Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 6 marzo 2014. Dresser-Rand SA contro Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale, Ufficio Controlli di Genova. Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Commissione tributaria provinciale di Genova. Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 17, paragrafo 2, lettera f) – Condizione relativa alla rispedizione di un bene a destinazione dello Stato membro a partire dal quale tale bene era stato inizialmente spedito o trasportato. Cause riunite C‑606/12 e C‑607/12.
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)
Nelle cause riunite C-606/12 e C-607/12,
aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale proposte ai sensi dell’articolo 267 TFUE dalla Commissione tributaria provinciale di Genova (Italia), con ordinanze del 30 ottobre 2012, pervenute in cancelleria il 24 dicembre 2012, nei procedimenti
Dresser-Rand SA
contro
Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale, Ufficio Controlli di Genova,
LA CORTE (Settima Sezione),
composta da J. L. da Cruz Vilaça (relatore), presidente di sezione, G. Arestis e A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per la Dresser-Rand SA, da P. Centore, avvocato; |
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per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da A. De Stefano, avvocato dello Stato; |
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per la Commissione europea, da D. Recchia e C. Soulay, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU L 347, pag. 1 ; in prosieguo: la «direttiva IVA»). |
Tali domande sono state proposte nell’ambito di una controversia insorta tra la Dresser-Rand SA (in prosieguo: la «Dresser-Rand Francia»), società di diritto francese, e l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale, Ufficio Controlli di Genova, in merito ad avvisi di accertamento finalizzati al recupero dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») non assolta in riferimento agli anni d’imposta 2007 e 2008. |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
L’articolo 14 della direttiva IVA stabilisce quanto segue: «1. Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. 2. Oltre all’operazione di cui al paragrafo 1, sono considerate cessione di beni le operazioni seguenti: (...)
(...)». |
L’articolo 17 della medesima direttiva è formulato nel modo seguente: «1. È assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro. Costituisce “trasferimento a destinazione di un altro Stato membro” qualsiasi spedizione o trasporto di un bene mobile materiale effettuato dal soggetto passivo o per suo conto, fuori dal territorio dello Stato membro in cui si trova il bene, ma nella Comunità, per le esigenze della sua impresa. 2. Non si considera trasferimento a destinazione di un altro Stato membro la spedizione o il trasporto di un bene ai fini di una delle operazioni seguenti: (...)
(...) 3. Qualora una delle condizioni cui è subordinato il beneficio delle disposizioni del paragrafo 2 non sia più soddisfatta, il bene si considera trasferito a destinazione di un altro Stato membro. In questo caso il trasferimento ha luogo nel momento in cui tale condizione cessa di essere soddisfatta». |
L’articolo 20 della direttiva IVA così dispone: «Si considera “acquisto intracomunitario di beni” l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene. Qualora dei beni acquistati da un ente non soggetto passivo siano spediti o trasportati da un territorio terzo o da un paese terzo e importati da tale ente in uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto, essi sono considerati spediti o trasportati a partire dallo Stato membro d’importazione. Questo Stato membro concede all’importatore, designato o riconosciuto come debitore dell’imposta in virtù dell’articolo 201, il rimborso dell’IVA assolta a titolo d’importazione nella misura in cui l’importatore prov[i] che il suo acquisto è stato assoggettato all’imposta nello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto dei beni». |
L’articolo 21 della stessa direttiva assimila ad un acquisto intracomunitario di beni effettuato a titolo oneroso «la destinazione da parte di un soggetto passivo alle esigenze della propria impresa di un bene spedito o trasportato, dal soggetto passivo o per suo conto, a partire da un altro Stato membro all’interno del quale il bene è stato prodotto, estratto, trasformato, acquistato, acquisito ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o importato dal soggetto passivo nell’ambito della sua impresa in quest’ultimo Stato membro». |
Diritto italiano
Sotto la rubrica «Acquisti intracomunitari», l’articolo 38 del decreto-legge del 30 agosto 1993, n. 331, recante armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte relative a diversi settori (GURI n. 203, del 30 agosto 1993, pag. 12), stabilisce quanto segue: «1. L’[IVA] si applica sugli acquisti intracomunitari di beni effettuati nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti e professioni o comunque da enti, associazioni o altre organizzazioni di cui all’art. 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 [Supplemento ordinario alla GURI n. 292, dell’11 novembre 1972; in prosieguo: il “decreto n. 633”], soggetti passivi d’imposta nel territorio dello Stato. 2. Costituiscono acquisti intracomunitari le acquisizioni, derivanti da atti a titolo oneroso, della proprietà di beni o di altro diritto reale di godimento sugli stessi, spediti o trasportati nel territorio dello Stato da altro Stato membro dal cedente, nella qualità di soggetto passivo d’imposta, ovvero dall’acquirente o da terzi per loro conto. 3. Costituiscono inoltre acquisti intracomunitari: (...)
(...) 5. Non costituiscono acquisti intracomunitari:
(...) 7. L’imposta non è dovuta per l’acquisto intracomunitario nel territorio dello Stato, da parte di soggetto passivo d’imposta in altro Stato membro, di beni dallo stesso acquistati in altro Stato membro e spediti o trasportati nel territorio dello Stato a propri cessionari, soggetti passivi d’imposta o enti di cui all’art. 4, quarto comma, del [decreto n. 633], assoggettati all’imposta per gli acquisti intracomunitari effettuati, designati per il pagamento dell’imposta relativa alla cessione. 8. Si considerano effettuati in proprio gli acquisti intracomunitari da parte di commissionari senza rappresentanza». |
L’articolo 8 del decreto n. 633, rubricato «Cessioni all’esportazione», stabilisce quanto segue: «Costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili:
Le cessioni e le prestazioni di cui alla lettera c) sono effettuate senza pagamento dell’imposta ai soggetti indicati nella lettera a), se residenti, ed ai soggetti che effettuano le cessioni di cui alla lettera b) del precedente comma su loro dichiarazione scritta e sotto la loro responsabilità, nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni di cui alle stesse lettere dai medesimi fatte nel corso dell’anno solare precedente. I cessionari e i commissionari possono avvalersi di tale ammontare integralmente per gli acquisti di beni che siano esportati nello stato originario nei sei mesi successivi alla loro consegna e, nei limiti della differenza tra esso e l’ammontare delle cessioni dei beni effettuate nei loro confronti nello stesso anno ai sensi della lettera a), relativamente agli acquisti di altri beni o di servizi. (...)». |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
La Dresser-Rand Francia produce compressori industriali a gas naturale. |
Nell’esercizio di tale attività, la Dresser-Rand Francia ha stipulato un contratto con un cliente finale, una società di diritto spagnolo, per la fornitura di beni complessi. Per l’esecuzione di tale contratto, la Dresser-Rand Francia ha utilizzato compressori importati dal suo stabilimento cinese a cura della Dresser-Rand Italia Srl (in prosieguo: la «Dresser-Rand Italia»). |
La Dresser-Rand Francia ha introdotto nel territorio italiano in provenienza dalla Francia taluni ulteriori componenti necessari per l’utilizzo dei compressori importati. Successivamente, essa ha stipulato con la FB ITMI SpA (in prosieguo: la «FB ITMI»), società terza con sede in Italia, un contratto relativo alla fornitura di ulteriori componenti necessari al funzionamento e all’installazione dei beni in questione presso il cliente finale. Infine, la FB ITMI ha spedito direttamente tali beni assemblati al cliente finale, in nome e per conto della Dresser-Rand Italia, la quale agisce in qualità di rappresentante fiscale della Dresser-Rand Francia. |
La FB ITMI ha emesso fattura nei confronti della Dresser-Rand Italia per le operazioni relative alle prestazioni di assemblaggio e adattamento accessorie, nonché di consegna dei beni in questione. La Dresser-Rand Italia, nella qualità di rappresentante fiscale della Dresser-Rand Francia, ha proceduto alla fatturazione del complesso di beni inviati al cliente finale. |
Facendo leva sul proprio status di esportatore abituale, la Dresser-Rand Italia, in qualità di rappresentante fiscale della Dresser-Rand Francia, ha ritenuto di poter ricevere i beni e i servizi forniti dalla FB ITMI senza versare l’IVA, sulla base dell’articolo 8, commi 1, lettera c), e 2, del decreto n. 633, mentre l’Agenzia delle Entrate contesta tale possibilità. Stante che la qualifica di esportatore abituale dipende dalla qualificazione dei trasferimenti di beni effettuati dalla Francia verso l’Italia, le parti nei procedimenti principali si trovano in disaccordo a proposito di quest’ultima qualificazione. |
In particolare, la Dresser-Rand Francia ritiene che il trasferimento di compressori dalla Francia verso l’Italia costituisca un «acquisto intracomunitario assimilato, in base al disposto dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva [IVA]». Essa precisa anche che la vendita dei beni assemblati al cliente finale, a partire dal territorio italiano, costituisce una cessione intracomunitaria. |
L’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale, Ufficio Controlli di Genova, sostiene che il trasferimento di beni dalla Francia verso l’Italia è disciplinato dall’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), di detta direttiva ed è di conseguenza soggetto al regime sospensivo previsto dall’articolo 38, quinto comma, lettera a), del decreto-legge del 30 agosto 1993, n. 331, recante armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte relative a diversi settori. Detta amministrazione asserisce, infatti, che il contratto concluso tra la Dresser-Rand Francia e la FB ITMI ha ad oggetto non la fornitura di un bene nuovo, ma la prestazione di un servizio. Di conseguenza, l’operazione prevista da tale contratto non potrebbe essere assimilata ad una cessione di beni, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della suddetta direttiva. |
La Dresser-Rand Francia contesta l’applicazione del regime sospensivo nelle controversie di cui ai procedimenti principali, per il fatto che, da un lato, l’attività della FB ITMI consiste essenzialmente nella produzione e nella cessione di beni, e che, dall’altro, i beni introdotti nel territorio italiano non vengono rispediti nello Stato membro di origine, contrariamente a quanto prevede la direttiva IVA per l’applicazione di tale regime. |
Alla luce di quanto sopra, la Commissione tributaria provinciale di Genova ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in termini identici nelle cause C-606/12 e C-607/12:
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Con ordinanza del presidente della Corte del 28 gennaio 2013, le cause C-606/12 e C-607/12 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza. |
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
Sia dalle ordinanze di rinvio, sia dalle osservazioni delle parti emerge una possibile confusione tra la nozione di «cessione di beni», definita all’articolo 14 della direttiva IVA, e quella di «acquisto intracomunitario», definita all’articolo 20 di tale direttiva. |
Infatti, come risulta dal punto 14 della presente sentenza, più volte viene fatto riferimento alla nozione di «acquisto intracomunitario» in collegamento con l’articolo 17, paragrafo 1, della suddetta direttiva, mentre tale nozione è oggetto dell’articolo 21 di quest’ultima. |
In particolare, l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva IVA assimila taluni trasferimenti di beni a cessioni intracomunitarie e non riguarda in alcun modo gli acquisti intracomunitari. |
Pertanto, occorre rilevare che le presenti questioni non riguardano la nozione di «acquisti intracomunitari», bensì la nozione di «trasferimenti di beni», ai sensi dell’articolo 17 della direttiva IVA. |
Sulla seconda questione
Con la seconda questione, che è opportuno esaminare per prima, il giudice del rinvio domanda se l’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che è escluso che la legislazione o la prassi degli Stati membri possano non trattare la spedizione o il trasporto di beni verso un altro Stato membro come trasferimento a destinazione di tale Stato membro, se non a condizione che i beni in questione ritornino nello Stato membro a partire dal quale erano stati inizialmente spediti o trasportati. |
Occorre far riferimento, anzitutto, al testo stesso dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva IVA, nella parte in cui prevede esplicitamente che la spedizione di un bene ai fini della prestazione di un servizio resa al soggetto passivo non si considera trasferimento a destinazione di un altro Stato membro, qualora tale bene sia successivamente rispedito al soggetto passivo nello Stato membro di origine, cioè quello a partire dal quale esso era stato inizialmente spedito. |
L’applicazione dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva è pertanto subordinata, in modo esplicito, alla condizione che il bene sia rispedito nel suo Stato membro di origine. |
Inoltre, occorre sottolineare che l’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva IVA enumera una serie di ipotesi, tra cui quella di cui alla lettera f), che non ricadono sotto la qualificazione di «trasferimento a destinazione di un altro Stato membro», enunciata all’articolo 17, paragrafo 1, della suddetta direttiva. |
Risulta così dalla struttura stessa e dal testo dell’articolo 17 della direttiva IVA che il paragrafo 2 di tale articolo contiene un elenco esaustivo di deroghe, le quali, pertanto, devono essere interpretate restrittivamente (v., per analogia, sentenza del 16 maggio 2013, TNT Express Worldwide, C-169/12, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata). |
Infine, va ricordato che l’obiettivo perseguito dal regime transitorio dell’IVA applicabile al commercio intracomunitario instaurato da detta direttiva mira a trasferire il gettito fiscale allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti (v., in particolare, sentenze del 22 aprile 2010, X e fiscale eenheid Facet-Facet Trading, C-536/08 e C-539/08, Racc. pag. I-3581 , punto 30, nonché del 18 novembre 2010, X, C-84/09, Racc. pag. I-11645 , punti 22 e 31). Pertanto, la deroga prevista all’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della citata direttiva deve essere interpretata, in particolare, alla luce di tale obiettivo. |
In virtù del principio della tassazione nello Stato membro di destinazione, richiamato al punto precedente della presente sentenza, l’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva IVA deve dunque essere interpretato nel senso che consente di non qualificare come cessione intracomunitaria il trasferimento di un bene in un altro Stato membro soltanto a condizione che tale bene rimanga temporaneamente in questo Stato membro e sia destinato ad essere rispedito, in un momento successivo, nello Stato membro di origine. |
Infatti, il trasferimento di un bene in un altro Stato membro non deve essere qualificato come cessione intracomunitaria soltanto qualora esso venga effettuato non ai fini del consumo finale del bene in tale Stato membro, bensì in vista dell’esecuzione di un’operazione di trasformazione del bene stesso, seguita dalla sua rispedizione nello Stato membro di origine. |
Alla luce di quanto precede, la rispedizione del bene al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale tale bene era stato inizialmente spedito o trasportato deve essere considerata come una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva IVA. |
Pertanto, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che, affinché la spedizione o il trasporto di un bene non sia qualificato come trasferimento a destinazione di un altro Stato membro, tale bene, dopo l’esecuzione dei lavori che lo riguardano nello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto del bene stesso, deve necessariamente essere rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale esso era stato inizialmente spedito o trasportato. |
Sulla prima questione
Con la sua prima questione, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che la verifica dell’adattabilità di beni trasferiti a partire da un primo Stato membro verso il territorio di un secondo Stato membro ad altri beni acquistati nel territorio di quest’ultimo Stato, senza che sia eseguito alcun intervento sui beni trasferiti, rientra nella nozione di «lavori riguardanti il bene» di cui a detta disposizione. |
Occorre ricordare che, se invero, nell’ambito della ripartizione delle funzioni giurisdizionali tra i giudici nazionali e la Corte, prevista dall’articolo 267 TFUE, la Corte statuisce in via pregiudiziale senza dovere, in linea di principio, verificare le circostanze in cui i giudici nazionali sono stati indotti a sottoporle le questioni e intendono applicare la disposizione di diritto dell’Unione che le hanno chiesto di interpretare, tale conclusione però non vale, in particolare, nel caso in cui appaia evidente che la disposizione di diritto dell’Unione sottoposta all’interpretazione della Corte non può essere applicata (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi, C-297/88 e C-197/89, Racc. pag. I-3763 , punti 39 e 40, nonché del 14 giugno 2007, Telefónica O2 Czech Republic, C-64/06, Racc. pag. I-4887 , punti 22 e 23). |
Come sottolineato al punto 32 della presente sentenza, la rispedizione del bene al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale esso era stato inizialmente spedito o trasportato è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva IVA. |
Ebbene, dalle ordinanze di rinvio emerge che, nelle controversie di cui ai procedimenti principali, i beni in questione non sono stati rispediti verso lo Stato membro di origine, cioè verso la Repubblica francese, dopo l’esecuzione in Italia dei lavori sugli stessi. |
Non essendo stata soddisfatta la condizione relativa alla rispedizione del bene nello Stato membro d’origine, l’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva IVA non è applicabile alle controversie di cui ai procedimenti principali. |
Pertanto, non è necessario rispondere alla prima questione. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara: |
L’articolo 17, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che, affinché la spedizione o il trasporto di un bene non sia qualificato come trasferimento a destinazione di un altro Stato membro, tale bene, dopo l’esecuzione dei lavori che lo riguardano nello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto del bene stesso, deve necessariamente essere rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale esso era stato inizialmente spedito o trasportato. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.