Documents - 4 citing "Judgment of the Court of 12 November 2002. Arsenal Football Club plc v Matthew Reed. Reference for a preliminary ruling : High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division - United Kingdom. Approximation of laws - Trade marks - Directive 89/104/EEC - Article 5(1)(a) - Scope of the proprietor's exclusive right to the trade mark. Case C-206/01."

Rinvio pregiudiziale, Marchi, Direttiva 89/104/CEE, Articolo 5, Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio, Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento, Nozione di “uso in commercio”.
Causa C-379/14 TOP Logistics BV e Van Caem International BV contro Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd e Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd contro TOP Logistics BV e Van Caem International BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof Den Haag) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 5 — Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio — Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento — Nozione di “uso in commercio”» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 luglio 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Consegna a un depositario da parte di un operatore non titolare di un marchio, al fine della loro immissione in commercio, di merci recanti tale marchio – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio registrato di opporsi all’uso illecito del suo marchio – Segno identico o simile al marchio – Uso nel commercio – Nozione – Uso al momento dell’importazione e del deposito di prodotti da parte di un operatore economico dedito al commercio parallelo – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritti conferiti dal marchio – Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’assoggettamento al regime di sospensione dei diritti di accisa, senza il suo consenso, di prodotti immessi in libera pratica e recanti il marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, §§ 1 e 3) Ricorre uso di un segno identico a un marchio, ai sensi dell’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, quando l’operatore economico interessato utilizza tale segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Ciò accade, ad esempio, allorché un operatore economico importa o consegna a un depositario, al fine della loro immissione in commercio, talune merci recanti un marchio di cui egli non è titolare. (v. punti 41, 42) Per quanto concerne l’espressione «nel commercio» di cui all’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, l’uso di un segno identico a un marchio ha luogo nel commercio se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato. Ciò avviene allorché un operatore economico che si occupa di commercio parallelo di prodotti contrassegnati da un marchio importa e deposita siffatti prodotti. (v. punti 43, 44) L’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato in uno o più Stati membri può opporsi a che un terzo assoggetti al regime di sospensione dei diritti di accisa alcune merci recanti tale marchio dopo averle importate nello Spazio economico europeo (SEE) e averle immesse in libera pratica, senza il consenso di detto titolare. In effetti, l’importazione di prodotti senza il consenso del titolare del marchio interessato e la detenzione in deposito fiscale di tali prodotti in attesa della loro immissione in consumo nell’Unione hanno l’effetto di privare il titolare di detto marchio della possibilità di controllare le modalità della prima immissione in commercio nel SEE di prodotti recanti il suo marchio. Siffatti atti pregiudicano, in tal modo, la funzione del marchio consistente nell’identificare l’impresa da cui provengono i prodotti e sotto il cui controllo è organizzata la prima immissione in commercio. Tale analisi non è inficiata dalla circostanza che talune merci importate e assoggettate al regime di sospensione dei diritti di accisa possano, poi, essere esportate in uno Stato terzo e, in tal modo, non essere mai immesse in consumo in uno Stato membro. Tale possibilità non osta all’applicazione delle regole in materia di marchi alle merci importate nell’Unione. Inoltre, la stessa esportazione costituisce del pari un atto di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 89/104. (v. punti 48-50 e dispositivo) Causa C-379/14 TOP Logistics BV e Van Caem International BV contro Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd e Bacardi & Company Ltd e Bacardi International Ltd contro TOP Logistics BV e Van Caem International BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof Den Haag) «Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Articolo 5 — Prodotti recanti un marchio immessi in libera pratica e assoggettati al regime di sospensione dei diritti di accisa senza il consenso del titolare del marchio — Diritto del titolare di opporsi a tale assoggettamento — Nozione di “uso in commercio”» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 luglio 2015 Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili – Uso del marchio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva – Nozione – Consegna a un depositario da parte di un operatore non titolare di un marchio, al fine della loro immissione in commercio, di merci recanti tale marchio – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritto del titolare di un marchio registrato di opporsi all’uso illecito del suo marchio – Segno identico o simile al marchio – Uso nel commercio – Nozione – Uso al momento dell’importazione e del deposito di prodotti da parte di un operatore economico dedito al commercio parallelo – Inclusione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, § 1, a)] Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104 – Diritti conferiti dal marchio – Diritto di vietare la prima immissione in commercio, nello Spazio economico europeo, di prodotti originali contrassegnati dal marchio – Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’assoggettamento al regime di sospensione dei diritti di accisa, senza il suo consenso, di prodotti immessi in libera pratica e recanti il marchio (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, §§ 1 e 3) Ricorre uso di un segno identico a un marchio, ai sensi dell’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, quando l’operatore economico interessato utilizza tale segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Ciò accade, ad esempio, allorché un operatore economico importa o consegna a un depositario, al fine della loro immissione in commercio, talune merci recanti un marchio di cui egli non è titolare. (v. punti 41, 42) Per quanto concerne l’espressione «nel commercio» di cui all’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa, l’uso di un segno identico a un marchio ha luogo nel commercio se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato. Ciò avviene allorché un operatore economico che si occupa di commercio parallelo di prodotti contrassegnati da un marchio importa e deposita siffatti prodotti. (v. punti 43, 44) L’articolo 5 della prima direttiva 89/104 in materia di marchi d’impresa dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato in uno o più Stati membri può opporsi a che un terzo assoggetti al regime di sospensione dei diritti di accisa alcune merci recanti tale marchio dopo averle importate nello Spazio economico europeo (SEE) e averle immesse in libera pratica, senza il consenso di detto titolare. In effetti, l’importazione di prodotti senza il consenso del titolare del marchio interessato e la detenzione in deposito fiscale di tali prodotti in attesa della loro immissione in consumo nell’Unione hanno l’effetto di privare il titolare di detto marchio della possibilità di controllare le modalità della prima immissione in commercio nel SEE di prodotti recanti il suo marchio. Siffatti atti pregiudicano, in tal modo, la funzione del marchio consistente nell’identificare l’impresa da cui provengono i prodotti e sotto il cui controllo è organizzata la prima immissione in commercio. Tale analisi non è inficiata dalla circostanza che talune merci importate e assoggettate al regime di sospensione dei diritti di accisa possano, poi, essere esportate in uno Stato terzo e, in tal modo, non essere mai immesse in consumo in uno Stato membro. Tale possibilità non osta all’applicazione delle regole in materia di marchi alle merci importate nell’Unione. Inoltre, la stessa esportazione costituisce del pari un atto di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 89/104. (v. punti 48-50 e dispositivo)
Marchi, Pubblicità su Internet a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Selezione, da parte dell’inserzionista, di una parola chiave corrispondente ad un marchio che gode di notorietà di un concorrente, Direttiva 89/104/CEE, Art. 5, nn. 1, lett. a), e 2, Regolamento (CE) n. 40/94, Art. 9, n. 1, lett. a) e c), Condizione della violazione di una delle funzioni del marchio, Pregiudizio arrecato al carattere distintivo di un marchio che gode di notorietà ("diluizione"), Profitto indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà di tale marchio ("parassitismo").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Obiettivo — Limiti [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Marchio notorio — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. c); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 2] Massima 1. Si evince dalla formulazione dell’art. 5, n. 1, della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e dal decimo considerando di quest’ultima che il diritto degli Stati membri è stato armonizzato nel senso che il diritto esclusivo conferito da un marchio offre al titolare di quest’ultimo una protezione «assoluta» contro l’uso fatto da terzi di segni identici a tale marchio per prodotti o servizi identici, mentre, laddove non sussista questa duplice identità, solo l’esistenza di un rischio di confusione consente al titolare di far utilmente valere il proprio diritto esclusivo. Tale distinzione tra la tutela offerta dal n. 1, lett. a), di detto articolo e quella enunciata nella disposizione di cui alla lett. b) del medesimo n. 1 è stata riproposta, per quanto riguarda il marchio comunitario, dal settimo considerando e dall’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. Pur se il legislatore dell’Unione ha qualificato come «assoluta» la tutela contro l’uso non consentito di segni identici ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, la Corte ha contestualizzato tale qualificazione rilevando che, per quanto importante essa possa essere, la protezione offerta dall’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 mira solo a consentire al titolare del marchio di tutelare i propri interessi specifici in quanto titolare di quest’ultimo, ossia a garantire che il marchio possa adempiere le sue proprie funzioni. La Corte ha da ciò ricavato che l’esercizio del diritto esclusivo conferito dal marchio deve essere riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio e, in particolare, la sua funzione essenziale di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto. Siffatta interpretazione degli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 è stata precisata nel senso che tali disposizioni consentono al titolare del marchio di invocare il proprio diritto esclusivo in caso di violazione o di rischio di violazione di una delle funzioni del marchio, che si tratti della funzione essenziale di indicazione d’origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio oppure di una delle altre funzioni di quest’ultimo, quali quelle consistenti nel garantire la qualità di detto prodotto o servizio, oppure di comunicazione, investimento o pubblicità. È vero che si presuppone che un marchio soddisfi sempre la propria funzione di indicazione d’origine, mentre esso garantisce le proprie altre funzioni solo nei limiti in cui il suo titolare lo sfrutti in tal senso, in particolare a fini di pubblicità o di investimento. Nondimeno tale differenza tra la funzione essenziale del marchio e le altre funzioni di quest’ultimo non può in alcun modo giustificare il fatto che, allorché un marchio soddisfa una o più di tali altre funzioni, violazioni di quest’ultime siano escluse dall’ambito di applicazione degli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94. Analogamente, non si può considerare che solo i marchi che godono di notorietà possano avere funzioni diverse da quelle dell’indicazione d’origine. (v. punti 36-38, 40) 2. Gli artt. 5, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità – a partire da una parola chiave identica a detto marchio che tale concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – a prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, quando il predetto uso è idoneo a violare una delle funzioni del marchio. Siffatto uso: – viola la funzione di indicazione d’origine del marchio allorché la pubblicità che compare a partire dalla suddetta parola chiave non consente o consente solo difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi menzionati nell’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo; – non viola, nell’ambito di un servizio di posizionamento quale Adwords, la funzione di pubblicità del marchio; – viola la funzione di investimento del marchio ove intralci in modo sostanziale l’utilizzo, da parte del titolare in questione, del proprio marchio per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli. Quanto alla funzione di indicazione d’origine, qualora l’annuncio del terzo adombri l’esistenza di un collegamento economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste una violazione della funzione di indicazione d’origine di detto marchio. Analogamente, qualora l’annuncio, pur non adombrando l’esistenza di un collegamento economico, sia talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale ad esso allegato, se l’inserzionista sia un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, sia economicamente collegato a quest’ultimo, si deve concludere che sussiste violazione di detta funzione del marchio. In relazione alla funzione di pubblicità, il solo fatto che l’uso, da parte di un terzo, di un segno identico ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è stato registrato costringa il titolare di tale marchio ad intensificare i propri sforzi pubblicitari per mantenere o aumentare la propria visibilità presso i consumatori non è sufficiente, in tutti i casi, a far concludere che sussista una violazione della funzione di pubblicità di detto marchio. In proposito, pur se il marchio costituisce un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il diritto dell’Unione intende istituire, esso non ha tuttavia lo scopo di proteggere il suo titolare dalle pratiche che sono intrinseche al gioco della concorrenza. Orbene, la pubblicità su Internet a partire da parole chiave corrispondenti a marchi costituisce una pratica siffatta, in quanto, in generale, essa ha meramente lo scopo di proporre agli utenti di Internet alternative rispetto ai prodotti o ai servizi dei titolari di detti marchi. Per quanto riguarda la funzione di investimento, non si può ammettere che il titolare di un marchio possa opporsi a che un concorrente faccia, in condizioni di concorrenza leale e rispettosa della funzione di indicazione d’origine del marchio, uso di un segno identico a quest’ultimo per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, qualora siffatto uso abbia come sola conseguenza di costringere il titolare dello stesso marchio ad adeguare i propri sforzi per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli. Analogamente, la circostanza che detto uso induca taluni consumatori ad abbandonare i prodotti o servizi contrassegnati da tale marchio non può essere utilmente fatta valere dal titolare del marchio stesso. (v. punti 45, 57-58, 62, 64, 66, dispositivo 1) 3. Gli artt. 5, n. 2, della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e 9, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio che gode di notorietà ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità a partire da una parola chiave corrispondente a tale marchio che il suddetto concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, qualora detto concorrente tragga così indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio (parassitismo) oppure qualora tale pubblicità arrechi pregiudizio a detto carattere distintivo (diluizione) o a detta notorietà (corrosione). Un annuncio pubblicitario a partire da una parola chiave siffatta arreca pregiudizio al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà (diluizione), in particolare, ove contribuisca a trasformare la natura di tale marchio rendendolo un termine generico. Per contro, il titolare di un marchio che gode di notorietà non può vietare, in particolare, annunci pubblicitari fatti comparire dai suoi concorrenti a partire da parole chiave che corrispondono a detto marchio e propongono, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza provocare una diluizione o una corrosione e senza peraltro arrecare pregiudizio alle funzioni di detto marchio che gode di notorietà, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare di detto marchio. (v. punti 93-95, dispositivo 2)
Marchi, Internet, Offerta in vendita, in un mercato online destinato ai consumatori nell’Unione, di prodotti contrassegnati da un marchio destinati, dal titolare, ad essere venduti negli Stati terzi, Eliminazione dell’imballaggio di detti prodotti, Direttiva 89/104/CEE, Regolamento (CE) n. 40/94, Responsabilità del gestore del mercato online, Direttiva 2000/31/CE ("direttiva sul commercio elettronico"), Ingiunzioni giudiziarie nei confronti di tale gestore, Direttiva 2004/48/CE ("direttiva sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale").
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Vendita, offerta in vendita o pubblicità, di prodotti che si trovano in uno Stato terzo, in un mercato online destinato ai consumatori nell’Unione (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttiva del Consiglio 89/104, art. 5) 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Esaurimento del diritto conferito dal marchio — Presupposti — Prodotto immesso sul mercato nella Comunità o nello Spazio economico europeo (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 13, n. 1; direttiva del Consiglio 89/104, art. 7, n. 1) 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Rivendita di profumi o di prodotti cosmetici privati dell’imballaggio (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttive del Consiglio 76/768, art. 6, n. 1, e 89/104, art. 5) 4. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet [Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9, n. 1, lett. a); direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 5. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Interpretazione del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Uso del marchio ai sensi degli artt. 9 del regolamento e 5 della direttiva — Nozione — Gestione di un mercato online — Esclusione (Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 9; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31, artt. 12-15; direttiva del Consiglio 89/104, art. 5) 6. Ravvicinamento delle legislazioni — Commercio elettronico — Direttiva 2000/31 — Responsabilità dei prestatori intermedi — Hosting (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/31, art. 14, n. 1) 7. Ravvicinamento delle legislazioni — Rispetto dei diritti di proprietà intellettuale — Direttiva 2004/48 — Misure, procedure e mezzi di ricorso — Misure adottate a seguito di decisione sul merito (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/48, art. 11) Massima 1. Allorché prodotti che si trovano in uno Stato terzo – recanti un marchio registrato in uno Stato membro dell’Unione o un marchio comunitario e non commercializzati precedentemente nello Spazio economico europeo o, nel caso di marchio comunitario, non commercializzati precedentemente nell’Unione – sono venduti da un operatore economico, attraverso un mercato online e senza il consenso del titolare di detto marchio ad un consumatore che si trova nel territorio per il quale il marchio di cui trattasi è stato registrato, o sono oggetto di un’offerta in vendita o di pubblicità in un mercato siffatto destinata a consumatori che si trovino nel suddetto territorio, il titolare del marchio può opporsi alla vendita, all’offerta in vendita o alla pubblicità summenzionate in forza delle norme di cui all’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, o all’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. È compito dei giudici nazionali valutare caso per caso se sussistano elementi pertinenti per concludere che un’offerta in vendita o una pubblicità che compare in un mercato online accessibile in detto territorio sia destinata a consumatori che si trovano in quest’ultimo. Le norme della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94 si applicano dal momento in cui appare evidente che l’offerta in vendita del prodotto contrassegnato da un marchio che si trova in uno Stato terzo è destinata a consumatori che si trovano nel territorio per il quale il marchio è stato registrato. In caso contrario, infatti, gli operatori che fanno ricorso al commercio elettronico, proponendo in vendita, in un mercato online destinato a consumatori che si trovano nell’Unione, prodotti contrassegnati da un marchio che si trovano in uno Stato terzo, che possono essere visualizzati sullo schermo e ordinati mediante detto mercato online, non avrebbero, relativamente alle offerte in vendita di questo tipo, nessun obbligo di conformarsi alle norme dell’Unione in materia di proprietà intellettuale. Una situazione del genere vanificherebbe l’effetto utile di tali norme. In proposito, ai sensi dell’art. 5, n. 3, lett. b) e d), della direttiva 89/104 e dell’art. 9, n. 2, lett. b) e d), del regolamento n. 40/94, l’uso, da parte di terzi, di segni identici o simili a marchi al quale possono opporsi i titolari di questi ultimi comprende l’uso di detti segni nelle offerte in vendita e nella pubblicità. Sarebbe pregiudicata l’efficacia di tali norme qualora l’uso, in un’offerta in vendita o in una pubblicità su Internet destinata a consumatori che si trovano nell’Unione, di un segno identico o simile a un marchio registrato nell’Unione fosse sottratto all’applicazione di tali norme per il solo fatto che il terzo all’origine di detta offerta o pubblicità sia stabilito in uno Stato terzo, che il server del sito Internet da lui utilizzato si trovi in tale Stato o ancora che il prodotto oggetto di detta offerta o pubblicità si trovi in uno Stato terzo. Nondimeno, la mera accessibilità di un sito Internet nel territorio per il quale il marchio è stato registrato non è sufficiente per concludere che le offerte in vendita che compaiono in esso sono destinate a consumatori che si trovano in tale territorio. Infatti, laddove l’accessibilità in tale territorio di un mercato online fosse sufficiente a far sì che gli annunci che compaiono in quest’ultimo rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94, sarebbero indebitamente assoggettati al diritto dell’Unione siti e annunci che, pur essendo manifestamente destinati esclusivamente a consumatori situati in Stati terzi, sono tuttavia tecnicamente accessibili nel territorio dell’Unione. (v. punti 61-64, 67, dispositivo 1) 2. La fornitura da parte del titolare di un marchio ai propri distributori autorizzati di articoli recanti tale marchio, destinati alla dimostrazione ai consumatori nei punti vendita autorizzati, nonché di flaconi recanti detto marchio, dai quali possono essere prelevate piccole quantità di prodotto da fornire ai consumatori quali campioni gratuiti, non costituisce, in mancanza di elementi probatori contrari, un’immissione in commercio ai sensi della direttiva 89/104, in materia di marchi, o del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario. (v. punto 73, dispositivo 2) 3. L’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e l’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può, in forza del diritto esclusivo conferitogli da quest’ultimo, opporsi alla rivendita di profumi o di prodotti cosmetici per il fatto che il rivenditore ha eliminato l’imballaggio di tali prodotti, qualora in conseguenza della rimozione di tale imballaggio informazioni essenziali, come quelle relative all’identificazione del produttore o del responsabile dell’immissione in commercio del prodotto cosmetico, risultino mancanti. Nel caso in cui la rimozione dell’imballaggio non abbia condotto a siffatta mancanza di informazioni, il titolare del marchio può nondimeno opporsi a che un profumo o un prodotto cosmetico contrassegnato dal marchio di cui è titolare sia rivenduto privato dell’imballaggio, laddove dimostri che la rimozione dell’imballaggio ha arrecato pregiudizio all’immagine del prodotto in questione e quindi alla reputazione del marchio. In considerazione della varietà di gamme di profumi e di prodotti cosmetici, la questione se la rimozione dell’imballaggio di un prodotto del genere pregiudichi l’immagine di quest’ultimo e, quindi, la reputazione del marchio da cui è contrassegnato va esaminata caso per caso. Infatti, l’aspetto di un profumo o di un prodotto cosmetico senza imballaggio può talvolta trasmettere efficacemente l’immagine di prestigio e di lusso di tale prodotto, mentre, in altri casi, l’eliminazione di detto imballaggio ha proprio la conseguenza di arrecare pregiudizio a tale immagine. Un pregiudizio siffatto può aversi allorché l’imballaggio contribuisce, a pari titolo o più del flacone o del contenitore, alla presentazione dell’immagine del prodotto creata dal titolare del marchio e dai suoi distributori autorizzati. È del pari possibile che l’assenza di talune o di tutte le informazioni richieste dall’art. 6, n. 1, della direttiva 76/768, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, arrechi pregiudizio all’immagine del prodotto. Incombe al titolare del marchio comprovare la sussistenza degli elementi costitutivi di tale pregiudizio. Inoltre, avendo la funzione essenziale di garantire al consumatore l’identità d’origine del prodotto, il marchio serve proprio ad attestare che tutti i prodotti da esso contrassegnati sono stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale può essere attribuita la responsabilità della loro qualità. Orbene, allorché talune informazioni richieste per legge, come quelle relative all’identificazione del produttore o del responsabile dell’immissione in commercio del prodotto cosmetico, sono mancanti, è pregiudicata la funzione di indicazione di origine del marchio, in quanto quest’ultimo è privato del suo effetto essenziale consistente nel garantire che i prodotti da esso contrassegnati sono forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale può essere attribuita la responsabilità della loro qualità. Peraltro, la questione se l’offerta in vendita o la vendita di prodotti recanti un marchio privati del loro imballaggio e quindi di talune informazioni richieste ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva 76/768 sia o meno penalmente perseguibile in diritto nazionale non può avere influenza sull’applicabilità delle norme dell’Unione in materia di tutela dei marchi. (v. punti 78-83, dispositivo 3) 4. L’art. 5, n. 1, lett. a), della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e l’art. 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può vietare al gestore di un mercato online di fare pubblicità, partendo da una parola chiave identica a tale marchio selezionata da tale gestore nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, ai prodotti recanti detto marchio messi in vendita nel suddetto mercato, qualora siffatta pubblicità non consenta, o consenta soltanto difficilmente, all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se tali prodotti o servizi provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo. Laddove il gestore di un mercato online abbia utilizzato parole chiave corrispondenti a marchi per promuovere offerte in vendita di prodotti contrassegnati da marchio provenienti dai suoi clienti venditori, egli ne ha fatto uso per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tali marchi sono stati registrati. In proposito, l’espressione «per prodotti o servizi» non si riferisce esclusivamente ai prodotti o ai servizi del terzo che fa uso dei segni corrispondenti ai marchi, ma può riguardare anche i prodotti o i servizi di altre persone. La circostanza, infatti, che un operatore economico utilizzi un segno corrispondente ad un marchio per prodotti che non gli appartengono, nel senso che egli non dispone di alcun titolo su di essi, di per sé non impedisce che detto uso rientri nell’ambito dell’art. 5 della direttiva 89/104 e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94. Proprio con riferimento ad una situazione in cui il fornitore di un servizio fa uso di un segno corrispondente ad un marchio altrui per promuovere prodotti che uno dei propri clienti commercializza grazie a tale servizio, un siffatto uso rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 e dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94, laddove ciò avvenga in modo tale da creare un nesso tra detto segno e tale servizio. (v. punti 91-92, 97, dispositivo 4) 5. Il gestore di un mercato online non fa «uso», ai sensi dell’art. 5 della prima direttiva 89/104, in materia di marchi, e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, dei segni identici o simili a marchi che figurano in offerte in vendita che compaiono sul suo sito. Infatti, l’esistenza di un «uso» di un segno identico o simile al marchio del titolare da parte di un terzo, ai sensi dell’art. 5 della direttiva 89/104 e dell’art. 9 del regolamento n. 40/94, comporta, quanto meno, che quest’ultimo utilizzi il segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Orbene, nei limiti in cui tale terzo fornisce un servizio consistente nel permettere ai propri clienti di far comparire, nell’ambito delle loro attività commerciali quali le loro offerte in vendita, segni corrispondenti a marchi sul proprio sito, non è lui stesso a fare, su tale sito, un uso dei detti segni nel senso indicato dalla summenzionata normativa dell’Unione. Ne consegue che l’uso di segni identici o simili a marchi in offerte in vendita che compaiono in un mercato online ha luogo ad opera dei clienti venditori del gestore di tale mercato e non ad opera del gestore stesso. Nei limiti in cui consente ai propri clienti di fare tale uso, il ruolo del gestore del mercato online non può essere valutato alla luce delle disposizioni della direttiva 89/104 e del regolamento n. 40/94, ma deve essere esaminato nella prospettiva di altre norme di diritto, quali quelle enunciate nella direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), specificamente alla sezione 4 del capo II della medesima, che riguarda la «responsabilità dei prestatori intermediari» nel commercio elettronico e che comprende gli artt. 12-15 della stessa direttiva. (v. punti 102-105, dispositivo 5) 6. L’art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretato nel senso che esso si applica al gestore di un mercato online qualora non abbia svolto un ruolo attivo che gli permetta di avere conoscenza o controllo circa i dati memorizzati. Detto gestore svolge un ruolo siffatto allorché presta un’assistenza che consiste in particolare nell’ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita di cui trattasi o nel promuoverle. Quando non ha svolto un ruolo attivo nel senso indicato al paragrafo precedente e dunque la sua prestazione di servizio rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31, il gestore di un mercato online, in una causa che può comportare una condanna al pagamento di un risarcimento dei danni, non può tuttavia avvalersi dell’esonero dalla responsabilità previsto nella suddetta disposizione qualora sia stato al corrente di fatti o circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità delle offerte in vendita di cui trattasi e, nell’ipotesi in cui ne sia stato al corrente, non abbia prontamente agito conformemente al n. 1, lett. b), del suddetto art. 14. (v. punti 123-124, dispositivo 6) 7. L’art. 11, terza frase, della direttiva 2004/48, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri di far sì che gli organi giurisdizionali nazionali competenti in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale possano ingiungere al gestore di un mercato online di adottare provvedimenti che contribuiscano non solo a far cessare le violazioni di tali diritti ad opera degli utenti di detto mercato, ma anche a prevenire nuove violazioni della stessa natura. Tali ingiunzioni devono essere efficaci, proporzionate, dissuasive e non devono creare ostacoli al commercio legittimo. (v. punto 144, dispositivo 7)
Marchi, Internet, Pubblicità a partire da parole chiave ("keyword advertising"), Visualizzazione, a partire da parole chiave identiche o simili a marchi, di link verso siti di concorrenti dei titolari di tali marchi, Direttiva 89/104/CEE, Art. 5, n. 1.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili — Uso del marchio ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva — Nozione [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a) e b)] 2. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico per prodotti identici — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Pregiudizio alla funzione di indicazione d’origine [Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1, lett. a)] 3. Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diritto del titolare di un marchio di opporsi all’uso da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili — Pubblicità nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet — Rischio di confusione (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 5, n. 1) Massima 1. Il segno scelto dall’inserzionista come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet è lo strumento da lui utilizzato per rendere possibile la visualizzazione del proprio annuncio, ed è dunque oggetto di un uso «nel commercio» ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 sui marchi. Si tratta inoltre di un uso per prodotti o servizi dell’inserzionista, anche qualora il segno scelto quale parola chiave non compaia nell’annuncio stesso. Tuttavia, il titolare del marchio non può opporsi al detto uso del segno identico o simile al proprio marchio se non sono soddisfatte tutte le condizioni previste a tal fine dall’art. 5 della direttiva 89/104 e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia relativa a tale articolo. Nell’ipotesi di cui all’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104, in cui l’uso da parte di un terzo di un segno identico a un marchio avviene per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, il titolare del marchio ha il diritto di vietare detto uso qualora quest’ultimo possa compromettere una delle funzioni del marchio. Nell’altra ipotesi, contemplata dall’art. 5, n. 1, lett. b), di tale direttiva, in cui il terzo fa uso di un segno identico o simile ad un marchio per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, il titolare del marchio può opporsi all’uso di detto segno solo ove esista un rischio di confusione. (v. punti 18-22) 2. Il titolare del marchio non può opporsi all’uso di un segno identico a quest’ultimo, a norma dell’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 sui marchi, quando tale uso non è idoneo a compromettere alcuna delle funzioni del marchio suddetto. Per quanto riguarda la funzione di indicazione d’origine, la questione se tale funzione subisca un pregiudizio allorché, sulla base di una parola chiave identica ad un marchio, agli utenti di Internet viene mostrato l’annuncio di un terzo dipende in particolare dal modo in cui tale annuncio è presentato. La funzione di indicazione di origine del marchio risulta pregiudicata qualora l’annuncio non consenta o consenta soltanto difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo. A tale riguardo, qualora l’annuncio del terzo suggerisca l’esistenza di un legame economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste un pregiudizio della funzione di indicazione di origine. Allo stesso modo, qualora l’annuncio, pur non suggerendo l’esistenza di un legame economico, sia talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale allegato, se l’inserzionista sia un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, sia economicamente collegato a quest’ultimo, si dovrà parimenti concludere che sussiste un pregiudizio della detta funzione del marchio. (v. punti 30, 35-36) 3. L’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 sui marchi deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare che un inserzionista – sulla base di una parola chiave identica o simile a tale marchio, da lui scelta, senza il consenso del detto titolare, nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – faccia pubblicità a prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è stato registrato, qualora tale pubblicità non consenta o consenta solo difficilmente all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi cui si riferisce l’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo. (v. punto 41)