Documents - 25 cited in "Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 13 ottobre 2022. MC contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Veliko Tarnovo pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Veliko Tarnovo. Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 273 – Misure dirette ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA – Articolo 325, paragrafo 1, TFUE – Obbligo di combattere contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione europea – Debiti IVA di una persona giuridica soggetto passivo – Normativa nazionale che prevede la responsabilità solidale dell’amministratore non soggetto passivo della persona giuridica – Atti di disposizione compiuti in malafede dall’amministratore – Riduzione del patrimonio della persona giuridica comportante l’insolvenza – Mancato pagamento degli importi IVA dovuti dalla persona giuridica entro i termini impartiti – Interessi moratori – Proporzionalità. Causa C-1/21."

Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Articolo 273, Misure dirette ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA, Articolo 325, paragrafo 1, TFUE, Obbligo di combattere contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione europea, Debiti IVA di una persona giuridica soggetto passivo, Normativa nazionale che prevede la responsabilità solidale dell’amministratore non soggetto passivo della persona giuridica, Atti di disposizione compiuti in malafede dall’amministratore, Riduzione del patrimonio della persona giuridica comportante l’insolvenza, Mancato pagamento degli importi IVA dovuti dalla persona giuridica entro i termini impartiti, Interessi moratori, Proporzionalità.
Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Presupposti per l’esercizio, Articolo 273, Provvedimenti nazionali, Lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale, Fattura emessa da un contribuente dichiarato “inattivo” dall’amministrazione tributaria, Rischio di evasione, Diniego del diritto alla detrazione, Proporzionalità, Rifiuto di prendere in considerazione prove dell’assenza di evasione o di perdita fiscale, Limitazione nel tempo degli effetti dell’emananda sentenza, Insussistenza.
Causa C-101/16 SC Paper Consult SRL contro Direcţia Regională a Finanţelor Publice Cluj-NapocaeAdministraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Bistriţa Năsăud (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Cluj) «Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Diritto alla detrazione – Presupposti per l’esercizio – Articolo 273 – Provvedimenti nazionali – Lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale – Fattura emessa da un contribuente dichiarato “inattivo” dall’amministrazione tributaria – Rischio di evasione – Diniego del diritto alla detrazione – Proporzionalità – Rifiuto di prendere in considerazione prove dell’assenza di evasione o di perdita fiscale – Limitazione nel tempo degli effetti dell’emananda sentenza – Insussistenza» Massime – Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 19 ottobre 2017 Armonizzazione delle normative fiscali–Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto–Detrazione dell’imposta assolta a monte–Normativa nazionale che esclude il diritto alla detrazione in caso di transazioni concluse con un contribuente dichiarato inattivo–Obblighi del contribuente–Consultazione di un elenco pubblico dei contribuenti dichiarati inattivi dall’amministrazione tributaria–Diniego del diritto alla detrazione opposto in modo sistematico e definitivo, senza consentire che sia fornita la prova dell’assenza di evasione o di perdita di gettito fiscale–Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45) Questioni pregiudiziali–Interpretazione–Effetti nel tempo delle sentenze interpretative–Effetto retroattivo–Limitazione da parte della Corte–Presupposti–Buona fede degli ambienti interessati–Requisiti–Sussistenza di circostanze eccezionali (Art. 267 TFUE) La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, in forza della quale è negato a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto con la motivazione che l’operatore che gli aveva fornito una prestazione di servizi dietro fattura, nella quale sono indicate distintamente la spesa e l’imposta sul valore aggiunto, è stato dichiarato inattivo dall’amministrazione tributaria di uno Stato membro, essendo detta dichiarazione di inattività pubblica e accessibile su Internet a qualsiasi soggetto passivo in tale Stato, quando siffatto diniego del diritto alla detrazione è sistematico e definitivo, non consentendo che sia fornita la prova dell’assenza di evasione o di perdita di gettito fiscale. Conformemente all’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi, rispetto a quelli previsti dalla menzionata direttiva, che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni. Tuttavia, le misure adottate dagli Stati membri non devono eccedere quanto necessario per conseguire siffatti obiettivi. Esse non possono quindi essere utilizzate in maniera tale da rimettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA e, pertanto, la neutralità dell’IVA (v. sentenze del 21 marzo 2000, Gabalfrisa e a., da C-110/98 a C-147/98, EU:C:2000:145, punto 52, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 57). La Corte ha più volte dichiarato che l’amministrazione non può imporre a un soggetto passivo di compiere controlli complessi e approfonditi relativi al suo fornitore, trasferendo di fatto su di esso gli atti di controllo incombenti all’amministrazione stessa (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 65, nonché del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 50). Per contro, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che il fornitore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione fiscale (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04, EU:C:2007:548, punti 65 e 68, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 54). La normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non trasferisce sul soggetto passivo gli atti di controllo incombenti all’amministrazione, bensì informa quest’ultimo dell’esito di un’indagine amministrativa da cui risulta che il contribuente dichiarato inattivo non è più controllabile dall’amministrazione competente perché il contribuente non ha più soddisfatto gli obblighi dichiarativi imposti dalla legge, oppure perché ha dichiarato informazioni di identificazione della sede legale che non consentono all’autorità tributaria di individuare quest’ultima, o ancora perché non esercita la propria attività presso la sede legale o il domicilio fiscale dichiarati. L’unico obbligo imposto al soggetto passivo consiste, infatti, nel consultare l’elenco dei contribuenti dichiarati inattivi presso la sede dell’amministrazione nazionale e pubblicato sulla pagina Internet di quest’ultima, essendo peraltro semplice effettuare una siffatta verifica Orbene, l’impossibilità, per il soggetto passivo, di dimostrare che le transazioni concluse con l’operatore dichiarato inattivo soddisfano le condizioni previste dalla direttiva 2006/112 e, in particolare, che l’IVA è stata versata all’erario da tale operatore va oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo legittimo perseguito da detta direttiva. (v. punti 49-54, 60, 61 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punti 64-67)
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva 77/388/CEE, Direttiva 2006/112/CE, Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale, Obbligo di introdurre fisicamente le merci nel deposito, Inosservanza, Obbligo di versare l’IVA nonostante il fatto che essa sia già stata assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale – Normativa nazionale che richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito – Ammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, art. 16, § 1) 2. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Inosservanza dell’obbligo relativo all’introduzione fisica delle merci nel deposito – Normativa nazionale che richiede il versamento dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il suo precedente versamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18) Massima 1. L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo. Infatti, è giocoforza constatare che un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nonché evitare l’evasione di tale imposta e, in quanto tale, non eccede quanto necessario per conseguire i suddetti obiettivi. (v. punti 29, 30, dispositivo 1) 2. La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo. Sebbene sia certamente legittimo per uno Stato membro, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione e di evitare l’evasione, prevedere nella propria normativa nazionale sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi. A tal riguardo, siccome la merce importata non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l’imposta sul valore aggiunto era dovuta al momento dell’importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale imposta sul valore aggiunto. Orbene, un versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo. Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale. Di conseguenza, in considerazione del ruolo preponderante che il diritto a detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, poiché tale neutralità presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato. (v. punti 33, 34, 38, 39, 41, 49, dispositivo 2) Causa C-272/13 Equoland Soc. coop. arl contro Agenzia delle Dogane – Ufficio delle Dogane di Livorno (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva 77/388/CEE — Direttiva 2006/112/CE — Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale — Obbligo di introdurre fisicamente le merci nel deposito — Inosservanza — Obbligo di versare l’IVA nonostante il fatto che essa sia già stata assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile» Massime – Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 luglio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale – Normativa nazionale che richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito – Ammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, art. 16, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Inosservanza dell’obbligo relativo all’introduzione fisica delle merci nel deposito – Normativa nazionale che richiede il versamento dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il suo precedente versamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18) L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo. Infatti, è giocoforza constatare che un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nonché evitare l’evasione di tale imposta e, in quanto tale, non eccede quanto necessario per conseguire i suddetti obiettivi. (v. punti 29, 30, dispositivo 1) La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo. Sebbene sia certamente legittimo per uno Stato membro, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione e di evitare l’evasione, prevedere nella propria normativa nazionale sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi. A tal riguardo, siccome la merce importata non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l’imposta sul valore aggiunto era dovuta al momento dell’importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale imposta sul valore aggiunto. Orbene, un versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo. Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale. Di conseguenza, in considerazione del ruolo preponderante che il diritto a detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, poiché tale neutralità presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato. (v. punti 33, 34, 38, 39, 41, 49, dispositivo 2)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, Principio di effettività, Diniego del diritto alla detrazione dell’IVA, Principio della neutralità fiscale.
Causa C-284/11 EMS-Bulgaria Transport OOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» Plovdiv (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varhoven administrativen sad) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA — Principio di effettività — Diniego del diritto alla detrazione dell’IVA — Principio della neutralità fiscale» Massime della sentenza Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Esercizio del diritto – Termine di decadenza – Ammissibilità – Presupposti – Rispetto del principio di effettività – Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 179, primo comma, 180 e 273) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Diniego del diritto a detrazione in caso di versamento tardivo dell’imposta – Inammissibilità – Versamento di interessi moratori – Ammissibilità – Presupposto – Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112) Gli articoli 179, primo comma, 180 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non ostano all’esistenza di un termine di decadenza che limita l’esercizio del diritto a detrazione, purché tale termine non renda eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio di tale diritto. Una siffatta valutazione spetta al giudice nazionale, il quale può tener conto, segnatamente, del successivo intervento di una proroga considerevole del termine di decadenza, nonché della durata di una procedura di registrazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, che dev’essere effettuata entro questo stesso termine al fine di poter esercitare detto diritto a detrazione. (v. punto 64, dispositivo 1) Il principio di neutralità fiscale osta a una sanzione consistente nel diniego del diritto a detrazione in caso di versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto, ma non osta al versamento di interessi moratori, a condizione che tale sanzione rispetti il principio di proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare. Infatti, sebbene gli Stati membri possano adottare sanzioni per l’ipotesi di inosservanza di obblighi miranti a garantire la corretta riscossione dell’imposta e ad evitare la frode, queste ultime non devono eccedere quanto necessario al raggiungimento dello scopo perseguito. In considerazione del ruolo preponderante che il diritto alla detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, una sanzione consistente in un diniego assoluto del diritto a detrazione appare sproporzionata nel caso in cui non siano accertati frodi o danni per il bilancio dello Stato. (v. punti 67, 70, 77, dispositivo 2) Causa C-284/11 EMS-Bulgaria Transport OOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» Plovdiv (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varhoven administrativen sad) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA — Principio di effettività — Diniego del diritto alla detrazione dell’IVA — Principio della neutralità fiscale» Massime della sentenza Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Esercizio del diritto — Termine di decadenza — Ammissibilità — Presupposti — Rispetto del principio di effettività — Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 179, primo comma, 180 e 273) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Principio della neutralità fiscale — Diniego del diritto a detrazione in caso di versamento tardivo dell’imposta — Inammissibilità — Versamento di interessi moratori — Ammissibilità — Presupposto — Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112) Gli articoli 179, primo comma, 180 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non ostano all’esistenza di un termine di decadenza che limita l’esercizio del diritto a detrazione, purché tale termine non renda eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio di tale diritto. Una siffatta valutazione spetta al giudice nazionale, il quale può tener conto, segnatamente, del successivo intervento di una proroga considerevole del termine di decadenza, nonché della durata di una procedura di registrazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, che dev’essere effettuata entro questo stesso termine al fine di poter esercitare detto diritto a detrazione. (v. punto 64, dispositivo 1) Il principio di neutralità fiscale osta a una sanzione consistente nel diniego del diritto a detrazione in caso di versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto, ma non osta al versamento di interessi moratori, a condizione che tale sanzione rispetti il principio di proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare. Infatti, sebbene gli Stati membri possano adottare sanzioni per l’ipotesi di inosservanza di obblighi miranti a garantire la corretta riscossione dell’imposta e ad evitare la frode, queste ultime non devono eccedere quanto necessario al raggiungimento dello scopo perseguito. In considerazione del ruolo preponderante che il diritto alla detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, una sanzione consistente in un diniego assoluto del diritto a detrazione appare sproporzionata nel caso in cui non siano accertati frodi o danni per il bilancio dello Stato. (v. punti 67, 70, 77, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Debitori dell’imposta, Terzo responsabile in solido, Regime del deposito diverso dal deposito doganale, Responsabilità solidale del depositario di beni e del soggetto passivo proprietario di tali beni, Buona fede o assenza di colpa o negligenza del depositario.
Parole chiave Massima Parole chiave Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Debitori dell’imposta — Facoltà per gli Stati membri di considerare responsabile in solido per il pagamento dell’imposta una persona diversa dal debitore (art. 21, n. 3, della sesta direttiva) (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 21, n. 3) Massima L’art. 21, n. 3, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2001/115, deve essere interpretato nel senso che non consente agli Stati membri di prevedere che il gestore di un deposito diverso dal deposito doganale sia responsabile in solido per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per una fornitura di merci, provenienti da tale deposito, effettuata a titolo oneroso dal proprietario delle stesse merci assoggettato a tale imposta, anche qualora il gestore del deposito sia in buona fede o non sia possibile addebitargli alcuna colpa o negligenza. Infatti, provvedimenti nazionali che danno luogo, de facto, ad un sistema di responsabilità solidale oggettiva eccedono quanto è necessario per preservare i diritti dell’Erario. Far ricadere la responsabilità del pagamento dell’imposta sul valore aggiunto su un soggetto diverso dal debitore di tale imposta, per quanto tale soggetto sia un depositario fiscale autorizzato, senza che possa sottrarvisi fornendo la prova di essere completamente estraneo alla condotta di tale debitore dell’imposta deve, pertanto, essere ritenuto incompatibile con il principio di proporzionalità. Risulterebbe infatti chiaramente sproporzionato imputare, in modo incondizionato, al citato soggetto i mancati introiti causati dalla condotta di un terzo soggetto passivo sulla quale egli non ha alcuna influenza. La circostanza che il soggetto diverso dal debitore dell’imposta abbia agito in buona fede utilizzando tutta la diligenza di un operatore avveduto, che abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere e che sia esclusa la sua partecipazione a un’evasione costituiscono elementi da prendere in considerazione per determinare la possibilità di obbligare in solido tale soggetto a versare l’imposta sul valore aggiunto dovuta. (v. punti 24, 26, 28 e dispositivo)