Sentenza 6074/2021 della Commissione Tributaria Regionale Di Sicilia Sezione 2

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
REG.GENERALE N° 5304/2014 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
DI SICILIA SEZIONE 2
riunita con l'intervento dei Signori:
giu1 Presidente giu2 Relatore giu3 Giudice

ha emesso la seguente
SENTENZA
- sull'appello n. 5304/2014
depositato il DD/MM/2014
- avverso la pronuncia sentenza n-226/2014 Sez:6 emessa dalla Commissione
Tributaria Provinciale di MESSINA
contro:
R F
XXX

difeso da:
AS
XXX
proposto dall'appellante:
AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE MESSINA
Atti impugnati:
AVVISO DI ACCERTAMENTO n° TYX01E303704/2012 IRPEF-ADD.REG. 2008
AVVISO DI ACCERTAMENTO n° TYX01E303704/2012 IRPEF-ADD.COM. 2008 AVVISO DI ACCERTAMENTO n° TYX01E303704/2012 IVA-OP.IMPONIB. 2008
IN FATTO E IN DIRITTO
La Guardia di Finanza - Compagnia di Messina iniziava una verifica nei confronti della ditta individuale “MB” della sig.ra F R - esercente il commercio all'ingrosso di rottami metallici (trattasi di così detto “compro oro”), i cui esiti
venivano cristallizzati nel Processo Verbale di constatazione del DD MM 2011 col
quale evidenziava che l'impresa aveva sottratto a imposizione l’intero. importo delle
cessioni di beni in oro, ritenendole operazioni senza addebito d’IVA ai sensi dell'art.
17, comma 5, del D.P.R. n. 633/1072, mentre - consistendo l’attivita nella cessione di
oggetti usati di gioielleria ed oreficeria e non di mero materiale d’oro o semilavorati -
la ditta cedente avrebbe dovuto assoggettare le vendite ad IVA, secondo il regime del
margine. I verificatori rilevavano, altresì, l’indeducibilità di componenti negativi di
reddito per € 60.541,81, onde ridimensionare l’entità dei costi, alla luce della
documentazione extracontabile rinvenuta in occasione della verifica.
Pertanto per l'anno 2008, l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Messina -
TCUfficio Controlli, dando seguito ai controlli, notificava l'avviso di accertamento n.TYX01F303704/2012, con il quale venivano recuperati IRPEF per € 24.072,00,
| “rs addizionale regionale all’IRPEF per €.826,00, addizionale comunale all’IRPEF per €473,00, contributi previdenziali per € 5.882,00, IRAP per € 2.846,00 ed IVA per €
A 18.788,00 con contestuale irrogazione della sanzione di € 38.954,00.
Avverso tale provvedimento agenziale la contribuente proponeva ricorso. Con sentenza n. 226/06/2014 del DD MM 2013 la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, annullando l’accertamento e compensando le spese di giudizio. I giudici aditi motivavano la decisione esclusivamente riferendosi alla mancata prova della sussistenza della delega rilasciata dal Direttore Provinciale al sottoscrittore Capo Ufficio Controlli. Avverso tale sentenza propone appello l'Agenzia delle Entrate eccependone:
1) la totale erroneità
in quanto l’' art.42 D.P.R. n. 600/1973 non pone alcun
obbligo di allegazione o esibizione della delega alla sottoscrizione del
provvedimento impo-sanziatorio —- avente valore di atto pubblico fidefaciente
tale da poter essere scardinato solo mediante querela di falso - e, comunque,
deposita con l'appello copia della delega poiché, ai sensi dell' art. 58, comma 2, D.Lgs n. 546/1992 è possibile addurre nuovi documenti in questa sede.

2) Nel merito l'Ufficio ribadisce la piena legittimità e fondatezza della pretesa
erariale sia nell’an che nel quantum
sostenendo che l’attività svolta dalla
contribuente consistesse nella "cessione di oggetti usati di gioielleria e
oreficeria”, oggetti che non rientrano nella definizione di oro contenuta nell' art. 1, primo comma della L. n. 7/2000 , né, d’altronde, la ditta possedeva i requisiti
richiesti per gli operatori professionali nel mercato dell'oro (forma giuridica di
società di capitali), e, pertanto, le predette cessioni di oggetti usati di
gioielleria e oreficeria andavano ricondotte, ai fini dell’assoggettamento ad IVA,
nel regime del margine di cui all' art. 36 del D.L. n. 41/1995 .

3) Sostiene, inoltre, che anche il recupero analitico dei costi legati ai prezzi
d'acquisto - come rideterminati mediante il confronto con pregnante
documentazione extracontabile rinvenuta - appare scevro da.spunti di censura,
giacché l'evidenza della sussistenza di essi documenti non ha trovato alcuna
concreta ed adeguata confutazione da parte dell’interessata.
Richiede, pertanto, la riforma della sentenza con conferma dell'atto impugnato. Si costituisce in giudizio la contribuente. eccependo pregiudizialmente nullità
dell'avviso di accertamento:
1) sia perché privo di valida sottoscrizione in relazione alla mancanza allegazione
della delega;

2) Che per inesistenza giuridica \della notifica effettuata ex art. 14 L. 890/92
direttamente spedendo l'atto “in busta verde chiusa inviata dall'Ufficio postale
presso cui è avvenute la spedizione”, anziché attraverso i messi conciliatori ex
art. 60 D.P.R. 600/73 .
Nel merito sostiene con riferimento ai rilievi:
3) in ambito IVA, la correttezza dell’applicazione del reverse charge ex art. 17, comma 5, D.P.R. 633/72 in relazione all'attività svolta dalla stessa e dalla ditta
cessionaria a cui vende i rottami d’oro acquistati dai privati;

4) in ambito imposte dirette, l'infondatezza del criterio dell’applicazione della percentuale forfettaria del 26,26% di abbattimento dei costi sostenuti per l'intero anno 2007. Chiede pertanto il rigetto dell'appello.
Con nota in data 03-03-2021 la R, in relazione all'udienza fissata per il DD-MM- 2021, chiede che la trattazione avvenga mediante discussione ai sensi dell'art. 27.5 °
comma 2, D.L. 137/2020 e, quindi, all'udienza del DD/MM/2021, la Commissione decide come da dispositivo.
Passando ad esaminare le ragioni poste a base dell'appello, va preliminarmente
spreso atto della intervenuta produzione in questa fase del giudizio dell’atto di
conferimento incarico al funzionario sottoscrittore.
Peraltro, la questione della
nullita dell’atto tributario per difetto di sottoscrizione e mente dell’ art. 42 del D.P.R. n. 600/73 è stata sostanzialmente risolta in senso negativo dal giudice di
legittimità, il quale ha statuito che il requisito formale richiesto dalla norma in
questione è soddisfatto una volta che l'atto sia sottoscritto dal capo ufficio, restando
irrilevanti gli eventuali vizi del procedimento di nomina e la riconoscibilità, al
suddetto, della qualifica dirigenziale ( Cass. 22800/15 e 22810/15 ).
Quanto alla
dedotta inammissibilità della produzione effettuata in fase d'appello, la
Commissione ne rivela l'infondatezza, alla luce del consolidato orientamento del
Supremo Collegio (vedi Cass. Civ. Trib. N. 5491/2017 ) secondo cui “In materia di
produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, alla luce del
principio di specialità espresso dall' art. 1, comma 2, del D.Lgs 31 dicembre 1992, n. 546 - in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e
norma processuale tributaria, prevale quest'ultima - non trova applicazione la
©\preclusione di cui all' art. 345, terzo comma, cod. proc. Civ. (nel testo introdotto
della legge 18 giugno 2009, n. 69 ), essendo la materia regolata dall'art. 58,comma
2, del citato D.Lgs, che consente alle parti di produrre liberamente i documenti
anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado
(Sez. 5, Sentenza n. 18907 del 16/09/2011 ).
Sicchè l'eccezione sollevata sul punto dalla contribuente deve essere disattesa.
2) Relativamente all’eccepita nullità della sentenza per la notifica dell'avviso di
accertamento a mezzo posta, si precisa che, con orientamento sempre più reiterato
(Cassazione nn..12083, 10232, 7184, 3254, tutte del 2016) la Corte Suprema ha
chiarito che, in tutti i casi di notificazione postale di un atto tributario eseguito
direttamente dall'Ufficio, non si applicano le regole procedurali della L. 890/82 , e
l'atto pervenuto all'indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a
quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all' art. 1335 C.C.
Anche tale eccezione, pertanto, va disattesa;
3) Con riguardo alle altre ragioni di doglianza, e, specificamente a quelle in ambito
IVA, giova tracciare il quadro normativo entro cui si colloca l’attività di “compro
oro”, facente capo alla ricorrente.
Accanto alle norme primarie regolanti la
sx). procedura di commercializzazione dell'oro e dei metalli preziosi, cui si rinvia (artt 9 ‘55 127 e 1218 T.u.l.p.s., nonché artt 243 e 246 regolamento esecuzione T.u.l.p.s.), di ac@siste un'ulteriore disciplina di settore che può essere così sintetizzata:
Legge 22 maggio 1999, n. 251 , "Disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi” e Regolamento attuativo adottato con“
D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150 . La normativa definisce quali metalli siano da
considerarsi preziosi (platino, palladio, oro e argento); i loro titoli legali; le
caratteristiche del marchio di identificazione e le procedure per ottenere le matrici
recanti le impronte del marchio stesso; gli oggetti esonerati dall'obbligo del
marchio di identificazione e dell'indicazione del titolo; la tenuta del registro degli
assegnatari dei marchi di identificazione presso ogni Camera di Commercio; la
disciplina degli oggetti placcati, dorati, argentati e rinforzati o di fabbricazione
mista; i sistemi di certificazione; l’attività di vigilanza ed ispettiva esercitata dalle
Camere di Commercio nonché una nutrita serie di sanzioni.
In sintesi i metalli
preziosi, le loro leghe e gli oggetti in metallo prezioso fabbricati e posti in
commercio nel territorio italiano debbono essere a titolo legale e portare impresso
il titolo stesso e il marchio di identificazione.
I commercianti non possono vendere
ne detenere, pronti per la vendita, oggetti composti da materiali preziosi sprovvisti
di marchio di identificazione e del titolo legale.
Il sequestro degli oggetti preziosi è
obbligatorio in caso di dubbio sull’autenticità dei marchi, di incompletezza, assenza
o illeggibilità delle impronte dei marchi e del titolo; Legge 17 gennaio 2000, n.-7, “Nuova disciplina del mercato dell'oro, AS
anche in attuazione della direttiva 98/80/CE del Consiglio , del 12 ottobre | f
1998” che stabilisce cosa si deve intendere per “oro” e quali sono i requisiti per’, 4
esercitare tale commercio in modo professionale, (cosiddetti “Operatori” È
Professionali in oro”), ad uso-industriale o da investimento, per conto proprio o per
conto terzi.
Il legislatore con questa norma ha voluto stabilire sia le modalità con
le quali identificare la natura dei beni che possono essere qualificati come oro, sia
le caratteristiche che un'azienda deve assumere per poter svolgere lecitamente
tale attività.
Infatti, stabilendo che solo le società lucrative o cooperative, con
capitale sociale interamente versato non inferiore a quello minimo previsto per le
società per azioni, possono svolgere tale attività, esclude di fatto l’accesso a tale
mercato da parte delle ditte individuali.
Ulteriore condizione necessaria per
commercializzare oro in modo professionale è il possesso, da parte dei
partecipanti al capitale, degli amministratori e dei dipendenti investiti di funzioni di
direzione tecnica e commerciale, dei requisiti di onorabilità previsti dal D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 , “ Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia
nonché il rilascio delle prescritte autorizzazioni da parte della Banca d’Italia. La
norma stabilisce altresì che chiunque dispone o effettua il trasferimento di oro da o
verso l'estero ovvero il commercio di oro nel territorio nazionale ovvero altra
Banca d’Italia (ex Ufficio italiano dei cambi), qualora il valore della stessa risulti di
importo pari o superiore a 12.500 euro.
Inoltre la legge in questione ha abolito il
monopolio dell'oro consentendo ai privati di acquistare monete e lingotti di oro
fino da investimento in esenzione I.V.A.;
D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 , concernente la prevenzione dell'utilizzo del
sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di
finanziamento del terrorismo che riguarda direttamente il commercio in esame
laddove i soggetti che esercitano l’attività di Compro Oro sono tenuti agli.obblighi
di identificazione e di registrazione previsti dalla normativa antiriciclaggio che va
ad integrare quanto già imposto dall'art. 128 T.u.l.p.s..
Quindi il Compro Oro
assolve agli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio adempiendo alle
imposizioni previste dal T.u.l.p.s. in tema di identificazione della clientela e di
registrazione delle operazioni giornaliere sul registro vidimato dalla Questura, da
conservare per cinque anni.
Sotto questo profilo i Compro Oro sono sottoposti
anche alla vigilanza della struttura dedicata al contrasto del riciclaggio (Unità di
Informazione Finanziaria, U.I.F.); è a questo ufficio che deve essere inviata la segnalazione di operazioni sospette.
Tale comunicazione ha luogo quando i
destinatari degli obblighi antiriciclaggio “sanno, sospettano o hanno motivi
i ‘ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate
operazioni di riciclaggio o di.finanziamento del terrorismo”.
Il Ministro dell'interno,
con decreto del 17 febbraio 2011, intitolato “Determinazione degli indicatori di
anomalia al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette di
riciclaggio da parte di talune categorie di operatori non finanziari”, ha individuato
alcuni elementi, a-titolo esemplificativo, per valutare con criterio e buon senso, la
sussistenza di eventuali operazioni sospette.
Tra i soggetti destinatari del decreto yi
sono ricompresi anche coloro che commerciano oggetti preziosi, ai quali è stata
rilasciata la licenza di Pubblica Sicurezza ai sensi del T.u.l.p.s.
Infine il decreto 231/2007 può trovare ulteriore applicazione allorquando emerga che l’attività
commerciale risulti un'attività “di copertura” per la consumazione dei reati di
grave rilevanza che la normativa stessa intende contrastare.
In conclusione, per quanto fin qui esposto, i "compro oro” possono essere definiti
come “esercizi commerciali che acquistano, commerciano o rivendono oggetti d’oro, di
metalli preziosi o recanti pietre preziose usati e li cedono nella forma di materiale, di
‘rottami d’oro o di metalli preziosi alle fonderie o ad altre aziende specializzate nel recupero di materiali preziosi”. Trattano esclusivamente prodotti finiti e non possono, congiuntamente, acquistare oro da gioielleria usato, fonderlo (per proprio conto o con incarico a terzi) e cedere il prodotto finito ottenuto.
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei
metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli
acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di
fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto,
soggiace alla procedura prevista dall' art. 17, comma 5, del D.P.R. n. 633 del.1972 (il
cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta
dunque essere obbligatoria.
In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del «Compro oro», con
cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di
vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione.
Nel primo caso il reverse
charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non
deve e non può mai essere utilizzato.
Il “compro oro” che acquista da privati può
utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da
rottamare.
Tali forniture, se hanno i requisiti previsti, possono essere fatturate con LE
regime del margine ( D.L. 41/95 ).
Secondo quanto previsto dallo stesso decreto,
come meglio precisato nella circolare 177/E del 22 giugno 1995, i beni interessati dalla «speciale regime del margine sono i beni mobili suscettibili di reimpiego nello stato
originario o previa riparazione: non dunque quelli destinati alla rottamazione.
Il
“Regime speciale per i rivenditori di beni usati, di oggetti d’arte, di antiquariato o da
collezione”, meglio noto come “Regime del margine” costituisce un regime speciale Iva
facoltativo, disciplinato dagli-artt. 36-40 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41 , che
recepisce fedelmente il contenuto della Direttiva CEE n. 1994/5 .
Infatti, per evitare
che ciò si verifichi non viene assoggettato ad Iva il corrispettivo di cessione del bene
rivenduto, ma solamente la differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto
comprensivo di eventuale Imposta sul Valore Aggiunto: tale differenza costituisce il
cosiddetto margine, da cui origina il nome del regime.
In quanto speciale, il regime si
caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata.
Quanto al meccanismo del reverse charge, che realizza una inversione contabile
(giusta previsione normativa, che prevede che “in deroga al primo comma, per le
cessioni imponibili di oro da investimento di cui all'articolo 10, numero 11), nonché per
le cessioni di materiale d'oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pario
superiore a 325 millesimi, al pagamento dell'imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato.
La fattura, emessa dal cedente
senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e
‘seguenti e con l'annotazione "inversione contabile" e l'eventuale indicazione della
norma di cui al presente comma, deve essere integrata dal cessionario con
l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro
di cui agli articoli 23 o 24 entro // mese di ricevimento ovvero anche successivamente,
ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese;
lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro di
cui all'articolo 25”), esso si configura come uno strumento anti-frode ‘finalizzato a
contrastare il fenomeno della frode fiscale in particolari settori ritenuti ad alto rischio
di evasione”, per effetto del quale “la fattura è emessa dal.cedente, ma senza
addebito d'imposta, che deve essere applicata dall’acquirente; in tal modo, il debitore
d'imposta è soltanto il cessionario/committente, anziché il prestatore/cedente”.
Lo
scopo del reverse charge è, infatti, impedire la detrazione dell'IVA sugli acquisti e
combattere le frodi “carosello”, evitando che l'acquirente detragga l'imposta anche in
mancanza di versamento da parte del fornitore; e ciò proprio sulla base delle fatture
emesse dalla società contribuente.
Passando a valutare - alla luce dei principi esposti- la fattispecie in esame, risulta
8 ‘dagli accertamenti eseguiti che la ricorrente acquistasse da privati oggetti d'oro per
ae ‘poi rivenderli direttamente per la fusione alla fonderia C s.p.a., con sede in XXX, società operatrice professionale, regolarmente iscritta all'albo della Banca d’Italia ed in possesso della specifica autorizzazione dell’Ufficio Italiano Cambi.
La C spa, che è risultato cliente unico della ricorrente, ha per oggetto sociale”
TRATTAMENTO, RAFFINAZIONE.E RECUPERO DELLE LEGHE METALLICHE E DEI LORO
DERIVATI”, ma noneanche la commercializzazione dei gioielli d’oro.
Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la-cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente
accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e
destinazione»dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente.
È bene ricordare che in riferimento all’onere della prova valgono e vengono applicate,
anche in ambito tributario, le norme del codice civile che, come regola generale di
fondo, subiscono delle eccezioni di fronte a presunzioni legali, ex art. 2728 c.c. , 0
presunzioni semplici assistite da requisiti di precisione, gravità e concordanza, ex art.
a . 2729 c.c.
In mancanza dei requisiti richiesti dall' art. 2729 c.c. il Collegio ritiene sufficienti per il superamento della presunzione, le fatture emesse dalla cedente,regolarmente contabilizzate e ciò anche alla luce dei principi enunciati dalla stessa
Direzione Centrale dell'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 92/E del
permettono di qualificare i preziosi come oro “industriale” e i presupposti che
consentono di applicare il regime di reverse charge alle cessioni di tali beni, ribadendo
quanto già sostenuto nella risoluzione n. 375/E del 12 novembre 2002.
Con la
risoluzione n. 92/E del 12 dicembre 2013, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che
“i prodotti finiti d’oro usati, ceduti a soggetti passivi che effettuano lavorazione di oro
industriale, anche se non qualificabili sotto il profilo merceologico come “oro
industriale”, possono essere assimilati, ai fini IVA, a quest'ultimo prodotto, in
considerazione dell’univoca destinazione del metallo prezioso alla lavorazione da parte
del cessionario”.
La destinazione del prezioso al processo di lavorazione da parte del cessionario è
dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare
l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D.P.R. n. 633/1972 , al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la
natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo
rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle
condizioni in cui si trova.
Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di
reverse charge alle cessioni di oro usato - si deve aver riguardo alla destinazione dell'oggetto venduto nonché all'attività del soggetto cessionario, che deve essere
esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato.
Laddove è dimostrato che
l’attività consiste nell’acquisto di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella
successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli
preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di
cessione-ai.sensi e per gli effetti del citato art. 17.
Pertanto la contribuente ha correttamente effettuato le cessioni dei beni senza
addebito d'IVA secondo il regime del reverse charge ai sensi dell'art. 17, comma 5 del D.P.R. 633/1072.

4) Per quanto riguarda il rilievo in ambito Imposte Dirette, l'Agenzia fa presente che
“nel corso della verifica da parte dei militari della Guardia di Finanza, è stato
ritrovato un quaderno con annotazioni extracontabili per il periodo dal mese di
gennaio 2006 al mese di aprile 2007 consistenti in,uscite realmente sostenute per
l'acquisto degli oggetti di gioielleria ed oreficeria d’oro usati, entrate derivanti dalle
vendite alla fonderia, numeri d’ordine coincidenti con quelli riportati nei registri di
commercio, corrispondenti alle spedizioni effettuate.
L'attenta analisi di tali appunti “in nero” ha fatto comparire il reale prezzo d’acquisto
dei beni, risultati ovviamente in netto contrasto con quelli riportati nei registri
contabili in uso alla ditta MB di R F.
Gli esiti del controllo evidenziano una condotta illecita mirata alla sottrazione di ricavi
da sottoporre a tassazione, riconducibili alla trascrizione sul registro previsto TULPS
di costi “gonfiati” rispetto a quelli effettivamente sostenuti.
Tale condotta provata dagli appunti extracontabili legittima l'uso della presunzione ex
art. 2727 C.C. sussistendo i requisiti di gravità, precisioni e concordanza.
Sulla scorta della ricostruzione operata è stata determinata la percentuale di ricavo
sul costo effettivamente sostenuto per l'acquisto di oggetti di oro e argento usati in
misura pari al 26,26% e, pertanto, il reddito è stato aumentato di € 60.541,81”.
La contribuente ha sostenuto invece che si trattava di appuntivreontenenti "ipotesi che
la ricorrente aveva elaborato nei primi periodi di attività, e comunque fino al 13 aprile
2007, per immaginare l'utile che avrebbe potuto conseguire se fosse riuscita ad
abbassare il prezzo di acquisto al grammo dell'oro, mentre l’Agenzia delle Entrate ha
invece erroneamente ritenuto che quelle ipotesi fossero le somme realmente pagate
agli acquirenti e che, quindi, la contribuente avesse gonfiato i costi per l'importo pari
alla, diterenza tra quanto annotato e_quanto riportato in contabilità ma per di più gli
ha traslati anche negli anni successivi per.i quali nulla è stato riscontrato applicando
forfettariamente la percentuale.di abbattimento dei costi sostenuti per l'anno 2008
senza alcun supporto documentale\in quanto gli appunti erano riferiti fino al 13 aprile
2007”.
Al riguardo la Commissione rileva che non è stato riscontrato alcun documento che
possa essere ricondotto ad una presunta modifica del costo di acquisto di materiale
prezioso per l'anno 2008, e, pertanto, si deve ritenere inesistente il maggiore reddito
accertato perché assolutamente privo di fondamento è il criterio che lo determina e
perché.basato su una presunzione semplice priva dei requisiti di gravità, precisione e
concordanza previsti dall' art. 2729 del C.C ”.
La prassi dell'Ufficio è, inoltre, in aperto contrasto anche con il principio dell'autonomia
dei.\singoli periodi d'imposta, in base al quale, nel procedere nell’accertamento di
un’annualità, l'Ufficio deve utilizzare dati inerenti al periodo d'imposta in questione,
essendo vietato traslare eventuali irregolarità commesse anni prima.
Ne consegue che deve essere rigettato l'appello e annullato l'avviso di accertamento. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese di entrambi i gradi del
giudizio,
attesa la novità della questione e l'assenza di una consolidata giurisprudenza
di legittimità sui punti controversi.
P. Q. M.
Rigetta l'appello dell'Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Messina. Spese compensate.
All’odierna camera di consiglio l'appello è stato posto in decisione, sulla base degli atti,
ai sensi dell’ art. 27, comma 2, del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 .
Così deciso in Messina il DD MM 2021