Documents - 2 citing "Директива 2004/48/ЕО на Европейския парламент и на Съвета от 29 април 2004 година относно упражняването на права върху интелектуалната собственостТекст от значение за ЕИП."

contraffazione, concorrenza sleale, risarcimento del danno, danno morale, brevettazione, progettazione, brevetto per invenzione, rigetto della domanda, buona fede, preuso, stato della tecnica, oggetto del brevetto, pubblicità, parte interessata, attività industriale, titolare del brevetto, inibitoria, pubblicazione della sentenza, aspetti pertinenti, mancato guadagno, esibizione della documentazione, numero complessivo, prova del fatto
La nullità del brevetto è stata eccepita sotto il profilo dell’assenza del requisito della novità e dell’assenza di un reale problema tecnico cui l’invenzione di MM avrebbe trovato soluzione. [...] Risulta perciò logicamente irrilevante quanto sostiene parte convenuta (comparsa conclusionale) circa il fatto che parte attrice non avrebbe dimostrato che la società K ha modificato l’originario modello B alla luce del modello MM, non essendo affatto questa ( la modifica di K del modello originario) la tesi dell’attrice, la quale ha semplicemente sostenuto che il modello in commercio dopo il 31.7.2010 - di cui quello acquistato sarebbe un esemplare – era in contraffazione del brevetto MM. [...] Premesso che le argomentazioni difensive della convenuta “IP” non hanno nulla a che vedere con un’eccezione processuale (insussistenza di una delle condizione dell’azione quale, appunto, la legittimazione passiva che nella specie si ravvisa per il solo fatto incontestato della vendita da parte de “IP” del prodotto che parte attrice assume in contraffazione) bensì riguardano il merito dell’azione, ovvero la sussistenza de presupposti dell’imputabilità del fatto illecito dedotto (contraffazione e concorrenza sleale), si tratta comunque di una eccezione infondata: la vendita di un prodotto contraffatto, infatti, non solo giustifica la legittimazione passiva della convenuta, ma integra, almeno in via presuntiva, violazione quantomeno colpevole della privativa industriale salvo prova contraria: invero le privative sono soggette ad un regime di pubblicità, e, quindi, ad una presunzione di conoscenza da parte degli operatori economici; e se nella specie IP non ha fornito prova di essere stata inconsapevole incolpevolmente, almeno a partire dal DD/MM/2012 (notifica dell’atto di citazione) era certamente a conoscenza di vendere un prodotto del quale MM affermava la natura contraffattoria, ma ha proseguito nell’illecito essendo dall’impegno di manleva assunto da GG, come a breve meglio di dirà. [...] 5.4 Il risarcimento del danno La contraffazione brevettuale e la commercializzazione del ben contraffatto determinano la perdita attuale e/o potenziale di clientela e vanifica gli sforzi compiuti da chi né è stato vittima per ottenere la privativa (spese di ricerca e brevettazione) e per lanciare il prodotto sul mercato (spese di promozione). [...] Nella specie, non avendo l’attore provato alcunchè in termini di lucro cessante, ma avendo altresì chiesto, com’era sua facoltà, la retroversione degli utili, dovrà accogliersi quest’ultima domanda; anche con riguardo a IP che – quand’anche incolpevole come assume di essere stato - sarebbe comunque in tal senso tenuto.[...]
Oggetto: marchi
Infatti, quanto al riferimento al marchio di fatto, questo non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla già avanzata pretesa di tutela del marchio registrato. Quanto alla menzione delle norme di legge ritenute violate, le ipotesi delineate dall’invocato art. 20 c.p. i. illustrano il contenuto del diritto di esclusiva, ossia dell’uso del marchio e, quindi, al contempo, rappresentano ipotesi tipiche di contraffazione; esse sono, evidentemente, riconducibili nell’ambito della tutela del marchio registrato e, quindi, configurano una legittima precisazione della domanda formulata nell’atto di citazione. Analogamente, la richiesta di tutela del marchio, qualora fosse illecitamente utilizzato anche in funzione di ditta o ragione sociale, non rappresenta un nuovo titolo fatto valere in giudizio e, pertanto, non è oggetto di una nuova domanda che amplia il petitum. Ciò perché, come correttamente eccepito dall’appellata, l' art. 22 c.p. i. — pure invocato nelle conclusioni della prima memoria ex art. 183 c.p.c., oggetto di contestazione — sancisce il principio di unitarietà dei segni distintivi, attribuendo al titolare del marchio il diritto di tutelare quest’ultimo anche nei casi in cui la contraffazione sia perpetrata mediante l’adozione, come ditta o ragione sociale, di un segno uguale o simile al marabin altrui, per contraddistinguere prodotti identici o affini, ingenerando così un rischio di confusione nel pubblico. Anche la menzione del suddetto articolo si configura, quindi, come un’ammissibile precisazione della domanda precedentemente formulata, trattandosi della specificazione di un profilo della più ampia e generale tutela del marchio. [...] Da tale raffronto appare con tutta evidenza la sostanziale somiglianza dei suddetti segni (il cui elemento saliente è, appunto, rappresentato dalla parola “pala”), quindi la loro confondibilità. A quest’ultima si accompagna l’identicità dei prodotti commercializzati con i suddetti marchi (vini e olii). In forza di ciò, va confermata la sentenza in punto di sussistenza di interferenza dei segni ai sensi dell’ art. 20, comma 1, lett. b) c.p. i.. [...] La Corte rileva che i criteri di risarcimento del danno disciplinati dalla nuova formulazione dell’ art. 125 c.p. i. (introdotta in attuazione della direttiva n. 2004/48/CE ) avrebbero potuto trovare concreta applicazione laddove l’appellante incidentale avesse dato prova “ontologica” del danno, ossia se avesse provato, nonostante la difficoltà di quantificarlo, l’esistenza del danno. Anche quando P invoca i criteri della retroversione degli utili e del giusto prezzo del consenso, ne fa oggetto di un’allegazione assolutamente generica, senza mai fornire alcuna indicazione specifica sulle ricadute in termini economici subite. Analoghe considerazioni valgono per il preteso danno morale, anch’esso solo genericamente allegato come “danno all'immagine commerciale” dell’azienda da ritenersi implicitamente derivante dal mero fatto che ci sia stata una contraffazione del marchio di propria titolarità.[...]