Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 19 dicembre 2013. BDV Hungary Trading Kft., in liquidazione contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága. Domanda di pronuncia pregiudiziale : Kúria - Ungheria. IVA - Direttiva 2006/112/CE - Articolo 146 - Esenzioni all’esportazione - Articolo 131 - Condizioni stabilite dagli Stati membri - Legislazione nazionale che prevede che il bene destinato all’esportazione debba aver lasciato il territorio doganale dell’Unione europea entro 90 giorni dalla vendita. Causa C-563/12.
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Kúria (Ungheria), con decisione del 18 ottobre 2012, pervenuta in cancelleria il 5 dicembre 2012, nel procedimento
BDV Hungary Trading Kft., in liquidazione,
contro
Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da T. von Danwitz (relatore), presidente di sezione, E. Juhász, A. Rosas, D. Šváby e C. Vajda, giudici,
avvocato generale: N. Wahl
cancelliere: C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 ottobre 2013,
considerate le osservazioni presentate:
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per la BDV Hungary Trading Kft., in liquidazione, da Á. Gerey e D. Sobor, ügyvédek; |
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per la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága, da Zs. Szilveszter e Zs. Tamásné Kajati, jogtanácsos; |
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per il governo ungherese, da K. Szíjjártó, M. Z Fehér e G. Koós, in qualità di agenti; |
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per il governo ellenico, da I. Pouli e M. Tassopoulou, in qualità di agenti; |
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per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios, V. Bottka e A. Sipos, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relativa alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme ( GU L 145, pag. 1 ), come modificata dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991 ( GU L 376, pag. 1 ; in prosieguo: la «sesta direttiva»), nonché degli articoli 131, 146 e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU L 347, pag. 1 ). |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la BDV Hungary Trading Kft. (in prosieguo: la «BDV»), in liquidazione volontaria, alla Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága (direzione finanziaria generale della regione dell’Ungheria centrale, dipendente dell’amministrazione nazionale dei tributi e delle dogane), riguardo all’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») di cessioni di beni spediti o trasportati al di fuori dell’Unione europea. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
L’articolo 15, punti 1 e 2, della sesta direttiva cosi dispone: «Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano, a condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni stesse e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:
(…)». |
La direttiva 2006/112, conformemente ai suoi articoli 411 e 413, ha abrogato e sostituito, dal 1 o gennaio 2007, la normativa dell’Unione in materia di IVA, in particolare la sesta direttiva. Alla luce dei considerando 1 e 3 della direttiva 2006/112, il rifacimento della sesta direttiva si appalesava necessario allo scopo di presentare tutte le disposizioni applicabili in modo chiaro e razionale, procedendo alla rifusione della struttura e del testo della direttiva, senza apportare, in linea di principio, modifiche sostanziali. Le disposizioni della direttiva 2006/112 sono quindi sostanzialmente identiche alle disposizioni corrispondenti della sesta direttiva. |
Conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112: «Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario». |
Ai sensi dell’articolo 131 di tale direttiva: «Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 [del titolo IX della direttiva 2006/112] si applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso». |
Nel capo 6, intitolato «Esenzioni all’esportazione», del titolo IX di detta direttiva, l’articolo 146 di quest’ultima così dispone al paragrafo 1: «Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:
(…)». |
L’articolo 273 della direttiva 2006/112 prevede quanto segue: «Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera. Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3». |
Il diritto ungherese
L’articolo 11, paragrafo 1, della legge n. LXXIV del 1992, relativa all’imposta sul valore aggiunto ( Magyar Közlöny 1992/128; in prosieguo: la «precedente legge relativa all’IVA»), definisce la nozione di «esportazione di prodotti» come segue: «Esportazione di prodotti: qualsiasi cessione di prodotti, in conseguenza diretta della quale l’autorità doganale, al più tardi l’ultimo giorno del terzo mese successivo a quello in cui è effettuata la cessione, fa uscire i prodotti verso il territorio di un paese terzo, costituente la destinazione finale. I prodotti non possono essere stati utilizzati o trasformati nel periodo che intercorre tra la cessione e l’uscita dal territorio, fatta salva la sperimentazione o la produzione in prova». |
L’articolo 29 di tale legge così dispone: «Sono esentate dall’imposta:
(…)». |
La legge n. CXXVII del 2007, relativa all’imposta sul valore aggiunto ( Magyar Közlöny 2007/155; in prosieguo: la «nuova legge sull’IVA»), è entrata in vigore il 1 o gennaio 2008. L’articolo 98 di tale legge sancisce quanto segue: «1. Sono esentate dall’imposta le cessioni di prodotti spediti per posta o trasportati a partire dal territorio nazionale verso un paese al di fuori della Comunità, a condizione che la spedizione o il trasporto:
2. Il paragrafo 1 è applicabile se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
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Procedimento principale e questioni pregiudiziali
Nel corso degli anni 2007 e 2008 la BDV operava nel commercio all’ingrosso di conserve. Nell’ambito della propria attività, tale impresa vendeva in paesi terzi i prodotti che fabbricava in Ungheria. I contratti conclusi con gli acquirenti stabiliti al di fuori del territorio dell’Unione contenevano una delle clausole del commercio internazionale stabilite dalla Camera di commercio internazionale (clausole dette «Incoterms 2000»), ovvero la clausola «franco fabbrica» («ex-works» o EXW), che presuppone che l’acquirente ritiri la merce all’uscita dei locali del venditore. |
Durante un’ispezione fiscale effettuata presso la BDV, relativa al periodo compreso tra il 1 o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2009, con esclusione del periodo dal 1o luglio 2007 al 31 marzo 2008, l’amministrazione finanziaria constatava che, nella sua contabilità IVA e nelle sue dichiarazioni ai fini IVA relative al periodo sottoposto al controllo, tale impresa aveva qualificato alcune di tali operazioni come cessioni all’esportazione, mentre i prodotti destinati all’esportazione erano usciti dal territorio doganale dell’Unione dopo il decorso del termine previsto, a tale riguardo, dall’articolo 11, paragrafo 1, della precedente legge relativa all’IVA e, dal 1o gennaio 2008, dall’articolo 98, paragrafo 1, della nuova legge relativa all’IVA. |
Con decisione del 22 ottobre 2010, la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága constatava a carico della BDV un supplemento di imposta a titolo di accertamento fiscale nonché una sanzione tributaria e una maggiorazione di mora, con la motivazione che la spedizione delle merci verso i paesi terzi era avvenuta dopo il decorso del termine stabilito dalla legislazione nazionale. |
La BDV impugnava tale decisione sostenendo che dette disposizioni della precedente e della nuova legge relativa all’IVA erano contrarie sia alla sesta direttiva sia alla direttiva 2006/112. Nel proprio ricorso essa sostiene che le cessioni oggetto di detta decisione sono effettivamente state spedite al di fuori dell’Unione. Inoltre, ai sensi della clausola contrattuale «ex-work», la responsabilità del trasporto delle merci sarebbe ricaduta sugli acquirenti. Pertanto, facendo regolarmente pressione sugli acquirenti affinché il trasporto delle merci avvenisse nel termine richiesto, essa avrebbe dimostrato la diligenza richiesta. |
Il Budapest Környéki Törvényszék (Tribunale distrettuale di Budapest) ha accolto il ricorso della BDV. Tale giudice ha ritenuto che il termine di uscita previsto dalla legislazione ungherese non possa essere applicato qualora sia stato constatato che l’esportazione dei prodotti ha effettivamente avuto luogo. Infatti, le condizioni che potrebbero essere fissate dagli Stati membri per l’applicazione dell’esenzione dell’esportazione, ai sensi della giurisprudenza della Corte, non dovrebbero eccedere quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi definiti dalla sesta direttiva e dalla direttiva 2006/112 né mettere a repentaglio la neutralità dell’IVA. |
La convenuta nel procedimento principale ha proposto un ricorso avverso tale sentenza dinanzi alla Kúria (Corte suprema). Essa sostiene che, conformemente alla legislazione nazionale, un’operazione di cessione può essere qualificata cessione all’esportazione esente solo qualora il prodotto lasci il territorio dell’Unione nel termine prescritto da tale legislazione. |
La Kúria rileva a tale riguardo che tale termine di uscita non costituisce un termine di procedura, un cosiddetto «termine tecnico», al cui decorso può porsi rimedio, ma un «termine di decadenza di diritto sostanziale». Di conseguenza, qualora l’amministrazione fiscale constati il superamento di tale termine, le operazioni economiche di cui trattasi non possono essere qualificate come «vendite all’esportazione esenti» e sono, dunque, assoggettate all’imposta. |
Alla luce di quanto sopra, la Kúria ha deciso di sospendere il processo e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
In limine, occorre osservare che le questioni sottoposte si riferiscono sia alla sesta direttiva sia alla direttiva 2006/112, mentre il procedimento principale riguarda operazioni di vendita realizzate dopo il 1 o gennaio 2007. Come rilevato al punto 4 della presente sentenza, la direttiva 2006/112 ha abrogato e sostituito, a partire da tale data, la sesta direttiva. Di conseguenza, le questioni sottoposte devono essere esaminate unicamente alla luce delle disposizioni della direttiva 2006/112. |
Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 146, paragrafo 1, e 131 della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale secondo la quale, nell’ambito di una cessione all’esportazione, i beni destinati ad essere esportati al di fuori dell’Unione devono aver lasciato il territorio dell’Unione entro un termine prestabilito di tre mesi o di 90 giorni successivi alla data di cessione, qualora il semplice superamento di tale termine abbia la conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell’esenzione riguardo a tale cessione. |
Come emerge dalla decisione di rinvio, tali questioni vertono, in particolare, sull’interrogativo se una legislazione nazionale possa, nel caso di una cessione di beni destinati all’esportazione, esigere che quest’ultima avvenga entro un tale termine affinché tale cessione sia considerata come una cessione all’esportazione esente. |
A tale riguardo si deve rilevare che, ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente, o per conto del medesimo, fuori dall’Unione. Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva, ai sensi del quale si considera «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. |
Da tali disposizioni e, segnatamente, dal termine «spediti», contenuto nell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), deriva che l’esportazione di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione all’esportazione diviene applicabile quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’Unione e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dell’Unione (v., per quanto riguarda le acquisizioni intracomunitarie, sentenze del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04, Racc. pag. I-7797 , punto 42; del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, Racc. pag. I-12605 , punto 41, nonché del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, punti 31 e 32 nonché giurisprudenza ivi citata). |
Nel procedimento principale è pacifico che cessioni di beni ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2006/112 hanno avuto luogo e che i beni cui si riferiscono le operazioni controverse nel procedimento principale hanno fisicamente lasciato il territorio dell’Unione. |
Contrariamente alle disposizioni della direttiva 2006/112 relative al diritto a detrazione richiamate dal governo ungherese, ai sensi delle quali tale diritto è esercitato, in via di principio, nel corso dello stesso periodo durante il quale è sorto, l’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva non prevede una condizione in base alla quale il bene destinato all’esportazione deve aver lasciato il territorio dell’Unione entro un termine preciso, affinché l’esenzione prevista da tale articolo divenga applicabile. Un tale termine è solo eccezionalmente previsto dall’articolo 147, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, nel caso di beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori. |
Ne deriva che la qualificazione di un’operazione quale cessione all’esportazione ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva non può dipendere dal rispetto di un termine preciso entro il quale il bene in parola deve aver lasciato il territorio doganale dell’Unione, la cui inosservanza avrebbe come conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell’esenzione all’esportazione. |
Tuttavia, come deriva dall’articolo 131 della direttiva 2006/112, le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 del titolo IXdi tale direttiva, di cui fa parte l’articolo 146 della stessa, si applicano alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. |
Nell’esercizio dei poteri che detto articolo 131 conferisce loro, gli Stati membri devono, tuttavia, rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento (v., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt, C-271/06, Racc. pag. I-771 , punto 18, nonché R., cit., punto 45 e giurisprudenza ivi citata). |
In particolare, quanto al principio di proporzionalità, la Corte ha già affermato che, conformemente a tale principio, gli Stati membri devono far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto interno, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa dell’Unione in questione (v., in particolare, sentenza del 18 novembre 2010, X, C-84/09, Racc. pag. I -11645, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). |
Così, anche se è legittimo che i provvedimenti adottati dagli Stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell’erario, essi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine (sentenza Netto Supermarkt, cit., punto 20). |
Per quanto riguarda l’obiettivo perseguito dal termine previsto dalla precedente legge relativa all’IVA, nonché dalla nuova legge relativa all’IVA per l’uscita dei prodotti destinati all’esportazione dal territorio doganale dell’Unione, il governo ungherese ha indicato che tale termine è necessario per consentire il controllo della condizione dell’uscita che implica l’esenzione all’esportazione e mette l’amministrazione fiscale in condizione di prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. |
Al riguardo occorre ricordare che la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva 2006/112 (sentenza del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). La Corte ha, pertanto, affermato che l’obiettivo di prevenire l’evasione fiscale giustifica talvolta prescrizioni severe quanto agli obblighi dei fornitori (v., in tal senso, citate sentenze Teleos e a., punto 58, nonché Netto Supermarkt, punto 22). |
In via di principio è, dunque, consentito agli Stati membri stabilire un termine ragionevole per le esportazioni, che tenga conto delle pratiche commerciali nell’ambito delle esportazioni negli Stati terzi, al fine di verificare se un bene oggetto di una cessione all’esportazione sia effettivamente uscito dall’Unione. |
Infatti, come ha rilevato la Commissione nelle sue osservazioni, imporre al venditore di un bene destinato all’esportazione un termine preciso entro il quale tale bene deve aver lasciato il territorio doganale dell’Unione costituisce un mezzo appropriato a tal fine. |
Tuttavia, un tale termine, il cui inutile decorso consente di assoggettare all’imposta la cessione di un bene destinato all’esportazione, non deve eccedere quanto necessario a tal fine. |
A tale riguardo si deve osservare, in primo luogo, che il fatto che una cessione di beni destinati all’esportazione sia assoggettata all’imposta in forza di una normativa come quella di cui al procedimento principale qualora il bene in questione non abbia lasciato il territorio dell’Unione entro il termine previsto dalla stessa, non comporta, di per sé, che tale normativa debba essere ritenuta non proporzionata. Conformemente al principio fondamentale inerente al sistema comune dell’IVA, tale imposta si applica ad ogni operazione di produzione o di distribuzione (v., in particolare, sentenze del 27 settembre 2007, Collée, C-146/05, Racc. pag. I-7861 , punto 22, e Bonik, cit., punto 28). Ne deriva che la cessione di un bene destinato all’esportazione può, in via di principio, essere assoggettata all’imposta qualora l’operazione in questione non soddisfi, entro un termine ragionevole stabilito dalla normativa nazionale applicabile, le condizioni dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112. |
Tuttavia, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, il temine di uscita in oggetto nel procedimento principale costituisce un termine di decadenza materiale, al cui decorso non può essere posto rimedio. Perciò, qualora un bene destinato all’esportazione non lasci il territorio doganale dell’Unione entro il termine prescritto dalla precedente legge relativa all’IVA e dalla nuova legge relativa all’IVA, la cessione di tale bene è assoggettata all’imposta in via definitiva, anche se detto bene è effettivamente uscito dall’Unione dopo lo scadere del termine previsto da tale legislazione. |
A tale riguardo occorre rilevare che una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che assoggetta l’esenzione all’esportazione a un termine di uscita, con l’obiettivo, in particolare, di lottare contro l’elusione e l’evasione fiscale, senza per questo consentire al soggetto passivo di dimostrare, al fine di beneficiare di tale esenzione, che la condizione di uscita è stata soddisfatta dopo lo scadere di tale termine, e senza prevedere un diritto del soggetto passivo al rimborso dell’IVA già corrisposta in ragione del non rispetto del termine, qualora fornisca la prova che la merce ha lasciato il territorio doganale dell’Unione, eccede quanto necessario per il conseguimento di detto obiettivo. |
Infatti, in una fattispecie in cui le condizioni previste dall’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, segnatamente l’uscita dei beni in questione dal territorio doganale dell’Unione, sono soddisfatte, nessuna IVA è dovuta per tale cessione (v., per analogia, sentenza Collée, cit., punto 30 e giurisprudenza ivi citata). In tali circostanze, non esiste più, in via di principio, un rischio di evasione fiscale o di perdite fiscali che possa giustificare l’assoggettamento all’imposta dell’operazione in parola. |
Occorre, pertanto, constatare che una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale eccede quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo di prevenire l’elusione e l’evasione fiscale. |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali che gli articoli 146, paragrafo 1, e 131 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale secondo la quale, nell’ambito di una cessione all’esportazione, i beni destinati ad essere esportati al di fuori dell’Unione devono aver lasciato il territorio dell’Unione entro un termine prestabilito di tre mesi o di 90 giorni successivi alla data di cessione, qualora il semplice superamento di tale termine abbia la conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell’esenzione riguardo a tale cessione. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara: |
Gli articoli 146, paragrafo 1, e 131 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale secondo la quale, nell’ambito di una cessione all’esportazione, i beni destinati ad essere esportati al di fuori dell’Unione europea devono aver lasciato il territorio dell’Unione europea entro un termine prestabilito di tre mesi o di 90 giorni successivi alla data di cessione, qualora il semplice superamento di tale termine abbia la conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell’esenzione riguardo a tale cessione. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.