Documents - 11 citing "Sentenza della Corte (grande sezione) del 7 dicembre 2010. Procedimento penale a carico di R. Domanda di pronuncia pregiudiziale : Bundesgerichtshof - Germania. Sesta direttiva IVA - Art. 28 quater, parte A, lett. a) - Frode a danno dell’IVA - Diniego di esenzione dall’IVA per cessioni intracomunitarie di beni - Partecipazione attiva del venditore alla frode - Competenze degli Stati membri nel contesto della lotta alla frode, all’evasione fiscale e agli eventuali abusi. Causa C-285/09."

Rinvio pregiudiziale – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Operazioni costitutive di una pratica abusiva – Diritto tributario nazionale – Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale – Principi di effettività e di equivalenza.
Causa C-662/13 Surgicare – Unidades de Saúde SA contro Fazenda Pública (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo) «Rinvio pregiudiziale — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Operazioni costitutive di una pratica abusiva — Diritto tributario nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Principi di effettività e di equivalenza» Massime – Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 12 febbraio 2015 Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Domanda che non individua con precisione le disposizioni del diritto dell’Unione che occorre interpretare – Possibilità per la Corte d’individuare dette disposizioni (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Necessità di fornire alla Corte precisazioni sufficienti sul contesto di fatto e di diritto – Precisazione delle ragioni per le quali occorre rispondere alle questioni pregiudiziali (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali – Competenza del giudice nazionale – Determinazione della normativa applicabile ratione temporis (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di esistenza di un’evasione o di un abuso – Misure di prevenzione delle distorsioni della concorrenza e dell’evasione fiscale – Assenza di normativa dell’Unione in materia – Applicazione del diritto nazionale – Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale – Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività – Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 273 e 342) Nel caso di mancanza di precisione, in una domanda di pronuncia pregiudiziale, a proposito delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione, è compito della Corte dedurre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, le disposizioni di diritto dell’Unione che necessitano di essere interpretate, tenendo conto dell’oggetto della lite. (v. punto 17) V. il testo della decisione. (v. punti 21, 22) V. il testo della decisione. (v. punto 22) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non osta alla previa e obbligatoria applicazione di un procedimento amministrativo nazionale, nel caso in cui l’amministrazione tributaria sospetti l’esistenza di una pratica abusiva, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Ciò avviene nel caso di un previo procedimento che, da un lato, è in favore della persona sospettata di aver commesso un abuso di diritto, poiché mira a garantire il rispetto di certi diritti fondamentali, in particolare quello di essere ascoltato e che, dall’altro lato, non contrasta di per sé con l’obiettivo della lotta alle evasioni, elusioni e altri abusi, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. (v. punti 26, 29, 32, 34 e dispositivo) Causa C-662/13 Surgicare – Unidades de Saúde SA contro Fazenda Pública (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo) «Rinvio pregiudiziale — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Operazioni costitutive di una pratica abusiva — Diritto tributario nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Principi di effettività e di equivalenza» Massime – Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 12 febbraio 2015 Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Domanda che non individua con precisione le disposizioni del diritto dell’Unione che occorre interpretare — Possibilità per la Corte d’individuare dette disposizioni (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Necessità di fornire alla Corte precisazioni sufficienti sul contesto di fatto e di diritto — Precisazione delle ragioni per le quali occorre rispondere alle questioni pregiudiziali (Art. 267 TFUE) Questioni pregiudiziali — Competenza del giudice nazionale — Determinazione della normativa applicabile ratione temporis (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di esistenza di un’evasione o di un abuso — Misure di prevenzione delle distorsioni della concorrenza e dell’evasione fiscale — Assenza di normativa dell’Unione in materia — Applicazione del diritto nazionale — Procedimento nazionale speciale in caso di sospetti sull’esistenza di pratiche abusive in materia fiscale — Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività — Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 273 e 342) Nel caso di mancanza di precisione, in una domanda di pronuncia pregiudiziale, a proposito delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione, è compito della Corte dedurre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, le disposizioni di diritto dell’Unione che necessitano di essere interpretate, tenendo conto dell’oggetto della lite. (v. punto 17) V. il testo della decisione. (v. punti 21, 22) V. il testo della decisione. (v. punto 22) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non osta alla previa e obbligatoria applicazione di un procedimento amministrativo nazionale, nel caso in cui l’amministrazione tributaria sospetti l’esistenza di una pratica abusiva, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Ciò avviene nel caso di un previo procedimento che, da un lato, è in favore della persona sospettata di aver commesso un abuso di diritto, poiché mira a garantire il rispetto di certi diritti fondamentali, in particolare quello di essere ascoltato e che, dall’altro lato, non contrasta di per sé con l’obiettivo della lotta alle evasioni, elusioni e altri abusi, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. (v. punti 26, 29, 32, 34 e dispositivo)
Rinvii pregiudiziali – IVA – Sesta direttiva – Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri – Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità – Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo – Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione – Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso – Assenza di disposizioni di diritto nazionale.
Cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13 Staatssecretaris van Financiën contro Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof e Turbu.com BV, Turbu.com Mobile Phone’s BV contro Staatssecretaris van Financiën (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvii pregiudiziali — IVA — Sesta direttiva — Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri — Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo — Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione — Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso — Assenza di disposizioni di diritto nazionale» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 18 dicembre 2014 Questioni pregiudiziali – Ricevibilità – Limiti – Questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile – Irricevibilità (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Cessione intracomunitaria – Operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto – Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode – Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode – Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti. [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Cessione intracomunitaria – Operazioni che non sono, di per sé, viziate da elusione all’imposta sul valore aggiunto, ma che si iscrivono in una catena di cessioni che comprende un’operazione fraudolenta – Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode – Evasione commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui il beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso è stato richiesto – Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode – Irrilevanza – Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] V. il testo della decisione. (v. punti 35, 38, 39) La sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva, 95/7, deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, un diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto rifiuto, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni. Infatti, spetta, in linea di principio, alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di diritti previsti dalla sesta direttiva, invocati fraudolentemente o abusivamente, indipendentemente dal fatto che si tratti dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto riguardante una cessione intracomunitaria. In mancanza di disposizioni specifiche in tal senso nell’ordinamento giuridico nazionale, spetta al giudice nazionale accertare se nel diritto dello Stato membro interessato esistano norme di diritto, quali una disposizione o un principio generale che vietino l’abuso del diritto ovvero se esistano altre disposizioni sull’evasione o sull’elusione fiscale che possano essere interpretate conformemente ai criteri del diritto dell’Unione in materia di lotta contro l’evasione fiscale. Se si accertasse, tuttavia, che il diritto nazionale non contempla norme del genere che possano essere oggetto di interpretazione conforme, non se ne potrebbe tuttavia dedurre che alle autorità e ai giudici nazionali sia impedito, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, di rispettare tali criteri e, così, di negare il vantaggio derivante da un diritto previsto dalla sesta direttiva nell’ipotesi di una frode. Infatti, se è pur vero che una direttiva non può essere invocata, di per sé, da uno Stato membro nei confronti di un soggetto passivo, nei limiti in cui fatti abusivi o fraudolenti non possono fondare un diritto previsto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, il diniego di un vantaggio previsto dalla sesta direttiva non equivale a imporre un obbligo a carico del singolo interessato in forza di tale direttiva, ma non è altro che la mera conseguenza della constatazione secondo la quale le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire, previste da tale direttiva in relazione a detto diritto, non sono, in realtà, soddisfatte. In una siffatta ipotesi, non può essere richiesta un’autorizzazione espressa affinché le autorità e i giudici nazionali possano negare un vantaggio previsto dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, poiché tale conseguenza deve essere considerata inerente a detto sistema. Peraltro, un soggetto passivo che ha creato le condizioni relative all’ottenimento di un diritto esclusivamente tramite la partecipazione a operazioni fraudolente non può manifestamente avvalersi dei principi di tutela del legittimo affidamento o di certezza del diritto al fine di opporsi al diniego della concessione del diritto di cui trattasi. Infine, poiché il diniego del beneficio di un diritto derivante dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto in caso di coinvolgimento del soggetto passivo in una frode non è altro che la mera conseguenza dell’insussistenza delle condizioni richieste a tale riguardo dalle disposizioni rilevanti della sesta direttiva, tale diniego non ha il carattere di una pena o di una sanzione, ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo o dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (v. punti 49, 51-55, 57, 59-62, dispositivo 2) La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti. (v. punto 69, dispositivo 3) Cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13 Staatssecretaris van Financiën contro Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof e Turbu.com BV, Turbu.com Mobile Phone’s BV contro Staatssecretaris van Financiën (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dallo Hoge Raad der Nederlanden) «Rinvii pregiudiziali — IVA — Sesta direttiva — Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri — Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo — Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione — Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso — Assenza di disposizioni di diritto nazionale» Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 18 dicembre 2014 Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Limiti — Questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile — Irricevibilità (Art. 267 TFUE) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Cessione intracomunitaria — Operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto — Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode — Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode — Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti. [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Cessione intracomunitaria — Operazioni che non sono, di per sé, viziate da elusione all’imposta sul valore aggiunto, ma che si iscrivono in una catena di cessioni che comprende un’operazione fraudolenta — Soggetto passivo che aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’esistenza della frode — Evasione commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui il beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso è stato richiesto — Normativa nazionale che non prevede il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso nell’ipotesi di esistenza di una frode — Irrilevanza — Obbligo incombente alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio di tali diritti [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, §§ 2 e 3, 28 ter parte A, § 2, e 28 quater parte A, a)] V. il testo della decisione. (v. punti 35, 38, 39) La sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva, 95/7, deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, un diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto rifiuto, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni. Infatti, spetta, in linea di principio, alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di diritti previsti dalla sesta direttiva, invocati fraudolentemente o abusivamente, indipendentemente dal fatto che si tratti dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto riguardante una cessione intracomunitaria. In mancanza di disposizioni specifiche in tal senso nell’ordinamento giuridico nazionale, spetta al giudice nazionale accertare se nel diritto dello Stato membro interessato esistano norme di diritto, quali una disposizione o un principio generale che vietino l’abuso del diritto ovvero se esistano altre disposizioni sull’evasione o sull’elusione fiscale che possano essere interpretate conformemente ai criteri del diritto dell’Unione in materia di lotta contro l’evasione fiscale. Se si accertasse, tuttavia, che il diritto nazionale non contempla norme del genere che possano essere oggetto di interpretazione conforme, non se ne potrebbe tuttavia dedurre che alle autorità e ai giudici nazionali sia impedito, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, di rispettare tali criteri e, così, di negare il vantaggio derivante da un diritto previsto dalla sesta direttiva nell’ipotesi di una frode. Infatti, se è pur vero che una direttiva non può essere invocata, di per sé, da uno Stato membro nei confronti di un soggetto passivo, nei limiti in cui fatti abusivi o fraudolenti non possono fondare un diritto previsto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, il diniego di un vantaggio previsto dalla sesta direttiva non equivale a imporre un obbligo a carico del singolo interessato in forza di tale direttiva, ma non è altro che la mera conseguenza della constatazione secondo la quale le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire, previste da tale direttiva in relazione a detto diritto, non sono, in realtà, soddisfatte. In una siffatta ipotesi, non può essere richiesta un’autorizzazione espressa affinché le autorità e i giudici nazionali possano negare un vantaggio previsto dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, poiché tale conseguenza deve essere considerata inerente a detto sistema. Peraltro, un soggetto passivo che ha creato le condizioni relative all’ottenimento di un diritto esclusivamente tramite la partecipazione a operazioni fraudolente non può manifestamente avvalersi dei principi di tutela del legittimo affidamento o di certezza del diritto al fine di opporsi al diniego della concessione del diritto di cui trattasi. Infine, poiché il diniego del beneficio di un diritto derivante dal sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto in caso di coinvolgimento del soggetto passivo in una frode non è altro che la mera conseguenza dell’insussistenza delle condizioni richieste a tale riguardo dalle disposizioni rilevanti della sesta direttiva, tale diniego non ha il carattere di una pena o di una sanzione, ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo o dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (v. punti 49, 51-55, 57, 59-62, dispositivo 2) La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti. (v. punto 69, dispositivo 3)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articolo 146, Esenzioni all’esportazione, Articolo 131, Condizioni stabilite dagli Stati membri, Legislazione nazionale che prevede che il bene destinato all’esportazione debba aver lasciato il territorio doganale dell’Unione europea entro 90 giorni dalla vendita.
Causa C-563/12 BDV Hungary Trading Kft. contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Kúria) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 146 — Esenzioni all’esportazione — Articolo 131 — Condizioni stabilite dagli Stati membri — Legislazione nazionale che prevede che il bene destinato all’esportazione debba aver lasciato il territorio doganale dell’Unione europea entro 90 giorni dalla vendita» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 19 dicembre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzioni – Esenzioni all’esportazione – Cessioni di beni spediti o trasportati al di fuori dell’Unione – Normativa nazionale che subordina il beneficio dell’esenzione all’esecuzione dell’operazione di trasporto al di fuori dell’Unione entro 90 giorni dalla cessione – Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 131 e 146, § 1) Gli articoli 146, paragrafo 1, e 131 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale secondo la quale, nell’ambito di una cessione all’esportazione, i beni destinati ad essere esportati al di fuori dell’Unione europea devono aver lasciato il territorio dell’Unione entro un termine prestabilito di tre mesi o di 90 giorni successivi alla data di cessione, qualora il semplice superamento di tale termine abbia la conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell’esenzione riguardo a tale cessione. A tale proposito, dal termine «spediti», contenuto nell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, deriva che l’esportazione di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione all’esportazione diviene applicabile quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’Unione e, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dell’Unione. Tale articolo non prevede una condizione in base alla quale il bene destinato all’esportazione deve aver lasciato il territorio dell’Unione entro un termine preciso, affinché l’esenzione all’esportazione prevista da tale articolo divenga applicabile. Tuttavia, le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 del titolo IX di tale direttiva, di cui fa parte l’articolo 146 della stessa, si applicano alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Inoltre, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento. In via di principio è, dunque, consentito agli Stati membri stabilire un termine ragionevole per le esportazioni al fine di verificare se un bene oggetto di una cessione all’esportazione sia effettivamente uscito dall’Unione. Infatti, imporre al venditore di un bene destinato all’esportazione un termine preciso entro il quale tale bene deve aver lasciato il territorio doganale dell’Unione costituisce un mezzo appropriato a tal fine. Tuttavia, un tale termine non deve eccedere quanto necessario a tal fine. (v. punti 24-29, 34-36, 42 e dispositivo) Causa C-563/12 BDV Hungary Trading Kft. contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Kúria) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 146 — Esenzioni all’esportazione — Articolo 131 — Condizioni stabilite dagli Stati membri — Legislazione nazionale che prevede che il bene destinato all’esportazione debba aver lasciato il territorio doganale dell’Unione europea entro 90 giorni dalla vendita» Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 19 dicembre 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni — Esenzioni all’esportazione — Cessioni di beni spediti o trasportati al di fuori dell’Unione — Normativa nazionale che subordina il beneficio dell’esenzione all’esecuzione dell’operazione di trasporto al di fuori dell’Unione entro 90 giorni dalla cessione — Inammissibilità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 131 e 146, § 1) Gli articoli 146, paragrafo 1, e 131 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale secondo la quale, nell’ambito di una cessione all’esportazione, i beni destinati ad essere esportati al di fuori dell’Unione europea devono aver lasciato il territorio dell’Unione entro un termine prestabilito di tre mesi o di 90 giorni successivi alla data di cessione, qualora il semplice superamento di tale termine abbia la conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell’esenzione riguardo a tale cessione. A tale proposito, dal termine «spediti», contenuto nell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, deriva che l’esportazione di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione all’esportazione diviene applicabile quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’Unione e, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dell’Unione. Tale articolo non prevede una condizione in base alla quale il bene destinato all’esportazione deve aver lasciato il territorio dell’Unione entro un termine preciso, affinché l’esenzione all’esportazione prevista da tale articolo divenga applicabile. Tuttavia, le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 del titolo IX di tale direttiva, di cui fa parte l’articolo 146 della stessa, si applicano alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Inoltre, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento. In via di principio è, dunque, consentito agli Stati membri stabilire un termine ragionevole per le esportazioni al fine di verificare se un bene oggetto di una cessione all’esportazione sia effettivamente uscito dall’Unione. Infatti, imporre al venditore di un bene destinato all’esportazione un termine preciso entro il quale tale bene deve aver lasciato il territorio doganale dell’Unione costituisce un mezzo appropriato a tal fine. Tuttavia, un tale termine non deve eccedere quanto necessario a tal fine. (v. punti 24-29, 34-36, 42 e dispositivo)
IVA, Sesta direttiva 77/388/CEE, Articolo 5, paragrafo 8, Nozione di “trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni”, Cessione del 30% delle quote di una società alla quale il cedente fornisce servizi soggetti a IVA.
Causa C-651/11 Staatssecretaris van Financiën contro X BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «IVA — Sesta direttiva 77/388/CEE — Articolo 5, paragrafo 8 — Nozione di “trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni” — Cessione del 30% delle quote di una società alla quale il cedente fornisce servizi soggetti a IVA» Massime — Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 30 maggio 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva – Trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni – Nozione – Cessione del 30% delle quote di una società da parte di un azionista che fornisce a tale società servizi soggetti all’imposta – Esclusione – Cessione simultanea delle restanti azioni allo stesso acquirente da parte degli altri azionisti – Cessione strettamente legata alle attività direzionali svolte per la società – Irrilevanza (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 5, § 8, e 6, § 5) Gli articoli 5, paragrafo 8, e/o 6, paragrafo 5, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che la cessione del 30% delle azioni di una società, alla quale il cedente fornisce servizi soggetti ad imposta sul valore aggiunto, non costituisce un trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni o di servizi ai sensi di tali disposizioni, a prescindere dal fatto che gli altri azionisti cedano in pratica simultaneamente alla stessa persona le restanti azioni di tale società e che siffatta cessione sia strettamente legata alle attività direzionali svolte per la medesima società. Infatti, la nozione di trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni include il trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un’impresa o una parte di impresa idonea a proseguire un’attività economica autonoma. Tuttavia, il mero acquisto, la mera detenzione e la mera cessione di partecipazioni societarie non costituiscono, di per sé, un’attività economica ai sensi della sesta direttiva, dato che la semplice assunzione di partecipazioni finanziarie in altre imprese non costituisce sfruttamento di un bene al fine di trarne introiti che abbiano carattere stabile. Quindi, il trasferimento di azioni di una società può, a prescindere dall’entità delle quote, essere assimilato al trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni soltanto se la partecipazione fa parte di un’unità indipendente che consente l’esercizio di un’attività economica autonoma e se detta attività è proseguita dall’acquirente. Ebbene, una mera cessione di azioni che non sia accompagnata dal trasferimento di elementi dell’attivo patrimoniale non consente al cessionario di proseguire un’attività economica indipendente in qualità di avente causa del cedente. A tal riguardo, gli azionisti non sono proprietari degli elementi dell’attivo patrimoniale della società di cui detengono partecipazioni, ma sono proprietari della partecipazione e, a tal titolo, hanno diritto a percepire i dividendi. Inoltre, secondo il principio fondamentale inerente al sistema dell’imposta sul valore aggiunto, tale imposta si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta la medesima imposta gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. L’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva utilizza il termine «cedente» al singolare, in tal modo sottintendendo che l’applicazione della suddetta disposizione non è prevista nel caso in cui più cedenti trasferiscano la loro partecipazione a un medesimo cessionario. Ne consegue che ciascuna operazione deve essere valutata in modo individuale ed indipendente. (v. punti 32, 36, 38, 39, 45-47, 58 e dispositivo) Causa C-651/11 Staatssecretaris van Financiën contro X BV (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden) «IVA — Sesta direttiva 77/388/CEE — Articolo 5, paragrafo 8 — Nozione di “trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni” — Cessione del 30% delle quote di una società alla quale il cedente fornisce servizi soggetti a IVA» Massime — Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 30 maggio 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Sesta direttiva — Trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni — Nozione — Cessione del 30% delle quote di una società da parte di un azionista che fornisce a tale società servizi soggetti all’imposta — Esclusione — Cessione simultanea delle restanti azioni allo stesso acquirente da parte degli altri azionisti — Cessione strettamente legata alle attività direzionali svolte per la società — Irrilevanza (Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 5, § 8, e 6, § 5) Gli articoli 5, paragrafo 8, e/o 6, paragrafo 5, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che la cessione del 30% delle azioni di una società, alla quale il cedente fornisce servizi soggetti ad imposta sul valore aggiunto, non costituisce un trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni o di servizi ai sensi di tali disposizioni, a prescindere dal fatto che gli altri azionisti cedano in pratica simultaneamente alla stessa persona le restanti azioni di tale società e che siffatta cessione sia strettamente legata alle attività direzionali svolte per la medesima società. Infatti, la nozione di trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni include il trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un’impresa o una parte di impresa idonea a proseguire un’attività economica autonoma. Tuttavia, il mero acquisto, la mera detenzione e la mera cessione di partecipazioni societarie non costituiscono, di per sé, un’attività economica ai sensi della sesta direttiva, dato che la semplice assunzione di partecipazioni finanziarie in altre imprese non costituisce sfruttamento di un bene al fine di trarne introiti che abbiano carattere stabile. Quindi, il trasferimento di azioni di una società può, a prescindere dall’entità delle quote, essere assimilato al trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni soltanto se la partecipazione fa parte di un’unità indipendente che consente l’esercizio di un’attività economica autonoma e se detta attività è proseguita dall’acquirente. Ebbene, una mera cessione di azioni che non sia accompagnata dal trasferimento di elementi dell’attivo patrimoniale non consente al cessionario di proseguire un’attività economica indipendente in qualità di avente causa del cedente. A tal riguardo, gli azionisti non sono proprietari degli elementi dell’attivo patrimoniale della società di cui detengono partecipazioni, ma sono proprietari della partecipazione e, a tal titolo, hanno diritto a percepire i dividendi. Inoltre, secondo il principio fondamentale inerente al sistema dell’imposta sul valore aggiunto, tale imposta si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta la medesima imposta gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. L’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva utilizza il termine «cedente» al singolare, in tal modo sottintendendo che l’applicazione della suddetta disposizione non è prevista nel caso in cui più cedenti trasferiscano la loro partecipazione a un medesimo cessionario. Ne consegue che ciascuna operazione deve essere valutata in modo individuale ed indipendente. (v. punti 32, 36, 38, 39, 45-47, 58 e dispositivo)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 213, 214 e 273, Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA, Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, Legittimità, Lotta all’evasione fiscale, Principio di proporzionalità.
Causa C-527/11 Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Identificazione del soggetto passivo – Scopi (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 214) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Attività economiche – Nozione – Attività economiche preparatorie – Inclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, e 213, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Identificazione – Rifiuto di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione ad una società che non dispone di mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata – Ammissibilità – Presupposto – Rischio di evasione – Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, 214 e 273) Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Competenza del giudice nazionale – Accertamento e valutazione dei fatti di causa (Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione. (v. punti 18, 19) V. il testo della decisione. (v. punti 24-26) Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione. Difatti, per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che detto numero sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata. Al riguardo non può tuttavia escludersi che le summenzionate circostanze, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione. (v. punti 27, 34, 36-39 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punto 35) Causa C-527/11 Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Identificazione del soggetto passivo — Scopi (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 214) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Attività economiche — Nozione — Attività economiche preparatorie — Inclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, e 213, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Identificazione — Rifiuto di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione ad una società che non dispone di mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Ammissibilità — Presupposto — Rischio di evasione — Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, 214 e 273) Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Competenza del giudice nazionale — Accertamento e valutazione dei fatti di causa (Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione. (v. punti 18, 19) V. il testo della decisione. (v. punti 24-26) Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione. Difatti, per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che detto numero sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata. Al riguardo non può tuttavia escludersi che le summenzionate circostanze, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione. (v. punti 27, 34, 36-39 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punto 35)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Diniego.
Causa C-285/11 Bonik EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» — Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad — Varna) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Diniego» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 dicembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Diniego a motivo della mancata realizzazione effettiva della cessione di beni, tenuto conto di evasioni e di irregolarità – Inammissibilità – Limiti – Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178) Gli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, tenuto conto di evasioni o di irregolarità commesse a monte o a valle di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta, senza che sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa a monte o a valle nella catena di cessioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Dato che il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla suddetta direttiva sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’imposta sul valore aggiunto. Infatti, l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario. (v. punti 41-43, 45 e dispositivo) Causa C-285/11 Bonik EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» — Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad — Varna) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Diniego» Massime — Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 6 dicembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Diniego a motivo della mancata realizzazione effettiva della cessione di beni, tenuto conto di evasioni e di irregolarità — Inammissibilità — Limiti — Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178) Gli articoli 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168 e 178 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che venga negato ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto relativa ad una cessione di beni con la motivazione che, tenuto conto di evasioni o di irregolarità commesse a monte o a valle di tale cessione, quest’ultima deve considerarsi non effettivamente avvenuta, senza che sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa a monte o a valle nella catena di cessioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Dato che il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla suddetta direttiva sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’imposta sul valore aggiunto. Infatti, l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario. (v. punti 41-43, 45 e dispositivo)
Fiscalità, Imposta sul valore aggiunto, Cessione di beni, Assoggettamento ad imposta delle operazioni a catena, Diniego dell’esenzione per mancata indicazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente.
Causa C-587/10 Vogtländische Straßen-, Tief- und Rohrleitungsbau GmbH Rodewisch (VSTR) contro Finanzamt Plauen (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof) «Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Assoggettamento ad imposta delle operazioni a catena — Diniego dell’esenzione per mancata indicazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Massime — Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 27 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Cessione intracomunitaria – Nozione [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità – Cessioni successive relative agli stessi beni e che danno luogo ad un’unica spedizione intracomunitaria o ad un unico trasporto intracomunitario di beni – Imputazione di tale spedizione o di tale trasporto ad una delle due cessioni successive – Criteri – Valutazione da parte del giudice nazionale [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri – Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità – Requisito della comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente – Ammissibilità – Presupposto [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] V. il testo della decisione. (v. punti 29, 30) V. il testo della decisione. (v. punti 31-37) L’articolo 28 quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 98/80, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro subordini l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria alla comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente, purché, tuttavia, il diniego dell’esenzione non sia opposto unicamente a motivo del fatto che detto obbligo non è stato rispettato, qualora il fornitore non possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere, comunicare tale numero d’identificazione e fornisca invece indicazioni idonee a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’ambito dell’operazione di cui trattasi. Eccezion fatta per i requisiti relativi allo status dei soggetti passivi, al trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario e allo spostamento fisico dei beni da uno Stato membro ad un altro, nessun altro requisito può essere imposto per qualificare un’operazione come cessione o acquisto intracomunitari di beni. Per beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’articolo 28 quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva, pertanto, non si può esigere dal fornitore di produrre elementi di prova relativi all’assoggettamento ad imposta dell’acquisto intracomunitario dei beni di cui trattasi. (v. punti 55, 58 e dispositivo) Causa C-587/10 Vogtländische Straßen-, Tief- und Rohrleitungsbau GmbH Rodewisch (VSTR) contro Finanzamt Plauen (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof) «Fiscalità — Imposta sul valore aggiunto — Cessione di beni — Assoggettamento ad imposta delle operazioni a catena — Diniego dell’esenzione per mancata indicazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Massime — Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 27 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Cessione intracomunitaria — Nozione [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Cessioni successive relative agli stessi beni e che danno luogo ad un’unica spedizione intracomunitaria o ad un unico trasporto intracomunitario di beni — Imputazione di tale spedizione o di tale trasporto ad una delle due cessioni successive — Criteri — Valutazione da parte del giudice nazionale [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità — Requisito della comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente — Ammissibilità — Presupposto [Direttiva del Consiglio 77/388, come modificata dalla direttiva del Consiglio 98/80, art. 28 quater, punto A, a), primo comma] V. il testo della decisione. (v. punti 29, 30) V. il testo della decisione. (v. punti 31-37) L’articolo 28 quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 98/80, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro subordini l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria alla comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente, purché, tuttavia, il diniego dell’esenzione non sia opposto unicamente a motivo del fatto che detto obbligo non è stato rispettato, qualora il fornitore non possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere, comunicare tale numero d’identificazione e fornisca invece indicazioni idonee a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’ambito dell’operazione di cui trattasi. Eccezion fatta per i requisiti relativi allo status dei soggetti passivi, al trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario e allo spostamento fisico dei beni da uno Stato membro ad un altro, nessun altro requisito può essere imposto per qualificare un’operazione come cessione o acquisto intracomunitari di beni. Per beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’articolo 28 quater, punto A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva, pertanto, non si può esigere dal fornitore di produrre elementi di prova relativi all’assoggettamento ad imposta dell’acquisto intracomunitario dei beni di cui trattasi. (v. punti 55, 58 e dispositivo)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articolo 138, paragrafo 1, Condizioni di esenzione di un’operazione intracomunitaria caratterizzata dall’obbligo, per l’acquirente, di garantire il trasporto del bene di cui dispone in qualità di proprietario dal momento del carico, Obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione, Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente.
Causa C-273/11 Mecsek-Gabona Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Baranya Megyei Bíróság) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 138, paragrafo 1 — Condizioni di esenzione di un’operazione intracomunitaria caratterizzata dall’obbligo, per l’acquirente, di garantire il trasporto del bene di cui dispone in qualità di proprietario dal momento del carico — Obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione — Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 6 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzione di una cessione intracomunitaria – Diniego dell’esenzione al venditore – Ammissibilità – Presupposti (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 138, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Esenzione di una cessione intracomunitaria – Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente – Assenza di effetti sul beneficio dell’esenzione (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 138, § 1) In circostanze in cui, da un lato, il diritto di disporre di un bene quale proprietario è trasferito, nel territorio di detto Stato membro, a un acquirente stabilito in un altro Stato membro che, al momento dell’operazione, dispone di un numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto in quest’ultimo Stato e che provvede al trasporto del bene di cui trattasi a destinazione del medesimo e, dall’altro lato, il venditore si accerta che i camion immatricolati all’estero ritirino il bene presso il suo deposito e dispone delle lettere di vettura CMR (Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada), rispedite dall’acquirente a partire dallo Stato membro di destinazione, quale prova del fatto che il bene è stato trasportato al di fuori dello Stato membro del venditore, l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/88, deve essere interpretato nel senso che non osta a che il beneficio del diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria sia negato al venditore, purché sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in materia di prova o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare la propria partecipazione a detta evasione. (v. punti 28, 55 e dispositivo 1) L’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/88, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima. Infatti, dal momento che l’obbligo di verificare la qualità del soggetto passivo incombe all’autorità nazionale competente prima che quest’ultima attribuisca a tale soggetto un numero d’identificazione di imposta sul valore aggiunto, un’eventuale irregolarità relativa a detto registro non può comportare che un operatore, il quale si sia basato sui dati figuranti nel registro, sia escluso dall’esenzione della quale avrebbe diritto di beneficiare. (v. punti 63, 65, dispositivo 2) Causa C-273/11 Mecsek-Gabona Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Baranya Megyei Bíróság) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articolo 138, paragrafo 1 — Condizioni di esenzione di un’operazione intracomunitaria caratterizzata dall’obbligo, per l’acquirente, di garantire il trasporto del bene di cui dispone in qualità di proprietario dal momento del carico — Obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione — Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 6 settembre 2012 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzione di una cessione intracomunitaria — Diniego dell’esenzione al venditore — Ammissibilità — Presupposti (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 138, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzione di una cessione intracomunitaria — Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente — Assenza di effetti sul beneficio dell’esenzione (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 138, § 1) In circostanze in cui, da un lato, il diritto di disporre di un bene quale proprietario è trasferito, nel territorio di detto Stato membro, a un acquirente stabilito in un altro Stato membro che, al momento dell’operazione, dispone di un numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto in quest’ultimo Stato e che provvede al trasporto del bene di cui trattasi a destinazione del medesimo e, dall’altro lato, il venditore si accerta che i camion immatricolati all’estero ritirino il bene presso il suo deposito e dispone delle lettere di vettura CMR (Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada), rispedite dall’acquirente a partire dallo Stato membro di destinazione, quale prova del fatto che il bene è stato trasportato al di fuori dello Stato membro del venditore, l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/88, deve essere interpretato nel senso che non osta a che il beneficio del diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria sia negato al venditore, purché sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in materia di prova o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare la propria partecipazione a detta evasione. (v. punti 28, 55 e dispositivo 1) L’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/88, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima. Infatti, dal momento che l’obbligo di verificare la qualità del soggetto passivo incombe all’autorità nazionale competente prima che quest’ultima attribuisca a tale soggetto un numero d’identificazione di imposta sul valore aggiunto, un’eventuale irregolarità relativa a detto registro non può comportare che un operatore, il quale si sia basato sui dati figuranti nel registro, sia escluso dall’esenzione della quale avrebbe diritto di beneficiare. (v. punti 63, 65, dispositivo 2)
Fiscalità, IVA, Sesta direttiva, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Presupposti per l’esercizio, Articolo 273, Misure nazionali ai fini della lotta contro l’evasione, Prassi delle amministrazioni fiscali nazionali, Diniego del diritto a detrazione in caso di comportamento irregolare dell’emittente della fattura correlata ai beni o ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione, Onere della prova, Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente di tale fattura e di provarlo.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori — Inammissibilità — Limiti — Presupposti [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), 220, punto 1, e 226] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura — Rifiuto opposto malgrado il ricorrere dei presupposti sostanziali del diritto a detrazione e l’assenza di indizi che giustifichino il sospetto di irregolarità o frodi dell’emittente — Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), e 273] Massima 1. Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre, dall’importo dell’imposta sul valore aggiunto di cui egli è debitore, l’importo dell’imposta dovuta o versata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che l’emittente della fattura correlata a tali servizi, o uno dei suoi fornitori, ha commesso irregolarità, senza che detta amministrazione dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal suddetto emittente o da un altro operatore intervenuto a monte nella catena di prestazioni. (v. punto 50, dispositivo 1) 2. Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega il diritto a detrazione con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate, benché ricorrano le condizioni di sostanza e di forma previste dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di indizi che giustifichino il sospetto dell’esistenza di irregolarità o evasioni nella sfera del suddetto emittente. (v. punto 66, dispositivo 2) Cause riunite C-80/11 e C-142/11 Mahagében Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (C-80/11) e Péter Dávid contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Észak-alföldi Regionális Adó Főigazgatósága (C-142/11) (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Baranya Megyei Bíróság e dallo Jász-Nagykun-Szolnok Megyei Bíróság) «Fiscalità — IVA — Sesta direttiva — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Presupposti per l’esercizio — Articolo 273 — Misure nazionali ai fini della lotta contro l’evasione — Prassi delle amministrazioni fiscali nazionali — Diniego del diritto a detrazione in caso di comportamento irregolare dell’emittente della fattura correlata ai beni o ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione — Onere della prova — Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente di tale fattura e di provarlo» Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori – Inammissibilità – Limiti – Presupposti [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), 220, punto 1, e 226] Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura – Rifiuto opposto malgrado il ricorrere dei presupposti sostanziali del diritto a detrazione e l’assenza di indizi che giustifichino il sospetto di irregolarità o frodi dell’emittente – Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), e 273] Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre, dall’importo dell’imposta sul valore aggiunto di cui egli è debitore, l’importo dell’imposta dovuta o versata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che l’emittente della fattura correlata a tali servizi, o uno dei suoi fornitori, ha commesso irregolarità, senza che detta amministrazione dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal suddetto emittente o da un altro operatore intervenuto a monte nella catena di prestazioni. (v. punto 50, dispositivo 1) Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega il diritto a detrazione con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate, benché ricorrano le condizioni di sostanza e di forma previste dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di indizi che giustifichino il sospetto dell’esistenza di irregolarità o evasioni nella sfera del suddetto emittente. (v. punto 66, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Artt. 8, n. 1, lett. a) e b), 28 bis, n. 1, lett. a), 28 ter, parte A, n. 1, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno dell’Unione, Cessioni successive degli stessi beni che danno luogo a un’unica spedizione o a un solo trasporto intracomunitario.
Parole chiave Massima Parole chiave Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri — Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati all’interno della Comunità [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma] Massima Quando un bene forma oggetto di due cessioni successive tra diversi soggetti passivi che agiscono in quanto tali, ma di un solo trasporto intracomunitario, la determinazione dell’operazione cui deve essere imputato tale trasporto, vale a dire la prima o la seconda cessione – rientrando tale operazione, pertanto, nell’ambito della nozione di cessione intracomunitaria ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 96/95, in combinato disposto con gli artt. 8, n. 1, lett. a) e b), 28 bis, n. 1, lett. a), primo comma, e 28 ter, parte A, n. 1, della stessa direttiva – deve essere effettuata alla luce di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie al fine di stabilire quale di queste due cessioni soddisfi la totalità delle condizioni relative ad una cessione intracomunitaria. A tal riguardo, quando il primo acquirente, avendo ottenuto il diritto di disporre del bene come un proprietario sul territorio dello Stato membro della prima cessione, manifesta il suo intento di trasportare tale bene in un altro Stato membro e si presenta con il suo numero di partita IVA attribuito da quest’ultimo Stato, il trasporto intracomunitario dovrebbe essere imputato alla prima cessione, a condizione che il diritto di disporre del bene come un proprietario sia stato trasferito al secondo acquirente nello Stato membro di destinazione del trasporto intracomunitario, condizione la cui verifica spetta al giudice nazionale. (v. punti 44, 45 e dispositivo)