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Rinvio pregiudiziale, Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva, Diritto alla detrazione, Diniego, Vendita effettuata da un soggetto considerato inesistente.
Causa C-277/14 PPUH Stehcemp sp. J. Florian Stefanek, Janina Stefanek, Jarosław Stefanek contro Dyrektor Izby Skarbowej w Łodzi (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny) «Rinvio pregiudiziale — Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva — Diritto alla detrazione — Diniego — Vendita effettuata da un soggetto considerato inesistente» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 22 ottobre 2015 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Cessione di beni — Nozione — Operazione di trasferimento di un bene materiale a un acquirente in assenza del potere del fornitore di disporre giuridicamente di detto bene — Inclusione — Presupposto Bene effettivamente consegnato all’acquirente e impiegato da quest’ultimo ai fini di sue operazioni soggette a imposta [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 5, § 1, e 17, § 2, a)] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Diniego a motivo di una fattura emessa da parte di un soggetto considerato inesistente — Inammissibilità — Limiti — Presupposti — Destinatario della fattura che era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’esistenza di una frode — Verifica incombente al giudice nazionale [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 4, §§ 1 e 2, 17, § 2, a), 18, § 1, a), e 22, §§ 4 e 5] Dalla formulazione dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, risulta che, per poter beneficiare del diritto alla detrazione, occorre segnatamente che i beni invocati a base di detto diritto siano ceduti. A tal riguardo, poiché la nozione di «cessione di beni» di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della sesta direttiva si riferisce non al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì a qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario, l’eventuale assenza del potere del fornitore di disporre giuridicamente dei beni non può escludere una cessione di tali beni ai sensi di detta disposizione, una volta che detti beni sono stati effettivamente rimessi all’acquirente che li ha impiegati ai fini delle sue operazioni soggette a imposta. (v. punti 28, 44) Le disposizioni della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2002/38, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che neghi a un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per beni che gli sono stati ceduti sulla base dei rilievi che la fattura è stata emessa da un soggetto che deve essere considerato, con riferimento ai criteri previsti da tale normativa, un soggetto inesistente e che è impossibile identificare il vero fornitore dei beni, tranne nel caso in cui si dimostri, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal soggetto passivo verifiche che non gli incombono, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta cessione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Infatti, il criterio dell’esistenza del fornitore dei beni o del suo diritto a emettere fatture non figura tra le condizioni del diritto alla detrazione enunciate agli articoli 17, paragrafo 2, lettera a), e 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva. L’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva dispone, invece, che tale fornitore deve avere la qualità di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente attività economiche di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Orbene, l’esistenza di siffatta attività economica non è messa in discussione dalla circostanza in base alla quale lo stato fatiscente dell’immobile in cui si situa la sede sociale della società emittente delle fatture non permetteva alcuna attività economica, poiché una tale constatazione non esclude che tale attività potesse essere svolta in luoghi diversi dalla sede sociale. Parimenti, l’eventuale impossibilità di stabilire un contatto con tale società o con la persona iscritta nel registro delle imprese come suo direttore nell’ambito di procedimenti amministrativi non permette, allorché tali tentativi di contatto hanno avuto luogo durante un periodo precedente o successivo alle cessioni in questione nel procedimento principale, di pervenire automaticamente alla conclusione dell’assenza di un’attività economica alla data di tali cessioni. Inoltre, non emerge dall’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva che lo status di soggetto passivo dipenda da una qualsivoglia autorizzazione o licenza concessa dall’amministrazione ai fini dell’esercizio di un’attività economica. Tale status non può neanche dipendere dal rispetto degli obblighi del soggetto passivo, risultanti dai paragrafi 4 e 5 di detto articolo 22, di depositare una dichiarazione fiscale e di pagare l’imposta sul valore aggiunto. A maggior ragione, il riconoscimento dello status di soggetto passivo non può essere sottoposto all’obbligo di pubblicare conti annuali o di disporre di un’autorizzazione per la vendita di carburante, in quanto tali obblighi non sono previsti dalla sesta direttiva. Inoltre, dal momento che l’imposta sul valore aggiunto si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, previa detrazione dell’imposta gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo, è irrilevante, ai fini del diritto del soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto pagata a monte, stabilire se il fornitore dei beni abbia versato o meno l’imposta sul valore aggiunto dovuta sulle operazioni di vendita all’Erario. Per quanto concerne la circostanza secondo cui le operazioni sarebbero state effettuate non dalla società emittente della fattura, bensì da un altro soggetto impossibile da identificare, di modo che le autorità tributarie non hanno potuto recuperare l’imposta relativa a tali operazioni, la lotta contro ogni possibile frode, evasione fiscale ed abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva. Pertanto, spetta alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo. Tale situazione, così come ricorre nel caso di un’evasione fiscale commessa dal soggetto passivo, ricorre pure quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta all’amministrazione tributaria verificare. Spetta all’amministrazione tributaria, che abbia constatato evasioni o irregolarità commesse dall’emittente della fattura, dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata per fondare il suo diritto alla detrazione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. La determinazione delle misure che, in una fattispecie concreta, possono essere ragionevolmente imposte ad un soggetto passivo che intenda esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto per assicurarsi che le sue operazioni non si iscrivano in un’evasione commessa da un operatore a monte dipende, essenzialmente, dalle circostanze di detta fattispecie. Se è vero che un tale soggetto passivo può vedersi obbligato, quando disponga di indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione, ad assumere informazioni sull’operatore presso il quale intende acquistare beni o servizi al fine di sincerarsi della sua affidabilità, l’amministrazione tributaria non può tuttavia esigere in maniera generale che detto soggetto passivo, da un lato, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni a livello degli operatori a monte, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o, dall’altro lato, disponga di documenti a tale riguardo. (v. punti 33-37, 39, 45-48, 50-53 e dispositivo)