Documents - 9 citing "Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 29 luglio 2010. Dyrektor Izby Skarbowej w Białymstoku contro Profaktor Kulesza, Frankowski, Jóźwiak, Orłowski sp. j. Domanda di pronuncia pregiudiziale : Naczelny Sąd Administracyjny - Polonia. Rinvio pregiudiziale - IVA - Diritto alla detrazione - Diminuzione dell’importo del diritto alla detrazione in caso di violazione dell’obbligo di utilizzare un registratore di cassa. Causa C-188/09."

Rinvio pregiudiziale, Imposta sul valore aggiunto (IVA), Direttiva 2006/112/CE, Articoli 273 e 287, Obbligo di identificazione d’ufficio di un soggetto passivo dell’IVA, Imponibilità dei servizi medico-veterinari, Principio di certezza del diritto, Principio di tutela del legittimo affidamento.
Causa C-144/14 Cabinet Medical Veterinar Dr. Tomoiagă Andrei contro Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice Cluj Napoca prin Administrația Județeană a Finanțelor Publice Maramureș (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunalul Maramureș) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto (IVA) — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 273 e 287 — Obbligo di identificazione d’ufficio di un soggetto passivo dell’IVA — Imponibilità dei servizi medico-veterinari — Principio di certezza del diritto — Principio di tutela del legittimo affidamento» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 9 luglio 2015 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Prestazioni di servizi – Cure veterinarie – Regime speciale di esenzione – Superamento della soglia di esenzione e assoggettamento all’imposta – Obbligo di identificazione d’ufficio di un soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto – Insussistenza (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, § 1, 214, § 1, 250, § 1, 273 e 287) Diritto dell’Unione europea – Principi – Certezza del diritto – Portata Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Prestazioni di servizi – Riqualificazione di un’operazione di servizio veterinario esente come attività soggetta all’imposta sul valore aggiunto – Ammissibilità alla luce del principio di certezza del diritto – Mancata applicazione sistematica di tale imposta da parte delle autorità nazionali – Ammissibilità alla luce del principio di tutela del legittimo affidamento – Verifica da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 273 e 287) Diritto dell’Unione europea – Principi – Tutela del legittimo affidamento – Presupposti – Assicurazioni precise fornite dall’amministrazione L’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2009/162, non impone agli Stati membri di identificare d’ufficio un soggetto passivo ai fini della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto basandosi unicamente su dichiarazioni fiscali, diverse da quelle riguardanti tale imposta, neanche laddove le stesse avrebbero permesso di constatare il superamento della soglia di esenzione dal pagamento della suddetta imposta da parte di tale soggetto passivo. Infatti, sebbene gli Stati membri siano obbligati ad accertare le dichiarazioni fiscali dei soggetti passivi, la contabilità di questi ultimi e gli altri documenti utili nonché a calcolare e a riscuotere l’imposta dovuta, spetta all’interessato, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 213, paragrafo 1, di tale direttiva, dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo. Peraltro, gli Stati membri dispongono di un certo margine di discrezionalità nell’adozione di provvedimenti diretti a garantire l’identificazione dei soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. In secondo luogo, gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi, pur beneficiando, a tale riguardo, di una certa libertà, in particolare, sul modo di utilizzare i mezzi a loro disposizione. Ne consegue che la direttiva 2006/112 non obbliga gli Stati membri ad adottare provvedimenti legislativi e amministrativi volti a garantire che, nella gestione delle dichiarazioni fiscali diverse da quelle riguardanti l’imposta sul valore aggiunto, sia al contempo verificato il rispetto degli obblighi del contribuente relativi a tale imposta, posto peraltro che tali dichiarazioni non contengono necessariamente tutti i dati che devono essere forniti nell’ambito di una dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 250, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e che sono necessari alla determinazione di tale imposta. (v. punti 26, 28 31, dispositivo 1) V. il testo della decisione. (v. punti 34, 35) I principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento non ostano a che un’amministrazione tributaria nazionale decida che servizi medico-veterinari siano soggetti all’imposta sul valore aggiunto, in seguito alla soppressione di un’operazione dall’elenco di quelle esenti dall’imposta sul valore aggiunto, qualora tale decisione si fondi su norme chiare e la prassi di tale amministrazione non sia stata atta a creare, in capo a un operatore economico prudente e accorto, un ragionevole affidamento nell’inapplicabilità di tale imposta a servizi di questo tipo, circostanze queste che spetta al giudice del rinvio verificare. Infatti, da un lato, il mero fatto che l’amministrazione tributaria riqualifichi una data operazione come attività economica soggetta all’imposta sul valore aggiunto, entro il termine di prescrizione, non può, di per sé, violare il principio di certezza del diritto. Dall’altro lato, per quanto riguarda il principio di tutela del legittimo affidamento, il fatto che le autorità tributarie nazionali non abbiano assoggettato all’imposta sul valore aggiunto, in modo sistematico, i servizi medico-veterinari dopo la soppressione del riferimento alle cure veterinarie dall’elenco delle operazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto, non può essere sufficiente, a priori, salvo circostanze del tutto particolari, a creare in capo a un operatore economico normalmente prudente e accorto un ragionevole affidamento nella non applicabilità di tale imposta a servizi di questo tipo, posto che la suddetta imposta trova applicazione generale e i servizi medico-veterinari erano stati soppressi dall’elenco delle operazioni esenti. (v. punti 41, 46, 48, dispositivo 2) V. il testo della decisione. (v. punti 43, 44) Causa C-144/14 Cabinet Medical Veterinar Dr. Tomoiagă Andrei contro Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice Cluj Napoca prin Administrația Județeană a Finanțelor Publice Maramureș (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunalul Maramureș) «Rinvio pregiudiziale — Imposta sul valore aggiunto (IVA) — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 273 e 287 — Obbligo di identificazione d’ufficio di un soggetto passivo dell’IVA — Imponibilità dei servizi medico-veterinari — Principio di certezza del diritto — Principio di tutela del legittimo affidamento» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 9 luglio 2015 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Prestazioni di servizi – Cure veterinarie – Regime speciale di esenzione – Superamento della soglia di esenzione e assoggettamento all’imposta – Obbligo di identificazione d’ufficio di un soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto – Insussistenza (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, § 1, 214, § 1, 250, § 1, 273 e 287) Diritto dell’Unione europea – Principi – Certezza del diritto – Portata Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Prestazioni di servizi – Riqualificazione di un’operazione di servizio veterinario esente come attività soggetta all’imposta sul valore aggiunto – Ammissibilità alla luce del principio di certezza del diritto – Mancata applicazione sistematica di tale imposta da parte delle autorità nazionali – Ammissibilità alla luce del principio di tutela del legittimo affidamento – Verifica da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 273 e 287) Diritto dell’Unione europea – Principi – Tutela del legittimo affidamento – Presupposti – Assicurazioni precise fornite dall’amministrazione L’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2009/162, non impone agli Stati membri di identificare d’ufficio un soggetto passivo ai fini della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto basandosi unicamente su dichiarazioni fiscali, diverse da quelle riguardanti tale imposta, neanche laddove le stesse avrebbero permesso di constatare il superamento della soglia di esenzione dal pagamento della suddetta imposta da parte di tale soggetto passivo. Infatti, sebbene gli Stati membri siano obbligati ad accertare le dichiarazioni fiscali dei soggetti passivi, la contabilità di questi ultimi e gli altri documenti utili nonché a calcolare e a riscuotere l’imposta dovuta, spetta all’interessato, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 213, paragrafo 1, di tale direttiva, dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo. Peraltro, gli Stati membri dispongono di un certo margine di discrezionalità nell’adozione di provvedimenti diretti a garantire l’identificazione dei soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. In secondo luogo, gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi, pur beneficiando, a tale riguardo, di una certa libertà, in particolare, sul modo di utilizzare i mezzi a loro disposizione. Ne consegue che la direttiva 2006/112 non obbliga gli Stati membri ad adottare provvedimenti legislativi e amministrativi volti a garantire che, nella gestione delle dichiarazioni fiscali diverse da quelle riguardanti l’imposta sul valore aggiunto, sia al contempo verificato il rispetto degli obblighi del contribuente relativi a tale imposta, posto peraltro che tali dichiarazioni non contengono necessariamente tutti i dati che devono essere forniti nell’ambito di una dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 250, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e che sono necessari alla determinazione di tale imposta. (v. punti 26, 28 31, dispositivo 1) V. il testo della decisione. (v. punti 34, 35) I principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento non ostano a che un’amministrazione tributaria nazionale decida che servizi medico-veterinari siano soggetti all’imposta sul valore aggiunto, in seguito alla soppressione di un’operazione dall’elenco di quelle esenti dall’imposta sul valore aggiunto, qualora tale decisione si fondi su norme chiare e la prassi di tale amministrazione non sia stata atta a creare, in capo a un operatore economico prudente e accorto, un ragionevole affidamento nell’inapplicabilità di tale imposta a servizi di questo tipo, circostanze queste che spetta al giudice del rinvio verificare. Infatti, da un lato, il mero fatto che l’amministrazione tributaria riqualifichi una data operazione come attività economica soggetta all’imposta sul valore aggiunto, entro il termine di prescrizione, non può, di per sé, violare il principio di certezza del diritto. Dall’altro lato, per quanto riguarda il principio di tutela del legittimo affidamento, il fatto che le autorità tributarie nazionali non abbiano assoggettato all’imposta sul valore aggiunto, in modo sistematico, i servizi medico-veterinari dopo la soppressione del riferimento alle cure veterinarie dall’elenco delle operazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto, non può essere sufficiente, a priori, salvo circostanze del tutto particolari, a creare in capo a un operatore economico normalmente prudente e accorto un ragionevole affidamento nella non applicabilità di tale imposta a servizi di questo tipo, posto che la suddetta imposta trova applicazione generale e i servizi medico-veterinari erano stati soppressi dall’elenco delle operazioni esenti. (v. punti 41, 46, 48, dispositivo 2) V. il testo della decisione. (v. punti 43, 44)
Fiscalità, Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, Direttiva 2006/112/CE, Detrazione dell’imposta assolta a monte, Prestazioni fornite, Controllo, Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie, Nozione di evasione fiscale, Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale, Requisito della fornitura effettiva del servizio, Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata, Contenzioso, Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente.
Causa C-18/13 Maks Pen EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Sofia-grad) «Fiscalità — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prestazioni fornite — Controllo — Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie — Nozione di evasione fiscale — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Requisito della fornitura effettiva del servizio — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Contenzioso — Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 13 febbraio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Imposta riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi privo delle risorse necessarie per fornire i servizi fatturati – Servizi forniti da un altro prestatore – Esclusione del diritto a detrazione – Ammissibilità – Presupposti – Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112) Diritto dell’Unione europea – Ricorso dinanzi al giudice nazionale – Applicazione d’ufficio di una disposizione del diritto dell’Unione che comporti una deroga al principio di diritto nazionale del divieto di reformatio in peius – Obbligo per il giudice nazionale – Insussistenza – Eccezione Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di frode o di abuso – Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale – Interpretazione del diritto interno da parte del giudice nazionale alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112 – Considerazione del diritto interno nel suo complesso e applicazione dei suoi criteri ermeneutici (Direttiva del Consiglio 2006/112) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata – Portata – Obbligo del soggetto passivo di conformarsi ai principi contabili internazionali – Ammissibilità – Presupposti (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1606/2002; direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore – segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri o l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta –, alla doppia condizione che tali fatti integrino un comportamento fraudolento e che sia dimostrato, alla luce degli elementi oggettivi forniti dalle autorità fiscali, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in un’evasione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punto 32, dispositivo 1) Il diritto dell’Unione non può imporre al giudice nazionale di applicare d’ufficio una disposizione di tale diritto quando ciò comporterebbe una deroga al principio, insito nel suo diritto processuale nazionale, del divieto di reformatio in peius. Tuttavia, in una controversia relativa fin dall’inizio al diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata su determinate fatture, non risulta che un tale divieto possa applicarsi alla presentazione in giudizio, da parte dell’amministrazione fiscale, di elementi nuovi attinenti a tali medesime fatture, i quali non possono essere ritenuti aggravare la situazione del soggetto passivo che invoca il diritto a detrazione. (v. punto 37) Quando hanno l’obbligo o la facoltà di sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi a una norma imperativa del diritto nazionale, i giudici nazionali sono tenuti a fare altrettanto con riferimento a una norma del diritto dell’Unione come quella che impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Spetta a tali giudici, nella valutazione del carattere fraudolento o abusivo della pretesa di esercitare il diritto a detrazione, interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima; ciò esige che essi facciano tutto quanto di loro competenza prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici. Al riguardo, anche quando una norma di diritto nazionale qualifichi l’evasione fiscale come illecito penale e tale qualificazione competa unicamente al giudice penale, non risulta che, per effetto di una simile norma, il giudice incaricato di valutare la legittimità di un avviso di accertamento in rettifica che mette in discussione la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto operata da un soggetto passivo non possa comunque basarsi sugli elementi oggettivi presentati dall’amministrazione fiscale per constatare un’evasione, mentre, ai sensi di un’altra disposizione del diritto nazionale, l’imposta sul valore aggiunto «fatturata illegalmente» non dà diritto a detrazione. (v. punti 38, 39, dispositivo 2) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, segnatamente il suo articolo 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e del relativo controllo da parte dell’amministrazione fiscale, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato, nei limiti previsti dall’articolo 273 della stessa direttiva, imponga a ogni soggetto passivo di osservare in proposito la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, purché i provvedimenti adottati in tal senso non eccedano quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. Sotto tale profilo, la direttiva 2006/112 osta a una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione. Pertanto, il momento in cui l’imposta diventa esigibile e, dunque, detraibile per il soggetto passivo non può essere determinato, in via generale, dal compimento di formalità quali la contabilizzazione da parte dei prestatori delle spese sostenute per fornire i servizi. Per il resto, se rispettano tali limiti, il diritto dell’Unione non osta a norme contabili nazionali supplementari che siano stabilite con riferimento ai principi contabili internazionali applicabili nell’Unione alle condizioni previste dal regolamento n. 1606/2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali. (v. punti 44, 46, 48, dispositivo 3) Causa C-18/13 Maks Pen EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Sofia-grad) «Fiscalità — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 2006/112/CE — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prestazioni fornite — Controllo — Prestatore del servizio che non dispone delle risorse necessarie — Nozione di evasione fiscale — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Requisito della fornitura effettiva del servizio — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Contenzioso — Divieto per il giudice di qualificare penalmente l’evasione e di aggravare la situazione del ricorrente» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 13 febbraio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Imposta riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi privo delle risorse necessarie per fornire i servizi fatturati — Servizi forniti da un altro prestatore — Esclusione del diritto a detrazione — Ammissibilità — Presupposti — Verifica incombente al giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112) Diritto dell’Unione europea — Ricorso dinanzi al giudice nazionale — Applicazione d’ufficio di una disposizione del diritto dell’Unione che comporti una deroga al principio di diritto nazionale del divieto di reformatio in peius — Obbligo per il giudice nazionale — Insussistenza — Eccezione Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Normativa nazionale che vieta la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in caso di frode o di abuso — Obbligo di constatare d’ufficio l’evasione fiscale — Interpretazione del diritto interno da parte del giudice nazionale alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112 — Considerazione del diritto interno nel suo complesso e applicazione dei suoi criteri ermeneutici (Direttiva del Consiglio 2006/112) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata — Portata — Obbligo del soggetto passivo di conformarsi ai principi contabili internazionali — Ammissibilità — Presupposti (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1606/2002; direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore – segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri o l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta –, alla doppia condizione che tali fatti integrino un comportamento fraudolento e che sia dimostrato, alla luce degli elementi oggettivi forniti dalle autorità fiscali, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in un’evasione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (v. punto 32, dispositivo 1) Il diritto dell’Unione non può imporre al giudice nazionale di applicare d’ufficio una disposizione di tale diritto quando ciò comporterebbe una deroga al principio, insito nel suo diritto processuale nazionale, del divieto di reformatio in peius. Tuttavia, in una controversia relativa fin dall’inizio al diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata su determinate fatture, non risulta che un tale divieto possa applicarsi alla presentazione in giudizio, da parte dell’amministrazione fiscale, di elementi nuovi attinenti a tali medesime fatture, i quali non possono essere ritenuti aggravare la situazione del soggetto passivo che invoca il diritto a detrazione. (v. punto 37) Quando hanno l’obbligo o la facoltà di sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi a una norma imperativa del diritto nazionale, i giudici nazionali sono tenuti a fare altrettanto con riferimento a una norma del diritto dell’Unione come quella che impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Spetta a tali giudici, nella valutazione del carattere fraudolento o abusivo della pretesa di esercitare il diritto a detrazione, interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima; ciò esige che essi facciano tutto quanto di loro competenza prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici. Al riguardo, anche quando una norma di diritto nazionale qualifichi l’evasione fiscale come illecito penale e tale qualificazione competa unicamente al giudice penale, non risulta che, per effetto di una simile norma, il giudice incaricato di valutare la legittimità di un avviso di accertamento in rettifica che mette in discussione la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto operata da un soggetto passivo non possa comunque basarsi sugli elementi oggettivi presentati dall’amministrazione fiscale per constatare un’evasione, mentre, ai sensi di un’altra disposizione del diritto nazionale, l’imposta sul valore aggiunto «fatturata illegalmente» non dà diritto a detrazione. (v. punti 38, 39, dispositivo 2) La direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, segnatamente il suo articolo 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e del relativo controllo da parte dell’amministrazione fiscale, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato, nei limiti previsti dall’articolo 273 della stessa direttiva, imponga a ogni soggetto passivo di osservare in proposito la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, purché i provvedimenti adottati in tal senso non eccedano quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. Sotto tale profilo, la direttiva 2006/112 osta a una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione. Pertanto, il momento in cui l’imposta diventa esigibile e, dunque, detraibile per il soggetto passivo non può essere determinato, in via generale, dal compimento di formalità quali la contabilizzazione da parte dei prestatori delle spese sostenute per fornire i servizi. Per il resto, se rispettano tali limiti, il diritto dell’Unione non osta a norme contabili nazionali supplementari che siano stabilite con riferimento ai principi contabili internazionali applicabili nell’Unione alle condizioni previste dal regolamento n. 1606/2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali. (v. punti 44, 46, 48, dispositivo 3)
Fiscalità, IVA, Direttiva 2006/112/CE, Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, Contabilizzazione e dichiarazione tardive dell’annullamento di una fattura, Regolarizzazione dell’inadempimento, Pagamento dell’imposta, Bilancio dello Stato, Assenza di pregiudizio, Sanzione amministrativa.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Questioni manifestamente prive di pertinenza e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile — Questioni prive di relazione con l’oggetto della causa principale (Art. 267 TFUE) 2. Stati membri — Competenze che si sono riservati — Settore delle sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto — Obbligo di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali 3. Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Principio della neutralità fiscale — Portata — Penalità di mora prevista da uno Stato membro nei confronti del soggetto passivo che non abbia osservato l’obbligo di contabilizzazione — Regolarizzazione dell’inadempimento — Pagamento dell’imposta — Ammissibilità — Valutazione di determinate circostanze da parte del giudice nazionale alla luce degli articoli 242 e 273 della direttiva 2006/112 nonché alla luce del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) Massima 1. V. il testo della decisione. (v. punto 27) 2. V. il testo della decisione. (v. punto 31) 3. Il principio di neutralità fiscale non osta a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro infligga ad un soggetto passivo di imposta, il quale non ha adempiuto nel termine previsto dalla legislazione nazionale il suo obbligo di contabilizzare e dichiarare elementi rilevanti ai fini del calcolo dell’imposta sul valore aggiunto da lui dovuta, un’ammenda pari all’importo di tale imposta non assolta entro il termine suddetto quando, successivamente, il soggetto passivo in parola ha regolarizzato l’inadempimento ed ha assolto l’integralità dell’imposta dovuta insieme agli interessi. Spetta al giudice nazionale valutare, tenuto conto degli articoli 242 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, se, date le circostanze della controversia nel procedimento principale, segnatamente il termine entro cui l’irregolarità è stata rettificata, la gravità dell’irregolarità stessa e l’eventuale esistenza di una frode o di un’elusione della legislazione applicabile imputabili al soggetto passivo, l’importo della sanzione inflitta ecceda quanto necessario al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la frode. Infatti, gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme dell’Unione. Si deve tuttavia sottolineare che un versamento tardivo dell’imposta non può essere assimilato, di per sé, ad una frode. (v. punti 41-43 e dispositivo) Causa C-259/12 Teritorialna direktsia na Natsionalnata agentsia za prihodite — Plovdiv contro Rodopi-M 91 OOD (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Plovdiv) «Fiscalità — IVA — Direttiva 2006/112/CE — Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità — Contabilizzazione e dichiarazione tardive dell’annullamento di una fattura — Regolarizzazione dell’inadempimento — Pagamento dell’imposta — Bilancio dello Stato — Assenza di pregiudizio — Sanzione amministrativa» Massime — Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 20 giugno 2013 Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Questioni manifestamente prive di pertinenza e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile – Questioni prive di relazione con l’oggetto della causa principale (Art. 267 TFUE) Stati membri – Competenze che si sono riservati – Settore delle sanzioni in materia di imposta sul valore aggiunto – Obbligo di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Principio della neutralità fiscale – Portata – Penalità di mora prevista da uno Stato membro nei confronti del soggetto passivo che non abbia osservato l’obbligo di contabilizzazione – Regolarizzazione dell’inadempimento – Pagamento dell’imposta – Ammissibilità – Valutazione di determinate circostanze da parte del giudice nazionale alla luce degli articoli 242 e 273 della direttiva 2006/112 nonché alla luce del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 242 e 273) V. il testo della decisione. (v. punto 27) V. il testo della decisione. (v. punto 31) Il principio di neutralità fiscale non osta a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro infligga ad un soggetto passivo di imposta, il quale non ha adempiuto nel termine previsto dalla legislazione nazionale il suo obbligo di contabilizzare e dichiarare elementi rilevanti ai fini del calcolo dell’imposta sul valore aggiunto da lui dovuta, un’ammenda pari all’importo di tale imposta non assolta entro il termine suddetto quando, successivamente, il soggetto passivo in parola ha regolarizzato l’inadempimento ed ha assolto l’integralità dell’imposta dovuta insieme agli interessi. Spetta al giudice nazionale valutare, tenuto conto degli articoli 242 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, se, date le circostanze della controversia nel procedimento principale, segnatamente il termine entro cui l’irregolarità è stata rettificata, la gravità dell’irregolarità stessa e l’eventuale esistenza di una frode o di un’elusione della legislazione applicabile imputabili al soggetto passivo, l’importo della sanzione inflitta ecceda quanto necessario al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la frode. Infatti, gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme dell’Unione. Si deve tuttavia sottolineare che un versamento tardivo dell’imposta non può essere assimilato, di per sé, ad una frode. (v. punti 41-43 e dispositivo)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 213, 214 e 273, Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA, Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, Legittimità, Lotta all’evasione fiscale, Principio di proporzionalità.
Causa C-527/11 Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Identificazione del soggetto passivo – Scopi (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 214) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Soggetti passivi – Attività economiche – Nozione – Attività economiche preparatorie – Inclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, e 213, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Identificazione – Rifiuto di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione ad una società che non dispone di mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata – Ammissibilità – Presupposto – Rischio di evasione – Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, 214 e 273) Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Limiti – Competenza del giudice nazionale – Accertamento e valutazione dei fatti di causa (Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione. (v. punti 18, 19) V. il testo della decisione. (v. punti 24-26) Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione. Difatti, per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che detto numero sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata. Al riguardo non può tuttavia escludersi che le summenzionate circostanze, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione. (v. punti 27, 34, 36-39 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punto 35) Causa C-527/11 Valsts ieņēmumu dienests contro Ablessio SIA (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākās tiesas Senāts) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 213, 214 e 273 — Identificazione dei soggetti passivi dell’IVA — Rifiuto di attribuire un numero di identificazione IVA in base al motivo che il soggetto passivo non dispone dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Legittimità — Lotta all’evasione fiscale — Principio di proporzionalità» Massime — Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 marzo 2013 Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Identificazione del soggetto passivo — Scopi (Direttiva del Consiglio 2006/112, art. 214) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Soggetti passivi — Attività economiche — Nozione — Attività economiche preparatorie — Inclusione (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 9, § 1, e 213, § 1) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Identificazione — Rifiuto di uno Stato membro di attribuire un numero di identificazione ad una società che non dispone di mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata — Ammissibilità — Presupposto — Rischio di evasione — Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 213, 214 e 273) Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Competenza del giudice nazionale — Accertamento e valutazione dei fatti di causa (Art. 267 TFUE) V. il testo della decisione. (v. punti 18, 19) V. il testo della decisione. (v. punti 24-26) Gli articoli 213, 214 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione fiscale di uno Stato membro rifiuti di attribuire un numero di identificazione dell’imposta sul valore aggiunto ad una società unicamente sulla base del motivo che quest’ultima non dispone, secondo detta amministrazione, dei mezzi materiali, tecnici e finanziari per svolgere l’attività economica dichiarata, e che il titolare delle quote di capitale della società in parola ha già ottenuto, svariate volte, un siffatto numero per società che non hanno mai svolto un’effettiva attività economica e le cui quote di capitale sono state cedute poco tempo dopo l’attribuzione del menzionato numero, senza che l’amministrazione fiscale interessata abbia dimostrato, sulla scorta di elementi oggettivi, la sussistenza di seri indizi i quali inducano a sospettare che il numero d’identificazione dell’imposta sul valore aggiunto attribuito sarà utilizzato a scopo di evasione. Spetta al giudice del rinvio valutare se l’amministrazione fiscale di cui trattasi abbia fornito seri indizi della sussistenza di un rischio di evasione. Difatti, per essere ritenuto proporzionato allo scopo di prevenire le evasioni, un rifiuto d’identificare un soggetto passivo mediante un numero individuale deve essere fondato su seri indizi idonei a consentire di considerare oggettivamente come probabile che detto numero sarà utilizzato a fini di evasione. Una decisione di tale genere deve essere fondata su di una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie e delle prove raccolte nell’ambito della verifica delle informazioni fornite dall’impresa interessata. Al riguardo non può tuttavia escludersi che le summenzionate circostanze, rafforzate dalla presenza di altri elementi oggettivi i quali inducano a sospettare intenzioni di evasione del soggetto passivo, possano costituire indizi che devono essere presi in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva del rischio di evasione. (v. punti 27, 34, 36-39 e dispositivo) V. il testo della decisione. (v. punto 35)
IVA, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, Principio di effettività, Diniego del diritto alla detrazione dell’IVA, Principio della neutralità fiscale.
Causa C-284/11 EMS-Bulgaria Transport OOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» Plovdiv (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varhoven administrativen sad) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA — Principio di effettività — Diniego del diritto alla detrazione dell’IVA — Principio della neutralità fiscale» Massime della sentenza Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Esercizio del diritto – Termine di decadenza – Ammissibilità – Presupposti – Rispetto del principio di effettività – Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 179, primo comma, 180 e 273) Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio della neutralità fiscale – Diniego del diritto a detrazione in caso di versamento tardivo dell’imposta – Inammissibilità – Versamento di interessi moratori – Ammissibilità – Presupposto – Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112) Gli articoli 179, primo comma, 180 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non ostano all’esistenza di un termine di decadenza che limita l’esercizio del diritto a detrazione, purché tale termine non renda eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio di tale diritto. Una siffatta valutazione spetta al giudice nazionale, il quale può tener conto, segnatamente, del successivo intervento di una proroga considerevole del termine di decadenza, nonché della durata di una procedura di registrazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, che dev’essere effettuata entro questo stesso termine al fine di poter esercitare detto diritto a detrazione. (v. punto 64, dispositivo 1) Il principio di neutralità fiscale osta a una sanzione consistente nel diniego del diritto a detrazione in caso di versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto, ma non osta al versamento di interessi moratori, a condizione che tale sanzione rispetti il principio di proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare. Infatti, sebbene gli Stati membri possano adottare sanzioni per l’ipotesi di inosservanza di obblighi miranti a garantire la corretta riscossione dell’imposta e ad evitare la frode, queste ultime non devono eccedere quanto necessario al raggiungimento dello scopo perseguito. In considerazione del ruolo preponderante che il diritto alla detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, una sanzione consistente in un diniego assoluto del diritto a detrazione appare sproporzionata nel caso in cui non siano accertati frodi o danni per il bilancio dello Stato. (v. punti 67, 70, 77, dispositivo 2) Causa C-284/11 EMS-Bulgaria Transport OOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» Plovdiv (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varhoven administrativen sad) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA — Principio di effettività — Diniego del diritto alla detrazione dell’IVA — Principio della neutralità fiscale» Massime della sentenza Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Esercizio del diritto — Termine di decadenza — Ammissibilità — Presupposti — Rispetto del principio di effettività — Valutazione da parte del giudice nazionale (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 179, primo comma, 180 e 273) Armonizzazione delle normative fiscali — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Principio della neutralità fiscale — Diniego del diritto a detrazione in caso di versamento tardivo dell’imposta — Inammissibilità — Versamento di interessi moratori — Ammissibilità — Presupposto — Rispetto del principio di proporzionalità (Direttiva del Consiglio 2006/112) Gli articoli 179, primo comma, 180 e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non ostano all’esistenza di un termine di decadenza che limita l’esercizio del diritto a detrazione, purché tale termine non renda eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio di tale diritto. Una siffatta valutazione spetta al giudice nazionale, il quale può tener conto, segnatamente, del successivo intervento di una proroga considerevole del termine di decadenza, nonché della durata di una procedura di registrazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, che dev’essere effettuata entro questo stesso termine al fine di poter esercitare detto diritto a detrazione. (v. punto 64, dispositivo 1) Il principio di neutralità fiscale osta a una sanzione consistente nel diniego del diritto a detrazione in caso di versamento tardivo dell’imposta sul valore aggiunto, ma non osta al versamento di interessi moratori, a condizione che tale sanzione rispetti il principio di proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare. Infatti, sebbene gli Stati membri possano adottare sanzioni per l’ipotesi di inosservanza di obblighi miranti a garantire la corretta riscossione dell’imposta e ad evitare la frode, queste ultime non devono eccedere quanto necessario al raggiungimento dello scopo perseguito. In considerazione del ruolo preponderante che il diritto alla detrazione occupa nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, una sanzione consistente in un diniego assoluto del diritto a detrazione appare sproporzionata nel caso in cui non siano accertati frodi o danni per il bilancio dello Stato. (v. punti 67, 70, 77, dispositivo 2)
Fiscalità, IVA, Sesta direttiva, Direttiva 2006/112/CE, Diritto alla detrazione, Presupposti per l’esercizio, Articolo 273, Misure nazionali ai fini della lotta contro l’evasione, Prassi delle amministrazioni fiscali nazionali, Diniego del diritto a detrazione in caso di comportamento irregolare dell’emittente della fattura correlata ai beni o ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione, Onere della prova, Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente di tale fattura e di provarlo.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori — Inammissibilità — Limiti — Presupposti [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), 220, punto 1, e 226] 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta assolta a monte — Obblighi del contribuente — Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura — Rifiuto opposto malgrado il ricorrere dei presupposti sostanziali del diritto a detrazione e l’assenza di indizi che giustifichino il sospetto di irregolarità o frodi dell’emittente — Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), e 273] Massima 1. Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre, dall’importo dell’imposta sul valore aggiunto di cui egli è debitore, l’importo dell’imposta dovuta o versata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che l’emittente della fattura correlata a tali servizi, o uno dei suoi fornitori, ha commesso irregolarità, senza che detta amministrazione dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal suddetto emittente o da un altro operatore intervenuto a monte nella catena di prestazioni. (v. punto 50, dispositivo 1) 2. Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega il diritto a detrazione con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate, benché ricorrano le condizioni di sostanza e di forma previste dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di indizi che giustifichino il sospetto dell’esistenza di irregolarità o evasioni nella sfera del suddetto emittente. (v. punto 66, dispositivo 2) Cause riunite C-80/11 e C-142/11 Mahagében Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága (C-80/11) e Péter Dávid contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Észak-alföldi Regionális Adó Főigazgatósága (C-142/11) (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Baranya Megyei Bíróság e dallo Jász-Nagykun-Szolnok Megyei Bíróság) «Fiscalità — IVA — Sesta direttiva — Direttiva 2006/112/CE — Diritto alla detrazione — Presupposti per l’esercizio — Articolo 273 — Misure nazionali ai fini della lotta contro l’evasione — Prassi delle amministrazioni fiscali nazionali — Diniego del diritto a detrazione in caso di comportamento irregolare dell’emittente della fattura correlata ai beni o ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione — Onere della prova — Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente di tale fattura e di provarlo» Massime della sentenza Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori – Inammissibilità – Limiti – Presupposti [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), 220, punto 1, e 226] Disposizioni tributarie – Armonizzazione delle legislazioni – Imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Obblighi del contribuente – Prassi nazionale che nega ad un soggetto passivo il diritto a detrazione in caso di irregolarità commesse dall’emittente della fattura – Rifiuto opposto malgrado il ricorrere dei presupposti sostanziali del diritto a detrazione e l’assenza di indizi che giustifichino il sospetto di irregolarità o frodi dell’emittente – Inammissibilità [Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 167, 168, a), 178, a), e 273] Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre, dall’importo dell’imposta sul valore aggiunto di cui egli è debitore, l’importo dell’imposta dovuta o versata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che l’emittente della fattura correlata a tali servizi, o uno dei suoi fornitori, ha commesso irregolarità, senza che detta amministrazione dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal suddetto emittente o da un altro operatore intervenuto a monte nella catena di prestazioni. (v. punto 50, dispositivo 1) Gli articoli 167, 168, lettera a), 178, lettera a), e 273 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale l’amministrazione fiscale nega il diritto a detrazione con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate, benché ricorrano le condizioni di sostanza e di forma previste dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di indizi che giustifichino il sospetto dell’esistenza di irregolarità o evasioni nella sfera del suddetto emittente. (v. punto 66, dispositivo 2)
Rinvio pregiudiziale, IVA, Direttive 77/388/CEE e 2006/112/CE, Rimborso, Termini, Interessi, Compensazione, Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, Tutela del legittimo affidamento.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Restituzione dell’eccedenza (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 183) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Restituzione dell’eccedenza (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 183) 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte — Restituzione dell’eccedenza (Direttiva del Consiglio 2006/112, come modificata dalla direttiva 2006/138, art. 183) Massima 1. L’art. 183 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, nel combinato disposto con il principio di tutela del legittimo affidamento, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che preveda, con effetto retroattivo, la proroga dei termini per il rimborso delle eccedenze dell’imposta sul valore aggiunto, nella misura in cui tale normativa privi il soggetto passivo del diritto, di cui disponeva anteriormente all’entrata in vigore della stessa, di pretendere la corresponsione di interessi di mora sul proprio credito di imposta. (v. punto 41, dispositivo 1) 2. L’art. 183 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, nel combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale secondo cui i normali termini di rimborso dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto, alla scadenza dei quali sono dovuti interessi di mora sulla somma da rimborsare, sono prorogati in caso di avvio di un procedimento di verifica fiscale, ove tale proroga produca l’effetto che gli interessi medesimi siano dovuti unicamente a decorrere dalla data di conclusione di detto procedimento, laddove tale eccedenza abbia già costituito oggetto di riporto nei tre periodi di imposizione successivi a quello in cui l’eccedenza è sorta. Per contro, il fatto che tali termini normali siano di regola fissati a 45 giorni non risulta in contrasto con la detta disposizione. (v. punto 61, dispositivo 2) 3. L’art. 183 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2006/138, dev’essere interpretato nel senso che non osta a che il rimborso dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto venga effettuato tramite compensazione. Infatti, gli Stati membri dispongono di una certa libertà per quanto attiene alle modalità di rimborso dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto, sempreché il rimborso venga effettuato entro termini ragionevoli mediante versamento in contanti o sotto forma equivalente e senza che il soggetto passivo debba incorrere in alcun rischio finanziario. (v. punti 64, 67, dispositivo 3)
Sesta direttiva IVA, Art. 28 quater, parte A, lett. a), Frode a danno dell’IVA, Diniego di esenzione dall’IVA per cessioni intracomunitarie di beni, Partecipazione attiva del venditore alla frode, Competenze degli Stati membri nel contesto della lotta alla frode, all’evasione fiscale e agli eventuali abusi.
Parole chiave Massima Parole chiave Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, A) Massima Qualora sia stata effettivamente realizzata una cessione intracomunitaria di beni ma, in occasione di tale cessione, il fornitore abbia nascosto l’identità del vero acquirente per consentirgli di eludere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, lo Stato membro di partenza della cessione intracomunitaria, in forza delle competenze che gli spettano in virtù della prima parte di frase dell’art. 28 quater, parte A, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2000/65, può negare il beneficio dell’esenzione per quest’operazione. A questo proposito, la presentazione di false fatture o di false dichiarazioni, alla pari di qualsiasi altra alterazione di prove, è idonea ad impedire la riscossione dell’importo esatto dell’imposta e, pertanto, è atta a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto. Ebbene, comportamenti di questo genere rivestono una gravità ancora maggiore se commessi nel contesto del regime transitorio di tassazione delle operazioni intracomunitarie, il quale funziona in base alle prove fornite dai soggetti passivi. Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare l’emissione di fatture irregolari alla stregua di una frode fiscale e di negare l’esenzione in una siffatta ipotesi. Tuttavia, in casi particolari in cui siano presenti valide ragioni per ritenere che l’acquisto intracomunitario corrispondente alla cessione de quo, nonostante la reciproca assistenza e la cooperazione amministrativa tra le autorità tributarie degli Stati membri coinvolti, possa sfuggire al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro di destinazione, lo Stato membro di partenza è tenuto, in linea di massima, a negare l’esenzione a favore del fornitore di beni e ad obbligare quest’ultimo ad assolvere l’imposta a posteriori, onde evitare che l’operazione in questione sfugga a qualsiasi imposizione fiscale. Infatti, in conformità al principio fondamentale inerente al sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, tale imposta si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l’imposta sul valore aggiunto gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. (v. punti 48, 49, 52, 55 e dispositivo)
Rinvio pregiudiziale, IVA, Diritto alla detrazione, Diminuzione dell’importo del diritto alla detrazione in caso di violazione dell’obbligo di utilizzare un registratore di cassa.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte (Direttive del Consiglio 67/227, art. 2, primo e secondo comma, e 77/388, artt. 2, 10, nn. 1 e 2, e 17, nn. 1 e 2) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Direttiva 77/388 — Provvedimenti nazionali in deroga — Nozione (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 27, n. 1) 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Divieto di riscuotere altre imposte interne che abbiano natura di imposte sulla cifra d’affari — Nozione di «imposte sulla cifra d’affari» — Portata (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 33) Massima 1. Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, quale è stato definito all’art. 2, primo e secondo comma, della prima direttiva 67/227, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, ed agli artt. 2 e 10, nn. 1 e 2, nonché all’art. 17, nn. 1 e 2, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2004/7, non osta a che uno Stato membro limiti temporaneamente l’importo del diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte per i soggetti passivi che non hanno osservato una formalità di registrazione nella contabilità delle loro vendite, purché la sanzione così prevista rispetti il principio di proporzionalità. Infatti, nei limiti in cui esso mira a garantire l’esatta riscossione dell’imposta e a evitare l’evasione, detto obbligo contabile rientra tra le misure che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare sul fondamento dell’art. 22, n. 8, della sesta direttiva. In tale contesto, prevedendo che, in caso di inosservanza di tale obbligo contabile, il soggetto passivo vede la parte dell’imposta sul valore aggiunto detraibile ridotta del 30%, la suddetta misura va considerata come costituente una sanzione amministrativa il cui effetto dissuasivo è diretto a garantire l’effettività del suddetto obbligo contabile. Compete tuttavia al giudice nazionale di verificare che le modalità di determinazione dell’importo della sanzione e le condizioni in base alle quali sono accertati, istruiti e, eventualmente, giudicati i fatti invocati dall’amministrazione tributaria per attuare la suddetta sanzione non conducano al risultato di privare il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto della sua stessa sostanza e pertanto di ledere il principio di neutralità circa l’onere fiscale gravante su tutte le attività economiche. A tal proposito, un’aliquota della trattenuta limitata al 30% e che preserva dunque l’essenziale dell’importo dell’imposta pagata a monte, non appare né eccessiva né insufficiente ad assicurare un carattere dissuasivo alla sanzione in parola e quindi all’effettività di quest’ultima. Peraltro una siffatta trattenuta, basata sull’importo degli oneri versati dal soggetto passivo, non è manifestamente priva di qualsiasi collegamento col livello dell’attività economica dell’interessato. Inoltre, dal momento che tale sanzione ha per oggetto non la correzione di errori contabili, ma la prevenzione dei medesimi, non si può tener conto, nel valutarne la proporzionalità, del suo carattere forfettario risultante dall’applicazione dell’aliquota fissa del 30% e, di conseguenza, dell’assenza di rapporto fra tale importo e quello risultante dagli errori eventualmente commessi dal soggetto passivo. (v. punti 27-28, 34-37, 39, dispositivo 1) 2. Disposizioni nazionali, che prevedono che una sanzione amministrativa inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto quando si constata che essi non hanno rispettato l’obbligo di utilizzare un registratore di cassa per registrare nella loro contabilità il fatturato e l’importo dell’imposta dovuta, non costituiscono «misure particolari di deroga» dirette ad evitare talune frodi o evasioni fiscali ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva 77//388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, come modificata dalla direttiva 2004/7. Una misura del genere non può rientrare nell’ambito di applicazione del suddetto art. 27, n. 1, in quanto essa è della stessa natura di quelle previste all’art. 22, n. 8, della sesta direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare l’evasione. (v. punti 41-43, dispositivo 2) 3. L’art. 33 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 2004/7, non osta al mantenimento di disposizioni, come quelle che compaiono nella legge polacca relativa all’imposta sui beni e sui servizi, che prevedono una sanzione amministrativa che può essere inflitta ai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto quando si constata che essi non hanno rispettato l’obbligo di utilizzare un registratore di cassa per registrare nella loro contabilità il fatturato e l’importo dell’imposta dovuta. (v. punto 49, dispositivo 3)