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cited in "Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 5 marzo 2020. Idealmed III – Serviços de Saúde SA contro Autoridade Tributária e Aduaneira. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa - CAAD). Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 132, paragrafo 1, lettera b) – Esenzioni – Ospedalizzazione e cure mediche – Enti ospedalieri – Prestazioni fornite a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti di diritto pubblico – Articoli 377 e 391 – Deroghe – Possibilità di optare per la tassazione – Mantenimento della tassazione – Modifica delle condizioni di esercizio dell’attività. Causa C-211/18."
Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Articolo 132, paragrafo 1, lettera b), Esenzioni, Ospedalizzazione e cure mediche, Enti ospedalieri, Prestazioni fornite a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti di diritto pubblico, Articoli 377 e 391, Deroghe, Possibilità di optare per la tassazione, Mantenimento della tassazione, Modifica delle condizioni di esercizio dell’attività.
Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Cessioni successive relative agli stessi beni, Luogo della seconda cessione, Informazione del primo fornitore, Numero di partita IVA, Diritto a detrazione, Legittimo affidamento del soggetto passivo quanto alla sussistenza delle condizioni del diritto a detrazione.
Causa C-628/16 Kreuzmayr GmbH contro Finanzamt Linz (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzgericht) «Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Cessioni successive relative agli stessi beni – Luogo della seconda cessione – Informazione del primo fornitore – Numero di partita IVA – Diritto a detrazione – Legittimo affidamento del soggetto passivo quanto alla sussistenza delle condizioni del diritto a detrazione» Massime – Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 21 febbraio 2018 Armonizzazione delle normative fiscali–Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto–Cessioni di beni–Determinazione del luogo della cessione di beni in caso di spedizione o di trasporto–Articolo 32, comma 1, della direttiva 2006/112–Ambito di applicazione–Due cessioni successive di un medesimo bene che hanno dato luogo ad un unico trasporto intracomunitario–Prima cessione–Esclusione–Seconda cessione–Inclusione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 32, comma 1)
Armonizzazione delle normative fiscali–Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto–Detrazione dell’imposta assolta a monte–Nascita e portata del diritto a detrazione–Cessione intracomunitaria di beni–Qualificazione erronea di tale cessione–Acquirente di detti beni che si avvale a torto di un diritto a detrazione–Insussistenza del diritto a detrazione–Principio della tutela del legittimo affidamento–Irrilevanza In circostanze come quelle del procedimento principale, l’articolo 32, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che esso si applica alla seconda di due cessioni successive di un medesimo bene che hanno dato luogo ad un unico trasporto intracomunitario.
(v. punto 38, dispositivo 1)
Qualora la seconda cessione di una catena di due successive cessioni, comportanti un unico trasporto intracomunitario, costituisca una cessione intracomunitaria, il principio di tutela del legittimo affidamento dev’essere interpretato nel senso che l’acquirente finale, che si è avvalso a torto di un diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto a monte, non può detrarre a titolo di imposta sul valore aggiunto a monte, l’imposta sul valore aggiunto versata al fornitore sulla sola base delle fatture trasmesse dall’operatore intermedio che ha conferito alla sua cessione un’erronea qualificazione.
L’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA è infatti limitato alle sole imposte dovute e non può essere esteso all’IVA indebitamente versata a monte (v., per analogia, sentenza del 14 giugno 2017, Compass Contract Services, C-38/16, EU:C:2017:454, punti 35 e 36). Ne consegue che tale esercizio non si estende all’IVA dovuta esclusivamente in quanto esposta sulla fattura (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 1989, Genius, C-342/87, EU:C:1989:635, punto 19, nonché del 6 novembre 2003, Karageorgou e a., da C-78/02 a C-80/02, EU:C:2003:604, punto 51).
A tal riguardo, va sottolineato che il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento si estende a ogni individuo in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito (sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean, C-183/14, EU:C:2015:454, punto 44 nonché la giurisprudenza ivi citata).
(v. punti 43, 46, 49, dispositivo 2)
Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva 77/388/CEE, Articolo 4, paragrafi 1 e 4, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 9 e 11, Nozione di “soggetto passivo”, Società semplici che commercializzano i loro prodotti con un marchio comune e con l’intermediazione di una società di capitali, Nozione di “imprese indipendenti”, Diniego della qualità di soggetto passivo, Retroattività, Sesta direttiva 77/388, Articolo 25, Direttiva 2006/112, Articoli 272 e 296, Regime forfettario per i produttori agricoli, Esclusione dal regime forfettario, Retroattività.
Causa C-340/15 Christine Nigl e altri contro Finanzamt Waldviertel (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzgericht) «Rinvio pregiudiziale — Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva 77/388/CEE — Articolo 4, paragrafi 1 e 4 — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 9 e 11 — Nozione di “soggetto passivo” — Società semplici che commercializzano i loro prodotti con un marchio comune e con l’intermediazione di una società di capitali — Nozione di “imprese indipendenti” — Diniego della qualità di soggetto passivo — Retroattività — Sesta direttiva 77/388 — Articolo 25 — Direttiva 2006/112 — Articoli 272 e 296 — Regime forfettario per i produttori agricoli — Esclusione dal regime forfettario — Retroattività» Massime – Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 12 ottobre 2016 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Attività economiche svolte in modo indipendente ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 77/388 e dell’articolo 9 della direttiva 2006/112 – Criteri di valutazione
(Direttive del Consiglio 77/388, art. 4, §§ 1 e 4, e 2006/112, art. 9, §§ 1 e 10)
Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regimi particolari – Regime forfettario applicabile ai produttori agricoli – Società semplici che costituiscono imprese indipendenti assoggettate all’imposta sul valore aggiunto – Esclusione dal suddetto regime di società siffatte che hanno collegamenti con una società di capitali o che formano un gruppo di persone caratterizzato da una dimensione amministrativa o da una forma giuridica che oltrepassano i limiti del suddetto regime forfettario – Ammissibilità – Presupposto
(Direttive del Consiglio 77/388, art. 25, e 2006/112, art. 296)
Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regimi particolari – Regime forfettario applicabile ai produttori agricoli – Messa in discussione con effetto retroattivo da parte dell’amministrazione fiscale dell’applicabilità del suddetto regime forfettario – Ammissibilità sotto il profilo del principio di certezza del diritto – Presupposto – Rispetto del termine di prescrizione dell’azione dell’amministrazione fiscale
(Direttive del Consiglio 77/388 e 2006/112) L’articolo 4, paragrafo 1 e paragrafo 4, primo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/66, da un lato, nonché l’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, e l’articolo 10 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, dall’altro lato, devono essere interpretati nel senso che vanno considerate imprese indipendenti assoggettate all’imposta sul valore aggiunto (IVA) diverse società semplici, le quali si presentano in quanto tali autonomamente nei confronti dei loro fornitori, delle autorità pubbliche e, entro certi limiti, dei loro clienti, e ciascuna delle quali conduce la propria produzione utilizzando essenzialmente i propri strumenti di produzione, ma le quali commercializzano gran parte dei loro prodotti utilizzando un marchio comune attraverso l’intermediazione di una società di capitali, le cui quote sono detenute dai membri di tali società semplici nonché da altri membri della famiglia interessata.
A tal proposito, i termini utilizzati dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva e dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, in particolare il termine «chiunque», danno una definizione ampia della nozione di «soggetto passivo», incentrata sull’indipendenza nell’esercizio di un’attività economica nel senso che tutte le persone fisiche e giuridiche, sia pubbliche che private, e anche gli enti privi di personalità giuridica, che obiettivamente soddisfino i criteri di cui a tale disposizione, devono essere considerate soggette all’IVA. Pertanto, per constatare l’indipendenza dell’esercizio di un’attività economica, occorre verificare se la persona interessata svolga le sue attività in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, nonché se essa si assuma il rischio economico legato all’esercizio di dette attività. In tale contesto, l’esistenza di una certa cooperazione fra tali società semplici e una società di capitali, in particolare per quanto riguarda la commercializzazione dei loro prodotti con un marchio comune, non è sufficiente per rimettere in discussione l’indipendenza di tali società semplici nei confronti di quest’ultima società.
(v. punti 27, 28, 31, 34, dispositivo 1)
L’articolo 25 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/66, e l’articolo 296 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non ostano alla possibilità di negare l’applicazione del regime comune forfettario per i produttori agricoli, previsto in tali articoli, a diverse società semplici, considerate come imprese indipendenti soggette all’imposta sul valore aggiunto (IVA) che cooperano tra loro, per il fatto che una società di capitali, un’associazione di persone costituita dai membri di tali società semplici o un’associazione di persone costituita da tale società di capitali e dai membri delle suddette società semplici non potrebbe essere assoggettata a tale regime, a causa delle dimensioni della sua azienda o della sua forma giuridica, anche qualora tali società semplici non facciano parte di una categoria di produttori esclusi da tale regime forfettario, a condizione che esse, a causa dei loro rapporti con tale società o con una di tali associazioni, siano materialmente in grado di affrontare gli oneri amministrativi che discendono dai compiti derivanti dall’applicazione del regime normale o del regime semplificato dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
(v. punto 46, dispositivo 2)
Nel caso in cui il regime comune forfettario per i produttori agricoli dovesse essere escluso, in linea di principio, per società semplici che commercializzano i loro prodotti con un marchio comune e con l’intermediazione di una società di capitali, tale esclusione sarebbe applicabile al periodo precedente la data in cui è stata effettuata la valutazione sulla quale è fondata la suddetta esclusione, a condizione che la suddetta valutazione intervenga entro il termine di prescrizione dell’azione dell’amministrazione fiscale e che i suoi effetti non retroagiscano a una data precedente rispetto a quella in cui si sono verificati gli elementi di diritto e di fatto sui quali è fondata la valutazione stessa.
Infatti, poiché il principio di certezza del diritto non osta a che l’amministrazione fiscale proceda, entro il termine di prescrizione, a una rettifica dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) riguardante l’imposta detratta o i servizi già prestati, i quali avrebbero dovuto essere assoggettati a tale imposta, una regola siffatta deve prevalere altresì qualora un regime, del quale beneficia un debitore dell’IVA, venga rimesso in discussione da parte dell’amministrazione fiscale, anche per un periodo precedente la data in cui è stata svolta una siffatta valutazione. Tuttavia, ciò vale soltanto a condizione che la suddetta valutazione intervenga entro il termine di prescrizione dell’azione dell’amministrazione e che i suoi effetti non retroagiscano a una data precedente rispetto a quella in cui si sono verificati gli elementi di diritto e di fatto sui quali è fondata la valutazione stessa. Di conseguenza, il fatto che, in un primo momento, l’amministrazione fiscale abbia riconosciuto il beneficio del regime forfettario a diverse società semplici non può influire sulla suddetta messa in discussione, atteso che gli elementi di diritto e di fatto sui quali è fondata la nuova valutazione di tale amministrazione sono successivi rispetto a tale riconoscimento e si sono verificati entro il termine di prescrizione dell’azione di quest’ultima.
(v. punti 48-51, dispositivo 3)
Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva IVA, Esenzioni, Articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), Esenzione delle prestazioni di servizi strettamente connesse con l’assistenza sociale e la previdenza sociale, fornite da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale, Nozione di “prestazione di servizi e di cessione di beni strettamente connesse all’assistenza sociale e alla previdenza sociale”, Organismi riconosciuti come aventi carattere sociale, Centri residenziali per anziani.
Causa C-335/14 Les Jardins de Jouvence SCRL contro État belge (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d’appel de Mons) «Rinvio pregiudiziale — Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva IVA — Esenzioni — Articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g) — Esenzione delle prestazioni di servizi strettamente connesse con l’assistenza sociale e la previdenza sociale, fornite da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Nozione di “prestazione di servizi e di cessione di beni strettamente connesse all’assistenza sociale e alla previdenza sociale” — Organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Centri residenziali per anziani» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 21 gennaio 2016 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione delle prestazioni connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Organismi aventi carattere sociale — Criteri
[Direttive del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, § 1, g), e 2006/112, art. 132, § 1, g)]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione delle prestazioni connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale — Messa a disposizione di alloggi adatti a persone anziane da parte di centri residenziali per anziani — Inclusione — Altri servizi forniti da detti centri residenziali per anziani — Inclusione — Presupposti — Partecipazione finanziaria dei poteri pubblici — Irrilevanza
[Direttive del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, § 1, g), e 2006/112, art. 132, § 1, g)] L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari accorda agli Stati membri un margine discrezionale nel riconoscere carattere sociale a taluni organismi che non sono di diritto pubblico. All’atto del riconoscimento del carattere sociale di organismi che non siano di diritto pubblico, spetta alle autorità nazionali, in conformità al diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, prendere in considerazione diversi elementi. Fra questi possono essere annoverati l’esistenza di disposizioni specifiche, siano esse nazionali o regionali, legislative o a carattere amministrativo, fiscali o previdenziali, il carattere d’interesse generale delle attività del contribuente interessato, il fatto che altri contribuenti che svolgono le stesse attività beneficino già di un’analoga esenzione, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in questione siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse malattia o da altri organismi di previdenza sociale.
Inoltre, da una parte, dal momento che la nozione di «organismo» è in linea di principio sufficientemente ampia da includere enti privati che perseguono uno scopo di lucro, il fatto che l’organismo in parola eserciti le proprie attività con tale scopo non esclude affatto la sua qualifica di «altro organismo riconosciuto come avente carattere sociale dallo Stato membro interessato», ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva. Dall’altra parte, se è pur vero che il fatto che i costi delle prestazioni fornite siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse malattia o da altri organismi di previdenza sociale possa essere annoverato tra gli elementi da prendere in considerazione per determinare se l’organismo in parola presenti un carattere sociale, questa circostanza è solo uno tra diversi elemento. Pertanto, l’assenza di partecipazione finanziaria pubblica non esclude di per sé un tale riconoscimento, in quanto quest’ultimo deve essere valutato tenendo conto dell’insieme degli elementi pertinenti del caso di specie.
(v. punti 34, 35, 39)
L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari deve essere interpretato nel senso che, tra le prestazioni fornite da un centro residenziale per anziani, il cui carattere sociale deve essere valutato dal giudice del rinvio, quelle consistenti nella messa a disposizione di alloggi adatti a persone anziane possono beneficiare dell’esonero previsto da tale disposizione. Anche le altre prestazioni fornite da detto centro residenziale per anziani possono beneficiare di tale esenzione, purché, in particolare, le prestazioni che i centri residenziali per anziani sono tenuti a offrire, in applicazione della legislazione nazionale pertinente, siano volte a garantire sostegno e cura alle persone anziane e corrispondano a quelle che anche le case di risposo sono tenute a offrire conformemente alla legislazione nazionale.
Non rileva, al riguardo, che il gestore di un centro residenziale per anziani benefici o meno di sussidi o di qualsivoglia altra forma di beneficio o di partecipazione finanziaria da parte delle pubbliche autorità.
Infatti, la formulazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva annovera espressamente le prestazioni effettuate dalle case di riposo tra le prestazioni di servizi e di cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza sociale e con la previdenza sociale, che rientrano pertanto nell’esenzione prevista da tale disposizione. Si deve rilevare, al riguardo, che le case di riposo, al pari dei centri residenziali per anziani, forniscono alle persone di almeno 60 anni di età un alloggio unitamente a diverse prestazioni di sostegno e di cura. Da un lato, occorre riservare un medesimo trattamento riguardo all’imposta sul valore aggiunto alla prestazione consistente nel mettere a disposizione degli alloggi, sia che tali alloggi siano forniti da una casa di riposo sia che essi siano forniti da un centro residenziale per anziani. Dall’altro, nella misura in cui dette prestazioni di sostegno e di cura che i centri residenziali per anziani sono tenuti a offrire, in applicazione della legislazione nazionale pertinente, corrispondono a quelle che le case di riposo devono fornire conformemente a detta legislazione, occorre riservare loro il medesimo trattamento riguardo all’imposta sul valore aggiunto.
Peraltro, le esenzioni previste dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva, costituiscono nozioni autonome di diritto dell’Unione e devono, pertanto, essere definite a livello dell’Unione europea. Orbene, definire le prestazioni previste dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), primo trattino, della sesta direttiva, in funzione dell’esistenza di una partecipazione finanziaria pubblica a favore dell’operatore o dell’accollo dei costi delle prestazioni da parte di organismi previdenziali si risolverebbe nel far dipendere tale nozione dalle specificità delle normative degli Stati membri in materia.
Inoltre, conformemente all’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera b), primo trattino, della sesta direttiva, gli Stati membri devono escludere dal beneficio dell’esenzione le prestazioni di servizi previste, in particolare, all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), di tale direttiva, se esse non sono indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate. Infatti, che ha carattere obbligatorio per gli Stati membri, enuncia condizioni che devono essere prese in considerazione ai fini dell’interpretazione delle varie fattispecie di esenzione ivi previste che, come quella di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), di detta direttiva, riguardano prestazioni o forniture che sono strettamente connesse o che hanno uno stretto legame con un’attività di interesse generale.
(v. punti 42, 43, 47, 52, 55 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto – Detrazioni – Esenzioni – Forniture di protesi dentarie.
Cause riunite C-144/13, C-154/13 e C-160/13 VDP Dental Laboratory NV contro Staatssecretaris van Financiën e Staatssecretaris van Financiën contro X BV e Nobel Biocare Nederland BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Detrazioni — Esenzioni — Forniture di protesi dentarie» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 26 febbraio 2015 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Cessioni di protesi dentarie non soggette ad imposta a causa di un’esenzione prevista dal diritto nazionale in violazione della direttiva 2006/112 – Impossibilità di beneficiare dell’ esenzione stessa facendo valere nel contempo il diritto a detrazione (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 168) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni – Esenzione delle cessioni di protesi dentarie – Portata – Acquisti intracomunitari e importazioni definitive – Cessione esente sul territorio dello Stato membro di destinazione – Inclusione – Presupposti – Cessione da parte di dentisti o di odontotecnici [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 132, § 1, e), 140, a) e b), 143, § 1, a), e 370] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni delle cessioni di protesi dentarie – Portata – Acquisti intracomunitari – Cessione esente sul territorio dello Stato membro di destinazione – Inclusione – Stato membro di origine che ha mantenuto la tassazione sulle protesi dentaria in via transitorio – Irrilevanza [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 140, a) e b), e 370] L’articolo 168 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2007/75, dev’essere interpretata nel senso che, laddove l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto prevista dal diritto nazionale sia incompatibile con la direttiva 2006/112, detto articolo 168 non consente ad un soggetto passivo di beneficiare dell’esenzione, facendo valere nel contempo il diritto a detrazione. Infatti, qualora un soggetto passivo si trovi in una situazione di tal genere, dovrà o applicare l’esenzione nazionale rinunciando alla detraibilità, ovvero assoggettare le proprie operazioni all’imposta sul valore aggiunto ai sensi del diritto dell’Unione avvalendosi quindi del beneficio della detraibilità dell’imposta a monte. (v. punti 39, 40, dispositivo 1) Gli articoli 140, lettere a) e b), nonché 143, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2007/75, devono essere interpretati nel senso che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto ivi prevista si applica all’acquisto intracomunitario e all’importazione definitiva di protesi dentarie fornite da dentisti e da odontotecnici, qualora lo Stato membro di cessione o di importazione non abbia attuato la normativa transitoria prevista all’articolo 370 della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2007/75. Infatti, al fine di stabilire se un acquisto intracomunitario o un’importazione di beni sia esente dall’imposta sul valore aggiunto, occorre verificare se la cessione di tali beni sia, in ogni caso, esente sul territorio dello Stato membro di destinazione. Orbene, poiché l’articolo 132, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112 impone agli Stati membri di esentare le cessioni di protesi dentarie effettuate da dentisti e da odontotecnici, la fornitura sul territorio di uno Stato membro di tale prodotto risulterà necessariamente esente, qualora lo Stato membro non abbia adottato la normativa transitoria prevista dall’articolo 370 della direttiva sull’imposta sul valore aggiunto. Gli acquisti intracomunitari e le importazioni di protesi dentarie effettuati da dentisti e odontotecnici sono quindi necessariamente esonerati. (v. punti 49-51, 53, 58, dispositivo 2) L’articolo 140, lettere a) e b), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2007/75, deve essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto prevista da tale disposizione trova parimenti applicazione nel caso in cui l’acquisto intracomunitario di protesi dentarie provenga da uno Stato membro che abbia dato attuazione al regime derogatorio e transitorio previsto dall’articolo 370 della direttiva medesima. Infatti, dal momento che l’armonizzazione del regime dell’imposta sul valore aggiunto non è ancora completa, l’articolo 370 della direttiva autorizza gli Stati membri a mantenere in vigore talune disposizioni nella propria legislazione nazionale che sarebbero, in assenza di autorizzazione, incompatibili con tale regime. In tal senso, al fine di determinare se un acquisto intracomunitario di protesi dentarie possa beneficiare di un’esenzione, occorre verificare se la cessione dei beni medesimi sia esente da imposta sul territorio dello Stato membro di destinazione. Ne consegue che l’elemento di riferimento è dato dal regime applicabile nello Stato membro di destinazione e non in quello di origine. (v. punti 60-64, dispositivo 3) Cause riunite C-144/13, C-154/13 e C-160/13 VDP Dental Laboratory NV contro Staatssecretaris van Financiën e Staatssecretaris van Financiën contro X BV e Nobel Biocare Nederland BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Detrazioni — Esenzioni — Forniture di protesi dentarie» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 26 febbraio 2015 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Cessioni di protesi dentarie non soggette ad imposta a causa di un’esenzione prevista dal diritto nazionale in violazione della direttiva 2006/112 — Impossibilità di beneficiare dell’ esenzione stessa facendo valere nel contempo il diritto a detrazione
(Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 168)
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzione delle cessioni di protesi dentarie — Portata — Acquisti intracomunitari e importazioni definitive — Cessione esente sul territorio dello Stato membro di destinazione — Inclusione — Presupposti — Cessione da parte di dentisti o di odontotecnici
[Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 132, § 1, e), 140, a) e b), 143, § 1, a), e 370]
Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni delle cessioni di protesi dentarie — Portata — Acquisti intracomunitari — Cessione esente sul territorio dello Stato membro di destinazione — Inclusione — Stato membro di origine che ha mantenuto la tassazione sulle protesi dentaria in via transitorio — Irrilevanza
[Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 140, a) e b), e 370] L’articolo 168 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2007/75, dev’essere interpretata nel senso che, laddove l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto prevista dal diritto nazionale sia incompatibile con la direttiva 2006/112, detto articolo 168 non consente ad un soggetto passivo di beneficiare dell’esenzione, facendo valere nel contempo il diritto a detrazione.
Infatti, qualora un soggetto passivo si trovi in una situazione di tal genere, dovrà o applicare l’esenzione nazionale rinunciando alla detraibilità, ovvero assoggettare le proprie operazioni all’imposta sul valore aggiunto ai sensi del diritto dell’Unione avvalendosi quindi del beneficio della detraibilità dell’imposta a monte.
(v. punti 39, 40, dispositivo 1)
Gli articoli 140, lettere a) e b), nonché 143, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2007/75, devono essere interpretati nel senso che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto ivi prevista si applica all’acquisto intracomunitario e all’importazione definitiva di protesi dentarie fornite da dentisti e da odontotecnici, qualora lo Stato membro di cessione o di importazione non abbia attuato la normativa transitoria prevista all’articolo 370 della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2007/75.
Infatti, al fine di stabilire se un acquisto intracomunitario o un’importazione di beni sia esente dall’imposta sul valore aggiunto, occorre verificare se la cessione di tali beni sia, in ogni caso, esente sul territorio dello Stato membro di destinazione. Orbene, poiché l’articolo 132, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112 impone agli Stati membri di esentare le cessioni di protesi dentarie effettuate da dentisti e da odontotecnici, la fornitura sul territorio di uno Stato membro di tale prodotto risulterà necessariamente esente, qualora lo Stato membro non abbia adottato la normativa transitoria prevista dall’articolo 370 della direttiva sull’imposta sul valore aggiunto. Gli acquisti intracomunitari e le importazioni di protesi dentarie effettuati da dentisti e odontotecnici sono quindi necessariamente esonerati.
(v. punti 49-51, 53, 58, dispositivo 2)
L’articolo 140, lettere a) e b), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2007/75, deve essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto prevista da tale disposizione trova parimenti applicazione nel caso in cui l’acquisto intracomunitario di protesi dentarie provenga da uno Stato membro che abbia dato attuazione al regime derogatorio e transitorio previsto dall’articolo 370 della direttiva medesima.
Infatti, dal momento che l’armonizzazione del regime dell’imposta sul valore aggiunto non è ancora completa, l’articolo 370 della direttiva autorizza gli Stati membri a mantenere in vigore talune disposizioni nella propria legislazione nazionale che sarebbero, in assenza di autorizzazione, incompatibili con tale regime. In tal senso, al fine di determinare se un acquisto intracomunitario di protesi dentarie possa beneficiare di un’esenzione, occorre verificare se la cessione dei beni medesimi sia esente da imposta sul territorio dello Stato membro di destinazione. Ne consegue che l’elemento di riferimento è dato dal regime applicabile nello Stato membro di destinazione e non in quello di origine.
(v. punti 60-64, dispositivo 3)
Imposta sul valore aggiunto, Direttiva 2006/112/CE, Esenzioni, Art. 132, n. 1, lett. b) e c), Ospedalizzazione e cure mediche nonché operazioni ad esse strettamente connesse, Prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche, Raccolta, analisi e trattamento di sangue di cordone ombelicale, Conservazione delle cellule staminali, Eventuale futuro impiego terapeutico, Operazioni costituite da una serie di elementi e di atti.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione dell’ospedalizzazione e delle cure mediche nonché delle operazioni ad esse strettamente connesse — Esenzione delle prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche [Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 132, n. 1, lett. b) e c)] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione dell’ospedalizzazione e delle cure mediche nonché delle operazioni ad esse strettamente connesse [Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 132, n. 1, lett. b)] Massima 1. Qualora attività consistenti nell’invio di un materiale di raccolta di sangue di cordone ombelicale dei neonati, nonché nell’analisi e nel trattamento di detto sangue e, se del caso, nella conservazione delle cellule staminali contenute in tale sangue in vista di un eventuale futuro impiego terapeutico mirino unicamente a garantire la disponibilità di una risorsa in vista di un trattamento medico nell’ipotesi incerta in cui detto trattamento divenisse necessario, e non, di per sé stesse, a diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute, attività siffatte, siano esse considerate nel loro complesso o separatamente, non rientrano né nella nozione di «ospedalizzazione e [di] cure mediche» di cui all’art. 132, n. 1, lett. b), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, né in quella di «prestazioni mediche» contenuta all’art. 132, n. 1, lett. c), di tale direttiva. Potrebbe concludersi diversamente, con riferimento all’analisi del sangue di cordone ombelicale, solo qualora detta analisi mirasse effettivamente a consentire lo svolgimento di una diagnosi medica, il che deve essere verificato dal giudice nazionale. (v. punto 47, dispositivo 1) 2. La nozione di operazioni «strettamente connesse» all’«ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 132, n. 1, lett. b), della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non include attività consistenti nell’invio di un materiale di raccolta di sangue di cordone ombelicale dei neonati, nonché nell’analisi e nel trattamento di detto sangue e, se del caso, nella conservazione delle cellule staminali contenute in tale sangue in vista di un eventuale futuro impiego terapeutico cui tali attività sono soltanto eventualmente connesse e che non è esistente, né iniziato o neanche programmato. (v. punto 52, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Esenzioni, Art. 13, parte A, n. 1, lett. b), Ospedalizzazione e cure mediche, Operazioni ad esse strettamente connesse, Istituti debitamente riconosciuti aventi la stessa natura degli istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici, Banca privata di cellule staminali, Servizi di prelievo, trasporto, analisi e stoccaggio di sangue del cordone ombelicale dei neonati, Eventuale applicazione autologa o allogenica delle cellule staminali.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione dell’ospedalizzazione e delle cure mediche nonché delle operazioni ad esse strettamente connesse [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, n. 1, lett. b)] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Esenzione dell’ospedalizzazione e delle cure mediche nonché delle operazioni ad esse strettamente connesse [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/23; direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte A, n. 1, lett. b)] Massima 1. La nozione di operazioni «strettamente connesse» «all’ospedalizzazione e [alle] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretata nel senso che essa non include attività consistenti nel prelievo, nel trasporto, nell’analisi del sangue cordonale, nonché nello stoccaggio delle cellule staminali contenute in tale sangue, se le cure mediche prestate in ambito ospedaliero, con cui tali attività sono soltanto eventualmente connesse, non sono ancora esistenti, né iniziate o programmate. Infatti, è pacifico che, indipendentemente dalle cifre esatte derivanti dallo stato attuale delle conoscenze scientifiche, per la maggior parte dei destinatari delle attività di cui trattasi non c’è né ci sarà mai, probabilmente, una prestazione principale rientrante nella nozione di «ospedalizzazione o [di] cure mediche» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Si avrebbe un nesso sufficientemente stretto tra, da un lato, l’ospedalizzazione e le cure mediche costituenti la prestazione principale e, dall’altro, le attività summenzionate soltanto nella doppia eventualità in cui, in primo luogo, lo stato della scienza medica consenta o richieda un utilizzo delle cellule staminali cordonali per il trattamento o la prevenzione di una determinata malattia e, in secondo luogo, tale malattia si presenti o rischi di presentarsi in un caso specifico. Ciò considerato, anche ammettendo che dette attività non possano avere una finalità diversa dall’utilizzo delle cellule staminali cordonali così conservate in occasione delle cure mediche prestate in ambito ospedaliero e non possano essere impiegate per uno scopo diverso, non si può ritenere che tali attività siano effettivamente fornite quali prestazioni accessorie all’ospedalizzazione dei destinatari o alle cure mediche ricevute da questi ultimi e che costituiscono la prestazione principale. (v. punti 47-49, 52, dispositivo 1) 2. Quando le prestazioni delle banche di cellule staminali sono effettuate da personale medico autorizzato, allorché tali banche di cellule staminali, benché autorizzate dalle autorità sanitarie competenti di uno Stato membro, nell’ambito della direttiva 2004/23, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani, a trattare tessuti e cellule umani, non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di previdenza sociale e la retribuzione ad esse versata non sia presa a carico da detto regime, l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, non osta a che le autorità nazionali considerino che una simile banca di cellule staminali non sia un «altro istituto della stessa natura [degli istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici] (...) debitamente riconosciuto» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388. Tuttavia, tale disposizione non può neppure essere interpretata nel senso che essa impone, di per sé, che le autorità competenti rifiutino di equiparare una banca privata di cellule staminali a un istituto «debitamente riconosciuto» ai fini dell’esenzione di cui trattasi. Spetta, se necessario, al giudice del rinvio verificare che il diniego del riconoscimento ai fini dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388 sia conforme al diritto dell’Unione, e in particolare al principio di neutralità fiscale. Spetta infatti, in via di principio, al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali gli istituti che lo richiedono possono ottenere il riconoscimento previsto dall’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388. Quando un soggetto passivo chiede di ottenere la qualifica di istituto debitamente riconosciuto di tale articolo, le autorità competenti devono rispettare i limiti del potere discrezionale riconosciuto da tale disposizione applicando i principi del diritto dell’Unione, in particolare il principio di parità di trattamento, il quale, in materia di imposta sul valore aggiunto, si traduce nel principio di neutralità fiscale. A tal riguardo, per determinare gli istituti che devono essere «riconosciuti» ai sensi di detta disposizione, spetta alle autorità nazionali, in conformità al diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, prendere in considerazione vari elementi, tra i quali rientrano il carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo in questione, il fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficino già di un simile riconoscimento, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in esame siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali. A tale riguardo, il semplice fatto che le prestazioni del soggetto passivo siano fornite da professionisti qualificati del settore sanitario non osta, di per sé, a che le autorità nazionali neghino a detto soggetto passivo il riconoscimento che gli consentirebbe di beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Inoltre, le autorità nazionali possono prendere in considerazione il fatto che le attività del soggetto passivo non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di assicurazione malattia e non siano prese a carico da detto regime al fine di stabilire se un ente deve essere riconosciuto. Tuttavia, ciò non significa che l’esenzione di cui trattasi deve essere sistematicamente esclusa ogniqualvolta le prestazioni di servizi non vengano rimborsate dalla previdenza sociale. Si tratta piuttosto di un elemento che va preso in considerazione e rispetto al quale può risultare prevalente, ad esempio, l’esigenza di garantire la parità di trattamento. Infatti, se la situazione di un soggetto passivo è equiparabile a quella di altri operatori che effettuano gli stessi servizi in situazioni analoghe, la sola circostanza che il costo di tali prestazioni non sia interamente sostenuto dagli enti previdenziali non giustifica una disparità di trattamento tra prestatori per quanto riguarda l’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto. Infine, il fatto che un soggetto passivo sia stato autorizzato dalle autorità sanitarie competenti a trattare cellule staminali cordonali, in forza della normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/23, può rappresentare un elemento a favore del fatto che tale prestatore sia, eventualmente, «debitamente riconosciuto», ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Tuttavia, a meno di privare le autorità nazionali del potere discrezionale conferito loro da tale disposizione, il mero fatto di aver autorizzato simili operazioni, in applicazione delle norme dell’Unione di qualità e di sicurezza prescritte nel settore interessato, non può condurre di per sé e in modo automatico a un riconoscimento ai fini dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Infatti, l’ottenimento di una siffatta autorizzazione è una condizione necessaria ai fini dell’esercizio dell’attività di una banca privata di cellule staminali. Tuttavia, il rilascio di una siffatta autorizzazione non è, di per sé, sinonimo di un riconoscimento ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. (v. punti 63-65, 68-69, 71, 74-75, 81, dispositivo 2)