Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 19 ottobre 2017. SC Paper Consult SRL contro Direcţia Regională a Finanţelor Publice Cluj-Napoca e Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Bistriţa Năsăud. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Cluj. Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Diritto alla detrazione – Presupposti per l’esercizio – Articolo 273 – Provvedimenti nazionali – Lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale – Fattura emessa da un contribuente dichiarato “inattivo” dall’amministrazione tributaria – Rischio di evasione – Diniego del diritto alla detrazione – Proporzionalità – Rifiuto di prendere in considerazione prove dell’assenza di evasione o di perdita fiscale – Limitazione nel tempo degli effetti dell’emananda sentenza – Insussistenza. Causa C-101/16.
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania), con decisione del 21 gennaio 2016, pervenuta in cancelleria il 19 febbraio 2016, nel procedimento
SC Paper Consult SRL
contro
Direcția Regională a Finanțelor Publice Cluj-Napoca,
Administrația Județeană a Finanțelor Publice Bistrița-Năsăud,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Rosas (relatore), C. Toader, A. Prechal e E. Jarašiūnas, giudici,
avvocato generale: P. Mengozzi
cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 gennaio 2017,
considerate le osservazioni presentate:
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per la SC Paper Consult SRL, da A. Bora, avvocato; |
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per il governo rumeno, da R. H. Radu, M. Bejenar e E. Gane, in qualità di agenti; |
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per la Commissione europea, da M. Owsiany-Hornung e G.-D. Balan, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 31 maggio 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU 2006, L 347, pag. 1 ), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 ( GU 2010, L 189, pag. 1 ; in prosieguo: la «direttiva 2006/112»). |
Essa è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra, da un lato, la SC Paper Consult SRL (in prosieguo: la «Paper Consult») e, dall’altro, la Direcția Regională a Finanțelor Publice Cluj-Napoca (Direzione regionale delle Finanze pubbliche di Cluj-Napoca, Romania) e l’Administrația Județeană a Finanțelor Publice Bistrița-Năsăud (Amministrazione provinciale delle Finanze pubbliche di Bistrița-Năsăud, Romania), controversia in cui la Paper Consult contesta una decisione amministrativa con la quale le si nega il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta sulle prestazioni di servizi ricevute dalla SC Rom Packaging SPRL (in prosieguo: la «Rom Packaging»), sulla base del rilievo che quest’ultima era dichiarata essere un contribuente «inattivo» alla data della conclusione del contratto. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La direttiva 2006/112
Il considerando 59 della direttiva 2006/112 è formulato come segue: «È opportuno che, entro certi limiti e a certe condizioni, gli Stati membri possano adottare o mantenere misure speciali che derogano alla presente direttiva, al fine di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune forme di evasione o elusione fiscale». |
L’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2006/112, contenuto all’interno del titolo I della stessa, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», prevede quanto segue: «A ciascuna operazione, l’IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo». |
L’articolo 168 della citata direttiva, contenuto all’interno del titolo X della stessa, intitolato «Detrazioni», così recita: «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
(…)». |
Conformemente all’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112: «Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:
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L’articolo 214, paragrafo 1, lettera a), della citata direttiva prevede quanto segue: «1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché siano identificate tramite un numero individuale le persone seguenti:
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Ai sensi dell’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112: «Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera». |
Il regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto ( GU 2010, L 268, pag. 1 ), è una rifusione del regolamento (CE) n. 1798/2003 del Consiglio, del 7 ottobre 2003, relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento (CEE) n. 218/92 ( GU 2003, L 264, pag. 1 ). In particolare, esso estende il contenuto della banca dati elettronica del sistema di scambio di informazioni in materia di IVA (VAT Information Exchange System; in prosieguo: il «VIES»). |
Il considerando 16 di detto regolamento è così formulato: «La conferma della validità dei numeri di identificazione IVA su internet costituisce uno strumento sempre più utilizzato dagli operatori. Il sistema di conferma della validità dei numeri di identificazione IVA dovrebbe consentire la conferma automatizzata delle pertinenti informazioni agli operatori». |
L’articolo 17, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 904/2010 prevede che gli Stati membri archivino altresì, nel VIES, i dati riguardanti i numeri di identificazione IVA attribuiti che hanno perso validità. |
Ai sensi dell’articolo 23 di detto regolamento, un’amministrazione tributaria può presumere che una persona abbia cessato la sua attività economica qualora, pur essendo stata sollecitata in tal senso, tale persona non abbia presentato né dichiarazioni IVA né elenchi ricapitolativi per un anno a decorrere dal termine per la presentazione della prima dichiarazione o del primo elenco mancanti, o ancora, in particolare, quando persone abbiano dichiarato dati falsi o non abbiano comunicato eventuali cambiamenti dei loro dati. |
Conformemente all’articolo 62, quarto comma, del regolamento n. 904/2010, l’articolo 17 non risultava ancora applicabile all’epoca dei fatti all’origine del procedimento principale. |
Diritto rumeno
Alla data dei fatti di cui trattasi nel procedimento principale, l’articolo 78 bis, paragrafo 1, dell’ordonanța Guvernului nr. 92/2003 privind Codul de procedură fiscală, republicată, cu modificările și completările ulterioare (decreto del governo n. 92/2003 sul codice di procedura fiscale, versione consolidata, e successive modifiche ed integrazioni), prevedeva quanto segue: «Registro dei contribuenti inattivi/riattivati I contribuenti persone giuridiche o qualsiasi altra entità senza personalità giuridica, sono dichiarati inattivi e sono loro applicabili le disposizioni di cui all’articolo 11, paragrafi 1 bis e 1 ter, della legge n. 571/2003 sul codice tributario, e successive modifiche e integrazioni [in prosieguo: il “codice tributario”], se soddisfano una delle seguenti condizioni:
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L’articolo 11, paragrafo 1 bis, del codice tributario prevede quanto segue: «I contribuenti soggetti passivi stabiliti in Romania, dichiarati inattivi conformemente all’articolo 78 del [decreto n. 92/2003], che svolgono un’attività economica nel periodo di inattività, sono soggetti agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse previsti dalla presente legge, ma non beneficiano, durante il periodo di inattività, del diritto alla detrazione delle spese e dell’[IVA] sugli acquisti effettuati». |
L’articolo 11, paragrafo 1 ter, del codice tributario stabilisce quanto segue: «I beneficiari che hanno acquistato beni e/o servizi da contribuenti soggetti passivi stabiliti in Romania, dopo l’iscrizione di questi ultimi come inattivi nel Registro dei contribuenti inattivi/riattivati conformemente all’articolo 78 del [decreto n. 92/2003], non beneficiano del diritto alla detrazione delle spese e dell’[IVA] afferenti i propri acquisti, fatta eccezione per gli acquisti di beni effettuati nell’ambito di un procedimento esecutivo e/o per gli acquisti di beni/servizi da soggetti passivi sottoposti a una procedura concorsuale ai sensi della legge n. 85/2006 sulle procedure concorsuali, e successive modifiche ed integrazioni». |
L’articolo 21, paragrafo 4, lettera r), del codice tributario è così formulato: «Le seguenti spese non sono detraibili: (…)
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L’articolo 3 dell’ordinul Președintelui Agenției Naționale de Administrare Fiscală («ANAF») nr. 819/2008 [decreto n. 819/2008 del presidente dell’Agenzia nazionale dell’Amministrazione tributaria (ANAF)], dispone quanto segue: «1. I contribuenti sono dichiarati inattivi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del presidente dell’[ANAF] che approva l’elenco dei contribuenti dichiarati inattivi. 2. L’elenco dei contribuenti dichiarati inattivi è affisso presso la sede dell’[ANAF] e pubblicato sulla pagina Internet di quest’ultima, nella sezione “Informazioni pubbliche – Informazioni sugli operatori economici”. 3. Il decreto del presidente dell’[ANAF] che approva l’elenco dei contribuenti dichiarati inattivi entra in vigore 15 giorni dopo la data di affissione, conformemente all’articolo 44, paragrafo 3, del [decreto n. 92/2003]». |
L’allegato n. 1 della decisione n. 3347/2011 del presidente dell’ANAF, che specifica gli obblighi dichiarativi previsti dall’articolo 78 bis, paragrafo 1, lettera a), del decreto n. 92/2003, elenca i seguenti obblighi dichiarativi:
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Procedimento principale e questioni pregiudiziali
Con decisione dell’11 maggio 2012 le autorità tributarie hanno constatato che la Rom Packaging, con sede a Bucarest (Romania), aveva fornito prestazioni di servizi alla Paper Consult, con sede a Bistriţa-Năsăud (Romania), per un importo di 190340 lei rumeni (RON), (circa EUR 44560) al netto dell’IVA, sulla base di un contratto di prestazioni di servizi stipulato il 3 gennaio 2011. |
Poiché la Rom Packaging era stata dichiarata inattiva a partire dal 7 ottobre 2010 e radiata dal registro dei soggetti passivi dell’IVA a decorrere dal 1 o novembre 2010 a causa del mancato deposito delle dichiarazioni fiscali imposte per legge, e tenuto conto dell’articolo 11, paragrafo 1 ter, del codice tributario, le autorità tributarie hanno concluso che la Paper Consult non aveva il diritto di detrarre l’importo di RON 45680 (circa EUR 10694), ossia l’importo versato a titolo di IVA per le prestazioni di servizi fornite dalla Rom Packaging. |
Il reclamo proposto dalla Paper Consult avverso il provvedimento dell’autorità di verifica fiscale è stato respinto in quanto infondato con la decisione della direzione generale regionale delle finanze pubbliche di Cluj-Napoca del 17 luglio 2014. Il ricorso in contenzioso tributario proposto dalla Paper Consult avverso tale decisione è stato a sua volta respinto con sentenza civile dell’8 luglio 2015, pronunciata dal Tribunalul Bistrița-Năsăud (Tribunale di primo grado di Bistriţa-Năsăud). |
Avverso la sentenza summenzionata la Paper Consult ha proposto appello dinanzi alla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania). Essa non ha contestato gli elementi di fatto presi in considerazione dalle autorità tributarie e dal Tribunalul Bistrița-Năsăud (Tribunale di primo grado di Bistriţa-Năsăud). La stessa ha invece affermato che la decisione del presidente dell’ANAF del 21 settembre 2010, con la quale la Rom Packaging era stata dichiarata inattiva, non le era stata comunicata, ma era stata pubblicata soltanto presso la sede dell’ANAF e sulla pagina Internet di quest’ultima. La Paper Consult ha sostenuto che, in simili circostanze, tale decisione non le era opponibile e non poteva essere considerata quale fondamento per il diniego del suo diritto alla detrazione dell’IVA, essendo una misura del genere contraria al diritto dell’Unione. |
La Paper Consult sostiene che, per poter beneficiare del diritto alla detrazione dell’IVA, è sufficiente soddisfare le condizioni previste dall’articolo 178 della direttiva 2006/112. |
Il giudice del rinvio osserva tuttavia che, secondo la giurisprudenza della Corte, la lotta contro l’elusione fiscale, l’evasione e gli abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva 2006/112, purché le misure adottate a tal fine siano proporzionate. Secondo il giudice in parola, non sarebbe un onere eccessivo per i contribuenti effettuare una verifica minima, sul sito Internet dell’ANAF, riguardo ai soggetti con i quali intendono stipulare un contratto, al fine di verificare se questi ultimi siano o meno dichiarati «contribuenti inattivi». Tuttavia, detto giudice constata l’assenza di giurisprudenza della Corte relativa a una siffatta situazione. |
In tale contesto la Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulla ricevibilità
La ricevibilità delle questioni pregiudiziali è contestata dal governo rumeno, il quale afferma che il giudice del rinvio non ha spiegato per quali motivi esso consideri che la risposta alle proprie questioni sia necessaria per la risoluzione della controversia di cui è adito, giacché l’argomento della Paper Consult verte esclusivamente sull’inopponibilità della dichiarazione di inattività e non già sugli effetti stessi dell’inattività quali derivano dalla normativa nazionale. |
Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v. sentenze del 15 gennaio 2013, Križan e a., C-416/10 , EU:C:2013:8 , punto 53, nonché del 21 dicembre 2016, Vervloet e a., C-76/15, EU:C:2016:975, punto 56). |
Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di necessità e di rilevanza. Il rifiuto della Corte di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti in modo manifesto che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, qualora il problema sia di natura teorica o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v. sentenze del 15 gennaio 2013, Križan e a., C-416/10 , EU:C:2013:8 , punto 54, nonché del 21 dicembre 2016, Vervloet e a., C-76/15, EU:C:2016:975, punto 57). |
Nella fattispecie, il giudice del rinvio ha indicato nella sua decisione che, oltre al motivo vertente sull’inopponibilità della decisione del presidente dell’ANAF, la Paper Consult ha parimenti dedotto un motivo vertente sul rispetto delle condizioni per poter beneficiare del diritto alla detrazione dell’IVA. Il giudice del rinvio ha pertanto ritenuto necessario interrogare la Corte sull’interpretazione della direttiva 2006/112. |
Di conseguenza, non risulta in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice del rinvio non avrebbe alcuna relazione con l’oggetto della controversia nel procedimento principale o che sarebbe teorica. |
Si devono pertanto dichiarare ricevibili le questioni poste dal giudice del rinvio. |
Nel merito
Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, che nega il diritto alla detrazione dell’IVA a un soggetto passivo con la motivazione che l’operatore che gli aveva fornito una prestazione di servizi dietro fattura, nella quale sono indicate distintamente la spesa e l’IVA, è stato dichiarato inattivo dall’amministrazione tributaria di uno Stato membro, essendo detta dichiarazione di inattività pubblica e accessibile su Internet a qualsiasi soggetto passivo in tale Stato. |
Tali questioni vertono, in sostanza, sul bilanciamento, da un lato, del diritto alla detrazione, elemento essenziale del meccanismo dell’IVA, e dall’altro, della lotta contro l’evasione fiscale, obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva 2006/112. |
Per quanto riguarda il diritto alla detrazione, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 25 ottobre 2001, Commissione/Italia, C-78/00 , EU:C:2001:579 , punto 28, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 37). |
Come ripetutamente sottolineato dalla Corte, il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva 2006/112 costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. In particolare, tale diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato le operazioni effettuate a monte (v., in particolare, sentenze del 21 marzo 2000, Gabalfrisa e a., da C-110/98 a C-147/98 , EU:C:2000:145 , punto 43, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 38). |
Il regime delle detrazioni mira a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v., in particolare, sentenze del 21 marzo 2000, Gabalfrisa e a., da C-110/98 a C-147/98 , EU:C:2000:145 , punto 44, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 39). |
Il diritto alla detrazione dell’IVA è tuttavia subordinato al rispetto di requisiti o di condizioni tanto sostanziali quanto di natura formale. |
Per quanto riguarda i requisiti o le condizioni sostanziali, dall’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112 emerge che, per poter beneficiare di tale diritto, occorre, da un lato, che l’interessato sia un «soggetto passivo» ai sensi della direttiva in parola e, dall’altro, che i beni o i servizi invocati a base di detto diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni siano ceduti o che siffatti servizi siano forniti da un altro soggetto passivo (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 6 settembre 2012, Tóth, C-324/11 , EU:C:2012:549 , punto 26, nonché del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C-277/14, EU:C:2015:719, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). |
Per quanto concerne le modalità di esercizio del diritto alla detrazione, che sono assimilabili a requisiti o a condizioni di natura formale, l’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112 prevede che il soggetto passivo debba essere in possesso di una fattura emessa conformemente agli articoli da 220 a236 e agli articoli da 238 a240 della direttiva stessa. |
Secondo una costante giurisprudenza, il principio fondamentale della neutralità dell’IVA esige che la detrazione di tale imposta pagata a monte venga riconosciuta se sono soddisfatti i requisiti sostanziali, quand’anche taluni requisiti formali siano stati disattesi dal soggetto passivo (v. sentenze del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11 , EU:C:2012:458 , punto 62 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto 45). |
Tuttavia, una diversa soluzione può imporsi qualora l’inosservanza dei menzionati requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del soddisfacimento dei requisiti sostanziali (v. sentenze del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11 , EU:C:2012:458 , punto 71, nonché del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto 46). Orbene, dagli atti di causa, e come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 40 a 43 delle sue conclusioni, risulta che siffatta ipotesi non ricorre nel procedimento principale. |
Del pari, secondo costante giurisprudenza, il diritto alla detrazione può essere negato qualora venga dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo. Infatti, la lotta contro eventuali evasioni, elusioni e abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva 2006/112, e i singoli non possono avvalersi in modo fraudolento o abusivo delle norme del diritto dell’Unione (v. sentenza del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11 , EU:C:2012:373 , punti 42 e 43 nonché giurisprudenza ivi citata). |
Per quanto riguarda la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, risulta dagli elementi sottoposti alla Corte che la stessa mira a combattere l’evasione dell’IVA, sanzionando, mediante il diniego del diritto alla detrazione, un comportamento che può contribuire a ritardare il rilevamento di una siffatta evasione o, quanto meno, di un omesso pagamento dell’IVA da parte di contribuenti che non soddisfano gli obblighi dichiarativi previsti dalla legge, o che si sottraggono al controllo fiscale dichiarando informazioni di identificazione della sede legale che non consentono all’autorità tributaria di individuare quest’ultima, o ancora riguardo ai quali le autorità tributarie abbiano constatato che essi non esercitano la loro attività presso la sede legale o il domicilio fiscale dichiarati. |
La Commissione europea ha rilevato nelle sue osservazioni, le quali facevano riferimento a dati presenti in un comunicato stampa dalla stessa pubblicato il 4 settembre 2015, che l’evasione dell’IVA è particolarmente importante in Romania dato che, nel corso del 2013, la differenza tra il gettito dell’IVA previsto e l’IVA effettivamente riscossa era pari al 41,1%. |
Parimenti in tal senso, il governo rumeno ha sottolineato, in udienza, che sono le difficoltà incontrate dalle autorità nella lotta contro l’evasione dell’IVA che hanno indotto il legislatore rumeno a istituire un meccanismo di prevenzione dell’elusione fiscale mediante la dichiarazione di inattività di siffatti contribuenti, la cui condotta fiscale scorretta impedirebbe il rilevamento di irregolarità nella riscossione dell’IVA e costituirebbe l’indizio di un’evasione fiscale. Inoltre, l’omesso pagamento dell’IVA si ripercuoterebbe sul prezzo di vendita dei prodotti e dei servizi e procurerebbe al venditore un vantaggio competitivo che aumenta il volume delle vendite, cosicché l’imposizione di sanzioni pecuniarie sarebbe insufficiente per lottare contro l’evasione dell’IVA. |
Non vi è dubbio che il perseguimento di tale finalità costituisce l’esecuzione dell’obbligo degli Stati membri, derivante dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dall’articolo 325 TFUE, dagli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112, di adottare tutte le misure legislative e amministrative atte a garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel loro territorio e a lottare contro l’evasione (v. sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C-419/14 , EU:C:2015:832 , punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, sussiste un nesso diretto tra la riscossione del gettito dell’IVA nell’osservanza del diritto dell’Unione applicabile e la messa a disposizione del bilancio dell’Unione delle corrispondenti risorse IVA, poiché qualsiasi lacuna nella riscossione del primo determina potenzialmente una riduzione delle seconde (v. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punto 26). |
A tale riguardo, occorre ricordare che gli Stati membri sono obbligati ad accertare le dichiarazioni fiscali dei contribuenti, la relativa contabilità e gli altri documenti utili, nonché a calcolare e a riscuotere l’imposta dovuta (v. sentenza del 9 luglio 2015, Cabinet Medical Veterinar Dr. Tomoiagă Andrei, C-144/14 , EU:C:2015:452 , punto 26 e giurisprudenza ivi citata). |
Conformemente all’articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi, rispetto a quelli previsti dalla menzionata direttiva, che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni. |
Tuttavia, le misure adottate dagli Stati membri non devono eccedere quanto necessario per conseguire siffatti obiettivi. Esse non possono quindi essere utilizzate in maniera tale da rimettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA e, pertanto, la neutralità dell’IVA (v. sentenze del 21 marzo 2000, Gabalfrisa e a., da C-110/98 a C-147/98 , EU:C:2000:145 , punto 52, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 57). |
La Corte ha più volte dichiarato che l’amministrazione non può imporre a un soggetto passivo di compiere controlli complessi e approfonditi relativi al suo fornitore, trasferendo di fatto su di esso gli atti di controllo incombenti all’amministrazione stessa (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11 , EU:C:2012:373 , punto 65, nonché del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 50). |
Per contro, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che il fornitore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione fiscale (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04 , EU:C:2007:548 , punti 65 e 68, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 54). |
A tal riguardo, occorre constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non trasferisce sul soggetto passivo gli atti di controllo incombenti all’amministrazione, bensì informa quest’ultimo dell’esito di un’indagine amministrativa da cui risulta che il contribuente dichiarato inattivo non è più controllabile dall’amministrazione competente perché il contribuente non ha più soddisfatto gli obblighi dichiarativi imposti dalla legge, oppure perché ha dichiarato informazioni di identificazione della sede legale che non consentono all’autorità tributaria di individuare quest’ultima, o ancora perché non esercita la propria attività presso la sede legale o il domicilio fiscale dichiarati. |
L’unico obbligo imposto al soggetto passivo consiste, infatti, nel consultare l’elenco dei contribuenti dichiarati inattivi presso la sede dell’ANAF e pubblicato sulla pagina Internet di quest’ultima, essendo peraltro semplice effettuare una siffatta verifica. |
Risulta, dunque, che obbligando il soggetto passivo a effettuare detta verifica, la normativa nazionale persegue un obiettivo che è legittimo e anzi imposto dal diritto dell’Unione, ossia quello di assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e di evitare l’evasione, e che una siffatta verifica possa ragionevolmente essere richiesta da un operatore economico. Occorre nondimeno verificare se tale normativa non vada oltre quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo perseguito. |
Se è vero che l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali previste dalla legge può essere considerata un indizio di evasione, tuttavia essa non prova in modo inconfutabile l’esistenza di un’evasione dell’IVA. Inoltre, risulta dagli elementi forniti alla Corte che, fatte salve le verifiche che devono essere compiute dal giudice del rinvio, anche qualora il contribuente avesse regolarizzato la propria situazione e avesse ottenuto di essere radiato dall’elenco dei contribuenti iscritti come inattivi, la sanzione prevista all’articolo 11, paragrafo 1 ter, del codice tributario persisterebbe, cosicché l’acquirente del bene o il destinatario del servizio non potrebbe riacquistare il diritto alla detrazione dell’IVA. Per contro, l’articolo 11, paragrafo 1 bis, del codice tributario prevede che il contribuente «riattivato» è autorizzato, dopo la sua «riattivazione», a recuperare l’IVA la cui detrazione è stata negata durante il periodo di inattività. |
A questo proposito, il governo rumeno ha fatto presente che la legge era stata modificata e che, dal 1 o gennaio 2017, nel caso di riattivazione di un contribuente dichiarato inattivo, gli effetti dal punto di vista fiscale dell’inattivazione sono annullati, tanto per il contribuente interessato quanto per i suoi partner commerciali che riacquistano il diritto alla detrazione dell’IVA relativa alle transazioni concluse durante il periodo di inattività. |
Secondo la Paper Consult, la Rom Packaging avrebbe versato all’erario l’IVA riscossa a motivo del contratto stipulato con la Paper Consult. In risposta ad un quesito posto dalla Corte, il governo rumeno ha confermato che importi corrispondenti all’IVA dovuta dalla Rom Packaging erano stati effettivamente versati, ma che era impossibile verificare se detti importi riguardassero le transazioni concluse tra le due società dal momento che la Rom Packaging non aveva presentato le proprie dichiarazioni IVA. |
Con riserva delle verifiche che devono essere compiute dal giudice del rinvio, è in ogni caso da considerare che l’articolo 11, paragrafo 1 ter, del codice tributario, nella versione applicabile ai fatti in discussione nel procedimento principale, non prevede una regolarizzazione a favore del soggetto passivo a valle nonostante la prova del versamento dell’IVA da parte del soggetto passivo a monte, giacché il mancato riconoscimento del diritto alla detrazione è definitivo. |
Orbene, l’impossibilità, per il soggetto passivo, di dimostrare che le transazioni concluse con l’operatore dichiarato inattivo soddisfano le condizioni previste dalla direttiva 2006/112 e, in particolare, che l’IVA è stata versata all’erario da tale operatore va oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo legittimo perseguito da detta direttiva. |
Occorre pertanto rispondere alle questioni poste dichiarando che la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, in forza della quale è negato a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’IVA con la motivazione che l’operatore che gli aveva fornito una prestazione di servizi dietro fattura, nella quale sono indicate distintamente la spesa e l’IVA, è stato dichiarato inattivo dall’amministrazione tributaria di uno Stato membro, essendo detta dichiarazione di inattività pubblica e accessibile su Internet a qualsiasi soggetto passivo in tale Stato, quando siffatto diniego del diritto alla detrazione è sistematico e definitivo, non consentendo che sia fornita la prova dell’assenza di evasione o di perdita di gettito fiscale. |
Sulla domanda diretta a ottenere la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza della Corte
Il governo rumeno ha chiesto alla Corte, qualora essa dovesse ritenere che il diritto dell’Unione osti a una legge come quella di cui trattasi nel procedimento principale, di limitare nel tempo gli effetti dell’emananda sentenza. |
A sostegno della sua domanda, tale governo adduce, in primo luogo, la sua buona fede, derivante da dubbi oggettivi riguardo alla portata della giurisprudenza della Corte nonché dal seguito che è stato dato a una procedura «EU Pilot» vertente sulla normativa nazionale oggetto del procedimento principale, nell’ambito della quale, sulla base della risposta delle autorità rumene, la Commissione aveva archiviato il fascicolo, circostanza che avrebbe indotto le suddette autorità a ritenere che la normativa in parola fosse compatibile con il diritto dell’Unione. In secondo luogo, il governo rumeno fa valere le gravi conseguenze finanziarie che si verificherebbero qualora, a seguito della sentenza della Corte, la detrazione dell’IVA dovesse essere accordata a tutti gli operatori che hanno concluso operazioni con operatori dichiarati inattivi dal 2007 in poi. |
Si deve ricordare al riguardo che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, da quest’ultima fornita nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, nel senso in cui deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, purché, d’altro canto, sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una controversia relativa all’applicazione di detta norma (v. sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., C-338/11 a C-347/11 , EU:C:2012:286 , punto 58, nonché del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a., C-110/15, EU:C:2016:717, punto 59). |
Solo in via eccezionale, in applicazione di un principio generale di certezza del diritto intrinseco all’ordinamento giuridico dell’Unione, la Corte può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di invocare una disposizione da essa interpretata al fine di rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, cioè la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (v. sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., da C-338/11 a C-347/11 , EU:C:2012:286 , punto 59, nonché del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a., C-110/15, EU:C:2016:717, punto 60). |
Più specificamente, la Corte ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto in circostanze ben precise, in particolare quando vi era un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, segnatamente, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente e quando risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad adottare un comportamento non conforme al diritto dell’Unione in ragione di un’oggettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni di diritto dell’Unione, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (v. sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., C-338/11 a C-347/11 , EU:C:2012:286 , punto 60, nonché del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a., C-110/15, EU:C:2016:717, punto 61). |
Per quanto riguarda i dubbi addotti dal governo rumeno relativi all’interpretazione del diritto dell’Unione, occorre ricordare che il diniego del diritto alla detrazione dell’IVA opposto a soggetti passivi costituisce un’eccezione a un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA la cui legittimità, secondo giurisprudenza costante, è ammessa soltanto in circostanze eccezionali. |
La chiusura, da parte della Commissione, di una procedura «EU Pilot» non modifica detta analisi. Difatti, la chiusura di una simile procedura informale, che non è minimamente disciplinata dalle disposizioni dei Trattati, bensì implica una cooperazione volontaria tra la Commissione e gli Stati membri, diretta, generalmente, a verificare la corretta applicazione del diritto dell’Unione e al contempo risolvere in una fase precoce le questioni sollevate da tale applicazione, non incide in nulla sulla facoltà della Commissione di avviare un procedimento formale di ricorso per inadempimento a norma dell’articolo 258 TFUE. In ogni caso, l’atteggiamento della Commissione non può, in quanto tale, fondare il legittimo affidamento di uno Stato membro riguardo alla conformità della sua normativa nazionale al diritto dell’Unione allorché, come nella presente causa, dalla giurisprudenza risulta che non sussiste un’oggettiva e rilevante incertezza circa la portata del diritto dell’Unione, in particolare delle disposizioni della direttiva 2006/112. |
Poiché il criterio relativo alla buona fede degli ambienti interessati non è soddisfatto per quanto riguarda le autorità rumene, non occorre verificare se lo sia quello relativo alla gravità delle ripercussioni economiche. |
Dalle considerazioni che precedono discende che non occorre limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara: |
La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, in forza della quale è negato a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto con la motivazione che l’operatore che gli aveva fornito una prestazione di servizi dietro fattura, nella quale sono indicate distintamente la spesa e l’imposta sul valore aggiunto, è stato dichiarato inattivo dall’amministrazione tributaria di uno Stato membro, essendo detta dichiarazione di inattività pubblica e accessibile su Internet a qualsiasi soggetto passivo in tale Stato, quando siffatto diniego del diritto alla detrazione è sistematico e definitivo, non consentendo che sia fornita la prova dell’assenza di evasione o di perdita di gettito fiscale. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il rumeno.