marchi, contraffazione, marchio registrato, risarcimento dei danni, inibitoria, pubblicità, titolare del marchio, uso del segno, pubblicazione della sentenza, notorietà, divieto, rischio di associazione, commerciante, preutente, concorrenza sleale, vendita diretta, mala fede
Pertanto, di per sé siffatta dicitura non può costituire il cuore di un segno, in quanto, se non accompagnata da elementi di differenziazione, incontrerebbe ab origine il divieto di registrabilità di cui all’art. 13 CPI, consistendo esclusivamente dall’indicazione descrittiva della funzione e destinazione del prodotto, perfettamente percepibile dal consumatore medio, anche di scarsa formazione culturale. [...] • In altri termini, la finalità della norma (una delle prime definizioni del punto di equilibrio necessario tra le contrapposte esigenze dei monopoli legittimi e della libertà di concorrenza) è quella di impedire che si crei un diritto di esclusiva su parole, figure o segni che nel linguaggio comune sono collegate o collegabili al tipo merceologico, che debbono rimanere patrimonio comune onde evitare ogni ingiustificato ostacolo ai concorrenti, mediante la trasformazione dell’esclusiva sul segno in monopolio di fabbricazione. Se i segni di titolarità delle contendenti appaiono entrambi connotati da una rilevante espressività, che se non descrive il prodotto in sè, si riferisce direttamente al suo uso per il trattamento dell’ipoacusia, ne consegue che l’elemento su cui si concentra l’attitudine individualizzante, in grado di far svolgere ai marchi qui contrapposti la loro funzione di indicatore di provenienza da una precisa realtà imprenditoriale, va individuato nei suffissi che accompagnano “audi”, che sono di mera fantasia (non essendo corrispondente al vero che “audium” abbia di per sé un significato nella lingua latina). Si tratta quindi di segni indubbiamente “deboli”, caratteristica di cui deve tenersi conto nel raffronto tra loro, sia in astratto che globalmente, con riguardo anche all’ uso concreto, ai fini di considerare la loro confondibilità nel giudizio del pubblico. [...] • A fronte di tali caratteristiche differenzianti, esaminate globalmente, in astratto ed in concreto, pare possa escludersi il rischio di una effettiva confondibilità per il pubblico ex art. 12 lett. b) CPI ed ex art. 20 lett. b) CPI, anche sotto il profilo del rischio di associazione. [...] • La dedotta rinomanza del marchio attoreo non risulta tempestivamente allegata nell’atto introduttivo e comunque non sarebbe comprovata dalla documentazione prodotta, che evidenzia le tipiche pubblicità cui ricorre un commerciante presente al livello locale (sia pure nella più grande ed importante città del paese): cartellonistica stradale, inserzioni sulle pagine locali di quotidiani e sulle “Pagine Gialle”. [...] • Concorrenza sleale Le conclusioni cui si è pervenuti in tema di non interferenza dei marchi delle convenute rispetto a quello attoreo, escludono che il loro uso possa essere considerato illecito ex art. 2598 n. 1 c.c. [...] • Come è noto, “ai fini dell’ identificazione della causa petendi posta alla base della domanda non rilevano tanto le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l’ insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta, sicchè è compito precipuo del giudice la corretta identificazione degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa” ( Cass. 4598/07 ). Più specificamente, appartenendo quelli risarcitori alla categoria dei diritti c.d. eteroindividuati, la relativa fonte deve essere compiutamente definita. [...] • In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti che richiedono, quale indispensabile elemento di valutazione, l’ allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si fondano”(secondo il sempre imprescindibile insegnamento di Cass. 4712/96 ). Quindi ogni mutamento ed inserimento di nuovi fatti determina un radicale mutamento della causa petendi, che non è ammissibile in corso di causa. [...] • Avendo l’attrice allegato l’illiceità concorrenziale sotto il profilo della fattispecie confusoria ex art. 2598 n. 1 (“atti idonei a creare confusione con i prodotti e le attività di un concorrente”), sarebbe stato necessario che l’attrice dimostrasse l’efficacia in qualche modo “individualizzante” e diversificatrice delle condotte asseritamente imitate rispetto ad altre simili.[...]
domanda di risarcimento del danno causato dall‟annacquamento di marchio d‟impresa, dalla registrazione in mala fede e da condotte di concorrenza sleale
Con conseguente confusione presso il pubblico e riduzione del valore commerciale del marchio del fallimento. [...] • Tale segno rappresenta probabilmente -se non il cespite più rilevante- certamente uno dei più importanti dell'asse attivo. [...] • Permane quindi un interesse degli organi fallimentari alla protezione del marchio di titolarità dell'azienda sottoposta a procedura concorsuale. Il fallimento è quindi legittimato ad agire per tutelare tale elemento attivo al fine di elidere condotte che ne annacquino o comunque riducano l'appetibilità sul mercato in relazione ad una vendita concorsuale il più proficua possibile ovvero ad agire, come nel caso in esame, in via risarcitoria ove tale risultato sia stato indebitamente frustrato. La procedura è l‟unica titolare della relativa posizione sostanziale e, simmetricamente, del potere processuale di agire per la sua tutela, anche ove il marchio venga attaccato indirettamente, attraverso cioè condotte concorrenzialmente scorrette che ne sviliscano il valore a danno della massa dei creditori. [...] • Ciascuna registrazione presenta poi degli ulteriori elementi di differenziazione, quale ad esempio il disegno di una mucca stilizzato o ancora di una tazza. [...] • Se non si può negare che il cioccolato sia uno dei gusti più diffusi di gelato e, dunque, il relativo sostantivo sia parzialmente evocativo di tale dolce, tuttavia in primo luogo la relazione non è univoca ed esclusiva (giacché il cioccolato è un ingrediente di molto altri dolci e per converso molti gusti di gelato non sono di cioccolato); in secondo luogo la peculiare caratterizzazione grafica sopra descritta ne assicura qui una sufficiente capacità distintiva e, simmetricamente, uno specifico spazio di tutela contro l‟attacco di terzi. [...] • L‟impatto visivo complessivo è dunque assai simile; -sotto il profilo concettuale e fonetico dalla convenuta appaiono minime e comunque poco percepibili da parte dall‟osservatore medio; l‟impressione generale suscitata dai due marchi non si discosta al punto da segnare una decisiva cesura tra le due impressioni generali. Al giudizio positivo sull‟interferenza non osta la considerazione che, in effetti, nel caso in esame la registrazione del segno non possa essere sanzionata ex art. 19 c.p. i., trattandosi quella ivi disciplinata di registrazione in mala fede che presuppone quali requisiti: a) la registrazione effettuata con il solo intento di danneggiare il concorrente, non seguita da un utilizzo effettivo; b)il segno del concorrente non goda di piena tutela giuridica in quanto non registrato, condizione qui insussistente. Seppure non vi siano i presupposti per l‟applicazione della relativa disciplina ma eventualmente quella di cui all‟ art. 12 c.p. i., la condotta della convenuta ha influito in negativo sul valore di scambio del marchio del fallimento, anche tenuto conto dell‟impiego che ne è stato fatto, ossia quale insegna dello storico locale da sempre identificato dal pubblico con il marchio attoreo. [...] • Con conseguente effetto confusorio sulla capacità attrattiva del marchio, quale veicolo del messaggio della qualità del prodotto oltre che dell‟origine imprenditoriale del bene da esso contraddistinto. [...] • Una ulteriore posta di credito –autonoma rispetto alla perdita in sé del valore di scambio del bene- afferisce ai mancati guadagni che la procedura avrebbe conseguito ove l‟utilizzo, dopo la cessazione del contratto di licenza, del marchio interferente quale insegna si fosse accompagnato al pagamento a favore della titolare dei relativi canoni.[...]
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