Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 28 novembre 2013. Minister Finansów contro MDDP sp. z o.o. Akademia Biznesu, sp. komandytowa. Domanda di pronuncia pregiudiziale : Naczelny Sąd Administracyjny - Polonia. IVA - Direttiva 2006/112/CE - Articoli da 132 a 134 e 168 - Esenzioni - Servizi educativi forniti da organismi di diritto privato a scopo di lucro - Diritto a detrazione. Causa C-319/12.
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Polonia), con decisione del 27 aprile 2012, pervenuta in cancelleria il 2 luglio 2012, nel procedimento
Minister Finansów
contro
MDDP sp. z o.o. Akademia Biznesu, sp. komandytowa,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C.G. Fernlund (relatore), A. Ó Caoimh, C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 maggio 2013,
considerate le osservazioni presentate:
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per il Minister Finansów, da J. Kaute e T. Tratkiewicz, in qualità di agenti; |
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per la MDDP sp. z o.o. Akademia Biznesu, sp. komandytowa, da T. Michalik, in qualità di consigliere; |
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per il governo polacco, da A. Kraińska, A. Kramarczyk, B. Majczyna e M. Szpunar, in qualità di agenti; |
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per il governo ellenico, da I. Pouli e M. Tassopoulou, in qualità di agenti; |
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per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes e R. Laires, in qualità di agenti; |
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per il governo del Regno Unito, da L. Christie, in qualità di agente, assistito da P. Mantle, barrister; |
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per la Commissione europea, da K. Herrmann e L. Lozano Palacios, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 giugno 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 132, paragrafo 1, lettera i), 133, primo comma, lettere da a) ad), 134 e 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU L 347, pag. 1 ; in prosieguo: la «direttiva IVA»). |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Minister Finansów (Ministro delle Finanze; in prosieguo: il «Minister») e la MDDP sp. z o.o. Akademia Biznesu sp. komandytowa (in prosieguo: la «MDDP») sui servizi educativi forniti a fini commerciali da organismi non pubblici. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
L’articolo 132, paragrafo 1, lettere i), l), m) e q), della direttiva IVA dispone quanto segue: «Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: (...)
(...)
(...)
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L’articolo 133, primo comma, lettere da a) ad), della direttiva IVA così recita: «Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad organismi diversi dagli enti di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste all’articolo 132, paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n), all’osservanza di una o più delle seguenti condizioni:
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L’articolo 134 di tale direttiva prevede quanto segue: «Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n) nei casi seguenti:
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L’articolo 168, lettera a), della suddetta direttiva è redatto nei termini seguenti: «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
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Il diritto polacco
L’articolo 43, paragrafo 1, punto 1, della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto sui beni e sui servizi (Ustawa o podatku od towarów i usług), dell’11 marzo 2004 (Dz. U n. 54, posizione 535), come modificata (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), prevede quanto segue: «Sono esenti dall’imposta:
(...)». |
La rubrica 7 dell’allagato 4 della legge sull’IVA menziona i «servizi educativi». |
Controversia nel procedimento principale e questioni pregiudiziali
La MDDP, società di diritto polacco, organizza azioni di formazione e conferenze specializzate in vari settori di istruzione e formazione, quali la fiscalità, la contabilità, le finanze, e nei settori connessi all’organizzazione ed alla gestione di imprese, ivi compreso lo sviluppo di competenze professionali e personali. |
Le suddette azioni sono organizzate dalla MDDP nell’ambito delle proprie attività economiche il cui fine consiste nel generare un regolare profitto. |
La MDDP non è iscritta nel registro delle scuole e degli istituti privati ai sensi delle disposizioni della legge sui sistemi di istruzione (Ustawa o systemie oświaty), del 7 settembre 1991. |
La MDDP ha chiesto al Minister un’interpretazione fiscale scritta concernente il suo diritto di detrarre l’IVA pagata a monte che ha gravato sui beni e sui servizi acquisiti ai fini della prestazione dei suoi servizi di formazione. Essa ha fatto valere che i suoi servizi di formazione non dovrebbero essere esentati dall’IVA, ma dovrebbero esservi assoggettati. |
In tale contesto la MDDP ha sostenuto che il disposto dell’articolo 43, paragrafo 1, punto 1, e della rubrica 7 dell’allegato 4 della legge sull’IVA sono incompatibili con gli articoli 132, paragrafo 1, lettera i), 133 e 134 della direttiva IVA. |
Viceversa, il Minister ha considerato che le disposizioni della direttiva IVA erano state correttamente trasposte dal combinato disposto dell’articolo 43, paragrafo 1, punto 1, e della rubrica 7 dell’allegato 4 della legge sull’IVA. |
Il 3 gennaio 2011 la MDDP ha quindi adito il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia) con un ricorso diretto ad ottenere l’annullamento della summenzionata interpretazione fiscale scritta facendo valere la violazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA, letto in combinato disposto con gli articoli 133 e 134 della stessa direttiva. |
Con una sentenza del 17 ottobre 2011, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie ha annullato l’interpretazione fiscale scritta impugnata per il motivo che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA osta a che gli organismi i quali non prestano servizi educativi nell’interesse generale possano fruire di un’esenzione dall’IVA. |
Il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie ha considerato, invocando la sentenza del 18 gennaio 2001, Stockholm Lindöpark ( C-150/99, Racc. pag. I-493 ), che, nel caso di un’esenzione non conforme alla direttiva IVA, il soggetto passivo ha il diritto di far valere direttamente l’articolo 168 della direttiva stessa e di detrarre l’IVA che ha gravato a monte sull’acquisizione di beni e servizi utilizzati per le necessità dei servizi educativi forniti, anche se questi ultimi sono stati esentati dall’IVA, dal momento che l’esenzione in parola non è conforme alla direttiva IVA. Esso ha però sottolineato il carattere paradossale della situazione derivante da quanto precede, in cui un soggetto passivo che effettua operazioni esentate dall’IVA disporrebbe anche di un diritto a detrazione a norma dell’articolo 168 della direttiva IVA. |
Il Minister ha interposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 17 ottobre 2011 dinanzi al Naczelny Sąd Administracyjny (Corte Suprema amministrativa). |
Il giudice del rinvio, adito col ricorso del Minister, emette dubbi sull’interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA. Esso solleva questioni sulla possibilità per la MDDP di applicare l’esenzione al servizio di formazione fornito pur ricorrendo al diritto di detrarre l’imposta assolta a monte. |
Dati tali elementi, il Naczelny Sąd Administracyjny ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il combinato disposto degli articoli 132, paragrafo 1, lettera i), 133 e 134 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che essi ostano a che i servizi educativi forniti a fini commerciali da organismi non pubblici siano esenti dall’IVA. |
I governi polacco, ellenico, portoghese nonché del Regno Unito sostengono che le suddette disposizioni non vi ostano. |
Invece la MDDP e la Commissione europea ritengono che la direttiva IVA non permetta di esentare, in maniera generale, l’insieme dei servizi educativi forniti a fini commerciali da organismi privati, poiché un’esenzione siffatta può essere applicata solo in funzione degli scopi perseguiti da tali organismi. |
Si deve preliminarmente rilevare che gli articoli 132, paragrafo 1, lettera i), 133 e 134 della direttiva IVA corrispondono all’articolo 13, parte A, paragrafi 1, lettera i), e 2, lettere a) e b), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme ( GU L 145, pag. 1 ). |
Risulta dalla giurisprudenza consolidata che i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 132 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente. Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune di IVA. Pertanto questa regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per specificare le esenzioni di cui al suddetto articolo 132 debbano essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti (v., segnatamente, sentenza del 15 novembre 2012, Zimmermann, C-174/11, punto 22 e giurisprudenza citata). |
Quanto all’obiettivo perseguito dall’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA, emerge da tale disposizione che la suddetta esenzione, garantendo un trattamento più favorevole, in materia di IVA, alle prestazioni connesse all’insegnamento, è intesa a facilitare l’accesso a tali prestazioni evitando l’aumento dei costi che si verificherebbe nel caso del loro assoggettamento all’IVA (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2002, Commissione/Germania, C-287/00, Racc. pag. I-5811 , punto 47). |
Alla luce di tale finalità si deve rammentare che il carattere commerciale di un’attività non esclude, nell’ambito dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA, che essa presenti il carattere di un’attività di interesse pubblico (v. sentenze del 3 aprile 2003, Hoffmann, C-144/00, Racc. pag. I-2921 , punto 38, nonché del 26 maggio 2005, Kingscrest Associates e Montecello, C-498/03, Racc. pag. I-4427 , punto 31). |
Parimenti il termine «organismo», menzionato all’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA, è in via di principio sufficientemente ampio per includere enti privati che perseguono scopi di lucro (v. sentenza Kingscrest Associates e Montecello, cit., punto 35). |
Occorre inoltre constatare al riguardo che il legislatore comunitario, quando ha inteso riservare la concessione delle esenzioni previste all’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA a determinati enti che non perseguono fini di lucro o non hanno carattere commerciale, l’ha esplicitamente indicato, come emerge dalla norma suddetta, lettere l), m) e q) (v., in tal senso, sentenza Kingscrest Associates e Montecello, cit., punto 37). |
Inoltre risulta dalla giurisprudenza consolidata che l’articolo 133, primo comma, lettera a), della direttiva IVA, il quale costituisce una condizione facoltativa che gli Stati membri sono liberi di imporre in via supplementare per la concessione di talune esenzioni menzionate all’articolo 132, paragrafo 1, di tale direttiva, autorizza, ma non obbliga gli Stati membri a riservare il beneficio delle esenzioni previste, in particolare, al suddetto articolo 132, paragrafo 1, lettera i), agli organismi diversi da quelli di diritto pubblico che non si prefiggono la ricerca sistematica del profitto (v. sentenze Hoffmann, cit., punto 38, Kingscrest Associates e Montecello, cit., punto 38, nonché dell’8 giugno 2006, L.u.P., C-106/05, Racc. pag. I-5123 , punto 43). |
Date tali circostanze, salvo privare di qualsiasi oggetto l’articolo 133, primo comma, lettera a), della direttiva IVA, si deve necessariamente ammettere che, laddove il legislatore comunitario non ha esplicitamente subordinato il beneficio delle esenzioni in parola alla mancanza di uno scopo di lucro, il perseguimento di detto scopo non può escludere il beneficio delle esenzioni di cui trattasi (v. citata sentenza Kingscrest Associates e Montecello, punto 40). |
Inoltre, contrariamente a quanto fatto valere dalla Commissione, l’articolo 134 della direttiva non esclude affatto la possibilità di estendere l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), di tale direttiva ad organismi privati che effettuano servizi educativi a fini commerciali. Infatti, come l’avvocato generale ha osservato al paragrafo 31 delle sue conclusioni, l’articolo 134 della direttiva IVA è applicabile soltanto alle operazioni strettamente connesse ai servizi educativi esenti ai sensi del suddetto articolo 132, paragrafo 1, lettera i), e quindi non alle operazioni esentate per loro natura (v., in tal senso, sentenze del 1 o dicembre 2005, Ygeia, C-394/04 e C-395/04, Racc. pag. I-10373 , punto 26, nonché del 9 febbraio 2006, Stichting Kinderopvang Enschede, C-415/04, Racc. pag. I-1385 , punti 22 e 25). |
Risulta da quanto precede che le disposizioni degli articoli 132, paragrafo 1, lettera i), 133 e 134 della direttiva IVA non ostano a che i servizi educativi forniti a fini commerciali da organismi non pubblici siano esentati dall’IVA. |
Tuttavia l’articolo 43, paragrafo 1, punto 1, della legge sull’IVA, letto in combinato disposto con la rubrica 7 dell’allegato 4 della stessa legge, quale vigente nel 2010, esenta l’insieme dei servizi educativi in maniera generale, qualunque sia lo scopo perseguito dagli organismi che forniscono siffatte prestazioni. |
Ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA, i servizi educativi in questione sono però esentati solo se effettuati da enti di diritto pubblico aventi uno scopo di istruzione o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato aventi finalità simili. Ne consegue che gli altri organismi, cioè gli organismi privati, devono soddisfare il requisito di perseguire finalità simili a quelle dei suddetti organismi di diritto pubblico. Discende quindi chiaramente dal tenore letterale dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), che quest’ultimo non permette agli Stati membri di accordare l’esenzione per la prestazione di servizi educativi all’insieme degli organismi privati che forniscono tali prestazioni, includendovi anche quelli le cui finalità non sono simili a quelle dei suddetti organismi di diritto pubblico. |
Pertanto un’esenzione come quella di cui al procedimento principale, applicabile in maniera generale all’insieme delle prestazioni di servizi educativi, qualunque sia lo scopo perseguito dagli organismi privati che forniscono le suddette prestazioni, è incompatibile con il suddetto articolo 132, paragrafo 1, lettera i), come concepito dal legislatore dell’Unione. |
Nei limiti in cui l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA non precisa le condizioni o le modalità secondo le quali tali finalità simili possono essere riconosciute, spetta in via di principio al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali un siffatto riconoscimento può essere accordato ad organismi di tal genere. Gli Stati membri dispongono al riguardo di un potere discrezionale (v., in tal senso, citate sentenze Kingscrest Associates e Montecello, punti 49 e 51, nonché Zimmermann, punto 26). |
Spetta inoltre ai giudici nazionali valutare se gli Stati membri, imponendo simili condizioni, abbiano rispettato i limiti del loro potere discrezionale osservando i principi del diritto dell’Unione, in particolare il principio di parità di trattamento il quale, in materia di IVA, si traduce nel principio di neutralità fiscale (v., in tal senso, citate sentenze Kingscrest Associates e Montecello, punto 52, nonché L.u.P., punto 48). |
Occorre quindi rispondere alla prima questione dichiarando che le disposizioni degli articoli 132, paragrafo 1, lettera i), 133 e 134 della direttiva IVA devono interpretarsi nel senso che non ostano a che i servizi educativi forniti a fini commerciali da organismi non pubblici siano esentati dall’IVA. Tuttavia l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), di tale direttiva osta ad un’esenzione dell’insieme delle prestazioni di servizi educativi, in maniera generale, senza che si prendano in considerazione le finalità perseguite da organismi non pubblici che forniscono prestazioni siffatte. |
Sulla seconda questione
Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, si deve intendere la seconda questione nel senso che, grazie a quest’ultima, il giudice del rinvio intende accertare se un soggetto passivo possa avvalersi del fatto che l’esenzione dall’IVA prevista dal diritto nazionale è incompatibile con l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA, al fine di poter invocare il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte, previsto dall’articolo 168 della direttiva IVA, e di fruire al tempo stesso della suddetta esenzione per le prestazioni di insegnamento e di formazione professionale da esso fornite. |
Occorre preliminarmente constatare che, come hanno rilevato i governi polacco, portoghese e del Regno Unito, un principio centrale del sistema dell’IVA consiste nel fatto che il diritto a detrazione dell’IVA gravante sull’acquisizione di beni o servizi a valle presuppone che le spese effettuate per acquisire questi ultimi rientrino negli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni soggette ad imposta a valle le quali danno diritto a detrazione. |
Risulta infatti dalla parte introduttiva dell’articolo 168 della direttiva IVA, il quale prevede i presupposti per il sorgere e la portata del diritto a detrazione, che solo le operazioni soggette ad imposta a monte possono dare il diritto a detrazione dell’IVA che ha gravato sull’acquisizione dei beni e dei servizi impiegati per realizzare le operazioni stesse. |
Di conseguenza, secondo la logica del sistema istituito dalla direttiva IVA, la detrazione delle imposte a monte è connessa alla riscossione delle imposte a valle. |
La Corte ha già dichiarato in proposito che, ad eccezione dei casi espressamente previsti dalle direttive in materia, quando un soggetto passivo fornisce servizi ad un altro soggetto passivo, il quale li utilizza per effettuare un’operazione esente, quest’ultimo non ha il diritto di detrarre l’IVA pagata a monte (v., segnatamente, sentenze del 6 aprile 1995, BLP Group, C-4/94, Racc. pag. I-983 , punto 28, e del 26 settembre 1996, Debouche, C-302/93, Racc. pag. I-4495 , punto 16). |
Discende da quanto precede che, anche quando un’esenzione prevista dal diritto nazionale è incompatibile con la direttiva IVA, l’articolo 168 di quest’ultima non permette ad un soggetto passivo di fruire di tale esenzione, pur facendo valere il diritto a detrazione. |
Si deve esaminare se un soggetto passivo quale la MDDP possa invocare l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA per far assoggettare ad imposta i suoi servizi di formazione e fruire, pertanto, del diritto a detrazione. |
A tale proposito, secondo la giurisprudenza consolidata, in tutti i casi in cui disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere fatte valere, in mancanza di provvedimenti d’attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva, ovvero, inoltre, in quanto sono atte a definire diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato (v., segnatamente, sentenza del 28 giugno 2007, JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, C-363/05, Racc. pag. I-5517 , punto 58 nonché giurisprudenza citata). |
La questione che sorge è pertanto se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA sia, sul piano sostanziale, incondizionato e sufficientemente preciso per quanto riguarda l’esenzione dei servizi educativi di organismi privati. |
Il primo di tali presupposti è soddisfatto. Infatti l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA è incondizionato quanto al suo contenuto nel senso che non lascia alcuna opzione agli Stati membri, ma impone a ciascuno di tali Stati di accordare l’esenzione ivi definita. |
Circa il secondo presupposto, risulta dalla risposta data dalla Corte alla prima questione che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA lascia agli Stati membri un certo potere discrezionale per definire gli organismi privati che hanno finalità simili a quelle degli organismi di diritto pubblico e che, pertanto, devono essere esentati dall’IVA a norma di tale articolo. |
La Corte ha però già avuto l’occasione di constatare che il fatto che tale disposizione ribadisce l’esistenza di un margine discrezionale in capo agli Stati membri per determinare i beneficiari di quest’ultima non impedisce di considerare che tale disposizione è sufficientemente precisa per determinare i beneficiari di quest’ultima se, sulla base di indizi obiettivi, la prestazione controversa risponde ai criteri indicati per la suddetta esenzione (v., segnatamente, citata sentenza JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, punti 60 e 61 nonché giurisprudenza citata). |
Parimenti, quando uno Stato membro ha oltrepassato il suo potere discrezionale esentando prestazioni o soggetti passivi per i quali un’esenzione siffatta non poteva oggettivamente essere accordata a norma della suddetta disposizione della direttiva IVA, l’interessato può invocare direttamente quest’ultima affinché l’esenzione in parola non gli sia applicata. |
Ne consegue che soltanto se lo Stato membro ha oltrepassato il suo potere discrezionale, riconoscendo un soggetto passivo come un organismo con finalità simili a quelle degli organismi di diritto pubblico, il soggetto passivo in questione può allora far valere l’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA per eccepirlo nei confronti della legislazione nazionale e farsi quindi riconoscere l’assoggettamento all’imposta delle sue prestazioni. |
Come rilevato dall’avvocato generale ai punti 70 e 71 delle sue conclusioni, è compito del giudice nazionale verificare se l’esenzione delle prestazioni fornite da un organismo quale la MDDP, in base all’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA, ecceda i limiti del potere discrezionale lasciato al legislatore polacco. È compito di tale giudice esaminare le finalità e le modalità dell’attività della MDDP raffrontandole con quelle degli organismi polacchi di diritto pubblico incaricati di missioni di formazione. Discende in proposito dalla risposta fornita dalla Corte alla prima questione che il mero fatto che un organismo come la MDDP persegua finalità commerciali non è sufficiente per escludere che quest’ultimo abbia finalità simili a quelle degli organismi di diritto pubblico e che le sue operazioni possano dunque essere esentate in forza della suddetta disposizione. |
Se il giudice del rinvio dovesse constatare che le finalità perseguite da un organismo quale la MDDP non possono considerarsi comparabili a quelle perseguite da un organismo di diritto pubblico, quest’ultimo potrebbe avvalersi del fatto che il diritto nazionale esenta, in violazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera i), della direttiva IVA, i servizi di insegnamento e di formazione professionali dall’IVA. In tal caso tali servizi sarebbero assoggettati all’IVA e la MMDP potrebbe allora far valere, entro questi limiti, il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte in base alla normativa polacca. |
Occorre pertanto rispondere alla seconda questione nel senso che:
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Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il polacco.