Documents - 4 citing "Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 29 marzo 2012. Véleclair SA contro Ministre du Budget, des Comptes publics e de la Réforme de l’État. [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État Francia]. IVA — Sesta direttiva — Articolo 17, paragrafo 2, lettera b) — Tassazione di un prodotto importato da un paese terzo — Normativa nazionale — Diritto a detrazione dell’IVA all’importazione — Presupposto — Pagamento effettivo dell’IVA da parte del soggetto passivo. Causa C‑414/10."

Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto, Sesta direttiva 77/388/CEE, Direttiva 2006/112/CE, Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale, Obbligo di introdurre fisicamente le merci nel deposito, Inosservanza, Obbligo di versare l’IVA nonostante il fatto che essa sia già stata assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale – Normativa nazionale che richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito – Ammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, art. 16, § 1) 2. Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Inosservanza dell’obbligo relativo all’introduzione fisica delle merci nel deposito – Normativa nazionale che richiede il versamento dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il suo precedente versamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18) Massima 1. L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo. Infatti, è giocoforza constatare che un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nonché evitare l’evasione di tale imposta e, in quanto tale, non eccede quanto necessario per conseguire i suddetti obiettivi. (v. punti 29, 30, dispositivo 1) 2. La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo. Sebbene sia certamente legittimo per uno Stato membro, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione e di evitare l’evasione, prevedere nella propria normativa nazionale sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi. A tal riguardo, siccome la merce importata non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l’imposta sul valore aggiunto era dovuta al momento dell’importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale imposta sul valore aggiunto. Orbene, un versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo. Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale. Di conseguenza, in considerazione del ruolo preponderante che il diritto a detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, poiché tale neutralità presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato. (v. punti 33, 34, 38, 39, 41, 49, dispositivo 2) Causa C-272/13 Equoland Soc. coop. arl contro Agenzia delle Dogane – Ufficio delle Dogane di Livorno (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva 77/388/CEE — Direttiva 2006/112/CE — Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale — Obbligo di introdurre fisicamente le merci nel deposito — Inosservanza — Obbligo di versare l’IVA nonostante il fatto che essa sia già stata assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile» Massime – Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 luglio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni previste dalla sesta direttiva – Esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un regime di deposito diverso da quello doganale – Normativa nazionale che richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito – Ammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, art. 16, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Inosservanza dell’obbligo relativo all’introduzione fisica delle merci nel deposito – Normativa nazionale che richiede il versamento dell’imposta sul valore aggiunto nonostante il suo precedente versamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18) L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo. Infatti, è giocoforza constatare che un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nonché evitare l’evasione di tale imposta e, in quanto tale, non eccede quanto necessario per conseguire i suddetti obiettivi. (v. punti 29, 30, dispositivo 1) La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo. Sebbene sia certamente legittimo per uno Stato membro, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione e di evitare l’evasione, prevedere nella propria normativa nazionale sanzioni appropriate, volte a penalizzare il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi. A tal riguardo, siccome la merce importata non è stata fisicamente introdotta nel deposito fiscale, l’imposta sul valore aggiunto era dovuta al momento dell’importazione e, pertanto, il pagamento mediante il meccanismo dell’inversione contabile costituisce un pagamento tardivo di tale imposta sul valore aggiunto. Orbene, un versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo. Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale. Di conseguenza, in considerazione del ruolo preponderante che il diritto a detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività economiche, poiché tale neutralità presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato. (v. punti 33, 34, 38, 39, 41, 49, dispositivo 2)
Fiscalità, IVA, Sesta direttiva, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Presupposti per l’esercizio, Articolo 273, Misure nazionali ai fini della lotta contro l’evasione, Prassi delle amministrazioni fiscali nazionali, Diniego del diritto a detrazione in caso di comportamento irregolare dell’emittente della fattura correlata ai beni o ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione, Onere della prova, Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente di tale fattura e di provarlo.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori — Inammissibilità — Limiti — Presupposti [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), 220, punto 1, e 226] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura — Rifiuto opposto malgrado il ricorrere dei presupposti sostanziali del diritto a detrazione e l’assenza di indizi che giustifichino il sospetto di irregolarità o frodi dell’emittente — Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), e 273] Massima 1. Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre, dall’importo dell’imposta sul valore aggiunto di cui egli è debitore, l’importo dell’imposta dovuta o versata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che l’emittente della fattura correlata a tali servizi, o uno dei suoi fornitori, ha commesso irregolarità, senza che detta amministrazione dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal suddetto emittente o da un altro operatore intervenuto a monte nella catena di prestazioni. (v. punto 50, dispositivo 1) 2. Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega il diritto a detrazione con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate, benché ricorrano le condizioni di sostanza e di forma previste dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di indizi che giustifichino il sospetto dell’esistenza di irregolarità o evasioni nella sfera del suddetto emittente. (v. punto 66, dispositivo 2) Cause riunite C-80/11 e C-142/11 Mahagében Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (C-80/11) e Péter Dávid contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Észak-alföldi Regionális Adó Főigazgatósága (C-142/11) (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Baranya Megyei Bíróság e dallo Jász-Nagykun-Szolnok Megyei Bíróság) «Fiscalità — IVA — Sesta direttiva — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Presupposti per l’esercizio — Articolo 273 — Misure nazionali ai fini della lotta contro l’evasione — Prassi delle amministrazioni fiscali nazionali — Diniego del diritto a detrazione in caso di comportamento irregolare dell’emittente della fattura correlata ai beni o ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione — Onere della prova — Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente di tale fattura e di provarlo» Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori – Inammissibilità – Limiti – Presupposti [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), 220, punto 1, e 226] Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura – Rifiuto opposto malgrado il ricorrere dei presupposti sostanziali del diritto a detrazione e l’assenza di indizi che giustifichino il sospetto di irregolarità o frodi dell’emittente – Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), e 273] Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre, dall’importo dell’imposta sul valore aggiunto di cui egli è debitore, l’importo dell’imposta dovuta o versata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che l’emittente della fattura correlata a tali servizi, o uno dei suoi fornitori, ha commesso irregolarità, senza che detta amministrazione dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal suddetto emittente o da un altro operatore intervenuto a monte nella catena di prestazioni. (v. punto 50, dispositivo 1) Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega il diritto a detrazione con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate, benché ricorrano le condizioni di sostanza e di forma previste dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di indizi che giustifichino il sospetto dell’esistenza di irregolarità o evasioni nella sfera del suddetto emittente. (v. punto 66, dispositivo 2)
IVA, Sesta direttiva, Articolo 17, paragrafo 2, lettera b), Tassazione di un prodotto importato da un paese terzo, Normativa nazionale, Diritto a detrazione dell’IVA all’importazione, Presupposto, Pagamento effettivo dell’IVA da parte del soggetto passivo.
Causa C-414/10 Véleclair SA contro Ministre du Budget, des Comptes publics e de la Réforme de l’État [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)] «IVA — Sesta direttiva — Articolo 17, paragrafo 2, lettera b) — Tassazione di un prodotto importato da un paese terzo — Normativa nazionale — Diritto a detrazione dell’IVA all’importazione — Presupposto — Pagamento effettivo dell’IVA da parte del soggetto passivo» Massime della sentenza Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Origine e portata del diritto a detrazione [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, § 2, b)] L’articolo 17, paragrafo 2, lettera b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che esso non consente ad uno Stato membro di subordinare il diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione all’effettivo previo pagamento di detta imposta da parte del soggetto passivo, qualora quest’ultimo sia del pari il titolare del diritto a detrazione. (v. punto 35 e dispositivo) Causa C-414/10 Véleclair SA contro Ministre du Budget, des Comptes publics e de la Réforme de l’État [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)] «IVA — Sesta direttiva — Articolo 17, paragrafo 2, lettera b) — Tassazione di un prodotto importato da un paese terzo — Normativa nazionale — Diritto a detrazione dell’IVA all’importazione — Presupposto — Pagamento effettivo dell’IVA da parte del soggetto passivo» Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Origine e portata del diritto a detrazione [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 17, § 2, b)] L’articolo 17, paragrafo 2, lettera b), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che esso non consente ad uno Stato membro di subordinare il diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione all’effettivo previo pagamento di detta imposta da parte del soggetto passivo, qualora quest’ultimo sia del pari il titolare del diritto a detrazione. (v. punto 35 e dispositivo)