Documents - 20 citing "DECRETO LEGISLATIVO 10 febbraio 2005, n. 30 Codice della proprieta' industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273. - Article 125"

rischio di confusione, titolare del marchio, concorrenza sleale, inosservanza, risarcimento dei danni, contraffazione, pubblicazione della sentenza, giudizio cautelare, giudizio di merito, marchi, identità o somiglianza, rischio di associazione, registrazione del marchio, inibitoria
È infatti evidente la somiglianza verbale e fonetica (nel caso della fattura vi è addirittura un’identità) tra i segni a confronto. Le considerazioni che precedono in merito alla somiglianza tra segni e alla affinità tra prodotti, sono utili ai fini della valutazione sulla confondibilità tra prodotti da parte del consumatore. Appare assai probabile, alla luce dell'identità merceologica e funzionale dei beni contrassegnati, che si possa determinare un rischio di confusione per il pubblico. Perché il comportamento del terzo sia vietato, non basta l’uso da parte del medesimo di un segno simile per prodotti affini, ma serve qualcosa in più: serve che tale uso sia idoneo a indurre il pubblico a pensare che i prodotti del terzo provengano in realtà dall’impresa del segno che si presume essere contraffatto. La commercializzazione degli apparecchi in oggetto da parte della convenuta può indurre il consumatore finale a pensare che i prodotti del terzo provengano in realtà dall’impresa titolare del marchio registrato.
risarcimento del danno, pubblicazione della sentenza, contraffazione, marchio registrato, titolare del marchio, marchio simile, carattere distintivo, registrazione del marchio, mancato guadagno, inibitoria
Ciò in considerazione del fatto che non è stata fornita alcuna prova in ordine all’esistenza di una determinata tipologia di borsa, con specifiche e comuni caratteristiche, dato che la parola “postina” è idonea a descrivere solo il mestiere del postino svolto da una donna, ma minimamente è riferito ad un determinato e, tanto meno, univoco prodotto. [...] Ha, quindi, escluso la ricorrenza di alcun danno ex artt. 1223 e 2600 c.c., dal momento che manca un qualsivoglia documento di carattere contabile idoneo a dimostrare il danno lamentato dall’appellante. [...] Occorre premettere che la liquidazione equitativa del danno ai sensi dell’ art. 1226 c.c. presuppone che il pregiudizio economico reclamato sia certo nella sua esistenza storica ( v. Cass. civ. n. 3794/08 ). La S.C. ha osservato che “la liquidazione equitativa del danno patrimoniale, ai sensi degli artt. 2056 e 1226 cod. civ. , richiede comunque la prova, anche presuntiva, circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale. Occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece - anche semplicemente in considerazione dell'"id quod plerumque accidit" - connesso all'illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità, pur non essendo eventualmente suscettibile di prova del quantum” ( v. Cass. civ. n. 17677/09 ). Trasfondendo tali condivisibili arresti nel caso in esame, è di tutta evidenza come la difesa dell’appellante non abbia minimamente provveduto ad una necessaria attività di allegazione e, tanto meno, di prova. Non è in atti alcun documento contabile dimostrativo del danno emergente e del mancato guadagno sofferti dal titolare del diritto; né è in atti alcuna allegazione in punto di ragionevole royalty che il contraffattore avrebbe pagato se avesse ottenuto regolare licenza per commercializzare il prodotto; né soccorrono, infine, eventuali stime circa il profitto conseguito dal contraffattore o emergono altri fatti materiali idonei a dimostrare flessioni di fatturato ragionevolmente riconducibili all’attività di disturbo da parte dell’appellata. Per tali motivi, non è da riconoscere alcuna somma a titolo di risarcimento del danno, che non può essere ritenuto in re ipsa, in difetto, quanto meno, dell’allegazione circa l’impossibilità relativa di fornire adeguata prova dello stesso. [...] Alla luce delle sopra esposte considerazioni, pertanto, in riforma della sentenza di prime cure, la Corte accerta che la condotta posta in essere dall’odierna appellata costituisce violazione dei diritti esclusivi di proprietà industriale facenti capo al GZ. [...] L’esito del gravame comporta l’assorbimento dell’ulteriore questione relativa alla volgarizzazione del marchio. 22.[...]
Oggetto: Brevetto di invenzione
Il maltitolo è un dolcificante, che è tradizionalmente utilizzato in forma di sciroppo, dal momento che ne è difficile la cristallizzazione: le forme cristalline o semi- cristalline, infatti, possono presentare vari problemi come la formazione di grumi, una cattiva scorrevolezza o una scarsa solubilità. Tale rivendicazione è caratterizzata da una specifica finalità di ottenimento dell’effetto tecnico soggiacente all’uso proposto, includendo come denotazione tecnica anche il raggiungimento di un determinato risultato (si vedano decisioni G2/88, G6/88, Guidelines C-VI 9.7, vedi AII. 18-1, 18-3, 19 della convenuta). Ed è proprio questa caratteristica a escludere che la rivendicazione del brevetto de quo sia equivalente alla rivendicazione di procedimento n.9 del medesimo brevetto, ritenuta, però, carente di novità dinanzi alla Divisione di Opposizione EPO (argomento proposto da C a sostegno dell’appello incidentale). Tale tipologia di brevetti ha, quindi, come requisito, una specifica oggettiva intenzionalità. Nel caso di specie ciò che contraddistingue l’uso del maltotriitolo rivendicato da R è la capacità di orientare la forma di cristallizzazione del maltitolo. Questo utilizzo dell’impurezza maltotriitolo consiste in un suo controllo attivo a una certa percentuale durante il procedimento di produzione del maltitolo. Il testo brevettuale deve essere interpretato alla luce dell’art. 52 CPI, che prevede, al secondo comma, che “i limiti della protezione sono determinati dal tenore delle rivendicazioni; tuttavia, la descrizione e i disegni servono a interpretare le rivendicazioni” e, al terzo comma, che “la disposizione del comma 2 deve essere intesa in modo da garantire nel contempo un'equa protezione al titolare e una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi”. Dal testo normativo, si evince, come la descrizione sia un elemento fondamentale nell’interpretazione del brevetto per portare in maniera chiara e completa un’invenzione a conoscenza di terzi (Comma 2). Tuttavia, questa descrizione non si pone solo a vantaggio del titolare del brevetto, ma è essa stessa un limite al diritto di privativa. Quindi, il brevetto deve essere interpretato restrittivamente, alla luce di quanto risulta espresso dal titolare all’interno del testo, senza possibilità di ampliarne il significato.
contraffazione di marchio.
Appare operazione di carattere preliminare verificare la tutela effettivamente riconoscibile in favore dei prodotti in questioni, commercializzati dalla società attrice L S.A.S. con il marchio “Le Pliage” su licenza ottenuta dalla titolare del marchio JC S.A.S., a sua volta avente causa dal creatore del modello di borsa PC. [...] In effetti, al di là dell’innegabile successo commerciale di tale modello di borsa, non risultano nemmeno allegati gli elementi che dovrebbero confermare la presenza di un valore artistico nella creazione dell’aspetto esteriore del modello di borsa in questione, la cui prova spetta alla parte che ne invoca la protezione. Come è noto tale valore artistico può essere desunto da una serie di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista (così da ultimo Cass. 23292/15 ). [...] E’ stata poi dedotta la natura di marchio di forma di fatto che l’aspetto del modello di borsa in questione rivestirebbe. [...] La norma comunitaria così come quella interna escludono dalla possibilità di valida registrazione come marchio, oltre alla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, anche la forma che dia valore sostanziale al prodotto. [...] In altra occasione la stessa Corte di Giustizia ha affermato che quando il design di un prodotto rappresenta un elemento che svolge un ruolo molto importante nel determinare la scelta del consumatore anche se quest’ultimo prende in considerazione altre caratteristiche del prodotto in questione, si deve ritenere che il design costituisca motivo ostativo per la protezione come marchio di forma, stante l'esclusione di cui sopra. [...] L’impedimento del “valore sostanziale” può non essere di ostacolo alla registrazione di una forma, pur gradevole dal punto di vista estetico, nella quale tuttavia prevalga il valore simbolico di richiamo alla provenienza del prodotto da una determinata impresa, piuttosto che non l'elemento attrattivo determinato dalla sua estetica. La forma che dà un valore sostanziale al prodotto deve dunque considerarsi in definitiva quella che incide in modo determinante, o appunto “sostanziale”, sull’apprezzamento del prodotto, con esclusione invece di quelle forme di presentazione o di confezionamento che, pur caratterizzando il prodotto di una impresa anche sotto il profilo della gradevolezza della sua presentazione, non sono determinanti nella sua scelta. Nel caso di specie la pur ampia rappresentazione documentale fornita dalle attrici circa il notevole apprezzamento ed il successo nel mercato di tale modello di borsa non consente di ritenere che l’innegabile valore del suo originale aspetto estetico sia profilo del tutto minimale rispetto agli elementi che ne consentono il collegamento ad una determinata impresa. In effetti appare del tutto conforme alla realtà della fattispecie ritenere che la principale motivazione all’acquisto da parte del consumatore sia proprio il particolare ed apprezzato aspetto esteriore del modello di borsa, profilo che in un relativamente breve arco di tempo dalla sua immissione in commercio ne ha determinato il riconosciuto successo. [...] Detta riproduzione risulta essere eseguita in maniera per così dire “fotografica”, come si evince dalla documentazione in atti ed è stata confermata dall’esito del sequestro eseguito ante causam. [...] Ciò posto quanto alla natura dell’illecito riscontrabile nella fattispecie, deve procedersi alla determinazione del danno risarcibile. [...] Va invero rilevato che l’unico punto di riferimento apprezzabile appare obbiettivamente il quantitativo di prodotti oggetto di imitazione servile reperiti all’esito delle operazioni di sequestro eseguite ante causam, posto che nessuna ulteriore attività istruttoria è stata di fatto richiesta dalle stesse attrici nell’ambito della causa di merito in quanto le stesse alla prima udienza di comparizione delle parti del DD/MM/ 2 016 hanno chiesto rinvio per precisazione delle conclusioni.[...]
MARCHI. Contraffazione. Nullità.
Il marchio in questione era collegato ad un omonimo prodotto assicurativo proposto agli Sci Club, CAI e Associazioni Sportive, al fine di tutelare i loro associati da sinistri occorsi durante l’attività sciistica. [...] I detti segni, registrati ed utilizzati per la stessa classe di servizi, sono estremamente simili, distinguendosi, dal punto di vista fonetico, solo per la mancanza nel segno della convenuta di una vocale. [...] La prova assunta nel giudizio di contestazione del preuso è altresì in contrasto con la prova assunta dalla parte prima dell’instaurazione del giudizio allorché negava non il preuso ma la diffusione limitata a suo dire alle regioni Lombardia e Piemomte (doc. 7 attore). [...] L’accertamento del preuso da parte della convenuta del marchio sci sicuro determina il diritto da parte della convenuta Assilife alla prosecuzione della sua utilizzazione all’interno del territorio in cui è stato diffuso e quindi la liceità del suo uso. L’uso precedente del segno, anche qualora non importasse notorietà o rappresentasse una notorietà puramente locale ( ma così non è nel caso di specie), conferirebbe al preutente il diritto di continuare l’uso, nei limiti in cui se ne è valso ( cfr art 12 CPI e art. 2751 c.c. ). 9. [...] Il preuso è distruttivo della novità del segno quando è notorio ai consumatori come segno utilizzato per prodotti o servizi dello stesso genere. A tale fine non è necessaria una notorietà diffusa a tutto il territorio nazionale, ma è sufficiente che non sia meramente locale. [...] La nullità del marchio ScioSICURO, per difetto di novità, rende superfluo l’esame dell’invocata fattispecie della nullità per malafede, nonché l’eccezione di decadenza formulata dalla convenuta. [...] Ai sensi dell’art. 28 CPI, il titolare di un diritto di preuso che importi notorietà non puramente locale, il quale abbia, durante cinque anni consecutivi, tollerato, essendone a conoscenza, l'uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile, non può domandare la dichiarazione di nullità del marchio posteriore né opporsi all'uso dello stesso, salvo il caso in cui il marchio posteriore sia stato domandato in mala fede. [...] Per consolidato orientamento giurisprudenziale, la pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l'accertamento della concreta esistenza dello stesso riservato al giudice della liquidazione, che potrebbe eventualmente anche negare la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato formatosi sull'"an" ( Cass. n 15595/2014; 24002/11; 15335/12 ).[...]
marchi, concorrenza sleale, risarcimento del danno, contraffazione, rinnovazione, decadenza, diritto esclusivo, divieto, marchio registrato, uso del segno, carattere distintivo, titolare del marchio, tutela ordinaria, rischio di confusione, rischio di associazione
Quanto in premessa non comporta la mancanza di tutela giuridica, ma unicamente che la stessa può essere ricercata nel diverso ambito della normativa sui marchi. [...] Senonchè, la protezione offerta dalla normativa richiamata al marchio notorio non è illimitata, riconoscendosi tutela allargata al segno – prescindendo, dunque, dalla necessità che si verta nel medesimo settore merceologico (prodotti o servizi identici o affini) – solo a condizione che ricorra un vantaggio illecito per il concorrente o un pregiudizio per il titolare del marchio. In altri termini, la notorietà, ancor prima che elemento di riferimento per il risarcimento del danno, è solo uno dei presupposti per la stessa tutela extramerceologica del marchio famoso. [...] Sotto quest’ultimo profilo è noto, infatti, che il valore di un sito internet dipende essenzialmente dal numero dei contatti e dai conseguenti proventi pubblicitari che è in grado di raggiungere. [...] Tuttavia, in assenza di allegazioni, anche in tal caso, a pregiudizi al carattere distintivo dei propri marchi, non resta che il pregiudizio alla stessa notorietà dei medesimi, nel senso che l’uso del segno possa aver condotto a svalutare l’immagine acquisita presso il pubblico, con conseguente onere di allegare e provare che l’uso indebito del marchio porterebbe il consumatore ad associazioni mentali negative o quanto meno incompatibili con l’immagine che il segno ha acquistato sul mercato ovvero al messaggio veicolato tramite lo stesso. [...] In particolare, la riproduzione quale domain name del marchio notorio di parte attrice non è stata proposta in un contesto degradante o inappropriato, né è incompatibile – trattandosi di utilizzo del segno ad identificazione di un sito sostanzialmente “vuoto" – con la particolare immagine raggiunta dal segno rinomato sul mercato. In altri termini, nessuna contaminazione del valore del marchio rinomato può ipotizzarsi dall’associazione dei due segni da parte del pubblico dei consumatori. Ne consegue che alcuna tutela correlata al marchio notorio può essere riconosciuta a parte attrice. [...] Senonchè appare evidente che tale rischio di associazione, per così dire, di secondo grado non appare tutelato neppure dalle norme sopra richiamate, che invece sono pacificamente riferite al collegamento diretto fra segno usurpato e prodotto o servizio identico o simile a quelli oggetto del marchio registrato. [...] A quanto in premessa si aggiunga, sotto l’ulteriore aspetto dell’addebito di concorrenza sleale, che non può disconoscersi anche l’esistenza di una stretta affinità fra le attività svolte da entrambe le società, considerando: a) che l’attrice utilizza economicamente i marchi di cui è titolare, registrati per numerosissimi prodotti e servizi, mediante concessione degli stessi in licenza a terzi; b) che la convenuta utilizza le registrazioni e le realizzazioni dei domain name per la vendita a terzi potenzialmente ai più disparati fini dell’acquirente. [...] Comunque sia, quanto sopra indicato, ai fini della contraffazione di marchio, in ordine all’idoneità confusiva dell’utilizzo del sito, può essere richiamato anche ai fini della protestata tutela in termini di concorrenza sleale, che, quindi, va anch’essa positivamente dichiarata. [...] Né tali disposizioni possono dirsi derogate dall’attuale disposto di cui all’ art. 125 C.P. I., il quale, nella parte in cui dispone che il danno può essere equiparato alla misura delle royalties che il titolare del marchio avrebbe ritratto in caso di uso in licenza (questa essendo la domanda principale di parte attrice) ovviamente esprime un criterio legale di mera quantificazione equitativa di un danno difficilmente dimostrabile nella sua entità ( art. 1226 c.c. ), ma certamente non prescinde dalla prova della sua esistenza concreta.[...]
Oggetto: concorrenza sleale, nullità e contraffazione di marchi.
Tali condotte costituivano contraffazione delle privative indicate e concorrenza sleale. [...] Il ritardo nel conseguimento della privativa era dovuto all’opposizione presentata dalla Società CCDC che risultava essere titolare di analogo marchio comunitario Tropical precedentemente registrato, riferito ad una birra commercializzata soltanto nelle isole Canarie. [...] L’utilizzo da parte dell’attore di segni distintivi identici ed invalidi per il commercio di bevande costituiva contraffazione delle privative indicate ovvero concorrenza sleale confusoria ex art. 2598 n. 1) c.c. [...] Nella stessa linea di tendenza si iscrive anche la presentazione in sede comunitaria delle domande di registrazione dei marchi già protetti da decenni nel territorio ecuadoriano. [...] È quindi del tutto logico ritenere che in concomitanza al deposito presso l’UIBM della domanda di registrazione del segno tropical, V fosse perfettamente a conoscenza dell’esistenza della bevanda contraddistinta da un marchio del tutto simile, trattandosi di prodotto molto noto in Ecuador, paese di origine della moglie, e da lui stesso certamente conosciuta in precedenza, quantomeno in concomitanza agli acquisti effettuati nel 2007 nello svolgimento della propria attività commerciale. L’obiettiva somiglianza, tra i segni in questione, come di seguito raffigurati, offre ulteriore conferma di tale stato soggettivo di mala fede. tropical V tropical B (1) tropical B (2) Si aggiunga che attraverso la consultazione della banca dati dei marchi comunitari sarebbe stato possibile conoscere anche l’esistenza dei tentativo di registrazione del segno tropical effettuato da B già nel corso del 2006, tentativo arenatosi in virtù dell’opposizione proposta da una società delle Isole Canarie – la CCDC s.a. – che commercializzava da tempo una birra a marchio tropical, opposizione poi definita in via conciliativa con un accordo transattivo del 6.5.2010 . Il quadro probatorio complessivo rende pertanto chiaro un vero e proprio intento usurpativo di V, che in questo modo mirava ad acquisire i diritti esclusivi nel territorio italiano su di un segno distintivo espressione della storia imprenditoriale della B, consolidata da tempo nel territorio ecuadoriano, in progressiva e sensibile espansione in Europa – in particolare in Italia – quale diretta conseguenza dell’incremento dei flussi migratori in questi territori di cittadini ecuadoriani. [...] L’integrale accoglimento delle domande per la declaratoria dell’invalidità delle privative di titolarità di V destituisce di ogni fondamento le domande di accertamento della contraffazione svolte da quest’ultimo contro B e U sulla base dei medesimi titoli. [...] Sulla palese somiglianza dei marchi si può quindi richiamare tutto quando già esposto in precedenza, seppure al diverso fine di verificare il fondamento delle domande di nullità di B. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, deve essere inibita in via definitiva a V ogni futura reiterazione della predetta condotta illecita, con la fissazione di una penale adeguata come da dispositivo. [...] Deve essere accolta anche la domanda di ristoro del pregiudizio causato dall’uso illecito dei marchi. Ai fini della liquidazione del danno, si deve evidenziare che non si dispone di dati certi in quanto l’attore non ha ottemperato l’ordine di esibizione in giudizio della documentazione contabile e commerciale relativa alla sua attività imprenditoriale. [...] È pertanto evidente che tale condotta contraffattoria abbia arrecato un serio danno a B, a causa della perdita di quote di mercato dovuta alla compresenza sul mercato della bevande recanti i segni contraffatti e per la correlata diluizione del valore dei marchi di sua titolarità.[...]
contraffazione, concorrenza sleale, risarcimento dei danni, accettazione, abbigliamento, marchio registrato, carattere distintivo, registrazione del marchio, marchi di forma, decadenza, rischio di confusione, inibitoria, pubblicazione della sentenza
E’ sufficiente che in conseguenza di tale uso gli ambienti interessati percepiscano effettivamente il prodotto o il servizio designato dal marchio come proveniente da una determinata impresa…. [...] Ciò vale a maggior ragione se si considera che, come precisato dalla ricorrente in udienza, il pubblico di riferimento non ha mai visto i prodotti sui quali compare il marchio dell’Unione Europea figurativo K WAY e, in particolare, gli impermeabili, senza le tre strisce di colori che compongono il marchio richiesto, dato che i due marchi in questione sono stati sempre utilizzati insieme. [...] Circa l’affollamento delle strisce nel settore dell’abbigliamento, atteso che parte attrice ha provato l’uso continuato dei marchi oggetto di causa, si deve parimenti escludere che sia intervenuta decadenza o volgarizzazione dei segni in questione. Si tratta comunque di fattispecie non evocate da parte convenuta la quale sostiene invece che, in ragione di ciò, si tratta di segni “deboli", di ridottissima capacità distintiva. [...] Ad analoghe conclusioni deve giungersi per quanto riguarda il marchio comunitario. [...] Del resto, se l’apposizione sul prodotto anche di un marchio notorio fosse elemento idoneo ad escludere la contraffazione di un marchio figurativo, si arriverebbe alla paradossale conseguenza di consentire ai titolari del primo di appropriarsi liberamente del secondo, con il solo accorgimento di impiegarlo in associazione con il proprio segno distintivo, molto affermato sul mercato e fortemente distintivo e riconoscibile.[...]
contraffazione, concorrenza sleale, risarcimento del danno, danno morale, brevettazione, progettazione, brevetto per invenzione, rigetto della domanda, buona fede, preuso, stato della tecnica, oggetto del brevetto, pubblicità, parte interessata, attività industriale, titolare del brevetto, inibitoria, pubblicazione della sentenza, aspetti pertinenti, mancato guadagno, esibizione della documentazione, numero complessivo, prova del fatto
La nullità del brevetto è stata eccepita sotto il profilo dell’assenza del requisito della novità e dell’assenza di un reale problema tecnico cui l’invenzione di MM avrebbe trovato soluzione. [...] Risulta perciò logicamente irrilevante quanto sostiene parte convenuta (comparsa conclusionale) circa il fatto che parte attrice non avrebbe dimostrato che la società K ha modificato l’originario modello B alla luce del modello MM, non essendo affatto questa ( la modifica di K del modello originario) la tesi dell’attrice, la quale ha semplicemente sostenuto che il modello in commercio dopo il 31.7.2010 - di cui quello acquistato sarebbe un esemplare – era in contraffazione del brevetto MM. [...] Premesso che le argomentazioni difensive della convenuta “IP” non hanno nulla a che vedere con un’eccezione processuale (insussistenza di una delle condizione dell’azione quale, appunto, la legittimazione passiva che nella specie si ravvisa per il solo fatto incontestato della vendita da parte de “IP” del prodotto che parte attrice assume in contraffazione) bensì riguardano il merito dell’azione, ovvero la sussistenza de presupposti dell’imputabilità del fatto illecito dedotto (contraffazione e concorrenza sleale), si tratta comunque di una eccezione infondata: la vendita di un prodotto contraffatto, infatti, non solo giustifica la legittimazione passiva della convenuta, ma integra, almeno in via presuntiva, violazione quantomeno colpevole della privativa industriale salvo prova contraria: invero le privative sono soggette ad un regime di pubblicità, e, quindi, ad una presunzione di conoscenza da parte degli operatori economici; e se nella specie IP non ha fornito prova di essere stata inconsapevole incolpevolmente, almeno a partire dal DD/MM/2012 (notifica dell’atto di citazione) era certamente a conoscenza di vendere un prodotto del quale MM affermava la natura contraffattoria, ma ha proseguito nell’illecito essendo dall’impegno di manleva assunto da GG, come a breve meglio di dirà. [...] 5.4 Il risarcimento del danno La contraffazione brevettuale e la commercializzazione del ben contraffatto determinano la perdita attuale e/o potenziale di clientela e vanifica gli sforzi compiuti da chi né è stato vittima per ottenere la privativa (spese di ricerca e brevettazione) e per lanciare il prodotto sul mercato (spese di promozione). [...] Nella specie, non avendo l’attore provato alcunchè in termini di lucro cessante, ma avendo altresì chiesto, com’era sua facoltà, la retroversione degli utili, dovrà accogliersi quest’ultima domanda; anche con riguardo a IP che – quand’anche incolpevole come assume di essere stato - sarebbe comunque in tal senso tenuto.[...]
decadenza, pubblicità, contraffazione, marchi, concorrenza sleale, acquisto, inibitoria, risarcimento dei danni, danno morale, carattere individuale, rischio di confusione, carattere distintivo, riproduzione grafica, conferimento, titolare del marchio, aspetti pertinenti, pubblicazione della sentenza
Come è noto, il primo requisito è di non identità rispetto alle anteriorità rilevanti, da considerarsi l’ una isolatamente dall’ altra e confrontare con la privativa azionata, per valutare se sussista un’ oggettiva identità di forme, essendo sufficiente anche un modesto gradiente di differenziazione per la sussistenza del requisito. Quanto al requisito principale di protezione, cioè il carattere individuale, è ormai pacifico che lo stesso, introdotto dalle riforme normative imposte dall’ adeguamento alla direttiva CE 98/71, risulta assai meno pregnante rispetto a quella vera e propria potenzialità di far evolvere il gusto richiesta dalla normativa previgente (“speciale ornamento”), sicchè l’ ambito delle forme tutelabili ne risulta ampliato a tutte quelle che presentano una originalità estetica che possa da sola orientare le scelte di acquisto del consumatore finale. Il “carattere individuale” presuppone infatti che la forma sia distinguibile sul mercato per l’ utilizzatore informato, che nel campo che ci occupa, è rappresentato da quell’ acquirente finale sensibile alle forme dei prodotti e che possiede una conoscenza media del settore merceologico di riferimento, in quanto attento alle novità del mercato. Trattandosi di prodotti con limitazioni indotte da esigenze funzionali e quindi con ridotto margine di differenziazione è necessario che l’ impressione di insieme offerta dal modello susciti in un siffatto consumatore un’ impressione di evidente dissomiglianza rispetto alle anteriorità rilevanti. Inoltre la forma protetta deve avere un livello di individualità tale non solo da attirare l’ attenzione del consumatore, ma anche da costituire motivo di preferenza per l’ acquisto. Spetta al registrante, laddove la registrazione, come d’ uso, non sia accompagnata da rivendicazioni specifiche, allegare gli elementi che conferiscono al disegno/ modello siffatto carattere individuale –così definendo i confini della privativa- mentre è onere di chi sia convenuto in contraffazione la rigorosa prova della carenza di entrambi requisiti, offrendo al giudice un panorama dei modelli e prodotti presenti sul mercato, per consentire un’ adeguata valutazione della privativa e comunque la definizione dei suoi confini. [...] Le convenute non sono invece state in alcun modo in grado di comprovare l’ intervenuta standardizzazione della forma in questione e neppure l’ esistenza sul mercato di orologi che in qualche modo ripropongano tali forme. [...] Va infine rilevato che i marchi che possono essere esclusi dalla registrazione per i motivi elencati all'art. 3, n. 1, lett. b)-d), della direttiva possono, in conformità del n. 3 della stessa disposizione, acquisire un carattere distintivo per l'uso che ne è stato fatto. Invece un segno che è escluso dalla registrazione sulla base dell'art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva non può mai acquisire un carattere distintivo ai fini dell'art. 3, n. 3, per l'uso che ne è stato fatto. Detto art. 3, n. 1, lett. e), prende dunque in considerazione determinati segni che non sono idonei a costituire marchi ed è un ostacolo preliminare che può impedire che un segno costituito esclusivamente dalla forma di un prodotto possa essere registrato. Se è soddisfatto uno solo dei criteri menzionati in tale disposizione, il segno costituito esclusivamente dalla forma del prodotto, se non addirittura da una riproduzione grafica di tale forma, non può essere registrato in quanto marchio. [...] La ratio degli impedimenti alla registrazione di cui all'art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva consiste nel fatto di evitare che la tutela del diritto di marchio sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto, che possono essere ricercate dall'utilizzatore nei prodotti dei concorrenti.[...]