convenzione stipulata tra un terzo e il fornitore di un bene, in forza della quale il terzo si sia impegnato a pagare a detto fornitore, deducendo una commissione, i beni dallo stesso venduti ad acquirenti che utilizzino una carta di credito come strumento di pagamento, il trasferimento fisico di un bene ad un acquirente che utilizzi fraudolentemente tale carta di credito come strumento di pagamento costituisce una cessione di beni.
La nozione di cessione di beni, infatti, non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario.
La predetta nozione ha un carattere obiettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi, senza che l’amministrazione finanziaria sia obbligata a procedere ad indagini per accertare la volontà del soggetto passivo in esame o per tener conto dell’intenzione di un operatore, diverso da tale soggetto passivo, che intervenga nella stessa catena di cessioni.
In tal senso, l’utilizzo fraudolento di una carta di credito come strumento di pagamento nelle predette operazioni non incide sul fatto che queste ultime possano essere qualificate come cessioni di beni, poiché siffatto utilizzo non rientra nei criteri oggettivi sui quali è basata tale nozione, bensì si ricollega all’intenzione della persona che ha partecipato, come acquirente, alle operazioni in esame nonché alle operazioni volte a dare concreta attuazione a tale intenzione.
Peraltro, una situazione siffatta deve essere distinta da quella di furto di merci, che non rientra nella nozione di cessione di beni, in quanto il furto di merci non produce l’effetto di autorizzare il suo autore a disporre delle merci alle stesse condizioni del loro proprietario.
(v. punti 17, 20, 21, 26, 28, 29, 38 e dispositivo)
Gli articoli 11, A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nonché 73 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, nel contesto del trasferimento fisico di un bene ad un acquirente che utilizzi fraudolentemente una carta di credito come strumento di pagamento, ove tale trasferimento costituisce una cessione di beni, il pagamento effettuato da un terzo, in applicazione di una convenzione stipulata tra quest’ultimo e il fornitore del bene, in forza della quale il terzo si sia impegnato a pagare al fornitore i beni da questo venduti ad acquirenti che utilizzino detta carta come strumento di pagamento, costituisce un corrispettivo.
Infatti, nel caso in cui un acquirente paghi la merce mediante carta di credito, ci si trova a fronte di due operazioni, vale a dire, da un lato, la vendita di tale bene da parte di un fornitore, il quale include nel calcolo del prezzo totale da lui preteso anche l’imposta sul valore aggiunto che dev’essere pagata dal predetto acquirente in quanto consumatore finale e percepita da tale fornitore per conto dell’Erario e, dall’altro, la prestazione di servizi da parte dell’emittente della carta nei confronti del fornitore.
Al riguardo, la sesta direttiva e la direttiva 2006/112 non esigono, perché una cessione di beni o una prestazione di servizi possa dirsi effettuata a titolo oneroso, che il corrispettivo di tale cessione o di tale prestazione sia versato direttamente dal destinatario di queste ultime. Infatti, ai sensi degli articoli 11, A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva e 73 della direttiva 2006/112, il corrispettivo di una cessione di beni può essere versato non soltanto dall’acquirente, ma anche da un terzo, nel caso di specie l’emittente della carta.
(v. punti 34, 35, 38 e dispositivo)
Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva 77/388/CEE, Articoli 17 e 19, Detrazione dell’imposta assolta a monte, Utilizzo di beni e di servizi sia per operazioni tassate sia per operazioni esenti, Detrazione prorata, Calcolo del prorata, Succursali stabilite in altri Stati membri e in Stati terzi, Mancata considerazione della loro cifra d’affari.
Causa C-388/11 Le Crédit Lyonnais contro Ministre du Budget, des Comptes publics et de la Réforme de l’État [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)] «Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva 77/388/CEE — Articoli 17 e 19 — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Utilizzo di beni e di servizi sia per operazioni tassate sia per operazioni esenti — Detrazione prorata — Calcolo del prorata — Succursali stabilite in altri Stati membri e in Stati terzi — Mancata considerazione della loro cifra d’affari» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 12 settembre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Detrazione prorata – Soggetto passivo che possiede un centro di attività stabile in un altro Stato membro – Determinazione del prorata di detrazione prendendo in considerazione il fatturato realizzato da tale centro di attività stabile – Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 5, § 7, a), 6, § 3, 17, § 5, terzo comma, e 19, § 1] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Detrazione prorata – Soggetto passivo che possiede un centro di attività stabile in uno Stato terzo – Determinazione del prorata di detrazione prendendo in considerazione il fatturato realizzato da tale centro di attività stabile – Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, § 3, a) e c), e 19, § 1] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Normativa nazionale che prevede, ai fini del calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta, che si prenda in considerazione il fatturato realizzato da un centro di attività stabile avente sede in un altro Stato membro o in uno Stato terzo – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, § 5, terzo comma) Gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ad essa applicabile, una società, la cui sede principale sia situata in uno Stato membro, non può prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata dalle sue succursali stabilite in altri Stati membri. Infatti, la possibilità per un soggetto passivo di calcolare il prorata di detrazione applicabile alla sua sede stabilita in uno Stato membro determinato tenendo conto del fatturato realizzato dai suoi centri di attività stabile siti negli altri Stati membri non è idonea a garantire, in ogni caso, una maggiore ottemperanza al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto rispetto a un sistema che prevede che il soggetto passivo debba, in ogni Stato membro in cui si può ritenere che esso detenga un centro di attività stabile ai sensi della sesta direttiva, determinare un prorata di detrazione separato. Poi, siffatto modo di determinare il prorata di detrazione applicabile alla sede di un soggetto passivo produrrebbe il risultato di far aumentare, per tutti gli acquisti che tale soggetto passivo ha effettuato nello Stato membro in cui si trova la sua sede, la parte di imposta sul valore aggiunto che tale sede può detrarre anche qualora una parte di tali acquisti non abbia alcun nesso con le attività dei centri di attività stabile aventi sede al di fuori di tale Stato. Pertanto, il valore del prorata di detrazione applicabile sarebbe falsato. Per questo motivo, siffatto modo di stabilire il prorata di detrazione è idoneo a pregiudicare l’effetto utile degli articoli 5, paragrafo 7, lettera a), e 6, paragrafo 3, della sesta direttiva, i quali attribuiscono un certo potere discrezionale agli Stati membri attenuando gli effetti delle scelte da essi effettuate in materia di politica fiscale. (v. punti 37-40, dispositivo 1) Gli articoli 17, paragrafo 3, lettere a) e c), nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ad essa applicabile, una società, la cui sede principale sia situata in uno Stato membro, non può prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata dalle sue succursali stabilite in Stati terzi. Infatti, il regime delle detrazioni è basato sul principio di territorialità delle disposizioni nazionali applicabili e, qualora un soggetto passivo disponga di un centro di attività stabile in un altro Stato rispetto a quello in cui egli ha stabilito la sua sede, le attività economiche che esso compie in tale Stato sono considerate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della sesta direttiva, esercitate a partire da tale centro di attività stabile. Orbene, non esiste, né nel preambolo della sesta direttiva né nelle sue disposizioni, alcun elemento che consenta di concludere che la circostanza che un soggetto passivo disponga di un centro di attività stabile fuori dell’Unione sia idonea ad avere un rilievo sul regime delle detrazioni cui tale soggetto passivo è sottoposto nello Stato membro in cui è situata la sua sede. (v. punti 42, 43, 49, dispositivo 2) L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che non consente a uno Stato membro di accogliere una regola di calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta che autorizzi quest’ultima a prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata da una succursale stabilita in un altro Stato membro o in uno Stato terzo. Infatti, il riferimento di cui all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva a «settori di attività» non può essere interpretato come relativo a zone geografiche. Come risulta dall’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva, infatti, il termine «attività» riguarda, nel contesto della sesta direttiva, i diversi generi di attività economiche, come le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi. (v. punti 53, 54, 56, dispositivo 3) Causa C-388/11 Le Crédit Lyonnais contro Ministre du Budget, des Comptes publics et de la Réforme de l’État [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)] «Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva 77/388/CEE — Articoli 17 e 19 — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Utilizzo di beni e di servizi sia per operazioni tassate sia per operazioni esenti — Detrazione prorata — Calcolo del prorata — Succursali stabilite in altri Stati membri e in Stati terzi — Mancata considerazione della loro cifra d’affari» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 12 settembre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Detrazione prorata — Soggetto passivo che possiede un centro di attività stabile in un altro Stato membro — Determinazione del prorata di detrazione prendendo in considerazione il fatturato realizzato da tale centro di attività stabile — Inammissibilità
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 5, § 7, a), 6, § 3, 17, § 5, terzo comma, e 19, § 1]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Detrazione prorata — Soggetto passivo che possiede un centro di attività stabile in uno Stato terzo — Determinazione del prorata di detrazione prendendo in considerazione il fatturato realizzato da tale centro di attività stabile — Inammissibilità
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, § 3, a) e c), e 19, § 1]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Normativa nazionale che prevede, ai fini del calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta, che si prenda in considerazione il fatturato realizzato da un centro di attività stabile avente sede in un altro Stato membro o in uno Stato terzo — Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, § 5, terzo comma) Gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ad essa applicabile, una società, la cui sede principale sia situata in uno Stato membro, non può prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata dalle sue succursali stabilite in altri Stati membri.
Infatti, la possibilità per un soggetto passivo di calcolare il prorata di detrazione applicabile alla sua sede stabilita in uno Stato membro determinato tenendo conto del fatturato realizzato dai suoi centri di attività stabile siti negli altri Stati membri non è idonea a garantire, in ogni caso, una maggiore ottemperanza al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto rispetto a un sistema che prevede che il soggetto passivo debba, in ogni Stato membro in cui si può ritenere che esso detenga un centro di attività stabile ai sensi della sesta direttiva, determinare un prorata di detrazione separato.
Poi, siffatto modo di determinare il prorata di detrazione applicabile alla sede di un soggetto passivo produrrebbe il risultato di far aumentare, per tutti gli acquisti che tale soggetto passivo ha effettuato nello Stato membro in cui si trova la sua sede, la parte di imposta sul valore aggiunto che tale sede può detrarre anche qualora una parte di tali acquisti non abbia alcun nesso con le attività dei centri di attività stabile aventi sede al di fuori di tale Stato. Pertanto, il valore del prorata di detrazione applicabile sarebbe falsato.
Per questo motivo, siffatto modo di stabilire il prorata di detrazione è idoneo a pregiudicare l’effetto utile degli articoli 5, paragrafo 7, lettera a), e 6, paragrafo 3, della sesta direttiva, i quali attribuiscono un certo potere discrezionale agli Stati membri attenuando gli effetti delle scelte da essi effettuate in materia di politica fiscale.
(v. punti 37-40, dispositivo 1)
Gli articoli 17, paragrafo 3, lettere a) e c), nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione del prorata di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ad essa applicabile, una società, la cui sede principale sia situata in uno Stato membro, non può prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata dalle sue succursali stabilite in Stati terzi.
Infatti, il regime delle detrazioni è basato sul principio di territorialità delle disposizioni nazionali applicabili e, qualora un soggetto passivo disponga di un centro di attività stabile in un altro Stato rispetto a quello in cui egli ha stabilito la sua sede, le attività economiche che esso compie in tale Stato sono considerate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni della sesta direttiva, esercitate a partire da tale centro di attività stabile.
Orbene, non esiste, né nel preambolo della sesta direttiva né nelle sue disposizioni, alcun elemento che consenta di concludere che la circostanza che un soggetto passivo disponga di un centro di attività stabile fuori dell’Unione sia idonea ad avere un rilievo sul regime delle detrazioni cui tale soggetto passivo è sottoposto nello Stato membro in cui è situata la sua sede.
(v. punti 42, 43, 49, dispositivo 2)
L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che non consente a uno Stato membro di accogliere una regola di calcolo del prorata di detrazione per settore d’attività di una società soggetta ad imposta che autorizzi quest’ultima a prendere in considerazione la cifra d’affari realizzata da una succursale stabilita in un altro Stato membro o in uno Stato terzo.
Infatti, il riferimento di cui all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva a «settori di attività» non può essere interpretato come relativo a zone geografiche. Come risulta dall’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva, infatti, il termine «attività» riguarda, nel contesto della sesta direttiva, i diversi generi di attività economiche, come le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi.
(v. punti 53, 54, 56, dispositivo 3)
Rinvio pregiudiziale, Sesta direttiva IVA, Articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, Nozione di “prestazione di servizi”, Prestazioni di servizi di pubblicità e di intermediazione creditizia, Esenzioni, Effettività economica e commerciale delle operazioni, Pratiche abusive, Operazioni realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale.
Parole chiave
Massima
Parole chiave
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Individuazione del prestatore e del destinatario — Possibilità di prescindere dalle clausole contrattuali in caso di costruzione meramente artificiosa realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale — Valutazione da parte del giudice nazionale
(Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, e 6, § 1)
Massima
Le clausole contrattuali, benché costituiscano un elemento da prendere in considerazione, non sono determinanti ai fini dell’individuazione del prestatore e del destinatario di una «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari. In particolare, esse possono essere ignorate qualora risulti che non riflettono l’effettività economica e commerciale, ma costituiscono una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.
(v. punto 52 e dispositivo) Causa C-653/11 Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs contro Paul Newey [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber)] «Rinvio pregiudiziale — Sesta direttiva IVA — Articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1 — Nozione di “prestazione di servizi” — Prestazioni di servizi di pubblicità e di intermediazione creditizia — Esenzioni — Effettività economica e commerciale delle operazioni — Pratiche abusive — Operazioni realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 20 giugno 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Prestazioni di servizi – Individuazione del prestatore e del destinatario – Possibilità di prescindere dalle clausole contrattuali in caso di costruzione meramente artificiosa realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale – Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 1, e 6, § 1) Le clausole contrattuali, benché costituiscano un elemento da prendere in considerazione, non sono determinanti ai fini dell’individuazione del prestatore e del destinatario di una «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari. In particolare, esse possono essere ignorate qualora risulti che non riflettono l’effettività economica e commerciale, ma costituiscono una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare. (v. punto 52 e dispositivo)