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Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Diritti conferiti dal marchio, Marchio notorio, Tutela estesa a prodotti o servizi non simili, Utilizzo da parte di un terzo senza giusto motivo di un segno identico o simile al marchio notorio, Nozione di “giusto motivo”.
Causa C-65/12 Leidseplein Beheer BV e Hendrikus de Vries contro Red Bull GmbH e Red Bull Nederland BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Diritti conferiti dal marchio — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili — Utilizzo da parte di un terzo senza giusto motivo di un segno identico o simile al marchio notorio — Nozione di “giusto motivo”» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 6 febbraio 2014 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Marchio notorio – Facoltà di prevedere una tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) – Obbligo per gli Stati membri che si avvalgono di tale facoltà di prevedere la citata tutela anche in caso di utilizzo di un segno per prodotti o servizi identici o simili (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) Diritto dell’Unione europea – Interpretazione – Metodi – Interpretazione letterale, sistematica e teleologica Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Marchio notorio – Tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) – Presupposti – Utilizzo senza giusto motivo di un segno identico o simile che trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o che reca pregiudizio agli stessi – Nozione di «giusto motivo» – Portata (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Marchio notorio – Tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) – Presupposti – Utilizzo senza giusto motivo di un segno identico o simile che trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o che reca pregiudizio agli stessi – Nozione di «giusto motivo» – Segno utilizzato anteriormente alla registrazione del marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) V. il testo della decisione. (v. punti 21 e 34) V. il testo della decisione. (v. punto 28) La prima direttiva 89/104 sui marchi è diretta, in maniera generale, a contemperare, da un lato, l’interesse del titolare di un marchio a salvaguardare la funzione essenziale di quest’ultimo e, dall’altro, l’interesse di altri operatori economici alla disponibilità di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi. Ne consegue che la tutela dei diritti che il titolare di un marchio trae dalla citata direttiva non è incondizionata, poiché tale tutela è segnatamente limitata, allo scopo di contemperare i suddetti interessi, ai casi in cui tale titolare si mostri sufficientemente vigile opponendosi all’utilizzazione, da parte di altri operatori, di segni idonei a ledere il suo marchio. Orbene, in un sistema di tutela dei marchi come quello adottato, sul fondamento della direttiva 89/104, dalla Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi, disegni o modelli), l’interesse di un terzo ad usare nel commercio un segno simile ad un marchio notorio è preso in considerazione, nel contesto dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, mediante la possibilità per l’utilizzatore di tale segno di addurre un «giusto motivo». Infatti, quando il titolare del marchio notorio riesce a provare l’esistenza di uno dei pregiudizi previsti dall’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva e, in particolare, l’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del citato marchio, spetta al terzo che ha usato un segno simile al marchio notorio dimostrare di avere un giusto motivo per l’uso di tale segno. Ne consegue che la nozione di «giusto motivo» non può comprendere unicamente ragioni oggettivamente imperative, ma può anche collegarsi agli interessi soggettivi di un terzo che utilizza un segno identico o simile al marchio notorio. Quindi, la nozione di «giusto motivo» mira non a dirimere un conflitto tra un marchio notorio e un segno simile il cui utilizzo è anteriore alla registrazione di tale marchio o a limitare i diritti riconosciuti al titolare del citato marchio, bensì a trovare un equilibrio tra gli interessi in questione tenendo conto, nel contesto specifico dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 e in considerazione della tutela estesa di cui gode il medesimo marchio, degli interessi del terzo utilizzatore di tale segno. In tal modo, l’invocazione da parte di un terzo di un giusto motivo per l’uso di un segno simile a un marchio notorio non può condurre al riconoscimento, a suo vantaggio, dei diritti connessi ad un marchio registrato, bensì obbliga il titolare del marchio notorio a tollerare l’utilizzo del segno simile. La Corte stessa ha così deciso, al punto 91 della sentenza C-323/09, Interflora e Interflora British Unit, relativa ad una causa sull’utilizzo di parole chiave per un posizionamento su Internet, che, qualora l’annuncio pubblicitario che è mostrato su Internet a partire da una parola chiave corrispondente ad un marchio notorio proponga, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza pregiudicare la notorietà del marchio né il suo carattere distintivo e senza del resto pregiudicare le funzioni di detto marchio, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare del marchio notorio, si deve concludere che un uso siffatto rientra, in linea di principio, in una concorrenza sana e leale nel settore dei prodotti o dei servizi considerati e abbia quindi luogo per un «giusto motivo». Di conseguenza, la nozione di «giusto motivo» non può essere interpretata nel senso che sia limitata a ragioni oggettivamente imperative. (v. punti da 41 a 48) L’articolo 5, paragrafo 2, della prima direttiva 89/104 sui marchi dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi di tale disposizione, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione del medesimo marchio e l’utilizzo fatto per il prodotto identico ha avuto luogo in buona fede. Per valutare se ciò si verifichi, spetta al giudice nazionale tener conto, in particolare: — del radicamento e della notorietà di tale segno presso il pubblico interessato, — del grado di contiguità fra i prodotti e i servizi per i quali lo stesso segno è stato originariamente utilizzato e il prodotto per il quale il marchio notorio è stato registrato e — della pertinenza economica e commerciale dell’utilizzo per tale prodotto del segno simile al citato marchio. (v. punto 60 e dispositivo) Causa C-65/12 Leidseplein Beheer BV e Hendrikus de Vries contro Red Bull GmbH e Red Bull Nederland BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Diritti conferiti dal marchio — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili — Utilizzo da parte di un terzo senza giusto motivo di un segno identico o simile al marchio notorio — Nozione di “giusto motivo”» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 6 febbraio 2014 Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Marchio notorio — Facoltà di prevedere una tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) — Obbligo per gli Stati membri che si avvalgono di tale facoltà di prevedere la citata tutela anche in caso di utilizzo di un segno per prodotti o servizi identici o simili (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) Diritto dell’Unione europea — Interpretazione — Metodi — Interpretazione letterale, sistematica e teleologica Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) — Presupposti — Utilizzo senza giusto motivo di un segno identico o simile che trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o che reca pregiudizio agli stessi — Nozione di «giusto motivo» — Portata (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili (articolo 5, paragrafo 2, della direttiva) — Presupposti — Utilizzo senza giusto motivo di un segno identico o simile che trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o che reca pregiudizio agli stessi — Nozione di «giusto motivo» — Segno utilizzato anteriormente alla registrazione del marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 2) V. il testo della decisione. (v. punti 21 e 34) V. il testo della decisione. (v. punto 28) La prima direttiva 89/104 sui marchi è diretta, in maniera generale, a contemperare, da un lato, l’interesse del titolare di un marchio a salvaguardare la funzione essenziale di quest’ultimo e, dall’altro, l’interesse di altri operatori economici alla disponibilità di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi. Ne consegue che la tutela dei diritti che il titolare di un marchio trae dalla citata direttiva non è incondizionata, poiché tale tutela è segnatamente limitata, allo scopo di contemperare i suddetti interessi, ai casi in cui tale titolare si mostri sufficientemente vigile opponendosi all’utilizzazione, da parte di altri operatori, di segni idonei a ledere il suo marchio. Orbene, in un sistema di tutela dei marchi come quello adottato, sul fondamento della direttiva 89/104, dalla Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi, disegni o modelli), l’interesse di un terzo ad usare nel commercio un segno simile ad un marchio notorio è preso in considerazione, nel contesto dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, mediante la possibilità per l’utilizzatore di tale segno di addurre un «giusto motivo». Infatti, quando il titolare del marchio notorio riesce a provare l’esistenza di uno dei pregiudizi previsti dall’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva e, in particolare, l’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del citato marchio, spetta al terzo che ha usato un segno simile al marchio notorio dimostrare di avere un giusto motivo per l’uso di tale segno. Ne consegue che la nozione di «giusto motivo» non può comprendere unicamente ragioni oggettivamente imperative, ma può anche collegarsi agli interessi soggettivi di un terzo che utilizza un segno identico o simile al marchio notorio. Quindi, la nozione di «giusto motivo» mira non a dirimere un conflitto tra un marchio notorio e un segno simile il cui utilizzo è anteriore alla registrazione di tale marchio o a limitare i diritti riconosciuti al titolare del citato marchio, bensì a trovare un equilibrio tra gli interessi in questione tenendo conto, nel contesto specifico dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 e in considerazione della tutela estesa di cui gode il medesimo marchio, degli interessi del terzo utilizzatore di tale segno. In tal modo, l’invocazione da parte di un terzo di un giusto motivo per l’uso di un segno simile a un marchio notorio non può condurre al riconoscimento, a suo vantaggio, dei diritti connessi ad un marchio registrato, bensì obbliga il titolare del marchio notorio a tollerare l’utilizzo del segno simile. La Corte stessa ha così deciso, al punto 91 della sentenza C-323/09, Interflora e Interflora British Unit, relativa ad una causa sull’utilizzo di parole chiave per un posizionamento su Internet, che, qualora l’annuncio pubblicitario che è mostrato su Internet a partire da una parola chiave corrispondente ad un marchio notorio proponga, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza pregiudicare la notorietà del marchio né il suo carattere distintivo e senza del resto pregiudicare le funzioni di detto marchio, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare del marchio notorio, si deve concludere che un uso siffatto rientra, in linea di principio, in una concorrenza sana e leale nel settore dei prodotti o dei servizi considerati e abbia quindi luogo per un «giusto motivo». Di conseguenza, la nozione di «giusto motivo» non può essere interpretata nel senso che sia limitata a ragioni oggettivamente imperative. (v. punti da 41 a 48) L’articolo 5, paragrafo 2, della prima direttiva 89/104 sui marchi dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi di tale disposizione, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione del medesimo marchio e l’utilizzo fatto per il prodotto identico ha avuto luogo in buona fede. Per valutare se ciò si verifichi, spetta al giudice nazionale tener conto, in particolare: — del radicamento e della notorietà di tale segno presso il pubblico interessato, — del grado di contiguità fra i prodotti e i servizi per i quali lo stesso segno è stato originariamente utilizzato e il prodotto per il quale il marchio notorio è stato registrato e — della pertinenza economica e commerciale dell’utilizzo per tale prodotto del segno simile al citato marchio. (v. punto 60 e dispositivo)
Marchi, Pubblicità su Internet a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Selezione, da parte dell’inserzionista, di una parola chiave corrispondente ad un marchio che gode di notorietà di un concorrente, Direttiva 89/104/CEE, Art. 5, nn. 1, lett. a), e 2, Regolamento (CE) n. 40/94, Art. 9, n. 1, lett. a) e c), Condizione della violazione di una delle funzioni del marchio, Pregiudizio arrecato al carattere distintivo di un marchio che gode di notorietà ("diluizione"), Profitto indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà di tale marchio ("parassitismo").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Obiettivo — Limiti [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Marchio notorio — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. c); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 2] Massima 1. Si evince dalla formulazione dell’art. 5, n. 1, della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e dal decimo considerando di quest’ultima che il diritto degli Stati membri è stato armonizzato nel senso che il diritto esclusivo conferito da un marchio offre al titolare di quest’ultimo una protezione «assoluta» contro l’uso fatto da terzi di segni identici a tale marchio per prodotti o servizi identici, mentre, laddove non sussista questa duplice identità, solo l’esistenza di un rischio di confusione consente al titolare di far utilmente valere il proprio diritto esclusivo. Tale distinzione tra la tutela offerta dal n. 1, lett. a), di detto articolo e quella enunciata nella disposizione di cui alla lett. b) del medesimo n. 1 è stata riproposta, per quanto riguarda il marchio comunitario, dal settimo considerando e dall’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. Pur se il legislatore dell’Unione ha qualificato come «assoluta» la tutela contro l’uso non consentito di segni identici ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, la Corte ha contestualizzato tale qualificazione rilevando che, per quanto importante essa possa essere, la protezione offerta dall’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 mira solo a consentire al titolare del marchio di tutelare i propri interessi specifici in quanto titolare di quest’ultimo, ossia a garantire che il marchio possa adempiere le sue proprie funzioni. La Corte ha da ciò ricavato che l’esercizio del diritto esclusivo conferito dal marchio deve essere riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio e, in particolare, la sua funzione essenziale di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto. Siffatta interpretazione degli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 è stata precisata nel senso che tali disposizioni consentono al titolare del marchio di invocare il proprio diritto esclusivo in caso di violazione o di rischio di violazione di una delle funzioni del marchio, che si tratti della funzione essenziale di indicazione d’origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio oppure di una delle altre funzioni di quest’ultimo, quali quelle consistenti nel garantire la qualità di detto prodotto o servizio, oppure di comunicazione, investimento o pubblicità. È vero che si presuppone che un marchio soddisfi sempre la propria funzione di indicazione d’origine, mentre esso garantisce le proprie altre funzioni solo nei limiti in cui il suo titolare lo sfrutti in tal senso, in particolare a fini di pubblicità o di investimento. Nondimeno tale differenza tra la funzione essenziale del marchio e le altre funzioni di quest’ultimo non può in alcun modo giustificare il fatto che, allorché un marchio soddisfa una o più di tali altre funzioni, violazioni di quest’ultime siano escluse dall’ambito di applicazione degli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94. Analogamente, non si può considerare che solo i marchi che godono di notorietà possano avere funzioni diverse da quelle dell’indicazione d’origine. (v. punti 36-38, 40) 2. Gli artt. 5, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità – a partire da una parola chiave identica a detto marchio che tale concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – a prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, quando il predetto uso è idoneo a violare una delle funzioni del marchio. Siffatto uso: – viola la funzione di indicazione d’origine del marchio allorché la pubblicità che compare a partire dalla suddetta parola chiave non consente o consente solo difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi menzionati nell’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo; – non viola, nell’ambito di un servizio di posizionamento quale Adwords, la funzione di pubblicità del marchio; – viola la funzione di investimento del marchio ove intralci in modo sostanziale l’utilizzo, da parte del titolare in questione, del proprio marchio per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli. Quanto alla funzione di indicazione d’origine, qualora l’annuncio del terzo adombri l’esistenza di un collegamento economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste una violazione della funzione di indicazione d’origine di detto marchio. Analogamente, qualora l’annuncio, pur non adombrando l’esistenza di un collegamento economico, sia talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale ad esso allegato, se l’inserzionista sia un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, sia economicamente collegato a quest’ultimo, si deve concludere che sussiste violazione di detta funzione del marchio. In relazione alla funzione di pubblicità, il solo fatto che l’uso, da parte di un terzo, di un segno identico ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è stato registrato costringa il titolare di tale marchio ad intensificare i propri sforzi pubblicitari per mantenere o aumentare la propria visibilità presso i consumatori non è sufficiente, in tutti i casi, a far concludere che sussista una violazione della funzione di pubblicità di detto marchio. In proposito, pur se il marchio costituisce un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il diritto dell’Unione intende istituire, esso non ha tuttavia lo scopo di proteggere il suo titolare dalle pratiche che sono intrinseche al gioco della concorrenza. Orbene, la pubblicità su Internet a partire da parole chiave corrispondenti a marchi costituisce una pratica siffatta, in quanto, in generale, essa ha meramente lo scopo di proporre agli utenti di Internet alternative rispetto ai prodotti o ai servizi dei titolari di detti marchi. Per quanto riguarda la funzione di investimento, non si può ammettere che il titolare di un marchio possa opporsi a che un concorrente faccia, in condizioni di concorrenza leale e rispettosa della funzione di indicazione d’origine del marchio, uso di un segno identico a quest’ultimo per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, qualora siffatto uso abbia come sola conseguenza di costringere il titolare dello stesso marchio ad adeguare i propri sforzi per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli. Analogamente, la circostanza che detto uso induca taluni consumatori ad abbandonare i prodotti o servizi contrassegnati da tale marchio non può essere utilmente fatta valere dal titolare del marchio stesso. (v. punti 45, 57-58, 62, 64, 66, dispositivo 1) 3. Gli artt. 5, n. 2, della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e 9, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio che gode di notorietà ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità a partire da una parola chiave corrispondente a tale marchio che il suddetto concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, qualora detto concorrente tragga così indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio (parassitismo) oppure qualora tale pubblicità arrechi pregiudizio a detto carattere distintivo (diluizione) o a detta notorietà (corrosione). Un annuncio pubblicitario a partire da una parola chiave siffatta arreca pregiudizio al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà (diluizione), in particolare, ove contribuisca a trasformare la natura di tale marchio rendendolo un termine generico. Per contro, il titolare di un marchio che gode di notorietà non può vietare, in particolare, annunci pubblicitari fatti comparire dai suoi concorrenti a partire da parole chiave che corrispondono a detto marchio e propongono, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza provocare una diluizione o una corrosione e senza peraltro arrecare pregiudizio alle funzioni di detto marchio che gode di notorietà, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare di detto marchio. (v. punti 93-95, dispositivo 2)