Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 22 ottobre 2015. PPUH Stehcemp sp. j Florian Stefanek, Janina Stefanek, Jaroslaw Stefanek contro Dyrektor Izby Skarbowej w Łodzi. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny. Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Sesta direttiva – Diritto alla detrazione – Diniego – Vendita effettuata da un soggetto considerato inesistente. Causa C-277/14.
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), con decisione del 6 marzo 2014, pervenuta in cancelleria il 5 giugno 2014, nel procedimento
PPUH Stehcemp sp. j. Florian Stefanek, Janina Stefanek, Jaroslaw Stefanek
contro
Dyrektor Izby Skarbowej w Łodzi,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da T. von Danwitz (relatore), presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, D. Šváby, A. Rosas, E. Juhász e C. Vajda, giudici,
avvocato generale: Y. Bot
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per il Dyrektor Izby Skarbowej w Łodzi, da P. Szczerbiak e T. Szymański, in qualità di agenti; |
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per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente; |
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per il governo austriaco, da G. Eberhard, in qualità di agente; |
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per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios e M. Owsiany-Hornung, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme ( GU L 145, pag. 1 ), come modificata dalla direttiva 2002/38/CE del Consiglio, del 7 maggio 2002 ( GU L 128, pag. 41 , in prosieguo: «la sesta direttiva»). |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la PPUH Stehcemp sp. j. Florian Stefanek, Janina Stefanek, Jarosław Stefanek (in prosieguo: la «PPUH Stehcemp») e il Dyrektor Izby Skarbowej w Łodzi (direttore dell’amministrazione finanziaria di Łódź) in merito al diniego di quest’ultimo di riconoscere il diritto a detrarre l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») assolta a monte dalla PPUH Stehcemp su operazioni considerate sospette. |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della sesta direttiva, sono soggette ad IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». |
L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva dispone quanto segue: «1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. 2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità». |
Si considera «cessione di bene», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della medesima direttiva, il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. |
L’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva dispone quanto segue: «1. Si considera:
2. Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi (…)». |
Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva, «[i]l diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile». |
L’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 septies, punto 1, di detta direttiva, dispone quanto segue: «Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:
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L’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 septies, punto 2, di tale direttiva, prevede che, per poter esercitare il diritto a detrazione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva, il soggetto passivo debba essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, di detta direttiva. |
Tale articolo 22, inserito nel titolo XIII della medesima direttiva, intitolato «Obblighi dei debitori d’imposta», ai suoi paragrafi 1, lettera a), 3, lettera b), 4, lettera a), e 5, nella sua versione risultante dall’articolo 28 nonies della sesta direttiva, dispone quanto segue:
(…) 3. (…)
(…)
(…) 5. Ogni soggetto passivo deve pagare l’importo netto dell’imposta sul valore aggiunto al momento della presentazione della dichiarazione periodica. Gli Stati membri possono tuttavia stabilire un’altra scadenza per il pagamento di questo importo o riscuotere acconti provvisori». |
Il diritto polacco
L’articolo 5, paragrafo 1, punto 1, della legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi (Ustawa r. o podatku od towarów i usług), dell’11 marzo 2004 (Dz. U. n. 54, posizione 535; in prosieguo: la «legge sull’IVA»), dispone che la base imponibile per detta imposta è costituita dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio dello Stato. |
Secondo l’articolo 7, paragrafo 1, di tale legge, si considera «cessione di beni», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, punto 1, il trasferimento del potere di disporre di beni come proprietario. |
L’articolo 15, paragrafi 1 e 2, di detta legge dispone quanto segue: «1. Si considerano soggetti passivi le persone giuridiche, gli enti organizzati senza personalità giuridica nonché le persone fisiche che esercitano in modo indipendente una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. 2. Si considera attività economica ogni attività esercitata in qualità di produttori, commercianti o prestatori di servizi, ivi comprese le attività estrattive ed agricole, nonché le professioni liberali, anche quando tale attività sia stata intrapresa una sola volta in circostanze che indicano l’intenzione di esercitare frequentemente l’attività stessa. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità». |
Secondo l’articolo 19, paragrafo 1, della legge sull’IVA, l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione del bene o la prestazione del servizio. |
Conformemente all’articolo 86, paragrafo 1, di detta legge, nella misura in cui i beni e i servizi siano usati per l’esercizio delle attività soggette a imposizione, al soggetto passivo di cui all’articolo 15 spetta il diritto di detrazione, dall’importo dell’imposta dovuta, dell’importo dell’imposta a monte. Il paragrafo 2 di tale articolo 86 dispone che l’importo dell’imposta a monte è uguale alla somma degli importi dell’IVA indicati nelle fatture ricevute dal soggetto passivo per l’acquisto di beni e servizi. |
L’articolo 14, paragrafo 2, punto 1, lettera a), del decreto del Ministro delle Finanze del 27 aprile 2004, sull’attuazione di alcune disposizioni della legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi (Dz. U. n. 97, posizione 970), nel testo applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «decreto del 27 aprile 2004»), prevede che, quando la vendita di beni o di servizi è documentata da fatture o da fatture rettificative emesse da un soggetto inesistente o non abilitato all’emissione di fatture o di fatture rettificative (in prosieguo: un «soggetto inesistente»), tali fatture e documenti doganali non costituiscano il fondamento né per una diminuzione dell’imposta dovuta, né per il rimborso di un credito d’imposta, né per il rimborso dell’imposta pagata a monte. |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
Nell’anno 2004, la PPUH Stehcemp ha effettuato vari acquisti di carburante diesel che essa ha utilizzato nell’ambito della sua attività economica. Le fatture relative a tali acquisti di carburante sono state emesse dalla Finnet sp. z o.o. (in prosieguo: la «Finnet»). La PPUH Stehcemp ha proceduto alla detrazione dell’IVA pagata per tali acquisti di carburante. |
In seguito ad un controllo fiscale, l’amministrazione tributaria le ha negato, con decisione del 5 aprile 2012, il diritto di detrarre tale IVA per il motivo che le fatture relative a detti acquisti di carburante erano state emesse da un soggetto inesistente. |
Il direttore dell’amministrazione tributaria di Łódź ha confermato tale decisione, con decisione del 29 maggio 2012, per il motivo che la Finnet doveva essere considerata, con riferimento ai criteri previsti dal decreto del 27 aprile 2004, un soggetto inesistente che non poteva procedere a cessioni di beni. L’accertamento relativo all’inesistenza della Finnet era fondato su un insieme di elementi, in particolare sul fatto che tale società non era registrata ai fini dell’IVA, non presentava dichiarazioni fiscali e non pagava le imposte. Inoltre, detta società non procedeva alla pubblicazione dei suoi conti annuali e non disponeva dell’autorizzazione di vendita di combustibile liquido. L’immobile indicato come sua sede sociale nel registro delle imprese è in stato fatiscente, circostanza che rende impossibile qualsiasi attività economica. Infine, ogni tentativo di entrare in contatto con la Finnet o con la persona iscritta in qualità di suo direttore nel registro delle imprese si è rivelato infruttuoso. |
La PPUH Stehcemp ha presentato ricorso dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Łodzi (Tribunale amministrativo della regione di Łódź) avverso la decisione del direttore dell’amministrazione tributaria di Łódź del 29 maggio 2012. Tale ricorso è stato respinto sulla base dei rilievi che la Finnet era un soggetto inesistente alla data delle operazioni in questione nel procedimento principale e che la PPUH Stehcemp non aveva dimostrato una diligenza ragionevole, astenendosi dal verificare se tali operazioni si collocassero nell’ambito di una frode. |
La PPUH Stehcemp ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa), invocando una violazione dell’articolo 86, paragrafi 1 e 2, punto 1, lettera a), della legge relativa all’IVA, in combinato disposto con l’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva. |
A sostegno del suo ricorso per cassazione, la PPUH Stehcemp rileva che sarebbe contrario al principio di neutralità dell’IVA privare un soggetto passivo in buona fede del diritto alla detrazione. Orbene, essa avrebbe ricevuto dalla Finnet documenti di immatricolazione che accertavano che tale società era un operatore che esercitava legalmente, ossia un estratto del registro delle imprese, l’attribuzione di un numero di identificazione fiscale e un attestato di attribuzione di un numero d’identificazione statistica. |
Il giudice del rinvio si interroga sull’importanza che la giurisprudenza della Corte riconosce alla buona fede del soggetto passivo nell’ambito del diritto alla detrazione dell’IVA (v., segnatamente, sentenze Optigen e a., C-354/03, C-355/03 e C-484/03 , EU:C:2006:16 ; Kittel e Recolta Recycling, C-439/04 e C-440/04 , EU:C:2006:446 ; Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11 , EU:C:2012:373 ; Tóth, C-324/11 , EU:C:2012:549 , nonché ordinanze Forvards V, C-563/11 , EU:C:2013:125 , e Jagiełło, C-33/13 , EU:C:2014:184 ). Esso ritiene che la buona fede del soggetto passivo non possa dar diritto alla detrazione dell’IVA se non ricorrono le condizioni sostanziali di tale diritto. In particolare, esso si interroga sulla questione se un’acquisizione di beni possa essere qualificata come cessione di beni quando le fatture relative a tale operazione indicano un soggetto inesistente ed è impossibile determinare l’identità del vero fornitore dei beni in questione. Un soggetto inesistente, infatti, non potrebbe né trasferire il potere di disporre delle merci come proprietario né ricevere pagamenti. In tali circostanze, le autorità fiscali non disporrebbero neanche di un credito fiscale esigibile, di modo che non vi sarebbe alcuna imposta dovuta. |
Alla luce di tali considerazioni, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della sesta direttiva debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui al procedimento principale, che neghi ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’IVA dovuta o assolta per beni che gli sono stati ceduti sulla base dei rilievi che la fattura è stata emessa da un soggetto che deve essere considerato, con riferimento ai criteri previsti da tale normativa, un soggetto inesistente e che è impossibile identificare il vero fornitore dei beni. |
Secondo costante giurisprudenza, il diritto alla detrazione di cui agli articoli 17 e seguenti della sesta direttiva è un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA che non può, in linea di principio, essere soggetto a limitazioni e che va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato le operazioni effettuate a monte (v., in tal senso, sentenze Mahagében e Dávid, C-80/11 et C-142/11 , EU:C:2012:373 , punti 37 e 38 nonché giurisprudenza ivi citata; Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punti 25 e 26, nonché Petroma Transports e a., C-271/12, EU:C:2013:297, punto 22). |
Il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v. sentenze Dankowski, C-438/09 , EU:C:2010:818 , punto 24; Tóth, C-324/11, EU:C:2012:549, punto 25, nonché ordinanze Forvards V, C-563/11, EU:C:2013:125, punto 27, e Jagiełło, C-33/13, EU:C:2014:184, punto 25). |
Per quanto riguarda le condizioni sostanziali richieste per il sorgere del diritto alla detrazione, dalla formulazione dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva risulta che, per poter beneficiare di tale diritto, occorre, da un lato, che l’interessato sia un soggetto passivo ai sensi di tale direttiva e, dall’altro, che i beni o i servizi invocati a base di detto diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni siano ceduti o che tali servizi siano forniti da un altro soggetto passivo (v., in tal senso, sentenze Centralan Property, C-63/04 , EU:C:2005:773 , punto 52; Tóth, C-324/11, EU:C:2012:549, punto 26, e Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punto 29, nonché ordinanza Jagiełło, C-33/13, EU:C:2014:184, punto 27). |
Quanto alle condizioni formali del diritto alla detrazione, l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva dispone che il soggetto passivo deve essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, di detta direttiva. Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, lettera b), la fattura deve indicare in maniera distinta, segnatamente, il numero di identificazione ai fini dell’IVA sotto il quale il soggetto passivo ha effettuato la cessione, il nome e l’indirizzo completo di quest’ultimo, nonché la quantità e la natura dei beni ceduti. |
Quanto al procedimento principale, dalla decisione di rinvio risulta che la PPUH Stehcemp, la quale ha intenzione di esercitare il diritto alla detrazione in qualità di soggetto passivo ai sensi della sesta direttiva, ha effettivamente ricevuto e pagato i beni in questione, ossia il carburante, indicati nelle fatture emesse dalla Finnet e che essa ha utilizzato tali beni a valle ai fini delle sue operazioni gravate da imposta. |
Tuttavia, il giudice del rinvio parte dalla premessa che l’operazione indicata nella fattura in questione nel procedimento principale non possa dar diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte poiché, anche se la Finnet era registrata nel registro delle imprese, tale società deve essere considerata, rispetto ai criteri previsti dalla normativa in questione nel procedimento principale, quale soggetto inesistente alla data di tali cessioni di carburante. Secondo detto giudice, tale inesistenza risulta segnatamente dal fatto che la Finnet non era registrata ai fini dell’IVA, non effettuava dichiarazione fiscale, non pagava imposte e non disponeva di autorizzazione per la vendita di combustibili liquidi. Inoltre, lo stato fatiscente dell’immobile, indicato come sede sociale, renderebbe impossibile qualsiasi attività economica. |
Il giudice del rinvio, ritenendo che un tale soggetto inesistente non possa né effettuare una cessione di beni né emettere una fattura relativa a una tale cessione secondo le disposizioni pertinenti della sesta direttiva, perviene alla conclusione dell’assenza di una cessione di beni ai sensi di detta direttiva in quanto il vero fornitore di tali beni non poteva essere identificato. |
A tal proposito occorre rilevare, in primo luogo, che il criterio dell’esistenza del fornitore dei beni o del suo diritto a emettere fatture, quale risulta dalla normativa di cui al procedimento principale, come interpretato dal giudice nazionale, non figura tra le condizioni del diritto alla detrazione rilevate ai punti 28 e 29 della presente sentenza. L’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva dispone, invece, che tale fornitore deve avere la qualità di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva. Pertanto, i criteri ai quali la normativa nazionale di cui al procedimento principale, come interpretata dal giudice del rinvio, subordina l’esistenza del fornitore o il suo diritto a emettere fatture non devono confliggere con i requisiti quali risultanti dalla qualità del soggetto passivo ai sensi di tali disposizioni. |
Ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente attività economiche di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Ne deriva che la nozione di «soggetto passivo» viene definita in modo ampio, sulla base di circostanze di fatto (v. sentenza Tóth, C-324/11 , EU:C:2012:549 , punto 30). |
Per quanto riguarda la Finnet, una tale attività economica non sembra esclusa in considerazione delle circostanze relative alle cessioni di carburante in questione nel procedimento principale. Tale conclusione non è messa in discussione dalla circostanza, rilevata dal giudice del rinvio, in base alla quale lo stato fatiscente dell’immobile in cui si situa la sede sociale della Finnet non permetteva alcuna attività economica, poiché una tale constatazione non esclude che tale attività potesse essere svolta in altri luoghi diversi dalla sede sociale. Segnatamente, quando l’attività economica in questione consiste nella cessione di beni effettuati nell’ambito di varie vendite successive, il primo acquirente e rivenditore di tali beni può limitarsi a dare ordine al primo venditore di trasportare i beni in questione direttamente al secondo acquirente (v. ordinanze Forvards V, C-563/11 , EU:C:2013:125 , punto 34, e Jagiełło, C-33/13, EU:C:2014:184, punto 32), senza che disponga egli stesso necessariamente dei mezzi di stoccaggio e di trasporto indispensabili per effettuare la cessione dei beni in questione. |
Parimenti, l’eventuale impossibilità di stabilire un contatto con la Finnet o con la persona iscritta nel registro delle imprese come suo direttore nell’ambito di procedimenti amministrativi non permette, allorché tali tentativi di contatto hanno avuto luogo durante un periodo precedente o successivo alle cessioni in questione nel procedimento principale, di pervenire automaticamente alla conclusione dell’assenza di un’attività economica alla data di tali cessioni. |
Inoltre, non emerge dall’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva che lo status di soggetto passivo dipenda da una qualsivoglia autorizzazione o licenza concessa dall’amministrazione ai fini dell’esercizio di un’attività economica (v, in tal senso, sentenza Tóth, C-324/11 , EU:C:2012:549 , punto 30). |
È vero che l’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva dispone che ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, il cambiamento e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo. Tuttavia, malgrado l’importanza per il buon funzionamento del sistema dell’IVA che tale dichiarazione riveste, quest’ultima non può costituire una condizione supplementare richiesta ai fini del riconoscimento dello status di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 4 della medesima direttiva, dato che detto articolo 22 compare al titolo XIII della medesima, intitolato «Obblighi dei debitori d’imposta» (v., in tal senso, sentenza Tóth, C-324/11 , EU:C:2012:549 , punto 31). |
Ne consegue che tale status non può neanche dipendere dal rispetto degli obblighi del soggetto passivo, risultanti dai paragrafi 4 e 5 di detto articolo 22, di depositare una dichiarazione fiscale e di pagare l’IVA. A maggior ragione, il riconoscimento dello status di soggetto passivo non può essere sottoposto all’obbligo di pubblicare conti annuali o di disporre di un’autorizzazione per la vendita di carburante, in quanto tali obblighi non sono previsti dalla sesta direttiva. |
In tale contesto, la Corte ha parimenti statuito che un eventuale inadempimento, da parte del fornitore dei beni, dell’obbligo di dichiarare l’inizio della sua attività imponibile non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del destinatario dei beni ceduti per quanto riguarda l’IVA pagata per essi. Pertanto, detto destinatario beneficia del diritto a detrazione anche qualora il fornitore di beni sia un soggetto passivo che non è registrato ai fini dell’IVA, qualora le fatture relative ai beni ceduti presentino tutte le informazioni richieste dall’articolo 22, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva, in particolare quelle necessarie per l’identificazione della persona che le ha emesse e della natura di tali beni (v., in tal senso, sentenze Dankowski, C-438/09 , EU:C:2010:818 , punti 33, 36 e 38, nonché Tóth, C-324/11, EU:C:2012:549, punto 32). |
La Corte ne ha tratto la conclusione che l’amministrazione tributaria non può negare il diritto a detrazione in base al rilievo che l’emittente della fattura non dispone più della licenza di imprenditore individuale e che, quindi, egli non è più legittimato ad utilizzare il proprio numero di identificazione fiscale, qualora tale fattura presenti tutte le informazioni previste dal summenzionato articolo 22, paragrafo 3, lettera b) (v., in tal senso, sentenza Tóth, C-324/11 , EU:C:2012:549 , punto 33). |
Nel caso di specie, dal fascicolo sottoposto alla Corte emerge che le fatture relative alle operazioni in questione nel procedimento principale indicavano, conformemente a detta disposizione, segnatamente la natura dei beni ceduti e l’importo dell’IVA dovuta, nonché il nome della Finnet, il suo numero d’identificazione fiscale e l’indirizzo della sua sede sociale. Pertanto, le circostanze rilevate dal giudice del rinvio e riassunte al punto 31 della presente sentenza non permettono né di pervenire alla conclusione dell’assenza della qualità di soggetto passivo della Finnet né, pertanto, di negare alla PPUH Stehcemp il diritto alla detrazione. |
Occorre aggiungere, in secondo luogo, che, per quanto riguarda le cessioni di carburante in questione nel procedimento principale, le altre condizioni sostanziali del diritto alla detrazione, rilevate al punto 28 della presente sentenza, erano parimenti soddisfatte, nonostante l’eventuale inesistenza della Finnet con riferimento al decreto del 27 aprile 2004. |
Poiché la nozione di «cessione di beni» di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della sesta direttiva si riferisce, infatti, non al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì a qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario (v., segnatamente, sentenze Shipping and Forwarding Enterprise Safe, C-320/88 , EU:C:1990:61 , punto 7, nonché Dixons Retail, C-494/12, EU:C:2013:758, punto 20 e giurisprudenza ivi citata), l’eventuale assenza del potere della Finnet di disporre giuridicamente dei beni in questione nel procedimento principale non può escludere una cessione di tali beni ai sensi di detta disposizione, una volta che detti beni sono stati effettivamente rimessi alla PPUH Stehcemp che li ha impiegati ai fini delle sue operazioni soggette a imposta. |
Inoltre, l’IVA che la PPUH Stehcemp ha effettivamente pagato per le cessioni di carburante di cui al procedimento principale, secondo le indicazioni che figurano nel fascicolo sottoposto alla Corte, era parimenti «dovuta o pagata», ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva. Secondo giurisprudenza costante, infatti, l’IVA si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, previa detrazione dell’imposta gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo (v., segnatamente, sentenze Optigen e a., C-354/03, C-355/03 e C-484/03 , EU:C:2006:16 , punto 54; Kittel e Recolta Recycling, C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:446, punto 49, nonché Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punto 28). È irrilevante, pertanto, ai fini del diritto del soggetto passivo di detrarre l’IVA pagata a monte stabilire se il fornitore dei beni di cui al procedimento principale abbia versato o meno l’IVA dovuta sulle operazioni di vendita all’Erario (v., in tal senso, sentenze Optigen e a., C-354/03, C-355/03 e C-484/03, EU:C:2006:16, punto 54, nonché Véleclair, C-414/10, EU:C:2012:183, punto 25). |
Orbene, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta, quanto alle circostanze della controversia principale, che il giudice del rinvio ritiene che le operazioni di cui al procedimento principale siano state effettuate non dalla Finnet, bensì da un altro soggetto impossibile da identificare, di modo che le autorità tributarie non hanno potuto recuperare l’imposta relativa a tali operazioni. |
A tal riguardo, occorre ricordare che la lotta contro ogni possibile frode, evasione ed abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva. Pertanto, spetta alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (v. sentenze Bonik, C-285/11 , EU:C:2012:774 , punti 35 e 37 nonché giurisprudenza ivi citata, e Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punto 26). |
Tale situazione, così come ricorre nel caso di un’evasione fiscale commessa dal soggetto passivo, ricorre pure quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA. In circostanze del genere, il soggetto passivo interessato deve essere considerato, ai fini della sesta direttiva, partecipante a tale evasione, e ciò indipendentemente dalla circostanza di trarre o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni soggette a imposta da lui effettuate a valle (v., sentenze Bonik, C-285/11 , EU:C:2012:774 , punti 38 e 39 nonché giurisprudenza ivi citata, e Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punto 27). |
Quando ricorrono le condizioni sostanziali e formali previste dalla sesta direttiva per il sorgere e l’esercizio del diritto a detrazione, invece, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto da detta direttiva sanzionare, con il diniego di tale diritto, un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione facente parte della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’IVA (v., in tal senso, sentenze Optigen e a., C-354/03, C-355/03 e C-484/03 , EU:C:2006:16 ; punti 51, 52 e 55; Kittel e Recolta Recycling, C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:446, punti da 44 a 46 e 60, nonché Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punti 44, 45 e 47). |
Spetta all’amministrazione tributaria, che abbia constatato evasioni o irregolarità commesse dall’emittente della fattura, dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata per fondare il suo diritto alla detrazione si iscriveva in un’evasione dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (v., in tal senso, sentenze Bonik, C-285/11 , EU:C:2012:774 , punto 45, e LVK – 56, C-643/11, EU:C:2013:55, punto 64). |
La determinazione delle misure che, in una fattispecie concreta, possono essere ragionevolmente imposte ad un soggetto passivo che intenda esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA per assicurarsi che le sue operazioni non si iscrivano in un’evasione commessa da un operatore a monte dipende, essenzialmente, dalle circostanze di detta fattispecie (v. sentenza Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11 , EU:C:2012:373 , punto 59, nonché ordinanza Jagiełło, C-33/13, EU:C:2014:184, punto 37). |
Se è vero che un tale soggetto passivo può vedersi obbligato, quando disponga di indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione, ad assumere informazioni sull’operatore presso il quale intende acquistare beni o servizi al fine di sincerarsi della sua affidabilità, l’amministrazione tributaria non può tuttavia esigere in maniera generale che detto soggetto passivo, da un lato, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni a livello degli operatori a monte, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, o, dall’altro lato, disponga di documenti a tale riguardo (v., in tal senso, sentenze Mahagében et Dávid, C-80/11 e C-142/11 , EU:C:2012:373 , punti 60 e 61; Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 49, nonché ordinanza Jagiełło, C-33/13, EU:C:2014:184, punti 38 e 39). |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che le disposizioni della sesta direttiva devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui al procedimento principale, che neghi ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’IVA dovuta o assolta per beni che gli sono stati ceduti sulla base dei rilievi che la fattura è stata emessa da un soggetto che deve essere considerato, con riferimento ai criteri previsti da tale normativa, un soggetto inesistente e che è impossibile identificare il vero fornitore dei beni, tranne nel caso in cui si dimostri, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal soggetto passivo verifiche che non gli incombono, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta cessione si iscriveva in un’evasione dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara: |
Le disposizioni della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2002/38/CE del Consiglio, del 7 maggio 2002, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui al procedimento principale, che neghi a un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per beni che gli sono stati ceduti sulla base dei rilievi che la fattura è stata emessa da un soggetto che deve essere considerato, con riferimento ai criteri previsti da tale normativa, un soggetto inesistente e che è impossibile identificare il vero fornitore dei beni, tranne nel caso in cui si dimostri, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal soggetto passivo verifiche che non gli incombono, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta cessione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il polacco.