Documents - 6 citing "REGIO DECRETO 16 marzo 1942, n. 262 – Approvazione del testo del Codice civile (artt. 2563-2574 – Marchio, ditta e insegna; artt. 2584-2594 – Brevetto; artt. 2598-2601 – Concorrenza sleale) - Article 2599"

avente ad oggetto: Marchio
Tali marchi “deboli”, caratterizzati da minore originalità, sono dunque tutelabili soltanto se riprodotti integralmente o imitati in modo molto prossimo. Invero, la funzione distintiva del marchio, a cui corrisponde un diritto di esclusiva in capo al titolare del segno, comporta che la tutela del marchio operi principalmente quando l’adozione di esso, o di un segno ad esso simile, da parte di un terzo, possa provocare un rischio di confusione o associazione per il pubblico, che produca appunto un pregiudizio per la sua funzione distintiva. Priva di pregio, stante quanto fin qui esposto, deve ritenersi la doglianza relativa al ritenuto erroneo rigetto da parte del giudice di prime cure della domanda di accertamento di concorrenza sleale.
marchio anteriore, inosservanza, risarcimento del danno, concorrenza sleale, pubblicità, marchio registrato, titolare del marchio, contraffazione, inibitoria
Ciò detto resta tuttavia da esaminare la ulteriore questione della sussistenza di un illecito concorrenziale per imitazione servile in capo alla convenuta. Va pertanto senz’altro ordinata la pubblicazione del dispositivo della sentenza sulla medesima rivista sulla quale è apparso il messaggio pubblicitario di cui sopra come richiesto.
contraffazione, concorrenza sleale, marchio registrato, inibitoria, danno morale, inosservanza, pubblicazione della sentenza, Marchi, risarcimento del danno, registrazione del marchio, preuso, diritto di vietare ai terzi, identità o somiglianza, rischio di confusione, rischio di associazione
Infine, viene rilevata la genericità e l’indeterminatezza, oltre che l’infondatezza della domanda risarcitoria. Ai sensi dell’art.20 lettera b) c. p. i. , il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. Nel caso di specie, il giudizio sulla confondibilità tra i due segni non può prescindere dalla considerazione che il tipo di consumatore destinatario della pubblicizzazione del marchio è il medesimo, essendo entrambi rivolti al settore sposi e matrimonio nella medesima provincia di Como. Riguardo a tale produzione, nessuna contestazione ha sollevato la convenuta, così come nulla ha eccepito in relazione alla produzione documentale della controparte (docc.28- 30) che dimostra che la polizia locale di XXX ha elevato una contravvenzione per affissione abusiva di cartelloni pubblicitari, inviando, per errore, a T s. r. l. la relativa sanzione a causa della confusione del marchio “COMO SPOSI” con il marchio “VIVA GLI SPOSI”. Per tutte le considerazioni che precedono, la lamentata contraffazione del marchio dell’attrice deve pertanto ritenersi provata. Anche in ipotesi concorrenziali, ove si suole dire che il danno sarebbe “in re ipsa” e da valutare equitativamente ex art. 1226 c. c. , la parte che invoca il risarcimento è comunque onerata di svolgere quelle deduzioni che possono conferire concretezza alla specifica pretesa di quantificazione, fornendo al giudice una base sulla quale esprimere la propria valutazione (cfr. Cass. 18748/10).
contraffazione, brevetto europeo, concorrenza sleale, inibitoria, distributore, risarcimento dei danni, brevetto per invenzione, giudizio di merito, corrispondenza contabile, compenso, protezione del brevetto, pubblicità, singole parti, concessione del brevetto
La limitazione così apportata al testo del brevetto, secondo il CTU, supererebbe i rilievi di carenza di novità già svolti rispetto al testo originario del brevetto non rilevandosi nei documenti anteriori depositati alcuna identica descrizione. 4. L’esame di validità si è dunque concentrato sulla sussistenza di altezza inventiva del trovato. [...] IL CTU ha ritenuto che, seppure tale caratteristica richiami la valutazione di un parametro inevitabilmente soggettivo difficilmente quantificabile o rilevabile con esattezza, la descrizione del brevetto sia sufficientemente chiara nella prospettazione del concetto, laddove afferma che il termine “sapore pulito" significa che quando il composto oggetto dell’invenzione è addizionato ad un alimento o mangime in quantità adatte, “qualsiasi particolare sapore e/o nota, tipica del microrganismo da cui la composizione è ottenuta, e qualsiasi sapore o nota tipo brodo, minestra o simile, proveniente dal microrganismo, è minima o assente in detto cibo o mangime" (par. 0040). [...] Tuttavia ha ritenuto il CTU che tali indicazioni – nel loro contesto originario - non fossero sufficienti per il tecnico del ramo per comprendere chiaramente il problema alla base della soluzione rivendicata nella forma limitata del brevetto proposta, al fine di orientarlo specificamente verso tale soluzione, che nel testo originario era inserita tra le tante alternative possibili. [...] Il CTU ha altresì verificato se qualche indicazione sulla soluzione rivendicata in sede di limitazione fosse offerta dagli esempi del brevetto in causa, così come sostenuto dalle parti attrici. [...] La sola circostanza che, trattandosi di rivendicazione di processo, essa descriva un procedimento connotato da maggiore semplicità non appare invero sufficiente al fine di poter ritenere valida detta rivendicazione, posto che l’ottenimento del sapore pulito sarebbe comunque caratteristica necessaria – in quanto esplicitamente presente nella rivendicazione – per confermare l’altezza inventiva della soluzione, a prescindere da ogni ulteriore valutazione delle anteriorità che potrebbero investire la stessa sequenza del procedimento (brevetto statunitense 4 623 723; brevetto statunitense 17 8. [...] Le osservazioni critiche svolte dalle parti attrici rispetto alle valutazioni svolte dal CTU non risultano tali da poter pregiudicare la coerenza e l’aderenza alla documentazione in atti delle conclusioni raggiunte. [...] In buona sostanza dette osservazioni risultano inidonee ad incrinare il chiaro contenuto dei rilievi del CTU, essendo di fatto limitate a contestare con affermazioni contrarie e con l’evidenziazione di singole parti del testo brevettuale i rilievi che investono nel suo complesso detto testo. L’insistenza sulla menzione della forma di attuazione descritta nella originaria riv. 1 e poi enucleata nella forma modificata della stessa rivendicazione come già prevista come “più preferita" appare invero del tutto insensibile alle articolate valutazioni del CTU che hanno evidenziato plurimi profili di contraddittorietà e quindi di obbiettiva incertezza che caratterizzano il trovato stesso oltre a non considerare la sostanziale arbitrarietà – in quanto non associata all’indicazione di uno specifico ed ulteriore effetto tecnico atto a differenziare lo specifico intervallo individuato da quelli contestualmente proposti nella originaria riv. 3 – della scelta limitativa operata, in un contesto che aveva già visto il CTU valutare negativamente l’originaria formulazione sia in quanto anticipata sia in quanto inidonea ad indicare effettive alternative brevettuale o fornire eventuali conferme rispetto ad aspetti non contenuti nel titolo stesso. [...] Quanto all’illecito concorrenziale relativo all’autoattribuzione da parte di PROSOL s.p.a. della qualità di unica società occidentale specializzata nella produzione e lavorazione di derivati dell’RNA che risulterebbe presente sul video diffuso su You Tube (doc. 25 fasc. attr. ), deve rilevarsi che il tenore delle affermazioni ivi rilevabili non pare eccedere l’ambito di normale liceità del messaggio pubblicitario, posto che non appare contestato che esse sono accompagnate da ulteriori affermazioni che pongono la stessa PROSOL s.p.a. in un contesto in cui più soggetti nel mondo provvedono alla produzione e lavorazione dell’RNA. In tale contesto l’elevata specializzazione dei soggetti cui detti messaggi sono rivolti non pare poter indurre la convinzione effettiva ed ingannevole dell’unicità della P s.p.a. nello specifico e specialistico campo di attività legato alla produzione e lavorazione dell’RNA. [...] Alla soccombenza del tutto prevalente segue la condanna delle parti attrici alla rifusione delle spese processuali in favore della convenuta nei limiti stabiliti in dispositivo nonché delle spese di consulenza tecnica nella misura già liquidata in corso di causa e dei consulenti di parte della società convenuta nei limiti di quanto liquidato in favore del CTU.[...]
pubblicazione della sentenza, contraffazione, concorrenza sleale, marchi, inibitoria, rischio di confusione, rischio di associazione, uso del segno, pubblico interessato, diritto esclusivo, pubblicità, buona fede, corrispondenza commerciale, marchio registrato, notorietà, particolare del marchio, divieto
Siffatta scelta può determinare innanzitutto ex art. 20 lett. b) CPI un rischio di confusione sulla provenienza dei beni, anche e soprattutto sotto il profilo del rischio di associazione, inteso come probabile errore del pubblico circa l’ esistenza di rapporti contrattuali o di gruppo fra il titolare e il secondo registrante. [...] Le norme comunitarie (e poi quelle nazionali) hanno inteso tutelare il diritto esclusivo sul segno come elemento attrattivo e comunicazionale, impedendone l’ appropriazione ogni volta che questa possa determinare, in via alternativa, un indebito vantaggio per l’ usurpatore o in pregiudizio al titolare. Esistono vari livelli di rinomanza, che va dai segni noti alla generalità della popolazione a quelli solo largamente accreditati presso un segmento del pubblico dei consumatori, cui si accompagnano diverse estensioni della tutela, al di là dell’ ambito merceologico e del rischio di confusione in senso stretto (dovendo ritenersi sufficiente un ingiustificato agganciamento, che consenta di collocarsi sul mercato sfruttando le valenze evocative del segno rinomato). Il diverso livello di rinomanza incide sull’ onere della prova, ben potendo -in caso di segni notori, quali quello che ci occupa- farsi ricorso anche alle nozioni di comune esperienza. Infine, va ricordato che, per il principio di unitarietà dei segni distintivi di cui all’art. 22 CPI è vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna o nome a dominio aziendale un segno uguale o simile all’altrui marchio se possa determinarsi quel medesimo rischio di confusione del pubblico o quell’approfittamento, con conseguente pregiudizio, di cui all’art. 20 CPI. [...] L’accordo transattivo deve essere interpretato secondo le regole di cui all’art. 1362 e segg. c.c., ricordando che i criteri legali di ermeneutica contrattuale sono governati da una gerarchia interna. [...] Spetterà quindi alle odierne parti attrici, in caso di contestazione, offrire la rigorosa prova che in quella specifica circostanza non era possibile, per la normativa specifica di settore, utilizzare altra indicazione, quali appunto i marchi, che comunque consentisse di risalire all’impresa produttrice/commercializzatrice. Certamente, la generalità dell’uso di una denominazione sociale così interferente non può farsi discendere in via generale dalla normativa del Codice del Consumo (D. lvo 206/05), in particolare gli artt. 6 e 22, laddove si prevede il contenuto minimo della comunicazione che i consumatori devono ricevere. Infatti, le disposizioni richiamate equiparano il marchio alla ragione sociale del produttore e tale indicazione è sufficiente ad evitare l’ingannevolezza di cui all’art. 22, contenendo tutte le informazioni rilevanti di cui un consumatore medio ha bisogno per prendere una decisione consapevole. [...] Anche l’utilizzazione della ragione sociale del produttore e/o commercializzatore sui siti di titolarità degli attori deve essere fatta al mero fine di informazione nel contesto di una descrizione narrativa dei prodotti forniti e della loro origine produttiva, senza il ricorso a caratteri speciali o di particolare evidenza e sempre accompagnata dal chiarimento, come indicato nell’accordo al punto 7, che non vi sono rapporti con la GV s.p.a. Va infine chiarito, come l’accordo autorizzi solo l’uso della denominazione sociale, dovendo ritenersi esclusi gli altri usi interferenti indicati dall’art. 22 CPI, quali la ditta, l’insegna, il nome a dominio aziendale. [...] Siffatto uso della denominazione della ricorrente, il cui cuore identificativo è certamente rappresentato dal patronimico VERSACE, eccedeva certamente le esigenze di rispetto della normativa comunitaria e di quella posta a tutela dei consumatori, al fine di rendere identificabile il produttore, e rappresentava una forma di utilizzazione quale segno distintivo in senso stretto, in contrasto con gli accordi transattivi invocati, come tale da ritenersi di natura contraffattiva ex art. 20 lett. b) e c) CPI.[...]
Oggetto: contraffazione di brevetto italiano per invenzione industriale.
Tali condotte costituivano violazione dei diritti correlati alla titolarità del brevetto e concorrenza sleale. [...] Dall’esame della documentazione riversata in atti non emergono riscontri certi in ordine all’effettiva conclusione da parte di T di contratti di vendita di impianti tessili interferenti con la privativa dell’attore. [...] Questi episodi si collocano al di fuori delle contestazioni svolte dall’attore e rappresentano il frutto di una temporanea collaborazione commerciale, avviata per specifici clienti e, per lo più, in sostanziale concomitanza al perfezionamento della cessione del brevetto oggetto di causa. [...] È difatti chiaro che una temporanea sovrapposizione di denominazioni uguali per prodotti differenti introduce un forte rischio di errore e confusione presso la clientela, in quanto abituata ad abbinare un determinato nome ad un certo modello di impianto. È peraltro evidente il pericolo di una gestione poco efficiente anche da un punto di vista amministrativo interno all’azienda. [...] In difetto della materiale disponibilità del prodotto, si è potuto soltanto tenere conto della sintetica descrizione dell’apparato inserita nel testo della fattura. Il raffronto svolto dal ctu con il testo delle rivendicazioni ha consentito di abbinare il predetto contenuto illustrativo soltanto alla parte precaratterizzante del testo del brevetto PG (v. relazione ctu pagina 16). [...] È inoltre molto significativo che T non sia stata in grado di fornire il benché minimo riscontro di contatti con l’attore contestuali allo svolgimento delle varie trattative documentate dalle già citate offerte di vendita. È infatti logico ritenere che PG, operando quale fornitore finale, dovesse necessariamente essere consultato, quantomeno per verificare e concordare caratteristiche dell’impianto, tempi di consegna, costi di fornitura e assistenza, ecc. , ovvero tutti gli usuali contenuti qualificanti di una trattativa commerciale riferibile a questa tipologia di impianti. [...] Sono infatti presenti tutte le caratteristiche indicate nelle rivendicazioni 1, 2 e 3 del titolo brevettuale. [...] Ai fini della liquidazione del danno occorre fare riferimento al numero e alla natura degli episodi contraffattori accertati. [...] Il pregiudizio si è pertanto sostanziato in una perdita di opportunità e contatti commerciali che avrebbero potuto verosimilmente condurre, almeno in alcuni casi, alla conclusione di contratti di vendita e assistenza.[...]