Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 dicembre 2012. Bonik EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» — Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad — Varna. IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Diniego. Causa C‑285/11.
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad – Varna (Bulgaria), con decisione del 16 maggio 2011, pervenuta in cancelleria l’8 giugno 2011, nel procedimento
Bonik EOOD
contro
Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), facente funzione di presidente della Terza Sezione, dai sigg. K. Lenaerts, E. Juhász, T. von Danwitz e D. Šváby, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 settembre 2012,
considerate le osservazioni presentate:
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per la Bonik EOOD, da O. Minchev, advokat, e da M. Patchett-Joyce, barrister; |
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per il governo bulgaro, da E. Petranova, in qualità di agente; |
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per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da A. De Stefano, avvocato dello Stato; |
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per il governo del Regno Unito, da L. Seeboruth e L. Christie, in qualità di agenti, assistiti da P. Moser, barrister; |
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per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios e D. Roussanov, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU L 347, pag. 1 ). |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Bonik EOOD (in prosieguo: la «Bonik») ed il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (direttore della direzione «Ricorsi e gestione dell’esecuzione», per la città di Varna, dell’amministrazione centrale dell’Agenzia nazionale delle entrate), in merito al diritto a detrazione, sotto forma di credito d’imposta, dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») relativa ad acquisti di grano effettuati dalla suddetta società. |
Contesto normativo
L’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112 dispone che le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale sono soggette ad IVA. |
L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva dispone quanto segue: «Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità». |
L’articolo 62 della suddetta direttiva è del seguente tenore: «Ai fini della presente direttiva si intende per:
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Ai sensi dell’articolo 63 della medesima direttiva: «Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi». |
L’articolo 167 della direttiva 2006/112 enuncia quanto segue: «Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile». |
L’articolo 168 di tale direttiva così dispone: «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
(...)». |
L’articolo 178 della suddetta direttiva prevede quanto segue: «Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:
(...)». |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
La Bonik è una società che è stata oggetto di una verifica fiscale relativa ai mesi di febbraio e marzo 2009. |
A seguito di tale verifica, le autorità tributarie bulgare hanno rilevato che non vi erano prove dell’esecuzione delle cessioni intracomunitarie di grano e di girasoli effettuate, stando alle dichiarazioni della Bonik, in favore della società di diritto rumeno Agrisco SRL, e che, considerato il fatto che i quantitativi di grano e di girasoli indicati sulle fatture emesse dalla Bonik risultavano, secondo la contabilità di tale società, usciti dal magazzino della medesima e non erano presenti al momento della realizzazione di detta verifica, tali quantitativi erano stati oggetto di cessioni imponibili nel territorio bulgaro. |
Peraltro, le suddette autorità tributarie hanno proceduto a verifiche relative ad acquisti di grano che la Bonik aveva dichiarato di aver compiuto presso la Favorit stroy Varna EOOD (in prosieguo: la «Favorit stroy») e l’Agro treyd BG Varna EOOD (in prosieguo: l’«Agro treyd») e per i quali l’IVA era stata detratta. |
La Bonik era in possesso delle fatture corrispondenti a tali acquisti emesse dalla Favorit stroy nonché dall’Agro treyd. |
Tuttavia, per assicurarsi che detti acquisti fossero effettivamente avvenuti, le autorità tributarie bulgare hanno compiuto ulteriori verifiche presso i fornitori della Bonik, vale a dire la Favorit stroy e l’Agro treyd, nonché presso i fornitori di queste ultime, ossia la Lyusi treyd EOOD, l’Eksim plyus EOOD e la Riva agro stil EOOD. |
Poiché tali verifiche non hanno consentito di dimostrare che la Lyusi treyd EOOD, l’Eksim plyus EOOD e la Riva agro stil EOOD avevano realmente ceduto merci alla Favorit stroy e all’Agro treyd, le autorità tributarie bulgare ne hanno dedotto che queste ultime società non disponevano dei quantitativi di merci necessari per effettuare le cessioni destinate alla Bonik e hanno concluso che non vi erano state effettive cessioni tra le suddette società e la Bonik. |
Pertanto, le suddette autorità tributarie, con avviso di accertamento in rettifica del 10 marzo 2010, hanno negato alla Bonik il diritto di detrarre, sotto forma di credito d’imposta, l’IVA relativa alle cessioni di grano effettuate dai suoi fornitori, la Favorit stroy e l’Agro treyd. |
La Bonik ha proposto ricorso amministrativo contro detto avviso di accertamento dinanzi al Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, che, con decisione del 21 giugno 2010, ha confermato il suddetto avviso. |
La Bonik ha presentato ricorso avverso il medesimo avviso di accertamento dinanzi al giudice del rinvio. |
Nella decisione di rinvio, detto giudice indica che le autorità tributarie bulgare non contestano il fatto che la Bonik abbia effettuato successive cessioni di merci analoghe per tipologia e quantitativi, né affermano che detta società abbia acquistato tali merci presso fornitori diversi dalla Favorit stroy e dall’Agro treyd. |
Peraltro, esso aggiunge che esistono prove che dimostrano che sono state realizzate cessioni dirette e che la mancata prova delle cessioni a monte non può portare a concludere che tali cessioni dirette non sono state effettuate. |
A tale riguardo, il giudice del rinvio precisa che la normativa nazionale non subordina il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA, sotto forma di credito d’imposta, alla prova dell’origine della merce. |
Secondo detto giudice, l’amministrazione tributaria, con la sua prassi, e taluni giudici bulgari richiedono una prova dell’effettività delle cessioni a monte per riconoscere al soggetto passivo un diritto alla detrazione dell’IVA. |
In tale contesto, l’Administrativen sad – Varna ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Con le sue questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2006/112 nonché i principi di proporzionalità, della parità di trattamento e della certezza del diritto debbano essere interpretati nel senso che ostano, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’IVA relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, alla luce di elementi riguardanti operazioni effettuate a monte di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta. |
Occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione (v. sentenza del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). |
A tale riguardo, la Corte ha ripetutamente sottolineato che il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e segg. della direttiva 2006/112 costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. In particolare, tale diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato le operazioni effettuate a monte (v. sentenze del 21 marzo 2000, Gabalfrisa e a., da C-110/98 a C-147/98, Racc. pag. I-1577 , punto 43; del 15 dicembre 2005, Centralan Property, C-63/04, Racc. pag. I-11087 , punto 50; del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C-439/04 e C-440/04, Racc. pag. I-6161 , punto 47, nonché Mahagében e Dávid, cit., punto 38). |
Il regime delle detrazioni mira a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all’IVA (v. sentenze del 14 febbraio 1985, Rompelman, 268/83, Racc. pag. 655 , punto 19; del 15 gennaio 1998, Ghent Coal Terminal, C-37/95, Racc. pag. I-1 , punto 15; Gabalfrisa e a., cit., punto 44; del 3 marzo 2005, Fini H, C-32/03, Racc. pag. I-1599 , punto 25; del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02, Racc. pag. I-1609 , punto 78; Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 48; del 22 dicembre 2010, Dankowski, C-438/09, Racc. pag. I-14009 , punto 24, nonché Mahagében e Dávid, cit., punto 39). |
È irrilevante, ai fini del diritto del soggetto passivo di detrarre l’IVA pagata a monte, stabilire se l’IVA dovuta sulle operazioni di vendita precedenti o successive riguardanti i beni interessati sia stata versata o meno all’Erario. Infatti, l’IVA si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l’imposta gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo (v. sentenze del 12 gennaio 2006, Optigen e a., C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Racc. pag. I-483 , punto 54; Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 49, nonché Mahagében e Dávid, cit., punto 40). |
Peraltro, dalla formulazione dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112 emerge che, per poter beneficiare del diritto a detrazione, occorre, da un lato, che l’interessato sia un soggetto passivo ai sensi di tale direttiva e, dall’altro, che i beni o servizi invocati a base di tale diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni o servizi siano forniti da un altro soggetto passivo (v. sentenze Centralan Property, cit., punto 52, e del 6 settembre 2012, Tóth, C-324/11, punto 26). |
Nella fattispecie, dalla decisione di rinvio emerge che le parti interessate dalle cessioni di beni di cui al procedimento principale, vale a dire la Bonik ed i suoi fornitori, sono soggetti passivi ai sensi della direttiva 2006/112. |
Tuttavia, perché possa ravvisarsi la sussistenza del diritto a detrazione invocato dalla Bonik sulla base delle menzionate cessioni di beni, occorre verificare se queste ultime siano effettivamente avvenute e se i beni interessati siano stati utilizzati dalla Bonik ai fini delle proprie operazioni soggette ad imposta. |
Orbene, occorre ricordare che, nel contesto del procedimento instaurato in forza dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente a verificare e nemmeno a valutare le circostanze di fatto relative al procedimento principale. Spetta quindi al giudice nazionale effettuare, conformemente alle norme nazionali sull’onere della prova, una valutazione globale di tutti gli elementi e di tutte le circostanze di fatto relativi a detto procedimento onde stabilire se la Bonik possa esercitare un diritto a detrazione sulla base delle suddette cessioni di beni (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, punto 53). |
Se da tale valutazione emerge che le cessioni di beni di cui al procedimento principale sono effettivamente avvenute e che detti beni sono stati utilizzati a valle dalla Bonik ai fini delle proprie operazioni soggette ad imposta, il beneficio del diritto a detrazione non può, in linea di principio, esserle negato. |
A tale riguardo, il giudice del rinvio indica che le autorità tributarie bulgare non affermano che la Bonik ha acquistato le merci di cui al procedimento principale presso fornitori diversi dalla Favorit stroy e dall’Agro treyd, e che vi sono prove che dimostrano che sono state realizzate cessioni dirette. Esso rileva altresì che le suddette autorità non contestano il fatto che la Bonik abbia effettuato successive cessioni di merci analoghe, per tipologia e quantitativi, a quelle di cui al procedimento principale. |
Ciò detto, occorre altresì ricordare che la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva 2006/112 (v., in particolare, sentenze Halifax e a., cit., punto 71; Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 54; del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, Racc. pag. I-12605 , punto 36; del 27 ottobre 2011, Tanoarch, C-504/10, Racc. pag. I-10853 , punto 50, nonché Mahagében e Dávid, cit., punto 41). |
A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione (v., in particolare, citate sentenze Fini H, punto 32; Halifax e a., punto 68; Kittel e Recolta Recycling, punto 54, nonché Mahagében e Dávid, punto 41). |
Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (v. citate sentenze Fini H, punto 34; Kittel e Recolta Recycling, punto 55, nonché Mahagében e Dávid, punto 42). |
Tale situazione si verifica nel caso di evasione fiscale commessa dallo stesso soggetto passivo. Infatti, in tale ipotesi, i criteri oggettivi su cui si basano le nozioni di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo che agisce in quanto tale e di attività economica non sono soddisfatti (v. citate sentenze Halifax e a., punti 58 e 59, nonché Kittel e Recolta Recycling, punto 53). |
Analogamente, un soggetto passivo che sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA dev’essere considerato, ai fini della direttiva 2006/112, partecipante a tale evasione, indipendentemente dalla circostanza che egli tragga o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni soggette a imposta da lui effettuate a valle (v., in tal senso, citate sentenze Kittel e Recolta Recycling, punto 56, nonché Mahagében e Dávid, punto 46). |
Ne consegue che è possibile negare ad un soggetto passivo il beneficio del diritto a detrazione solamente qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti o forniti i beni o i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di tali cessioni o prestazioni (v., in tal senso, citate sentenze Kittel e Recolta Recycling, punti 56-61, nonché Mahagében e Dávid, punto 45). |
Non è invece compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla suddetta direttiva sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’IVA (v., in tal senso, citate sentenze Optigen e a., punti 52 e 55; Kittel e Recolta Recycling, punti 45, 46 e 60, nonché Mahagében e Dávid, punto 47). |
Infatti, l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario (v. sentenza Mahagében e Dávid, cit., punto 48). |
Di conseguenza, dato che il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, spetta all’amministrazione tributaria dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessioni (v. sentenza Mahagében e Dávid, cit., punto 49). |
Ne deriva che, se il giudice del rinvio dovesse considerare dimostrati l’effettiva realizzazione delle cessioni di beni di cui al procedimento principale e l’utilizzo a valle di detti beni da parte della Bonik ai fini delle proprie operazioni soggette ad imposta, egli sarebbe successivamente tenuto a verificare se le autorità tributarie interessate abbiano dimostrato la sussistenza di elementi oggettivi siffatti. |
Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere ai quesiti sottoposti che gli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che ostano, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’IVA relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, tenuto conto di evasioni o di irregolarità commesse a monte o a valle di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta, senza che sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa a monte o a valle nella catena di cessioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: |
Gli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, tenuto conto di evasioni o di irregolarità commesse a monte o a valle di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta, senza che sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa a monte o a valle nella catena di cessioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il bulgaro.