Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 marzo 2014. Backaldrin Österreich The Kornspitz Company GmbH contro Pfahnl Backmittel GmbH. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Patent- und Markensenat. Marchi – Direttiva 2008/95/CE – Articolo 12, paragrafo 2, lettera a) – Decadenza – Marchio divenuto, per il fatto dell’attività o inattività del suo titolare, la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per il quale è registrato – Percezione del segno denominativo “KORNSPITZ” da parte dei venditori, da un lato, e degli utilizzatori finali, dall’altro – Perdita del carattere distintivo dal punto di vista dei soli utilizzatori finali. Causa C‑409/12.
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Patent- und Markensenat (Austria), con decisione dell’11 luglio 2012, pervenuta in cancelleria il 6 settembre 2012, nel procedimento
Backaldrin Österreich The Kornspitz Company GmbH
contro
Pfahnl Backmittel GmbH,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da M. Ilešič (relatore), presidente di sezione, C.G. Fernlund, A. Ó Caoimh, C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,
avvocato generale: P. Cruz Villalón
cancelliere: K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 maggio 2013,
considerate le osservazioni presentate:
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per la Backaldrin Österreich The Kornspitz Company GmbH, da E. Enging-Deniz, Rechtsanwalt; |
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per la Pfahnl Backmittel GmbH, da M. Gumpoldsberger, Rechtsanwalt; |
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per il governo tedesco, da T. Henze e J. Kemper, in qualità di agenti; |
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per il governo francese, da D. Colas e J.-S. Pilczer, in qualità di agenti; |
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per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Varone, avvocato dello Stato; |
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per la Commissione europea, da F. Bulst e J. Samnadda, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 settembre 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa ( GU L 299, pag. 25 e rettifica GU 2009, L 11, pag. 86 ). |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Backaldrin Österreich The Kornspitz Company GmbH (in prosieguo: la «Backaldrin»), società di diritto austriaco, e, dall’altro, la Pfahnl Backmittel GmbH (in prosieguo: la «Pfahnl»), anch’essa società di diritto austriaco, in merito al segno denominativo «KORNSPITZ», che la Backaldrin ha fatto registrare come marchio. |
Contesto normativo
La direttiva 2008/95
Ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2008/95, «[p]ossono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente (…) a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese». |
L’articolo 3 della direttiva in parola recita: «1. Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli: (…)
(…)». |
A termini dell’articolo 5 della medesima direttiva: «1. Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:
2. Ciascuno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi. (…)». |
L’articolo 12 della direttiva 2008/95 prevede quanto segue: «1. Il marchio di impresa è suscettibile di decadenza se entro un periodo ininterrotto di cinque anni esso non ha formato oggetto di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e se non sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso. (…) 2. Fatto salvo il paragrafo 1, il marchio di impresa è suscettibile inoltre di decadenza qualora, dopo la data di registrazione:
(…)». |
Il diritto austriaco
L’articolo 33 ter della legge del 1970 sulla tutela dei marchi d’impresa (Markenschutzgesetz 1970, BGBl. 260/1970), nella versione vigente all’epoca dei fatti del procedimento principale, recita quanto segue: «1. Chiunque può chiedere la cancellazione di un marchio d’impresa, qualora, dopo la data di registrazione, esso sia divenuto, per il fatto dell’attività o inattività del suo titolare, la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per il quale è registrato. 2. La dichiarazione di cancellazione opera retroattivamente sino al momento in cui è stato dimostrato il compimento della trasformazione del marchio in denominazione generica (…)». |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
La Backaldrin ha fatto registrare il marchio denominativo austriaco KORNSPITZ per prodotti appartenenti alla classe 30 dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato. Tra tali prodotti figurano in particolare i seguenti: «farine e preparati fatti da cereali; prodotti da forno; miglioratori per panificazione; prodotti di pasticceria, anche pronti da passare in forno; impasti (…) per la produzione di pasticceria». |
La Backaldrin produce, sotto il suddetto marchio, un preparato che essa fornisce prevalentemente ai fornai. Questi ultimi lavorano il preparato facendone un panino di forma oblunga con le due estremità appuntite. La Backaldrin ha acconsentito che i fornai e i distributori di prodotti alimentari da essa riforniti vendano tale pane avvalendosi del citato marchio. |
I concorrenti della Backaldrin, tra cui la Pfahnl, così come la maggior parte dei fornai, sanno che il segno denominativo «KORNSPITZ» è stato registrato come marchio. Stando alle affermazioni della Pfahnl, contestate dalla Backaldrin, questo segno denominativo è invece percepito dagli utilizzatori finali come la generica denominazione di un prodotto da forno, ossia panini di forma oblunga con le due estremità appuntite. Tale percezione si spiegherebbe, in particolare, con la circostanza che i fornai che utilizzano il preparato fornito dalla Backaldrin di norma non informano i loro clienti del fatto che il segno «KORNSPITZ» è stato registrato come marchio, né della circostanza che i panini sono prodotti a partire da detto preparato. |
Il 14 maggio 2010 la Pfahnl ha presentato, a norma dell’articolo 33 ter della legge del 1970 sulla tutela dei marchi, una domanda di decadenza del marchio KORNSPITZ per i prodotti menzionati al punto 8 della presente sentenza. Con decisione del 26 luglio 2011 la divisione di annullamento dell’Österreichischer Patentamt (Ufficio austriaco dei brevetti) ha accolto tale domanda. La Backaldrin ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi all’Oberster Patent- und Markensenat (Sezione superiore dei brevetti e dei marchi). |
Quest’ultimo giudice si chiede in che misura dovrà tener conto, per l’applicazione del criterio di «generica denominazione commerciale» nella controversia di cui al procedimento principale, del fatto che i prodotti per i quali è stato registrato il marchio non si rivolgono tutti ai medesimi clienti. Esso spiega, in proposito, che gli utilizzatori finali dei prodotti grezzi e intermedi commercializzati dalla Backaldrin con il marchio KORNSPITZ, quali il preparato che viene poi trasformato in panini, sono fornai e distributori di prodotti alimentari, mentre gli utilizzatori finali dei panini sono i clienti di tali fornai e distributori di prodotti alimentari. |
L’Oberster Patent- und Markensenat ritiene che il ricorso avverso la decisione di decadenza della divisione di annullamento dell’Österreichischer Patentamt debba essere accolto per la parte in cui il marchio oggetto del procedimento principale è stato registrato per prodotti grezzi e intermedi, quali le farine e i preparati fatti di cereali, i miglioratori per panificazione, i preparati destinati ad essere cotti e gli impasti per la fabbricazione di pasticceria. |
Per quanto attiene invece ai prodotti finiti per i quali il marchio KORNSPITZ è stato altrettanto registrato, vale a dire i prodotti da forno e di pasticceria, detto giudice desidera essere edotto da una pronuncia pregiudiziale della Corte. In particolare, esso vuole sapere se può verificarsi la decadenza del marchio allorché quest’ultimo è divenuto la generica denominazione secondo la percezione non già dei venditori del prodotto finito ottenuto a partire dalla materia fornita dal titolare del citato marchio, bensì degli utilizzatori finali di tale prodotto. |
Tale giudice specifica che, dopo avere ricevuto la decisione pregiudiziale, valuterà la necessità di un sondaggio presso gli utilizzatori finali sulla loro percezione del segno denominativo «KORNSPITZ». |
Ciò premesso, l’Oberster Patent- und Markensenat ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio rischia che il suo marchio decada relativamente ad un prodotto per il quale tale marchio è registrato quando, per il fatto dell’attività o inattività di tale titolare, questo marchio è divenuto la generica denominazione del citato prodotto dal punto di vista dei soli utilizzatori finali di quest’ultimo. |
Secondo la Backaldrin, i governi tedesco e francese nonché la Commissione europea, occorre rispondere in senso negativo a tale questione, mentre secondo la Pfahnl ed il governo italiano è vero il contrario. |
A questo proposito, occorre innanzitutto ricordare che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 riguarda un caso in cui il marchio non è più atto ad adempiere la sua funzione di indicazione d’origine (v., in questo senso, sentenza del 29 aprile 2004, Björnekulla Fruktindustrier, C-371/02, Racc. pag. I-5791 , punto 22). |
Fra le diverse funzioni del marchio, la suddetta funzione di indicazione d’origine ricopre un ruolo fondamentale (v., in particolare, sentenze del 23 marzo 2010, Google France e Google, da C-236/08 a C-238/08, Racc. pag. I-2417 , punto 77, nonché del 22 settembre 2011, Budějovický Budvar, C-482/09, Racc. pag. I-8701 , punto 71). Essa consente di identificare il prodotto o il servizio designato dal marchio come proveniente da una determinata impresa e quindi di distinguere tale prodotto o servizio da quelli delle altre imprese (v., in questo senso, sentenza del 18 aprile 2013, Colloseum Holding, C-12/12, punto 26 e giurisprudenza citata). Detta impresa, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 27 delle conclusioni, è quella sotto il cui controllo il prodotto o servizio viene commercializzato. |
Il legislatore dell’Unione europea ha sancito tale funzione essenziale del marchio disponendo, all’articolo 2 della direttiva 2008/95, che i segni riproducibili graficamente possono costituire un marchio a condizione ch’essi siano adatti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese (sentenze del 4 ottobre 2001, Merz & Krell, C-517/99, Racc. pag. I-6959 , punto 23, e Björnekulla Fruktindustrier, cit., punto 21). |
Da tale condizione vengono poi tratte talune conclusioni, in particolare agli articoli 3 e 12 della citata direttiva. Mentre il suo articolo 3 elenca i casi in cui il marchio non è idoneo, ab initio, a svolgere la funzione di indicazione di origine, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della medesima direttiva riguarda la situazione in cui il marchio è divenuto la generica denominazione ed ha pertanto perso il suo carattere distintivo, sicché non adempie più tale funzione (v., in questo senso, sentenza Björnekulla Fruktindustrier, cit., punto 22). Il titolare di tale marchio può allora perdere i diritti conferitigli dall’articolo 5 della direttiva 2008/95 (v., in questo senso, sentenza del 27 aprile 2006, Levi Strauss, C-145/05, Racc. pag. I-3703 , punto 33). |
Nell’ipotesi descritta dal giudice del rinvio, che rimane soggetta alla sua esclusiva valutazione per quanto riguarda i fatti, gli utilizzatori finali del prodotto controverso nel procedimento principale, ossia i panini detti «KORNSPITZ», percepiscono tale segno denominativo come la generica denominazione di detto prodotto e, pertanto, non sono consapevoli del fatto che taluni di questi panini sono stati ottenuti da un preparato fornito con il marchio KORNSPITZ da una determinata impresa. |
Come spiegato anche dal giudice del rinvio, tale percezione degli utilizzatori finali è dovuta in particolare al fatto che i venditori dei panini ottenuti dal citato preparato di norma non informano i loro clienti che il segno «KORNSPITZ» è stato registrato come marchio. |
Per di più, l’ipotesi illustrata nella decisione di rinvio è caratterizzata dalla circostanza che i venditori del citato prodotto finito all’atto della vendita generalmente non offrono ai loro clienti un’assistenza che comprende l’indicazione della provenienza dei vari prodotti in vendita. |
È giocoforza constatare che, in una siffatta ipotesi, il marchio KORNSPITZ non adempie, nel commercio dei panini detti «KORNSPITZ», la sua funzione fondamentale di indicazione d’origine e che, di riflesso, il suo titolare corre il rischio che il suo marchio decada nei limiti in cui è registrato per tale prodotto finito qualora la perdita del carattere distintivo di tale marchio per il citato prodotto sia imputabile alla sua attività o inattività. |
Questa conclusione non si pone in contrasto con l’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 fornita dalla Corte al punto 26 della citata sentenza Björnekulla Fruktindustrier, secondo la quale, nel caso in cui intervengano intermediari nella distribuzione di un prodotto contraddistinto da un marchio registrato, gli ambienti di riferimento di cui tener conto per valutare se detto marchio sia diventato la comune denominazione commerciale del prodotto in questione sono costituiti dall’insieme dei consumatori o degli utilizzatori finali e, a seconda delle caratteristiche del mercato del prodotto interessato, dall’insieme degli operatori professionali che intervengono nella commercializzazione di quest’ultimo. |
Ovviamente, come ha evidenziato la Corte nel procedere alla suddetta interpretazione, chiarire se un marchio sia divenuto la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per cui è registrato è una questione che deve essere valutata non solo alla luce della percezione dei consumatori o degli utilizzatori finali, bensì anche – in funzione delle caratteristiche del mercato in questione – alla luce della percezione dei professionisti, come, ad esempio, i venditori. |
Tuttavia, come la Corte ha rilevato al punto 24 della citata sentenza Björnekulla Fruktindustrier, in generale la percezione dei consumatori o degli utilizzatori finali ha un ruolo determinante. Così, come ha spiegato l’avvocato generale ai paragrafi 58 e 59 delle sue conclusioni, occorre considerare che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, la quale, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, è caratterizzata da una perdita del carattere distintivo del marchio controverso dal punto di vista degli utilizzatori finali, detta perdita può condurre alla decadenza del marchio di tale titolare. La circostanza che i venditori sono consapevoli dell’esistenza del citato marchio e dell’origine che esso indica non può, di per sé, escludere tale decadenza. |
Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che occorre rispondere alla prima questione sottoposta dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, il titolare di un marchio si espone al rischio di decadenza di tale marchio relativamente ad un prodotto per cui esso è registrato quando, per il fatto dell’attività o inattività di tale titolare, il citato marchio è divenuto la generica denominazione di detto prodotto dal punto di vista dei soli utilizzatori finali dello stesso. |
Sulla seconda questione
Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 vada interpretato nel senso che è possibile qualificare alla stregua di «inattività» nell’accezione di tale disposizione la circostanza che il titolare di un marchio si astenga dall’incitare i venditori ad utilizzare maggiormente detto marchio per commercializzare un prodotto per cui il citato marchio è registrato. |
A questo proposito occorre ricordare che il legislatore dell’Unione, procedendo al contemperamento degli interessi del titolare di un marchio e di quelli dei suoi concorrenti connessi alla disponibilità dei segni, ha ritenuto, nell’adottare l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a) di detta direttiva, che la perdita del carattere distintivo del suddetto marchio possa essere opposta al titolare di quest’ultimo solo se essa è dovuta alla sua attività o inattività (sentenze Levi Strauss, cit., punto 19, nonché del 10 aprile 2008, adidas e adidas Benelux, C-102/07, Racc. pag. I-2439 , punto 24). |
La Corte ha già statuito che può ricadere nella nozione di “inattività” l’omesso ricorso in tempo utile, da parte del titolare di un marchio, al suo diritto esclusivo sancito all’articolo 5 di tale direttiva, al fine di chiedere all’autorità competente di vietare ai terzi interessati di usare il segno per cui sussiste un rischio di confusione con codesto marchio, poiché siffatte domande mirano a preservare il carattere distintivo del suddetto marchio (v., in questo senso Levi Strauss, cit., punto 34). |
Tuttavia, a meno che non si voglia rinunciare alla ricerca dell’equilibrio descritto al punto 32 della presente sentenza, detta nozione non è affatto circoscritta a questo tipo di omissione, bensì comprende tutte quelle con cui il titolare di un marchio si dimostri insufficientemente vigilante sulla preservazione del suo carattere distintivo. Quindi, in una situazione come quella illustrata dal giudice del rinvio, in cui i venditori del prodotto ottenuto dal preparato fornito dal titolare del marchio non informano, di norma, i loro clienti che il segno utilizzato per designare il prodotto in questione è stato registrato come marchio e contribuiscono quindi al mutamento di quest’ultimo in generica denominazione, la carenza di questo titolare, il quale non assume alcuna iniziativa diretta ad incitare questi venditori ad utilizzare maggiormente tale marchio, può essere qualificata alla stregua di inattività nell’accezione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95. |
Spetterà al giudice del rinvio verificare se, nel caso di specie, la Backaldrin abbia o meno adottato iniziative volte ad incitare i fornai e i distributori di prodotti alimentari che vendono i panini ottenuti dal preparato da essa fornito ad avvalersi maggiormente del marchio KORNSPITZ nei loro contatti commerciali con i clienti. |
Dal complesso delle considerazioni succitate risulta che occorre rispondere alla seconda questione sottoposta dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che è possibile qualificare alla stregua di «inattività» ai sensi di tale disposizione la circostanza che il titolare di un marchio si astenga dall’incitare i venditori ad utilizzare maggiormente detto marchio per commercializzare un prodotto per cui il citato marchio è registrato. |
Sulla terza questione
Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che la pronuncia della decadenza di un marchio presuppone inevitabilmente che si accerti se, per un prodotto il cui marchio è divenuto la generica denominazione commerciale, esistano altre designazioni. |
Come emerge dalla stessa formulazione di questa disposizione, il titolare di un marchio si espone al rischio che il suo marchio decada allorché quest’ultimo, per il fatto dell’attività o inattività di tale titolare, è divenuto la generica denominazione commerciale di un prodotto o di un servizio per cui esso è registrato. |
In presenza di una situazione siffatta, l’eventuale esistenza di designazioni alternative per il prodotto o servizio in oggetto è irrilevante poiché non può incidere sulla constatazione della perdita del carattere distintivo di tale marchio come conseguenza della trasformazione di quest’ultimo in generica denominazione commerciale. |
Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione sottoposta che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che la pronuncia della decadenza di un marchio non presuppone che si accerti se, per un prodotto di cui detto marchio è divenuto la generica denominazione commerciale, esistano altre designazioni. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.