Documents - 4 citing "Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 30 settembre 2010. EMI Group Ltd contro The Commissioners for Her Majesty's Revenue and Customs. Domanda di pronuncia pregiudiziale : VAT and Duties Tribunal, London Tribunal Centre - Regno Unito. Sesta direttiva IVA - Art. 5, n. 6, seconda frase - Nozione di "campioni" - Nozione di "regali di scarso valore" - Registrazioni musicali - Distribuzione gratuita a fini promozionali. Causa C-581/08."

IVA, Direttiva 2006/112/CE, Articoli 16 e 18, Leasing finanziario, Beni oggetto di un contratto di leasing finanziario, Mancato recupero di tali beni da parte della società di leasing dopo la risoluzione del contratto, Beni mancanti.
Parole chiave Massima Parole chiave Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Cessione di beni – Nozione – Beni oggetto di un contratto di leasing finanziario – Mancato recupero di tali beni da parte della società di leasing dopo la risoluzione del contratto – Esclusione – Possibilità per l’amministrazione di esigere una rettifica (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 16, 18 e 184-186) Massima Gli articoli 16 e 18 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che l’impossibilità, per una società di leasing, di recuperare dall’utilizzatore i beni oggetto di un contratto di leasing finanziario a seguito della risoluzione di tale contratto per colpa dell’utilizzatore, nonostante le azioni intraprese da tale società per il recupero dei beni in parola e nonostante l’assenza di qualsivoglia corrispettivo a seguito di tale risoluzione, non può essere assimilata ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso ai sensi dei summenzionati articoli. Infatti, una simile impossibilità non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste all’articolo 16. In primo luogo, i beni interessati non possono essere considerati beni destinati all’uso privato del soggetto passivo o a quello del suo personale, giacché detti beni non si trovano in loro possesso. In secondo luogo, la circostanza che l’utilizzatore resti in possesso di tali beni senza corrispondere alcunché a titolo di corrispettivo è dovuta al presunto comportamento colpevole di quest’ultimo, e non ad un trasferimento a titolo gratuito di tali beni all’utilizzatore da parte del locatore. In terzo luogo, gli stessi beni non possono essere considerati destinati a «fini estranei» all’impresa del soggetto passivo, poiché la loro locazione e, quindi, la loro messa a disposizione dell’utilizzatore rappresentano la sostanza stessa dell’attività economica del locatore. La circostanza che quest’ultimo non riesca a recuperare tali beni dopo la risoluzione del contratto di leasing finanziario non significa affatto che egli li abbia destinati a fini estranei alla sua impresa. Infine, in una situazione siffatta neppure l’articolo 18 risulta applicabile. Tuttavia, tali considerazioni non incidono sulla configurabilità di un eventuale diritto dell’amministrazione fiscale di esigere una rettifica da parte di un soggetto passivo, alle condizioni previste al riguardo nella direttiva 2006/112. Infatti, il meccanismo di rettifica previsto dagli articoli da 184 a 186 di tale direttiva è parte integrante del sistema di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto istituito dalla stessa direttiva. (v. punti 25, 26, 28, 32, 33 e dispositivo) Causa C-438/13 BCR Leasing IFN SA contro Agenţia Naţională de Administrare Fiscală – Direcţia generală de administrare a marilor contribuabili e Agenţia Naţională de Administrare Fiscală – Direcţia generală de soluţionare a contestaţiilor (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Bucureşti) «IVA — Direttiva 2006/112/CE — Articoli 16 e 18 — Leasing finanziario — Beni oggetto di un contratto di leasing finanziario — Mancato recupero di tali beni da parte della società di leasing dopo la risoluzione del contratto — Beni mancanti» Massime – Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 17 luglio 2014 Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Cessione di beni – Nozione – Beni oggetto di un contratto di leasing finanziario – Mancato recupero di tali beni da parte della società di leasing dopo la risoluzione del contratto – Esclusione – Possibilità per l’amministrazione di esigere una rettifica (Direttiva del Consiglio 2006/112, artt. 16, 18 e 184-186) Gli articoli 16 e 18 della direttiva 2006/112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che l’impossibilità, per una società di leasing, di recuperare dall’utilizzatore i beni oggetto di un contratto di leasing finanziario a seguito della risoluzione di tale contratto per colpa dell’utilizzatore, nonostante le azioni intraprese da tale società per il recupero dei beni in parola e nonostante l’assenza di qualsivoglia corrispettivo a seguito di tale risoluzione, non può essere assimilata ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso ai sensi dei summenzionati articoli. Infatti, una simile impossibilità non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste all’articolo 16. In primo luogo, i beni interessati non possono essere considerati beni destinati all’uso privato del soggetto passivo o a quello del suo personale, giacché detti beni non si trovano in loro possesso. In secondo luogo, la circostanza che l’utilizzatore resti in possesso di tali beni senza corrispondere alcunché a titolo di corrispettivo è dovuta al presunto comportamento colpevole di quest’ultimo, e non ad un trasferimento a titolo gratuito di tali beni all’utilizzatore da parte del locatore. In terzo luogo, gli stessi beni non possono essere considerati destinati a «fini estranei» all’impresa del soggetto passivo, poiché la loro locazione e, quindi, la loro messa a disposizione dell’utilizzatore rappresentano la sostanza stessa dell’attività economica del locatore. La circostanza che quest’ultimo non riesca a recuperare tali beni dopo la risoluzione del contratto di leasing finanziario non significa affatto che egli li abbia destinati a fini estranei alla sua impresa. Infine, in una situazione siffatta neppure l’articolo 18 risulta applicabile. Tuttavia, tali considerazioni non incidono sulla configurabilità di un eventuale diritto dell’amministrazione fiscale di esigere una rettifica da parte di un soggetto passivo, alle condizioni previste al riguardo nella direttiva 2006/112. Infatti, il meccanismo di rettifica previsto dagli articoli da 184 a 186 di tale direttiva è parte integrante del sistema di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto istituito dalla stessa direttiva. (v. punti 25, 26, 28, 32, 33 e dispositivo)
Fiscalità, IVA, Sesta direttiva 77/388/CEE, Artt. 5 e 6, Qualificazione di un’attività commerciale come "cessione di beni" o "prestazione di servizi", Fornitura di vivande o di cibi pronti per il consumo immediato in stand o chioschi-bar mobili, Fornitura in un cinema di popcorn e di "tortilla chips" (nachos) per il consumo immediato, Catering, Allegato H, categoria 1, Interpretazione dei termini "prodotti alimentari".
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Cessioni di beni (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 5) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Prestazioni di servizi (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 6) 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Facoltà per gli Stati membri di applicare un’aliquota ridotta a determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 12, n. 3, lett. a), e allegato H] Massima 1. L’art. 5 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 92/111, deve essere interpretato nel senso che la fornitura di vivande o di cibi appena preparati, pronti per il consumo immediato in stand o chioschi-bar mobili o nei foyer dei cinema, costituisce una cessione di beni ai sensi di tale articolo qualora, da un esame qualitativo dell’operazione nel suo complesso, emerga che gli elementi di prestazione di servizi che precedono e accompagnano la cessione dei cibi non sono preponderanti. A tale riguardo, poiché la preparazione del prodotto finale caldo in stand o chioschi-bar mobili si limita, essenzialmente, ad azioni sommarie e standardizzate che quasi sempre non avvengono su ordinazione di un particolare cliente, ma in modo costante o regolare, in funzione della domanda in generale prevedibile, essa non costituisce l’elemento preponderante dell’operazione di cui trattasi e non può, di per sé, conferire il carattere di prestazione di servizi a siffatta operazione. Peraltro, la semplice presenza di mobilio nei foyer dei cinema destinato, in modo non esclusivo, a facilitare eventualmente il consumo di siffatti alimenti non può considerarsi un elemento di prestazione di servizi idoneo a conferire all’operazione nel suo insieme la qualificazione di prestazione di servizi. (v. punti 68, 73, 81, dispositivo 1) 2. L’art. 6 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 92/111, deve essere interpretato nel senso che fatto salvo il caso in cui un operatore di catering si limiti a fornire piatti pronti standardizzati senza altri elementi supplementari di prestazione di servizi o salvo qualora altre particolari circostanze dimostrino che la fornitura delle vivande rappresenta l’elemento predominante di un’operazione, le attività di catering costituiscono prestazioni di servizi ai sensi del citato articolo. Infatti, a differenza dei pasti venduti negli stand, nei chioschi-bar mobili e nei cinema, i pasti forniti a domicilio da un operatore di catering non sono in generale il risultato di una semplice preparazione standardizzata, ma contengono una componente di prestazioni di servizi nettamente più importante e richiedono un lavoro e un know-how superiori. (v. punti 77, 81, dispositivo 1) 3. Ai sensi dell’art. 12, n. 3, lett. a), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 92/111, le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto possono essere applicate unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi indicate nell’allegato H di tale direttiva. Nel caso di cessioni di beni, la nozione di «prodotti alimentari» figurante all’allegato H, categoria 1, della sesta direttiva deve essere interpretata nel senso che in essa rientrano anche le vivande e i pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato. Infatti, la disposizione di cui trattasi contempla i prodotti alimentari in generale e non opera alcuna distinzione o restrizione qualsivoglia in funzione del tipo di negozio, delle modalità di vendita, del condizionamento, della preparazione o della temperatura. (v. punti 84-85, 88, dispositivo 2)
Sesta direttiva IVA, Esenzione, Art. 13, parte B, lett. d), punto 3, Operazioni relative ai pagamenti ed ai giroconti, Recupero dei crediti, Piani di pagamento per cure odontoiatriche, Servizi di raccolta e di gestione di pagamenti per conto dei clienti di un prestatore di servizi.
Parole chiave Massima Parole chiave Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Esenzioni previste dalla sesta direttiva — Operazioni bancarie di cui all’art. 13, parte B, lett. d), punto 3 [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 13, parte B, lett. d), punto 3] Massima L’art. 13, parte B, lett. d), punto 3, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretato nel senso che non rientra nell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto prevista da tale disposizione una prestazione di servizi che consiste, in sostanza, nel richiedere alla banca di un terzo il trasferimento, attraverso il sistema di «addebito diretto», di una somma dovuta da detto terzo al cliente del prestatore di servizi sul conto di quest’ultimo, nell’inviare al cliente un resoconto delle somme riscosse, nel contattare i terzi da cui il prestatore di servizi non ha ricevuto il pagamento e, infine, nel dare ordine alla banca del prestatore di servizi di trasferire i pagamenti ricevuti, diminuiti della retribuzione di quest’ultimo, sul conto corrente del cliente. Infatti, un tale servizio rientra nella nozione di «ricupero dei crediti» ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punto 3, ed è quindi escluso dall’elenco delle esenzioni, una volta che esso ha la finalità di far conseguire ai clienti del prestatore di servizi i pagamenti delle somme di denaro ad essi dovuti da parte di tali terzi e mira quindi a far ottenere il pagamento dei debiti. Assumendosi l’incarico del recupero di crediti per conto del titolare degli stessi, il prestatore di servizi libera i propri clienti da compiti che, senza il suo intervento, questi ultimi, in qualità di creditori, dovrebbero effettuare da soli, compiti consistenti nel richiedere il trasferimento di somme ad essi dovute attraverso il sistema di «addebito diretto». (v. punti 28, 32, 33, 36 e dispositivo)
Sesta direttiva IVA, Art. 5, n. 6, seconda frase, Nozione di "campioni", Nozione di "regali di scarso valore", Registrazioni musicali, Distribuzione gratuita a fini promozionali.
Parole chiave Massima Parole chiave 1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Operazioni imponibili — Prelievo di un bene d’impresa trasferito a titolo gratuito — Esclusione dei regali di scarso valore e dei campioni (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 5, n. 6, seconda frase) 2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Operazioni imponibili — Prelievo di un bene d’impresa trasferito a titolo gratuito — Esclusione dei regali di scarso valore e dei campioni (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 5, n. 6, seconda frase) 3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Operazioni imponibili — Prelievo di un bene d’impresa trasferito a titolo gratuito — Esclusione dei regali di scarso valore e dei campioni (Direttiva del Consiglio 77/388, art. 5, n. 6, seconda frase) Massima 1. Un campione ai sensi dell’art. 5, n. 6, seconda frase, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, costituisce un esemplare di un prodotto che è volto a promuovere le vendite di quest’ultimo e che consente di valutare le caratteristiche e le qualità di questo prodotto senza condurre ad un consumo finale diverso da quello inerente a siffatte operazioni di promozione. Tale nozione non può essere limitata, in generale, con una normativa nazionale agli esemplari forniti in una forma non disponibile alla vendita o al primo di una serie di esemplari identici distribuiti da un soggetto passivo allo stesso destinatario, senza che detta normativa consenta di tener conto della natura del prodotto rappresentato e del contesto commerciale proprio di ciascuna transazione nel quale tali esemplari sono forniti. La posizione fiscale del destinatario dei campioni non ha alcuna incidenza a riguardo. In particolare, registrazioni musicali distribuite gratuitamente nell’ambito di azioni promozionali possono essere considerate beni distribuiti come campioni, anche se sono identiche al prodotto definitivo pronto per essere immesso in commercio. Infatti, nel caso di trasmissione di una tale registrazione ad una persona perché ne garantisca la promozione presso il pubblico nell’ambito delle sue funzioni, tale persona può valutarne compiutamente il valore solo se ha la possibilità di ascoltare l’intero contenuto di tale registrazione quale sarà distribuito sul mercato. Si deve peraltro constatare che non è contrario all’obiettivo dell’art. 5, n. 6, seconda frase, della sesta direttiva il fatto che i beni possano essere distribuiti come campioni ad una persona diversa da un acquirente potenziale od effettivo del prodotto che essi rappresentano, purché una tale trasmissione corrisponda agli obiettivi perseguiti da una fornitura di campioni. In particolare, nell’ambito dei prodotti artistici, la distribuzione di esemplari gratuiti di nuove opere ad un intermediario la cui funzione è di valutare criticamente la qualità di queste ultime e che, quindi, può influenzare il grado di presenza del prodotto sul mercato, come un giornalista o un animatore di un’emittente radio, è il risultato di un meccanismo di promozione nel quale l’utilizzo del campione è una conseguenza inerente al processo di promozione e di valutazione. Inoltre, con riguardo alla pratica specifica, connessa al settore artistico, della promozione di registrazioni musicali mediante la fornitura di numerose copie di una registrazione ad un «plugger», può risultare necessario, ai fini della critica e della promozione di una registrazione musicale, fornire numerose copie ad intermediari, affinché questi possano trasmetterle successivamente a persone selezionate in funzione della loro capacità di promuovere le vendite di una registrazione musicale. Il solo fatto che il numero di copie distribuite possa raggiungere diverse centinaia di unità nel caso in cui una società di produzione e di vendita di registrazioni musicali ricorra a «pluggers» per fornire copie di sue nuove registrazioni, non può essere considerato di per sé contrario all’obiettivo perseguito dall’eccezione relativa ai campioni, purché detto numero di copie riguardi la natura del prodotto rappresentato nonché l’uso che il «plugger», in quanto intermediario, deve farne, il che spetta al giudice del rinvio verificare. Del pari, la possibilità che un «plugger», invece di dare la destinazione convenuta alle copie gratuite di registrazioni musicali messe a sua disposizione, ne faccia un uso abusivo, per esempio introducendole nei circuiti ordinari di vendita, non può di per sé incidere sulla qualifica di dette copie gratuite come campioni. Tuttavia, al fine di garantire pienamente il rispetto dei limiti dell’eccezione di cui all’art. 5, n. 6, seconda frase, della sesta direttiva, gli Stati membri possono imporre ai soggetti passivi che distribuiscono campioni per le esigenze della loro impresa di adottare precauzioni per evitare i rischi che questi campioni siano usati in modo abusivo. Qualora la distribuzione di campioni comporti, tuttavia, un consumo finale che non è inerente alla valutazione del prodotto da essi rappresentato, un consumo siffatto costituisce un abuso. (v. punti 29-31, 35-40, 53, dispositivo 1, 4) 2. La nozione di regali di scarso valore ai sensi dell’art. 5, n. 6, seconda frase, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che fissa un massimale di GBP 50, per i regali fatti alla stessa persona in un periodo di dodici mesi, o che fanno parte di una serie o di una sequenza di regali. Gli Stati membri godono, infatti, di un certo margine di discrezionalità relativamente all’interpretazione dell’art. 5, n. 6, seconda frase, sempreché non violino lo scopo e la collocazione della disposizione di cui trattasi nell’economia della sesta direttiva. A tal proposito, il fatto di fissare in una normativa nazionale un siffatto massimale non eccede tale potere discrezionale. Lo stesso vale per una norma secondo la quale un siffatto massimale si applica cumulativamente ai regali fatti allo stesso soggetto nel corso di un periodo di dodici mesi, o che fanno parte di una serie o di una sequenza di regali. Infatti, tali massimali sono compatibili con gli obiettivi di cui all’art. 5, n. 6, senza privare del suo effetto utile l’eccezione che esso prevede relativamente ai regali di scarso valore. (v. punti 42, 44-45, dispositivo 2) 3. L’art. 5, n. 6, seconda frase, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, osta ad una normativa nazionale che istituisce una presunzione secondo cui i beni che costituiscono «regali di scarso valore» ai sensi di detta disposizione, distribuiti da un soggetto passivo a persone diverse aventi lo stesso datore di lavoro, sono considerati forniti alla stessa persona. La qualifica della distribuzione di un bene come regalo di scarso valore dipende da chi era il donatario finale previsto dal donatore, senza che il rapporto di lavoro intercorrente tra il donatario ed il suo datore di lavoro o il fatto che vari donatari abbiano lo stesso datore di lavoro incida su tale qualifica. (v. punti 49-50, dispositivo 3)