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Fiscalità, Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, Direttiva 2006/112/CE, Detrazione dell’imposta assolta a monte, Prestazioni fornite, Controllo, Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie, Nozione di evasione fiscale, Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale, Requisito della fornitura effettiva del servizio, Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata, Contenzioso, Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente.
Causa C-18/13 Maks Pen EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Sofia-grad) «Fiscalità — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prestazioni fornite — Controllo — Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie — Nozione di evasione fiscale — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Requisito della fornitura effettiva del servizio — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Contenzioso — Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 13 febbraio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Imposta riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi privo delle risorse necessarie per fornire i servizi fatturati – Servizi forniti da un altro prestatore – Esclusione del diritto a detrazione – Ammissibilità – Presupposti – Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112) Diritto dell’Unione europea – Ricorso dinanzi al giudice nazionale – Applicazione d’ufficio di una disposizione del diritto dell’Unione che comporti una deroga al principio di diritto nazionale del divieto di reformatio in peius – Obbligo per il giudice nazionale – Insussistenza – Eccezione Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di frode o di abuso – Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale – Interpretazione del diritto interno da parte del giudice nazionale alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112 – Considerazione del diritto interno nel suo complesso e applicazione dei suoi criteri ermeneutici (Direttiva del Consiglio 2006/112) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata – Portata – Obbligo del soggetto passivo di conformarsi ai principi contabili internazionali – Ammissibilità – Presupposti (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1606/2002; direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore – segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri o l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta –, alla doppia condizione che tali fatti integrino un comportamento fraudolento e che sia dimostrato, alla luce degli elementi oggettivi forniti dalle autorità fiscali, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in un’evasione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punto 32, dispositivo 1) Il diritto dell’Unione non può imporre al giudice nazionale di applicare d’ufficio una disposizione di tale diritto quando ciò comporterebbe una deroga al principio, insito nel suo diritto processuale nazionale, del divieto di reformatio in peius. Tuttavia, in una controversia relativa fin dall’inizio al diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata su determinate fatture, non risulta che un tale divieto possa applicarsi alla presentazione in giudizio, da parte dell’amministrazione fiscale, di elementi nuovi attinenti a tali medesime fatture, i quali non possono essere ritenuti aggravare la situazione del soggetto passivo che invoca il diritto a detrazione. (v. punto 37) Quando hanno l’obbligo o la facoltà di sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi a una norma imperativa del diritto nazionale, i giudici nazionali sono tenuti a fare altrettanto con riferimento a una norma del diritto dell’Unione come quella che impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Spetta a tali giudici, nella valutazione del carattere fraudolento o abusivo della pretesa di esercitare il diritto a detrazione, interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima; ciò esige che essi facciano tutto quanto di loro competenza prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici. Al riguardo, anche quando una norma di diritto nazionale qualifichi l’evasione fiscale come illecito penale e tale qualificazione competa unicamente al giudice penale, non risulta che, per effetto di una simile norma, il giudice incaricato di valutare la legittimità di un avviso di accertamento in rettifica che mette in discussione la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto operata da un soggetto passivo non possa comunque basarsi sugli elementi oggettivi presentati dall’amministrazione fiscale per constatare un’evasione, mentre, ai sensi di un’altra disposizione del diritto nazionale, l’imposta sul valore aggiunto «fatturata illegalmente» non dà diritto a detrazione. (v. punti 38, 39, dispositivo 2) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, segnatamente il suo articolo 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e del relativo controllo da parte dell’amministrazione fiscale, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato, nei limiti previsti dall’articolo 273 della stessa direttiva, imponga a ogni soggetto passivo di osservare in proposito la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, purché i provvedimenti adottati in tal senso non eccedano quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. Sotto tale profilo, la direttiva 2006/112 osta a una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione. Pertanto, il momento in cui l’imposta diventa esigibile e, dunque, detraibile per il soggetto passivo non può essere determinato, in via generale, dal compimento di formalità quali la contabilizzazione da parte dei prestatori delle spese sostenute per fornire i servizi. Per il resto, se rispettano tali limiti, il diritto dell’Unione non osta a norme contabili nazionali supplementari che siano stabilite con riferimento ai principi contabili internazionali applicabili nell’Unione alle condizioni previste dal regolamento n. 1606/2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali. (v. punti 44, 46, 48, dispositivo 3) Causa C-18/13 Maks Pen EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Sofia-grad) «Fiscalità — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prestazioni fornite — Controllo — Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie — Nozione di evasione fiscale — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Requisito della fornitura effettiva del servizio — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Contenzioso — Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 13 febbraio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Imposta riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi privo delle risorse necessarie per fornire i servizi fatturati — Servizi forniti da un altro prestatore — Esclusione del diritto a detrazione — Ammissibilità — Presupposti — Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112) Diritto dell’Unione europea — Ricorso dinanzi al giudice nazionale — Applicazione d’ufficio di una disposizione del diritto dell’Unione che comporti una deroga al principio di diritto nazionale del divieto di reformatio in peius — Obbligo per il giudice nazionale — Insussistenza — Eccezione Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di frode o di abuso — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Interpretazione del diritto interno da parte del giudice nazionale alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112 — Considerazione del diritto interno nel suo complesso e applicazione dei suoi criteri ermeneutici (Direttiva del Consiglio 2006/112) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Portata — Obbligo del soggetto passivo di conformarsi ai principi contabili internazionali — Ammissibilità — Presupposti (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1606/2002; direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore – segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri o l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta –, alla doppia condizione che tali fatti integrino un comportamento fraudolento e che sia dimostrato, alla luce degli elementi oggettivi forniti dalle autorità fiscali, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in un’evasione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punto 32, dispositivo 1) Il diritto dell’Unione non può imporre al giudice nazionale di applicare d’ufficio una disposizione di tale diritto quando ciò comporterebbe una deroga al principio, insito nel suo diritto processuale nazionale, del divieto di reformatio in peius. Tuttavia, in una controversia relativa fin dall’inizio al diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata su determinate fatture, non risulta che un tale divieto possa applicarsi alla presentazione in giudizio, da parte dell’amministrazione fiscale, di elementi nuovi attinenti a tali medesime fatture, i quali non possono essere ritenuti aggravare la situazione del soggetto passivo che invoca il diritto a detrazione. (v. punto 37) Quando hanno l’obbligo o la facoltà di sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi a una norma imperativa del diritto nazionale, i giudici nazionali sono tenuti a fare altrettanto con riferimento a una norma del diritto dell’Unione come quella che impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Spetta a tali giudici, nella valutazione del carattere fraudolento o abusivo della pretesa di esercitare il diritto a detrazione, interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima; ciò esige che essi facciano tutto quanto di loro competenza prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici. Al riguardo, anche quando una norma di diritto nazionale qualifichi l’evasione fiscale come illecito penale e tale qualificazione competa unicamente al giudice penale, non risulta che, per effetto di una simile norma, il giudice incaricato di valutare la legittimità di un avviso di accertamento in rettifica che mette in discussione la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto operata da un soggetto passivo non possa comunque basarsi sugli elementi oggettivi presentati dall’amministrazione fiscale per constatare un’evasione, mentre, ai sensi di un’altra disposizione del diritto nazionale, l’imposta sul valore aggiunto «fatturata illegalmente» non dà diritto a detrazione. (v. punti 38, 39, dispositivo 2) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, segnatamente il suo articolo 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e del relativo controllo da parte dell’amministrazione fiscale, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato, nei limiti previsti dall’articolo 273 della stessa direttiva, imponga a ogni soggetto passivo di osservare in proposito la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, purché i provvedimenti adottati in tal senso non eccedano quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. Sotto tale profilo, la direttiva 2006/112 osta a una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione. Pertanto, il momento in cui l’imposta diventa esigibile e, dunque, detraibile per il soggetto passivo non può essere determinato, in via generale, dal compimento di formalità quali la contabilizzazione da parte dei prestatori delle spese sostenute per fornire i servizi. Per il resto, se rispettano tali limiti, il diritto dell’Unione non osta a norme contabili nazionali supplementari che siano stabilite con riferimento ai principi contabili internazionali applicabili nell’Unione alle condizioni previste dal regolamento n. 1606/2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali. (v. punti 44, 46, 48, dispositivo 3)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Diniego.
Causa C-285/11 Bonik EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» — Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad — Varna) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Diniego» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 dicembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Diniego a motivo della mancata realizzazione effettiva della cessione di beni, tenuto conto di evasioni e di irregolarità – Inammissibilità – Limiti – Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178) Gli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, tenuto conto di evasioni o di irregolarità commesse a monte o a valle di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta, senza che sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa a monte o a valle nella catena di cessioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Dato che il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla suddetta direttiva sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’imposta sul valore aggiunto. Infatti, l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario. (v. punti 41-43, 45 e dispositivo) Causa C-285/11 Bonik EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» — Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad — Varna) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Diniego» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 dicembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Diniego a motivo della mancata realizzazione effettiva della cessione di beni, tenuto conto di evasioni e di irregolarità — Inammissibilità — Limiti — Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178) Gli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, tenuto conto di evasioni o di irregolarità commesse a monte o a valle di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta, senza che sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa a monte o a valle nella catena di cessioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Dato che il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla suddetta direttiva sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’imposta sul valore aggiunto. Infatti, l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario. (v. punti 41-43, 45 e dispositivo)
Fiscalità, IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articolo 9, Nozione di “soggetto passivo”, Diritto alla detrazione, Diniego, Principio della neutralità fiscale, Emittente della fattura radiato dal registro degli imprenditori individuali, Emittente della fattura che non ha adempiuto l’obbligo di dichiarare i suoi dipendenti all’amministrazione finanziaria, Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente della fattura nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Causa C-324/11 Gábor Tóth contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Észak-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Legfelsőbb Bíróság) «Fiscalità — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 9 — Nozione di “soggetto passivo” — Diritto alla detrazione — Diniego — Principio della neutralità fiscale — Emittente della fattura radiato dal registro degli imprenditori individuali — Emittente della fattura che non ha adempiuto l’obbligo di dichiarare i suoi dipendenti all’amministrazione finanziaria — Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente della fattura nei confronti dell’amministrazione finanziaria» Massima — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Principio della neutralità fiscale – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Diniego del diritto a detrazione dell’imposta versata da un soggetto passivo a un imprenditore a causa della revoca della licenza professionale di quest’ultimo e malgrado l’emissione, da parte del medesimo, di una fattura contenente tutte le informazioni richieste – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, 213, § 1, primo comma, e 226) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Diniego del diritto a detrazione dell’imposta versata da un soggetto passivo a un imprenditore a causa dell’impiego, da parte di quest’ultimo, di lavoratori non dichiarati – Inammissibilità – Eccezione – Frode nota al soggetto passivo – Portata dell’onere della prova (Direttiva del Consiglio 2006/112) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, e il principio di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per servizi fornitigli, in base all’unico rilievo che la licenza di imprenditore individuale sia stata revocata all’emittente della fattura prima che egli abbia fornito i servizi di cui trattasi o abbia emesso la fattura corrispondente, qualora quest’ultima presenti tutte le informazioni richieste dall’articolo 226 di tale direttiva e, in particolare, quelle necessarie all’identificazione della persona che l’ha emessa e della natura dei servizi forniti. Infatti, anche se la nozione di «soggetto passivo», di cui all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva, viene definita in modo ampio, sulla base di circostanze di fatto, non risulta per contro da detto articolo che lo status di soggetto passivo dipenda da una qualsivoglia autorizzazione o licenza concessa dall’amministrazione ai fini dell’esercizio di un’attività economica. Certo, l’articolo 213, paragrafo 1, primo comma, della direttiva dispone che ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, il cambiamento e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo. Tuttavia, malgrado l’importanza per il buon funzionamento del sistema dell’imposta sul valore aggiunto che tale dichiarazione riveste, quest’ultima non può costituire una condizione supplementare richiesta ai fini del riconoscimento dello status di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della stessa direttiva, dato che detto articolo 213 compare al titolo XI della stessa, nel capo 2, intitolato «Identificazione». (v. punti 30, 31, 34, dispositivo 1) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per servizi fornitigli, per il fatto che l’emittente della fattura correlata a tali servizi non abbia dichiarato i lavoratori alle sue dipendenze, senza che tale amministrazione dimostri, alla luce di elementi obiettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto alla detrazione si inscriveva nell’ambito di una frode commessa da tale emittente oppure da un altro operatore intervenuto a monte nella catena delle prestazioni. A tale riguardo, il fatto che il soggetto passivo non abbia verificato se i lavoratori impiegati sul cantiere si trovassero in rapporti giuridici con l’emittente della fattura o se tale emittente avesse dichiarato detti lavoratori non costituisce una circostanza obiettiva idonea a consentire di concludere che il destinatario della fattura sapeva o doveva sapere di partecipare ad un’operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto, qualora tale destinatario non disponesse di indizi idonei ad avvalorare il sospetto dell’esistenza di irregolarità o di frodi nella sfera dell’emittente. Pertanto, il diritto a detrazione non può essere negato per tale motivo, allorché ricorrano le condizioni formali e sostanziali previste da detta direttiva per l’esercizio di questo diritto. Inoltre, qualora l’amministrazione finanziaria fornisca indizi concreti relativi all’esistenza di una frode, la direttiva 2006/112 e il principio di neutralità fiscale non ostano a che il giudice nazionale verifichi, sulla base di un esame complessivo di tutte le circostanze della specie, se l’emittente della fattura abbia effettuato egli stesso l’operazione de qua. Tuttavia, il diritto a detrazione può essere negato soltanto qualora l’amministrazione finanziaria abbia accertato, alla luce di elementi obiettivi, che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si inscriveva in una frode commessa da detto emittente oppure da un altro operatore intervenuto a monte della catena delle prestazioni. (v. punti 39, 45, 53, dispositivo 2-4) Causa C-324/11 Gábor Tóth contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Észak-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Legfelsőbb Bíróság) «Fiscalità — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 9 — Nozione di “soggetto passivo” — Diritto alla detrazione — Diniego — Principio della neutralità fiscale — Emittente della fattura radiato dal registro degli imprenditori individuali — Emittente della fattura che non ha adempiuto l’obbligo di dichiarare i suoi dipendenti all’amministrazione finanziaria — Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente della fattura nei confronti dell’amministrazione finanziaria» Massima — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Principio della neutralità fiscale — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Diniego del diritto a detrazione dell’imposta versata da un soggetto passivo a un imprenditore a causa della revoca della licenza professionale di quest’ultimo e malgrado l’emissione, da parte del medesimo, di una fattura contenente tutte le informazioni richieste — Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, 213, § 1, primo comma, e 226) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Diniego del diritto a detrazione dell’imposta versata da un soggetto passivo a un imprenditore a causa dell’impiego, da parte di quest’ultimo, di lavoratori non dichiarati — Inammissibilità — Eccezione — Frode nota al soggetto passivo — Portata dell’onere della prova (Direttiva del Consiglio 2006/112) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, e il principio di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per servizi fornitigli, in base all’unico rilievo che la licenza di imprenditore individuale sia stata revocata all’emittente della fattura prima che egli abbia fornito i servizi di cui trattasi o abbia emesso la fattura corrispondente, qualora quest’ultima presenti tutte le informazioni richieste dall’articolo 226 di tale direttiva e, in particolare, quelle necessarie all’identificazione della persona che l’ha emessa e della natura dei servizi forniti. Infatti, anche se la nozione di «soggetto passivo», di cui all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva, viene definita in modo ampio, sulla base di circostanze di fatto, non risulta per contro da detto articolo che lo status di soggetto passivo dipenda da una qualsivoglia autorizzazione o licenza concessa dall’amministrazione ai fini dell’esercizio di un’attività economica. Certo, l’articolo 213, paragrafo 1, primo comma, della direttiva dispone che ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, il cambiamento e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo. Tuttavia, malgrado l’importanza per il buon funzionamento del sistema dell’imposta sul valore aggiunto che tale dichiarazione riveste, quest’ultima non può costituire una condizione supplementare richiesta ai fini del riconoscimento dello status di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della stessa direttiva, dato che detto articolo 213 compare al titolo XI della stessa, nel capo 2, intitolato «Identificazione». (v. punti 30, 31, 34, dispositivo 1) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per servizi fornitigli, per il fatto che l’emittente della fattura correlata a tali servizi non abbia dichiarato i lavoratori alle sue dipendenze, senza che tale amministrazione dimostri, alla luce di elementi obiettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto alla detrazione si inscriveva nell’ambito di una frode commessa da tale emittente oppure da un altro operatore intervenuto a monte nella catena delle prestazioni. A tale riguardo, il fatto che il soggetto passivo non abbia verificato se i lavoratori impiegati sul cantiere si trovassero in rapporti giuridici con l’emittente della fattura o se tale emittente avesse dichiarato detti lavoratori non costituisce una circostanza obiettiva idonea a consentire di concludere che il destinatario della fattura sapeva o doveva sapere di partecipare ad un’operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto, qualora tale destinatario non disponesse di indizi idonei ad avvalorare il sospetto dell’esistenza di irregolarità o di frodi nella sfera dell’emittente. Pertanto, il diritto a detrazione non può essere negato per tale motivo, allorché ricorrano le condizioni formali e sostanziali previste da detta direttiva per l’esercizio di questo diritto. Inoltre, qualora l’amministrazione finanziaria fornisca indizi concreti relativi all’esistenza di una frode, la direttiva 2006/112 e il principio di neutralità fiscale non ostano a che il giudice nazionale verifichi, sulla base di un esame complessivo di tutte le circostanze della specie, se l’emittente della fattura abbia effettuato egli stesso l’operazione de qua. Tuttavia, il diritto a detrazione può essere negato soltanto qualora l’amministrazione finanziaria abbia accertato, alla luce di elementi obiettivi, che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si inscriveva in una frode commessa da detto emittente oppure da un altro operatore intervenuto a monte della catena delle prestazioni. (v. punti 39, 45, 53, dispositivo 2-4)
Rinvio pregiudiziale, IVA, Diritto alla detrazione, Diminuzione dell’importo del diritto alla detrazione in caso di violazione dell’obbligo di utilizzare un registratore di cassa.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte (Direttive del Consiglio 67/227, art. 2, primo e secondo comma, e 77/388, artt. 2, 10, nn. 1 e 2, e 17, nn. 1 e 2) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 77/388 — Provvedimenti nazionali in deroga — Nozione (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 27, n. 1) 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Divieto di riscuotere altre imposte interne che abbiano natura di imposte sulla cifra d’affari — Nozione di «imposte sulla cifra d’affari» — Portata (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 33) Massima 1. Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, quale è stato definito all’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva 67/227, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, ed agli artt. 2 e 10, nn. 1 e 2, nonché all’art. 17, nn. 1 e 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2004/7, non osta a che uno Stato membro limiti temporaneamente l’importo del diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte per i soggetti passivi che non hanno osservato una formalità di registrazione nella contabilità delle loro vendite, purché la sanzione così prevista rispetti il principio di proporzionalità. Infatti, nei limiti in cui esso mira a garantire l’esatta riscossione dell’imposta e a evitare l’evasione, detto obbligo contabile rientra tra le misure che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare sul fondamento dell’art. 22, n. 8, della sesta direttiva. In tale contesto, prevedendo che, in caso di inosservanza di tale obbligo contabile, il soggetto passivo vede la parte dell’imposta sul valore aggiunto detraibile ridotta del 30%, la suddetta misura va considerata come costituente una sanzione amministrativa il cui effetto dissuasivo è diretto a garantire l’effettività del suddetto obbligo contabile. Compete tuttavia al giudice nazionale di verificare che le modalità di determinazione dell’importo della sanzione e le condizioni in base alle quali sono accertati, istruiti e, eventualmente, giudicati i fatti invocati dall’amministrazione tributaria per attuare la suddetta sanzione non conducano al risultato di privare il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto della sua stessa sostanza e pertanto di ledere il principio di neutralità circa l’onere fiscale gravante su tutte le attività economiche. A tal proposito, un’aliquota della trattenuta limitata al 30% e che preserva dunque l’essenziale dell’importo dell’imposta pagata a monte, non appare né eccessiva né insufficiente ad assicurare un carattere dissuasivo alla sanzione in parola e quindi all’effettività di quest’ultima. Peraltro una siffatta trattenuta, basata sull’importo degli oneri versati dal soggetto passivo, non è manifestamente priva di qualsiasi collegamento col livello dell’attività economica dell’interessato. Inoltre, dal momento che tale sanzione ha per oggetto non la correzione di errori contabili, ma la prevenzione dei medesimi, non si può tener conto, nel valutarne la proporzionalità, del suo carattere forfettario risultante dall’applicazione dell’aliquota fissa del 30% e, di conseguenza, dell’assenza di rapporto fra tale importo e quello risultante dagli errori eventualmente commessi dal soggetto passivo. (v. punti 27-28, 34-37, 39, dispositivo 1) 2. Disposizioni nazionali, che prevedono che una sanzione amministrativa inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto quando si constata che essi non hanno rispettato l’obbligo di utilizzare un registratore di cassa per registrare nella loro contabilità il fatturato e l’importo dell’imposta dovuta, non costituiscono «misure particolari di deroga» dirette ad evitare talune frodi o evasioni fiscali ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva 77//388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, come modificata dalla direttiva 2004/7. Una misura del genere non può rientrare nell’ambito di applicazione del suddetto art. 27, n. 1, in quanto essa è della stessa natura di quelle previste all’art. 22, n. 8, della sesta direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare l’evasione. (v. punti 41-43, dispositivo 2) 3. L’art. 33 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/7, non osta al mantenimento di disposizioni, come quelle che compaiono nella legge polacca relativa all’imposta sui beni e sui servizi, che prevedono una sanzione amministrativa che può essere inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto quando si constata che essi non hanno rispettato l’obbligo di utilizzare un registratore di cassa per registrare nella loro contabilità il fatturato e l’importo dell’imposta dovuta. (v. punto 49, dispositivo 3)