Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 18 luglio 2013. «Evita-K» EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Sofia pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Sofia-grad. Direttiva 2006/112/CE – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Cessione di beni – Nozione – Diritto a detrazione – Diniego – Effettiva realizzazione di un’operazione imponibile – Regolamento (CE) n. 1760/2000 – Sistema di identificazione e di registrazione dei bovini – Marchi auricolari. Causa C‑78/12.
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad Sofia-grad (Bulgaria), con decisione del 6 febbraio 2012, pervenuta in cancelleria il 14 febbraio 2012, nel procedimento
«Evita-K» EOOD
contro
Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Sofia pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta (relatore), presidente di sezione, G. Arestis, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev e J. L. da Cruz Vilaça, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per la «Evita-K» EOOD, da A. Kashkina; |
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per il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Sofia pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, da A. Georgiev, in qualità di agente; |
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per il governo bulgaro, da Y. Atanasov, in qualità di agente; |
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per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios e D. Roussanov, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 14, paragrafo 1, 178, lettera a), 185, paragrafo 1, 226, punto 6, e 242 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU L 347, pag. 1 ). |
Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia che vede la «Evita-K» EOOD (in prosieguo: la «Evita-K») opporsi al Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Sofia pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (Direttore della Direzione «Contenzioso e riscossione», per la città di Sofia, presso l’amministrazione centrale dell’Agenzia nazionale delle entrate; in prosieguo: il «Direktor») perché le ha negato il diritto a detrazione, sotto forma di credito d’imposta, dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») risultante da fatture per la cessione di vitelli destinati alla macellazione. |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
La direttiva 2006/112
L’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva 2006/112 assoggetta all’IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso sul territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisca in quanto tale. |
Ai termini dell’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva: «Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario». |
L’articolo 168 della direttiva di cui trattasi così dispone: «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
(...)». |
L’articolo 178 della medesima direttiva enuncia: «Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:
(...)». |
Ai sensi dell’articolo 184 della direttiva 2006/112, la detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto. |
L’articolo 185 della stessa direttiva è formulato nei seguenti termini: «1. La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo. 2. In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16. In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica». |
In virtù dell’articolo 186 della direttiva in parola, gli Stati membri determinano le modalità di applicazione dei precedenti articoli 184 e 185. |
L’articolo 220 della medesima direttiva prevede: «Ogni soggetto passivo assicura che sia emessa, da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, una fattura nei casi seguenti:
(...)». |
L’articolo 226 della direttiva 2006/112 così dispone: «Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti: (...)
(...)». |
L’articolo 242 della direttiva di cui trattasi così dispone: «Ogni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente dettagliata per consentire l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione fiscale». |
L’articolo 273 di tale direttiva enuncia quanto segue: «Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera. Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3». |
Il considerando 12 del regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e che abroga il regolamento (CE) n. 820/97 del Consiglio ( GU L 204, pag. 1 ), come modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006 ( GU L 363, pag. 1 ; in prosieguo: il «regolamento n. 1760/2000»), enuncia quanto segue: «Le regole attuali in materia di identificazione e di registrazione dei bovini sono state fissate dalla direttiva 92/102/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1992, relativa all’identificazione e alla registrazione degli animali [ GU L 355, pag. 32 ], e dal regolamento (CE) n. 820/97 [del Consiglio, del 21 aprile 1997, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine ( GU L 117, pag. 1 )]. Come dimostra l’esperienza, l’attuazione di questa direttiva per quanto riguarda i bovini non è stata interamente soddisfacente e deve essere migliorata. Occorre quindi adottare un regolamento specifico per i bovini in modo da rafforzare le disposizioni di detta direttiva». |
Ai termini dell’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento n. 1760/2000, ogni Stato membro istituisce, conformemente alle disposizioni del titolo I di quest’ultimo, un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini. |
Ai sensi dell’articolo 3, primo comma, di tale regolamento: «Il sistema di identificazione e di registrazione dei bovini comprende i seguenti elementi:
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L’articolo 4 del medesimo regolamento così dispone: «1. Tutti gli animali di un’azienda nati dopo il 31 dicembre 1997, o destinati dopo tale data al commercio intracomunitario, sono identificati mediante un marchio auricolare apposto su ciascun orecchio e approvato dall’autorità competente. (...) Tutti gli animali di un’azienda della Bulgaria o della Romania nati entro la data di adesione, o destinati dopo tale data al commercio intracomunitario, sono identificati mediante un marchio auricolare apposto su ciascun orecchio e approvato dall’autorità competente. I marchi auricolari recano lo stesso e unico codice di identificazione che consente di identificare ciascun animale individualmente, nonché l’azienda in cui è nato. (...) (...) 2. Il marchio auricolare è apposto entro un termine stabilito dallo Stato membro a decorrere dalla nascita dell’animale e in ogni caso prima che l’animale lasci l’azienda in cui è nato. (...) (...)». |
Il regolamento (CE) n. 1725/2003 della Commissione, del 29 settembre 2003, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio ( GU L 261, pag. 1 ), ha adottato il principio contabile internazionale IAS 41 «Agricoltura» (in prosieguo: il «principio IAS 41»), quale figura in allegato al regolamento medesimo. |
La finalità di detto principio è di disciplinare il trattamento contabile, l’esposizione del bilancio e l’informativa connessa all’attività agricola. |
I punti 10 e 11 del principio IAS 41 recitano come segue:
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Il diritto bulgaro
L’articolo 70, paragrafo 5, della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto (Zakon za danak varhu dobavenata stoynost), nella versione applicabile al procedimento principale (DV n. 63, del 4 agosto 2006; in prosieguo: il «ZDDS»), esclude il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte che sia stata fatturata illegalmente. |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
Evita-K è una società di diritto bulgaro la cui principale attività economica consiste nel commercio di animali. |
Detta società ha dichiarato nove fatture relative a cessioni di vitelli destinati alla macellazione, emesse nel corso dei mesi di settembre e di ottobre 2007 dalla «Ekspertis-7» EOOD (in prosieguo: la «Ekspertis-7»), per ottenere la detrazione, sotto forma di credito d’imposta, dell’IVA ivi indicata. |
La Evita-K ha dichiarato peraltro di aver esportato nei medesimi mesi vitelli vivi verso l’Albania, provandone l’acquisto con l’esibizione delle fatture suddette ed allegando dichiarazioni in dogana, certificati veterinari recanti menzione dei marchi auricolari degli animali nonché attestazioni da parte di veterinari dell’idoneità degli animali al trasporto sul territorio nazionale. |
Per comprovare l’acquisto degli animali in questione la Evita-K ha esibito pure, oltre alle nove fatture emesse dalla Ekspertis-7, gli estremi dei loro pagamenti bancari, i certificati di pesatura e il contratto per la fornitura di vitelli stipulato con la Ekspertis-7. |
La Evita-K è stata sottoposta ad accertamento fiscale per i mesi di settembre e di ottobre 2007. In tale occasione le autorità fiscali bulgare hanno chiesto alla Ekspertis-7 informazioni concernenti le cessioni da essa fatturate alla Evita-K. |
Siccome le risposte della Ekspertis-7 avrebbero lasciato trasparire lacune nella sua contabilità e inadempimenti delle corrispondenti formalità veterinarie, segnatamente quanto ai titoli di proprietà degli animali e ai loro marchi auricolari, le suddette autorità hanno considerato che l’effettiva realizzazione delle cessioni in parola non fosse dimostrata e, di conseguenza, che la Evita-K non avesse diritto alla detrazione dell’IVA corrispondente. |
Le autorità fiscali bulgare hanno perciò, con una decisione di rettifica fiscale del 26 novembre 2009, negato alla Evita-K il diritto di detrarre, sotto forma di credito d’imposta, l’IVA relativa alle fatture emesse dalla Ekspertis-7. |
La Evita-K ha proposto un ricorso amministrativo contro detta decisione di diniego di detrazione dinanzi al Direktor che, con decisione del 29 aprile 2010, l’ha confermata. |
La Evita-K ha indi proposto un ricorso avverso la decisione di rettifica fiscale del 26 novembre 2009 dinanzi al giudice a quo. Al cospetto di quest’ultimo essa ha sostenuto, in particolare, che gli elementi che aveva prodotto erano sufficienti a provare l’effettività delle cessioni fatturate dalla Ekspertis-7, che, qualsivoglia irregolarità quest’ultima avesse commesso, essa doveva essere considerata un acquirente in buona fede ai sensi del diritto bulgaro e che la questione del diritto alla detrazione dell’IVA era indipendente da quella della proprietà e dell’origine dei beni acquisiti. |
Ciò premesso, l’Administrativen sad Sofia-grad decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Sulle prime tre questioni
Con le sue prime tre questioni il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2006/112 debbano essere interpretate nel senso che, nel contesto dell’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA, la nozione di «cessione di beni» e la prova dell’effettiva realizzazione di una tale cessione postulano che venga formalmente dimostrato il diritto di proprietà del cedente sui beni in questione o se sia sufficiente al riguardo l’acquisto di un diritto di proprietà su tali beni per mezzo del possesso in buona fede. |
Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «cessione di beni» di cui all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario (v. sentenze dell’8 febbraio 1990, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, C-320/88, Racc. pag. I-285 , punti 7 e 8; del 14 luglio 2005, British American Tobacco e Newman Shipping, C-435/03, Racc. pag. I-7077 , punto 35, nonché del 3 giugno 2010, De Fruytier, C-237/09, Racc. pag. I-4985 , punto 24). |
Spetta quindi al giudice nazionale determinare, caso per caso, in relazione alla singola fattispecie, se venga trasferito il potere di disporre del bene in questione come proprietario (v. sentenza Shipping and Forwarding Enterprise Safe, cit., punto 13). |
Ne risulta che un’operazione può essere qualificata «cessione di beni», ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, quando con tale operazione un soggetto passivo procede al trasferimento di un bene materiale che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario, senza che rilevi al riguardo la forma nella quale sia stato acquisito un diritto di proprietà su detto bene. |
Del pari, la prova dell’effettiva realizzazione di una tale cessione di beni, cui è subordinata l’esistenza di un diritto a detrazione, non può dipendere dal modo di acquisizione del diritto di proprietà sui beni in questione. |
Peraltro, nella misura in cui dalla decisione di rinvio risulta che le autorità fiscali bulgare hanno negato alla Evita-K il diritto di detrarre l’IVA corrispondente alle cessioni di beni oggetto del procedimento principale in quanto l’effettiva realizzazione di queste ultime non sarebbe stata dimostrata, mentre la Evita-K contesta tale difetto di realizzazione, occorre ricordare che, da un lato, incombe a colui che chiede la detrazione dell’IVA l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne (v. sentenza del 26 settembre 1996, Enkler, C-230/94, Racc. pag. I-4517 , punto 24) e che, dall’altro lato, spetta al giudice del rinvio effettuare, conformemente alle norme nazionali sull’onere della prova, una valutazione globale di tutti gli elementi e di tutte le circostanze di fatto relativi al procedimento principale per stabilire se la Evita-K possa esercitare un diritto a detrazione sul fondamento delle cessioni di beni controverse (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, punto 53; del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, punto 32, e del 31 gennaio 2013, LVK – 56, C-643/11, punto 57). |
Nell’ambito di tale valutazione globale detto giudice può prendere in considerazione elementi relativi a operazioni anteriori o posteriori a quelle oggetto del procedimento principale nonché documenti connessi, come i certificati o le attestazioni emessi in occasione del trasporto o dell’esportazione degli animali di cui trattasi. |
In tale contesto, le autorità e i giudici nazionali sono tenuti a negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (v. sentenze del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C-439/04 e C-440/04, Racc. pag. I-6161 , punto 55; del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, punto 42; Bonik, cit., punto 37, nonché LVK – 56, cit., punto 59). |
Tale situazione si verifica nel caso di evasione fiscale commessa dallo stesso soggetto passivo o quando quest’ultimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA (v. sentenza Bonik, cit., punti 38 e 39 nonché giurisprudenza ivi citata). |
Non è invece compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla direttiva 2006/112 sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione in questione si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’IVA (v. sentenze del 12 gennaio 2006, Optigen e a., C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Racc. pag. I-483 , punti 52 e 55; Kittel e Recolta Recycling, cit., punti 45, 46 e 60; Mahagében e Dávid, cit., punto 47; Bonik, cit., punto 41, nonché LVK – 56, cit., punto 60). |
La Corte ha inoltre statuito che l’amministrazione fiscale non può esigere in maniera generale che un soggetto passivo che intenda esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA, da un lato, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni a livello degli operatori a monte, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto abbia la qualità di soggetto passivo, disponga dei beni di cui trattasi e sia in grado di fornirli nonché abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, oppure, dall’altro lato, disponga di documenti adatti al riguardo (v. citate sentenze Mahagében e Dávid, punto 61, e LVK – 56, punto 61). Parimenti, detta amministrazione non può pretendere dal soggetto passivo che produca documenti compilati dall’emittente recanti menzione dei marchi auricolari degli animali soggetti al sistema di identificazione e di registrazione istituito dal regolamento n. 1760/2000. |
Occorre pertanto rispondere alle prime tre questioni pregiudiziali dichiarando che la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che, nel contesto dell’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA, la nozione di «cessione di beni» ai sensi di detta direttiva e la prova dell’effettiva realizzazione di una tale cessione non dipendono dalla forma dell’acquisto del diritto di proprietà sui beni di cui trattasi. Spetta al giudice del rinvio effettuare, conformemente alle norme nazionali sulla produzione della prova, una valutazione globale di tutti gli elementi e di tutte le circostanze di fatto della controversia di cui è investito per stabilire se le cessioni di beni oggetto del procedimento principale siano state effettivamente realizzate e se, eventualmente, possa essere esercitato sul loro fondamento un diritto a detrazione. |
Sulla quarta questione
Con la quarta questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 242 della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che esso impone a soggetti passivi che non siano produttori agricoli di iscrivere nella loro contabilità l’oggetto delle cessioni di beni da loro effettuate, allorché si tratta di animali, e di dimostrare che questi ultimi siano stati sottoposti a controllo conformemente al principio IAS 41. |
Al riguardo è sufficiente constatare che detto articolo 242 non prevede che i soggetti passivi siano tenuti a conformarsi al principio IAS 41, bensì si limita a esigere da questi ultimi che tengano una contabilità sufficientemente dettagliata per consentire l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione fiscale. |
Di conseguenza, la circostanza che la contabilità della Ekspertis-7 e della Evita-K contenga indicazioni che non sarebbero conformi a detto principio è irrilevante ai fini dell’IVA, se tali indicazioni sono sufficientemente dettagliate ai sensi del summenzionato articolo 242. |
Occorre pertanto rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 242 della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non impone a soggetti passivi che non siano produttori agricoli di iscrivere nella loro contabilità l’oggetto delle cessioni di beni da loro effettuate, allorché si tratta di animali, e di dimostrare che questi ultimi siano stati sottoposti a controllo conformemente al principio IAS 41. |
Sulla quinta questione
Con la quinta questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 226, punto 6, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che esso prescrive a un soggetto passivo che esegue cessioni di beni vertenti su animali assoggettati al sistema di identificazione e di registrazione istituito dal regolamento n. 1760/2000 di menzionare i marchi auricolari degli stessi sulle fatture relative alle cessioni. |
Al riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112, l’esercizio del diritto a detrazione, di cui all’articolo 168, lettera a), di quest’ultima, è subordinato al possesso di una fattura. Conformemente all’articolo 220, punto 1, della stessa direttiva, una fattura deve quindi essere emessa per qualsiasi cessione di beni o prestazione di servizi che un soggetto passivo effettui nei confronti di un altro soggetto passivo (v. sentenze del 15 luglio 2010, Pannon Gép Centrum, C-368/09, Racc. pag. I-7467 , punto 39, e del 1 o marzo 2012, Polski Trawertyn, C-280/10, punto 41). |
L’articolo 226 della direttiva 2006/112 precisa che, salvo le disposizioni speciali previste da quest’ultima, soltanto le indicazioni contenute in tale articolo devono figurare obbligatoriamente, ai fini dell’IVA, nelle fatture emesse a norma dell’articolo 220 di tale direttiva (v. citate sentenze Pannon Gép Centrum, punto 40, e Polski Trawertyn, punto 41). |
Ne consegue che gli Stati membri non possono subordinare l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA all’osservanza di condizioni riguardanti il contenuto delle fatture che non siano espressamente previste dalle disposizioni della direttiva 2006/112. Tale interpretazione è suffragata dall’articolo 273 di quest’ultima, il quale dispone che gli Stati membri possono stabilire gli obblighi che ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, ma prevede, d’altro lato, che tale facoltà non possa essere esercitata per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli enunciati, in particolare, all’articolo 226 della direttiva in parola (v. citate sentenze Pannon Gép Centrum, punto 41, e Polski Trawertyn, punto 42). |
Conformemente all’articolo 226, punto 6, della direttiva 2006/112, la fattura deve menzionare obbligatoriamente la quantità e la natura dei beni ceduti o l’entità e la natura dei servizi resi. |
Di conseguenza, è necessario constatare che detta disposizione non obbliga nessun soggetto passivo che effettui una cessione di animali assoggettati al sistema di identificazione e di registrazione istituito dal regolamento n. 1760/2000 a menzionare i marchi auricolari degli stessi sulle fatture relative alla cessione. |
Occorre pertanto rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 226, punto 6, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non obbliga il soggetto passivo che effettui cessioni di beni vertenti su animali assoggettati al sistema di identificazione e di registrazione istituito dal regolamento n. 1760/2000 a menzionare i marchi auricolari degli stessi sulle fatture relative alle cessioni. |
Sulla sesta questione
Con la sesta questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che esso consente, sul fondamento di una disposizione del diritto nazionale come quella dell’articolo 70, paragrafo 5, del ZDDS, di rettificare una detrazione dell’IVA per mancanza di prove del diritto di proprietà del cedente sui beni ceduti. |
Emerge dalla decisione di rinvio che il giudice a quo solleva la questione sul presupposto che l’articolo 70, paragrafo 5, del ZDDS costituisca una modalità di applicazione degli articoli 184 e 185 della direttiva 2006/112 ai sensi dell’articolo 186 della stessa. |
Al riguardo occorre ricordare che, conformemente a detto articolo 184, la detrazione operata inizialmente viene rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto. |
Per quanto riguarda la nascita di un eventuale obbligo di rettifica di una detrazione dell’IVA effettuata a titolo di imposta assolta a monte, l’articolo 185, paragrafo 1, stabilisce il principio secondo il quale una tale rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della suddetta detrazione (v. sentenza del 29 novembre 2012, Gran Via Moineşti, C-257/11, punto 40). |
Di conseguenza, gli articoli 184 e 185, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 possono trovare applicazione solo se una detrazione dell’IVA relativa a un’operazione imponibile è stata inizialmente operata, vale a dire solo se il soggetto passivo interessato ha prima beneficiato di un diritto a detrazione dell’IVA alle condizioni previste all’articolo 168, lettera a), di detta direttiva. |
Ne risulta che, siccome l’articolo 70, paragrafo 5, del ZDDS riguarda l’ipotesi dell’insussistenza del diritto a detrazione dell’IVA che sia stata fatturata illegalmente, tale disposizione non può giustificare una rettifica ai sensi dell’articolo 185 suddetto, giacché, per definizione, concerne una situazione in cui un soggetto passivo non beneficia di tale diritto. |
Ciò considerato, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso consente di rettificare una detrazione dell’IVA solamente se il soggetto passivo interessato ha prima beneficiato di un diritto alla detrazione di detta imposta alle condizioni previste all’articolo 168, lettera a), della medesima direttiva. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il bulgaro.