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Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), Applicabilità ratione temporis, Prestazioni sottoposte all’IVA, Prestazioni di servizi a titolo oneroso, Criteri, Relazione infra-gruppo, Prestazioni consistenti nel riparare o sostituire componenti di aerogeneratori in garanzia e nell’effettuare relazioni di non conformità, Note di addebito emesse dal fornitore senza menzione dell’IVA, Detrazione da parte del fornitore dell’IVA addebitata su beni e servizi a lui fatturati dai suoi subappaltatori per gli stessi servizi.
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Sesta direttiva 77/388/CEE, Direttiva 2006/112/CE, Esenzione dall’IVA, Articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e articolo 144, Franchigia dai dazi all’importazione delle merci di valore trascurabile o prive di carattere commerciale, Esenzione delle prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni, Normativa nazionale che assoggetta all’IVA le spese di trasporto di documenti e beni di valore trascurabile nonostante siano spese accessorie a beni non imponibili.
Causa C-273/16 Agenzia delle Entrate contro Federal Express Europe Inc. (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione) «Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Sesta direttiva 77/388/CEE – Direttiva 2006/112/CE – Esenzione dall’IVA – Articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e articolo 144 – Franchigia dai dazi all’importazione delle merci di valore trascurabile o prive di carattere commerciale – Esenzione delle prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni – Normativa nazionale che assoggetta all’IVA le spese di trasporto di documenti e beni di valore trascurabile nonostante siano spese accessorie a beni non imponibili» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 4 ottobre 2017 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni – Esenzioni all’importazione – Esenzione delle prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni – Normativa nazionale che assoggetta all’imposta sul valore aggiunto le spese di trasporto di documenti e beni di valore trascurabile nonostante siano spese accessorie a beni non imponibili – Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 144 e 86, § 1, b)] Il combinato disposto dell’articolo 144 e dell’articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale prescrive, per l’applicazione dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto alle prestazioni accessorie, fra cui i servizi di trasporto, non soltanto che il loro valore sia compreso nella base imponibile, ma anche che tali prestazioni siano state effettivamente assoggettate all’imposta sul valore aggiunto in dogana, all’atto dell’importazione. Sotto tale profilo si deve rilevare che l’articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA assicura che l’imposizione della prestazione accessoria segua l’imposizione della prestazione principale. Secondo l’articolo 144 della medesima direttiva, da un lato, l’operazione principale esentata corrisponde a quella dell’importazione di beni e, dall’altro, le prestazioni accessorie sono i servizi enumerati all’articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della direttiva, i quali servizi seguono necessariamente, in quanto tali, il trattamento fiscale riservato alla prestazione principale, sempre che il loro valore sia compreso nella base imponibile. Discende, pertanto, dal combinato disposto dell’articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 144 della direttiva IVA che, nei limiti in cui le spese di trasporto sono comprese nella base imponibile dell’operazione d’importazione esentata, anche la prestazione di servizio accessoria deve essere esentata dall’IVA. La condizione che tale prestazione di servizio sia stata effettivamente assoggettata all’IVA in dogana, quale istituita dalla normativa controversa nel procedimento principale, priverebbe d’efficacia l’esenzione di cui all’articolo 144 della direttiva IVA. Un tale onere comporterebbe, infatti, l’assoluta inapplicabilità di detta esenzione in ipotesi d’importazioni di spedizioni composte di merci di valore trascurabile o prive di carattere commerciale, ancorché queste ultime debbano essere esentate dall’IVA ai sensi dell’articolo 143, lettera b), della medesima direttiva. La Corte ha già riconosciuto, con riferimento alle franchigie dai diritti all’importazione di merci di valore trascurabile, che esse mirano a una semplificazione amministrativa delle procedure doganali (v., in tal senso, sentenza del 2 luglio 2009, Har Vaessen Douane Service,C-7/08, EU:C:2009:417, punto 33). Ne consegue che le spese di trasporto afferenti all’importazione definitiva di beni devono essere esentate dall’IVA, sempre che il loro valore sia compreso nella base imponibile, anche se non hanno scontato l’IVA in dogana all’atto dell’importazione. (v. punti 39-41, 44, 46, 47 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 2, paragrafo 1, lettera c), e 9, paragrafo 1, Soggetti passivi, Attività economiche, Nozione, Trasporto scolastico.
Causa C-520/14 Gemeente Borsele contro Staatssecretaris van Financiën e Staatssecretaris van Financiën contro Gemeente Borsele (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 2, paragrafo 1, lettera c), e 9, paragrafo 1 — Soggetti passivi — Attività economiche — Nozione — Trasporto scolastico» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 12 maggio 2016 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Attività economiche ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 – Trasporto scolastico fornito da un ente territoriale – Divario tra i costi di funzionamento e gli importi percepiti come corrispettivo per i servizi di trasporto scolastico che indica la sussistenza di un canone piuttosto che di una retribuzione vera e propria – Insussistenza di un nesso diretto fra il servizio fornito e il il controvalore percepito – Esclusione [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, § 1, lettera c), e 9, § 1] L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che un ente territoriale, che fornisce un servizio di trasporto scolastico, non esercita un’attività economica e non ha quindi la qualità di soggetto passivo nel caso in cui il comune recupera attraverso i contributi che riceve soltanto una minima parte dei costi sostenuti. Infatti, i contributi in questione nel procedimento principale non sono dovuti da tutti gli utilizzatori e sono stati versati unicamente da un terzo di essi, di modo che ammontano soltanto al 3% del totale dei costi di trasporto, mentre il saldo è finanziato con fondi pubblici. Uno scarto del genere tra i costi di funzionamento e gli importi percepiti come corrispettivo per i servizi offerti è tale da suggerire che il contributo a carico dei genitori debba essere assimilato a un canone piuttosto che ad una retribuzione vera e propria. Risulta da una siffatta asimmetria l’assenza di un nesso concreto tra la somma pagata e la prestazione di servizi fornita. Pertanto, il nesso tra i servizi di trasporto forniti da detto comune e il controvalore che i genitori devono pagare non risulta avere quel carattere diretto che è necessario perché tale controvalore possa essere considerato la retribuzione di detti servizi e perché questi ultimi costituiscano attività economiche ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112. (v. punti 33, 34, 36 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e articolo 135, paragrafo 1, lettere da d) a f), Servizi a titolo oneroso, Operazioni di cambio della valuta virtuale “bitcoin” contro valuta tradizionale, Esenzione.
Causa C-264/14 Skatteverket contro David Hedqvist (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Högsta förvaltningsdomstolen) «Rinvio pregiudiziale — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e articolo 135, paragrafo 1, lettere da d) a f) — Servizi a titolo oneroso — Operazioni di cambio della valuta virtuale “bitcoin” contro valuta tradizionale — Esenzione» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 22 ottobre 2015 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi a titolo oneroso — Nozione — Operazioni di cambio della valuta virtuale «bitcoin» contro valuta tradizionale — Inclusione [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, § 1, c), 14 e 24] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Operazioni bancarie o relative a titoli — Operazioni di cambio della valuta virtuale «bitcoin» contro valuta tradizionale — Esclusione [Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 135, § 1, d) e f)] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Operazioni relative a valute — Operazioni di cambio della valuta virtuale «bitcoin» contro valuta tradizionale — Inclusione [Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 135, § 1, e)] Diritto dell’Unione europea — Interpretazione — Testi plurilingui — Divergenze fra le varie versioni linguistiche — Considerazione del contesto e della ratio della normativa in questione [Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 135, § 1, e)] L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, va interpretato nel senso che costituiscono prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso, ai sensi di tale disposizione, operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti. In primo luogo, infatti, la valuta virtuale a flusso bidirezionale «bitcoin», non può essere qualificata come bene materiale ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2006/114, dato che questa valuta virtuale non ha altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento. Conseguentemente, le operazioni che consistono nel cambio di diversi mezzi di pagamento non ricadono nella nozione di «cessione di beni», prevista da detto articolo 14 della direttiva. In questo contesto, tali operazioni costituiscono prestazioni di servizi ai sensi dell’articolo 24 della direttiva 2006/114. In secondo luogo, quanto al carattere oneroso di una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva, occorre considerare che costituiscono prestazioni di servizi effettuate a fronte di una controprestazione che presenta un nesso diretto con il servizio prestato le operazioni nel contesto delle quali sussiste un rapporto giuridico sinallagmatico in forza del quale le parti si impegneranno reciprocamente a cedere importi in una certa valuta e a riceverne il controvalore in una valuta virtuale a flusso bidirezionale o viceversa. A tal riguardo, risulta inconferente, ai fini della determinazione del carattere oneroso di una prestazione di servizi, il fatto che la retribuzione di detta prestazione non assuma la forma del versamento di una provvigione o del pagamento di spese specifiche. (v. punti 24, 26-31, dispositivo 1) L’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, va interpretato nel senso che prestazioni di servizi che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti, non ricadono nella sfera di applicazione di tale disposizione. Per quanto riguarda, anzitutto, le esenzioni previste dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera d), di detta direttiva, la valuta virtuale «bitcoin», essendo un mezzo di pagamento contrattuale, non può essere considerata, da una parte, né come un conto corrente né come un deposito di fondi, un pagamento o un versamento. D’altra parte, a differenza dai crediti, dagli assegni e dagli altri effetti commerciali, di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/12, essa costituisce un mezzo di pagamento diretto tra gli operatori che l’accettano. Per quanto riguarda, poi, le esenzioni previste dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, la valuta virtuale «bitcoin» non costituisce né un titolo che conferisce un diritto di proprietà su persone giuridiche né un titolo di natura comparabile. (v. punti 38, 42, 54, 55, 57, dispositivo 2) L’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, va interpretato nel senso che prestazioni di servizi che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti, costituiscono operazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi di tale disposizione. Infatti, le nozioni adoperate dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112, che prevede che gli Stati membri esentino le operazioni relative, segnatamente, a divise, banconote e monete con valore liberatorio, devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione. Le esenzioni previste in tale disposizione sono intese, segnatamente, a ovviare alle difficoltà collegate alla determinazione della base imponibile nonché dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto detraibile che sorgono nel contesto dell’imposizione delle operazioni finanziarie. Orbene, le operazioni relative a valute non tradizionali, vale a dire diverse dalle monete con valore liberatorio in uno o più paesi, costituiscono operazioni finanziarie, in quanto tali valute siano state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento. Inoltre, nel caso particolare di operazioni quali le operazioni di cambio, le difficoltà collegate alla determinazione della base imponibile nonché dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto detraibile possono essere identiche, indipendentemente dal fatto che si tratti di cambio di valute tradizionali, normalmente esentate in forza dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112, o di cambio, da una parte, di tali valute contro, d’altra parte, valute virtuali a flusso bidirezionale che, senza essere mezzi di pagamento legali, costituiscono un mezzo di pagamento accettato dalle parti di una transazione, e viceversa. A tal riguardo, un’interpretazione di tale disposizione secondo la quale essa disciplina le operazioni relative alle sole valute tradizionali si risolverebbe nel privarla di parte dei suoi effetti. (v. punti 44, 45, 48-51, 53, 57, dispositivo 2) V. il testo della decisione. (v. punto 47)
Fiscalità, IVA, Giochi d’azzardo con poste in denaro, Normativa di uno Stato membro che assoggetta cumulativamente all’IVA e a un tributo speciale la gestione di slot machine con possibilità di vincita limitate, Ammissibilità, Base imponibile, Possibilità per il soggetto passivo di ripercuotere l’IVA.
Causa C-440/12 Metropol Spielstätten Unternehmergesellschaft (haftungsbeschränkt) contro Finanzamt Hamburg-Bergedorf (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg) «Fiscalità — IVA — Giochi d’azzardo con poste in denaro — Normativa di uno Stato membro che assoggetta cumulativamente all’IVA e a un tributo speciale la gestione di slot machine con possibilità di vincita limitate — Ammissibilità — Base imponibile — Possibilità per il soggetto passivo di ripercuotere l’IVA» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 24 ottobre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni – Esenzione delle scommesse, lotterie e altri giochi di azzardo con poste in denaro – Articolo 401 della direttiva 2006/112 – Ambito di applicazione – Imposta sul valore aggiunto e tributo nazionale speciale sui giochi di azzardo che possono essere riscossi in modo cumulativo – Ammissibilità – Presupposto [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 135, § 1, i), e 401] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Base imponibile – Prestazione di servizi – Corrispettivo effettivamente percepito dal prestatore – Apparecchi automatici per giochi d’azzardo – Esclusione della percentuale fissa delle poste che viene obbligatoriamente distribuita come vincita ai giocatori Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Base imponibile – Gestione di apparecchi da gioco con possibilità di vincita – Normativa o prassi nazionali che determinano la base imponibile in funzione dell’importo dei proventi di cassa alla scadenza di un determinato periodo – Ammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 1, § 2, prima frase, e 73) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Base imponibile – Normativa nazionale che assoggetta la gestione degli apparecchi automatici per giochi d’azzardo con possibilità di vincita limitate cumulativamente all’imposta sul valore aggiunto e a un tributo speciale non impedendo la ripercussione di detta imposta sui consumatori finali Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Base imponibile – Sistema nazionale che disciplina un’imposta non armonizzata – Imputazione a tale prima imposta dell’imposta sul valore aggiunto dovuta (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 1, § 2) L’articolo 401 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con l’articolo 135, paragrafo 1, lettera i) della stessa, deve essere interpretato nel senso che l’imposta sul valore aggiunto e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che siffatto ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari. Per quanto riguarda i giochi d’azzardo con poste in denaro, l’articolo 135, paragrafo 1, lettera i), della direttiva 2006/112, che prevede un’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto, segnatamente, per tali giochi, «salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro», dev’essere interpretato nel senso che l’esercizio della facoltà di cui gli Stati membri dispongono di fissare condizioni e limiti all’esenzione da detta imposta prevista da tale disposizione consente loro di esentare da tale imposta soltanto taluni giochi d’azzardo con poste di denaro In proposito, è privo di pertinenza, con riferimento al principio di neutralità fiscale, il fatto che l’importo di un tributo non armonizzato sui giochi, di cui taluni organizzatori e gestori di giochi d’azzardo con poste in denaro soggetti a imposta sul valore aggiunto sono parimenti debitori, sia modulato in funzione di detta imposta dovuta a titolo di tale attività. (v. punti 29, 30, 32, dispositivo 1) V. il testo della decisione. (v. punti 38, 40) Gli articoli 1, paragrafo 2, prima frase, e 73 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una disposizione o a una prassi nazionale secondo cui, per la gestione di apparecchi per giochi d’azzardo con possibilità di vincita, l’importo dei proventi di cassa di tali apparecchi dopo che è trascorso un determinato periodo di tempo viene considerato come base imponibile. A questo riguardo, una prassi fiscale che consiste nel considerare come base imponibile, per le operazioni effettuate per mezzo di apparecchi da gioco, i proventi di cassa mensili che dipendono a loro volta dall’importo delle vincite e delle perdite dei diversi giocatori, non viola il diritto dell’Unione per il solo motivo che non esisterebbe alcuna relazione di proporzionalità tra l’imposta sul valore aggiunto esigibile e le poste, considerate individualmente, impegnate dai singoli giocatori. (v. punti 39, 44, dispositivo 2) Una normativa di uno Stato membro che limita le perdite degli utilizzatori delle slot machine con possibilità di vincita limitate non osta alla ripercussione dell’imposta sul valore aggiunto sui consumatori finali. Una tale normativa, infatti, considerando i proventi di cassa netti come base imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, garantisce che tale base includa unicamente i proventi realmente ricavati dal gestore degli apparecchi da gioco e che, al contempo, tale imposta dovuta, risultante dall’applicazione dell’aliquota di legge di tale imposta alla cassa netta quale base imponibile, sia stata parimenti e effettivamente pagata dai consumatori finali. (v. punti 48, 51, 52) L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale relativa a un’imposta non armonizzata secondo la quale l’imposta sul valore aggiunto dovuta viene imputata per il suo esatto importo a tale primo tributo. (v. punto 60, dispositivo 3) Causa C-440/12 Metropol Spielstätten Unternehmergesellschaft (haftungsbeschränkt) contro Finanzamt Hamburg-Bergedorf (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg) «Fiscalità — IVA — Giochi d’azzardo con poste in denaro — Normativa di uno Stato membro che assoggetta cumulativamente all’IVA e a un tributo speciale la gestione di slot machine con possibilità di vincita limitate — Ammissibilità — Base imponibile — Possibilità per il soggetto passivo di ripercuotere l’IVA» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 24 ottobre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione delle scommesse, lotterie e altri giochi di azzardo con poste in denaro — Articolo 401 della direttiva 2006/112 — Ambito di applicazione — Imposta sul valore aggiunto e tributo nazionale speciale sui giochi di azzardo che possono essere riscossi in modo cumulativo — Ammissibilità — Presupposto [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 135, § 1, i), e 401] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Prestazione di servizi — Corrispettivo effettivamente percepito dal prestatore — Apparecchi automatici per giochi d’azzardo — Esclusione della percentuale fissa delle poste che viene obbligatoriamente distribuita come vincita ai giocatori Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Gestione di apparecchi da gioco con possibilità di vincita — Normativa o prassi nazionali che determinano la base imponibile in funzione dell’importo dei proventi di cassa alla scadenza di un determinato periodo — Ammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 1, § 2, prima frase, e 73) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Normativa nazionale che assoggetta la gestione degli apparecchi automatici per giochi d’azzardo con possibilità di vincita limitate cumulativamente all’imposta sul valore aggiunto e a un tributo speciale non impedendo la ripercussione di detta imposta sui consumatori finali Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Sistema nazionale che disciplina un’imposta non armonizzata — Imputazione a tale prima imposta dell’imposta sul valore aggiunto dovuta (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 1, § 2) L’articolo 401 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con l’articolo 135, paragrafo 1, lettera i) della stessa, deve essere interpretato nel senso che l’imposta sul valore aggiunto e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che siffatto ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari. Per quanto riguarda i giochi d’azzardo con poste in denaro, l’articolo 135, paragrafo 1, lettera i), della direttiva 2006/112, che prevede un’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto, segnatamente, per tali giochi, «salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro», dev’essere interpretato nel senso che l’esercizio della facoltà di cui gli Stati membri dispongono di fissare condizioni e limiti all’esenzione da detta imposta prevista da tale disposizione consente loro di esentare da tale imposta soltanto taluni giochi d’azzardo con poste di denaro In proposito, è privo di pertinenza, con riferimento al principio di neutralità fiscale, il fatto che l’importo di un tributo non armonizzato sui giochi, di cui taluni organizzatori e gestori di giochi d’azzardo con poste in denaro soggetti a imposta sul valore aggiunto sono parimenti debitori, sia modulato in funzione di detta imposta dovuta a titolo di tale attività. (v. punti 29, 30, 32, dispositivo 1) V. il testo della decisione. (v. punti 38, 40) Gli articoli 1, paragrafo 2, prima frase, e 73 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una disposizione o a una prassi nazionale secondo cui, per la gestione di apparecchi per giochi d’azzardo con possibilità di vincita, l’importo dei proventi di cassa di tali apparecchi dopo che è trascorso un determinato periodo di tempo viene considerato come base imponibile. A questo riguardo, una prassi fiscale che consiste nel considerare come base imponibile, per le operazioni effettuate per mezzo di apparecchi da gioco, i proventi di cassa mensili che dipendono a loro volta dall’importo delle vincite e delle perdite dei diversi giocatori, non viola il diritto dell’Unione per il solo motivo che non esisterebbe alcuna relazione di proporzionalità tra l’imposta sul valore aggiunto esigibile e le poste, considerate individualmente, impegnate dai singoli giocatori. (v. punti 39, 44, dispositivo 2) Una normativa di uno Stato membro che limita le perdite degli utilizzatori delle slot machine con possibilità di vincita limitate non osta alla ripercussione dell’imposta sul valore aggiunto sui consumatori finali. Una tale normativa, infatti, considerando i proventi di cassa netti come base imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, garantisce che tale base includa unicamente i proventi realmente ricavati dal gestore degli apparecchi da gioco e che, al contempo, tale imposta dovuta, risultante dall’applicazione dell’aliquota di legge di tale imposta alla cassa netta quale base imponibile, sia stata parimenti e effettivamente pagata dai consumatori finali. (v. punti 48, 51, 52) L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale relativa a un’imposta non armonizzata secondo la quale l’imposta sul valore aggiunto dovuta viene imputata per il suo esatto importo a tale primo tributo. (v. punto 60, dispositivo 3)
IVA, Prestazione di leasing accompagnata da una prestazione di assicurazione del bene oggetto del leasing, stipulata dal concedente e da questi fatturata all’utilizzatore, Qualificazione, Prestazione unica complessa oppure due prestazioni distinte, Esenzione, Operazione di assicurazione.
Causa C-224/11 BGŻ Leasing sp. z o.o. contro Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny) «IVA — Prestazione di leasing accompagnata da una prestazione di assicurazione del bene oggetto del leasing, stipulata dal concedente e da questi fatturata all’utilizzatore — Qualificazione — Prestazione unica complessa oppure due prestazioni distinte — Esenzione — Operazione di assicurazione» Massime — Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 gennaio 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Prestazioni di servizi – Operazioni composte da più elementi – Prestazione di leasing accompagnata da una prestazione di assicurazione del bene oggetto del leasing – Operazione unica composta da due prestazioni distinte – Esclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 1 e 78) Armonizzazione delle normative fiscali – Imposta sul volume d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione per le operazioni di assicurazione e di riassicurazione – Nozione – Concedente che assicura il bene oggetto del leasing – Inclusione [Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 135, § 1, a)] Come risulta dall’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, ai fini dell’applicazione di tale imposta ciascuna prestazione deve essere normalmente considerata distinta e indipendente. Tuttavia, in taluni casi, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti. Si tratta di un’operazione unica, in particolare, quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono strettamente connessi a tal punto da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso. Ciò accade anche nel caso in cui uno o più elementi debbano essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre, al contrario, uno o più elementi debbano essere considerati alla stregua di una o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. A questo proposito, una prestazione è considerata accessoria ad una prestazione principale in particolare quando costituisce per la clientela non già un fine in sé ma il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore. In linea di principio, non è questo il caso della prestazione di servizi di assicurazione relativa a un bene oggetto di leasing e della prestazione di servizi consistenti nel leasing stesso. A questo proposito, se è vero che, grazie alla prestazione di assicurazione relativa al bene oggetto del leasing, i rischi ai quali è esposto l’utilizzatore sono generalmente ridotti rispetto a quelli corsi in una situazione in cui tale assicurazione manchi, nondimeno tale circostanza deriva dalla natura stessa della prestazione di assicurazione. Orbene, tale circostanza, di per sé, non implica che si debba considerare una simile prestazione di assicurazione come accessoria rispetto alla prestazione di leasing nell’ambito della quale essa si inscrive. Infatti, sebbene una simile prestazione di assicurazione fornita all’utilizzatore per il tramite del concedente agevoli il godimento del servizio di leasing, occorre rilevare che essa costituisce per l’utilizzatore essenzialmente un fine in sé, e non soltanto il mezzo per fruire di tale servizio nelle migliori condizioni. (v. punti 29, 30, 41, 42, 48, 50, dispositivo 1) Quando il concedente provvede egli stesso a far assicurare il bene oggetto del leasing, fatturando a sua volta all’utilizzatore esattamente il costo dell’assicurazione, una simile operazione costituisce un’operazione di assicurazione, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, e deve pertanto andare esente dalla suddetta imposta. Infatti, una simile prestazione di assicurazione non può essere assoggettata all’imposta sul valore aggiunto in conseguenza della mera fatturazione dei costi ad essa relativi, effettuata in base all’accordo contrattuale concluso tra le parti di un contratto di leasing. Il fatto che il concedente stipuli l’assicurazione presso un terzo su domanda dei suoi clienti, e che in seguito faccia gravare su questi ultimi esattamente il costo fatturato dal terzo, non può inficiare tale conclusione. In tali circostanze, nella misura in cui la prestazione di assicurazione in questione rimane identica, la somma fatturata costituisce, infatti, il corrispettivo di tale assicurazione e, pertanto, non si deve assoggettare tale operazione a imposta sul valore aggiunto. (v. punti 62, 70, dispositivo 2) Causa C-224/11 BGŻ Leasing sp. z o.o. contro Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny) «IVA — Prestazione di leasing accompagnata da una prestazione di assicurazione del bene oggetto del leasing, stipulata dal concedente e da questi fatturata all’utilizzatore — Qualificazione — Prestazione unica complessa oppure due prestazioni distinte — Esenzione — Operazione di assicurazione» Massime — Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 gennaio 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi — Operazioni composte da più elementi — Prestazione di leasing accompagnata da una prestazione di assicurazione del bene oggetto del leasing — Operazione unica composta da due prestazioni distinte — Esclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 1 e 78) Armonizzazione delle normative fiscali — Imposta sul volume d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione per le operazioni di assicurazione e di riassicurazione — Nozione — Concedente che assicura il bene oggetto del leasing — Inclusione [Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 135, § 1, a)] Come risulta dall’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, ai fini dell’applicazione di tale imposta ciascuna prestazione deve essere normalmente considerata distinta e indipendente. Tuttavia, in taluni casi, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti. Si tratta di un’operazione unica, in particolare, quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono strettamente connessi a tal punto da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso. Ciò accade anche nel caso in cui uno o più elementi debbano essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre, al contrario, uno o più elementi debbano essere considerati alla stregua di una o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. A questo proposito, una prestazione è considerata accessoria ad una prestazione principale in particolare quando costituisce per la clientela non già un fine in sé ma il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore. In linea di principio, non è questo il caso della prestazione di servizi di assicurazione relativa a un bene oggetto di leasing e della prestazione di servizi consistenti nel leasing stesso. A questo proposito, se è vero che, grazie alla prestazione di assicurazione relativa al bene oggetto del leasing, i rischi ai quali è esposto l’utilizzatore sono generalmente ridotti rispetto a quelli corsi in una situazione in cui tale assicurazione manchi, nondimeno tale circostanza deriva dalla natura stessa della prestazione di assicurazione. Orbene, tale circostanza, di per sé, non implica che si debba considerare una simile prestazione di assicurazione come accessoria rispetto alla prestazione di leasing nell’ambito della quale essa si inscrive. Infatti, sebbene una simile prestazione di assicurazione fornita all’utilizzatore per il tramite del concedente agevoli il godimento del servizio di leasing, occorre rilevare che essa costituisce per l’utilizzatore essenzialmente un fine in sé, e non soltanto il mezzo per fruire di tale servizio nelle migliori condizioni. (v. punti 29, 30, 41, 42, 48, 50, dispositivo 1) Quando il concedente provvede egli stesso a far assicurare il bene oggetto del leasing, fatturando a sua volta all’utilizzatore esattamente il costo dell’assicurazione, una simile operazione costituisce un’operazione di assicurazione, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, e deve pertanto andare esente dalla suddetta imposta. Infatti, una simile prestazione di assicurazione non può essere assoggettata all’imposta sul valore aggiunto in conseguenza della mera fatturazione dei costi ad essa relativi, effettuata in base all’accordo contrattuale concluso tra le parti di un contratto di leasing. Il fatto che il concedente stipuli l’assicurazione presso un terzo su domanda dei suoi clienti, e che in seguito faccia gravare su questi ultimi esattamente il costo fatturato dal terzo, non può inficiare tale conclusione. In tali circostanze, nella misura in cui la prestazione di assicurazione in questione rimane identica, la somma fatturata costituisce, infatti, il corrispettivo di tale assicurazione e, pertanto, non si deve assoggettare tale operazione a imposta sul valore aggiunto. (v. punti 62, 70, dispositivo 2)
Rinvio pregiudiziale, IVA, Direttive 77/388/CEE e 2006/112/CE, Rimborso, Termini, Interessi, Compensazione, Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, Tutela del legittimo affidamento.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Restituzione dell’eccedenza (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 183) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Restituzione dell’eccedenza (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 183) 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Restituzione dell’eccedenza (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 183) Massima 1. L’art. 183 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, nel combinato disposto con il principio di tutela del legittimo affidamento, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che preveda, con effetto retroattivo, la proroga dei termini per il rimborso delle eccedenze dell’imposta sul valore aggiunto, nella misura in cui tale normativa privi il soggetto passivo del diritto, di cui disponeva anteriormente all’entrata in vigore della stessa, di pretendere la corresponsione di interessi di mora sul proprio credito di imposta. (v. punto 41, dispositivo 1) 2. L’art. 183 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, nel combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale secondo cui i normali termini di rimborso dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto, alla scadenza dei quali sono dovuti interessi di mora sulla somma da rimborsare, sono prorogati in caso di avvio di un procedimento di verifica fiscale, ove tale proroga produca l’effetto che gli interessi medesimi siano dovuti unicamente a decorrere dalla data di conclusione di detto procedimento, laddove tale eccedenza abbia già costituito oggetto di riporto nei tre periodi di imposizione successivi a quello in cui l’eccedenza è sorta. Per contro, il fatto che tali termini normali siano di regola fissati a 45 giorni non risulta in contrasto con la detta disposizione. (v. punto 61, dispositivo 2) 3. L’art. 183 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, dev’essere interpretato nel senso che non osta a che il rimborso dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto venga effettuato tramite compensazione. Infatti, gli Stati membri dispongono di una certa libertà per quanto attiene alle modalità di rimborso dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto, sempreché il rimborso venga effettuato entro termini ragionevoli mediante versamento in contanti o sotto forma equivalente e senza che il soggetto passivo debba incorrere in alcun rischio finanziario. (v. punti 64, 67, dispositivo 3)